expand_lessAPRI WIDGET

Le regioni del cervello correlate alla depressione

– FLASH NEWS-

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche

Il disturbo depressivo maggiore è associato a una disregolazione di regioni cerebrali tra cui la corteccia prefrontale e il sistema limbico.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: DEPRESSIONE

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: NEUROSCIENZE

La relazione tra anomalie strutturali e funzionali in questi regioni cerebrali in pazienti depressi è tutt’altro che chiara. Tuttavia, entrambi i tipi di cambiamenti possono esservi alla base dei sintomi di questo disturbo.

Questa mancanza di comprensione ha indotto il dottor Bart de Kwaasteniet e colls. presso il Centro Medico Accademico di Amsterdam a utilizzare un approccio di neuroimaging multimodale per chiarire tale rapporto.

Le lacrime del clown: ho smesso di piangere-recensione. - Immagine: copertina Ho smesso di piangere
Articolo consigliato: Le lacrime del clown: ho smesso di piangere-recensione.

I ricercatori, guidati dal professor Damiaan Denys, hanno reclutato 18 pazienti con disturbo depressivo maggiore e 24 individui sani. Tutti i partecipanti hanno subito molteplici scansioni di neuroimaging. Loro hanno focalizzato specificamente la connettività strutturale e funzionale tra il corteccia subgenuale cingolata anteriore (ACC) e il lobo temporale mediale, due regioni che sono collegate dal fasciculus uncinato. Queste regioni sono note per essere coinvolte nella regolazione delle emozioni e della memoria.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: MEMORIA

I ricercatori hanno spiegato che c’è una diminuita integrità strutturale del fasciculus uncinato che collega il lobo temporale mediale e il la corteccia subgenual ACC. Inoltre, hanno identificato un aumento del collegamento funzionale tra questi regioni in depressione rispetto ai controlli. È importante sottolineare che hanno identificato una correlazione inversa tra l’integrità del fasciculus uncinato e il collegamento funzionale tra l’ippocampo ACC e bilaterale subgenual nella depressione maggiore.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: DEPRESSIONE MAGGIORE

Questi risultati suggeriscono che i disturbi strutturali del fasciculus uncinato contribuiscono a un incremento delle interazioni funzionali tra i circuiti del cervello associati con i sintomi della depressione. Questo porta ad ipotizzare che le anomalie nella struttura del cervello portano a differenze nella connettività tra aree cerebrali nei disturbi depressivi.

Tuttavia, i ricercatori hanno anche ipotizzato che il contrario può essere vero. In altre parole, che l’aumento della connettività funzionale tra queste regioni del cervello porta a cambiamenti strutturali nelle fibre della sostanza bianca del cervello per mezzo di un aumento anomalo di trasduzione del segnale. Questa ipotesi è supportata da recenti studi che suggeriscono che nella schizofrenia l’iperattività del circuito può essere un fattore predittivo di una successiva atrofia corticale.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: SCHIZOFRENIA

Questo interessante studio suggerisce che le anomalie nei collegamenti strutturali tra le regioni del cervello, in particolare della sostanza bianca, sono associati con attività anomala all’interno di un circuito cerebrale implicato nei sintomi della depressione. Questa osservazione solleva una questione importante: “quali sono le implicazioni del trattamento delle anomalie funzionali del circuito senza il riparo dei difetti  strutturali?“.

E’ probabile che  le anomalie strutturali contribuiscono al rischio per la ricaduta della depressione tra gli individui la cui attività del circuito cerebrale ha risposto ai farmaci antidepressivi.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: PSICOFARMACOLOGIA

Ulteriori ricerche saranno necessarie per testare le teorie generate dai risultati di questo studio.

LEGGI ANCHE: 

DEPRESSIONE – NEUROSCIENZE – DEPRESSIONE MAGGIORE 

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

Associate fellowship: il terzo livello di specializzazione nella REBT

Associate fellowship: il terzo livello nella REBTNegli altri articoli di questa serie vi abbiamo raccontato i primi due livelli di specializzazione nella terapia razionale-emotiva (Rational Emotive Behavioral Therapy, REBT). Nei giorni che vanno dal 10 al 15 luglio 2013 alcuni membri della redazione di State of Mind hanno affrontato il terzo livello, ovvero il cosiddetto “Associate Fellowship Practicum”. E oggi possiamo raccontarvelo.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: RATIONAL – EMOTIVE BEHAVIOUR THERAPY

I primi due livelli (Primary e Advanced Practicum, rispettivamente) erano introduttivi e consistevano nell’insegnamento dei principi base e in esercitazioni di peer-counseuling tra partecipanti dello stesso Practicum. In breve, nel Primary e Advanced i partecipanti utilizzano e si somministrano tra loro il modello ABC-DEF, portando materiale personale reale e non simulato. Secondo gli operatori dell’Ellis Institute, il materiale psicologico simulato risulta irrealisticamente impermeabile a una disputa REBT.

Albert Ellis Institute Friday Night LiveNel terzo livello si porta materiale clinico, ovvero file audio di sedute registrate da ascoltare insieme a supervisori REBT ufficiali. Nel caso di sedute non in inglese (come era il nostro caso e quello di un collega turco) si portano le trascrizioni di segmenti significativi delle sedute. Quest’anno siamo stati in quattro ad affrontare l’Associate Fellowship: due italiani, il collega turco a cui abbiamo già accennato e una collega indiana. I nostri supervisori erano tre esponenti storici della REBT formati direttamente da Albert Ellis –Raymond DiGiuseppe, Windy Dryden e James MacMahon- e un collega più giovane, Daniel David.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: ELLIS

Durante le supervisioni ci siamo chiariti le idee su qualche concetto clinico e pratico. In particolare, è emersa un’indicazione: focalizzarsi soprattutto sui pensieri di tipo valutativo e considerarli come credenze disfunzionali.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: CREDENZE – BELIEFS

Questa è una differenza significativa con la terapia cognitiva alla Beck. Per la REBT i pensieri che generano sofferenza sono valutazioni e non inferenze più o meno errate sulla realtà. Ovvero, non si tratta di previsioni più o meno errate su fatti e/o eventi accaduti o che potranno accadere (chiamati “inferences” all’Ellis Institute), ma di giudizi di valore intensamente negativi idiosincratici ed emotivi (le terribilizzazioni, gli “awfulizing”) oppure convinzioni su come le cose dovrebbero andare o dovrebbero essere fatte, i famosi “must”. Questi sono chiamati “beliefs”.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: CATASTROFIZZAZIONE

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: DOVERIZZAZIONE

Questa attenzione per i giudizi di valore rigidamente auto-somministrati invece che alle descrizioni inaccurate della realtà generate da errori logici, come pensato da Beck, rende la terapia molto meno astratta e distaccata dalle emozioni di quella di Beck. Non si tratta di andare a caccia dell’errore, ma di individuare questi giudizi idiosincratici e di porli in discussioni con un atto al tempo stesso volontaristico (“where is written this?” “dove sta scritto questo?”) ed emotivo.

La disputa a sua volta la si concepisce non più come un processo impersonale di revisione logica delle informazioni a disposizione, ma come un processo di separazione emotiva da convinzioni ritenute vere per il semplice fatto che ci passano per la testa. Sarà per questo che nella terapia di Beck si parla di “questioning” invece che di “disputing”?

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: DISPUTING E RISTRUTTURAZIONE COGNITIVA

LEGGI LE ALTRE CRONACHE DA NEW YORK

LEGGI ANCHE:

RATIONAL – EMOTIVE BEHAVIOUR THERAPY – TECNICA ABC (ELLIS) – CREDENZE – BELIEFS – CATASTROFIZZAZIONE –  DOVERIZZAZIONE – DISPUTING E RISTRUTTURAZIONE COGNITIVA

 

Accessing mental health services: I want to solve the problem on my own (pt. 2)

The bridge between research and practice: updates from Open Minds.

Accessing mental health services:

I want to solve the problem on my own

Part 2

The Bridge between Research and Practice – Exchange Program (BRP) - SLIDE

Considering the previous literature, studies have been conducted based on the assumption that equity of access can be achieved only if available services are acceptable to diverse populations of potential users.

It is well known that individuals progress through several stages before seeking mental health treatment. These stages include experiencing symptoms, evaluating the severity and consequences of the symptoms, assessing whether treatment is required, assessing the feasibility of and options for treatment, and deciding whether to seek treatment.

An interesting study (Lovell, K. & Richard, D., 2000) conducted in the UK, for example, shows that providing briefer treatments can lead to overall increases in service delivery and more cost-effective services.

The authors argue that evidence exists for service protocols that promote equity, accessibility and choice and that CBT services should be organized around multiple levels of entry and service delivery rather than the more usual secondary care referral system.

First, where promising evidence exists, less therapist intensive treatments should be the first choice for the majority of clients. In most cases therapy should be routinely initiated by the provision of brief therapies such as self-help materials and guidance – delivered through accessible alternative channels such as bibliotherapy or telephone advice lines. These services should be accessed by potential clients without reference to complex referral systems and artificial gateways.

Second, in circumstances where a patient is deemed to be at serious risk, or for individuals with more complex needs, or for those who have been unsuccessful in following a brief treatment regime, more intensive therapist guided and therapist aided packages of care should be provided. Third, therapist assisted multi-strand and/or complex therapies should be used where the previous stages have been unsuccessful or where clients with a previous history of treatment failure present for assistance.

In a study published on The British Journal of Psychiatry, the authors (Richards & Bower, 2011), illustrate the Australian Better Access initiative, a program designed to improve access to psychological therapies for affective and anxiety disorders.  The main aim of the project was based on the assumption that therapies shouldn’t be given in private clinics and in the traditional face to face sessions, but psychological therapy should be provided by the State trying to accessing whose will benefit from treatment but can’t be reached by traditional models. The strength of the program was to base treatments considering questions relating to five core issues: access (who got treatment?), equity (were services targeted appropriately at need?), utilization (what treatments did people receive?), effectiveness and cost-effectiveness (did they improve outcomes at a sustainable cost?) and patient-centeredness (did the service meet patient needs?).

As we see in the previous part of this article, one of the main reasons people state as not accessing mental health services seems to relate to the fact that they want to solve the problem on their own; considering this issues in a more details way, the finding that people not seeking help ‘preferred to manage themselves’ raises many questions about their decision-making. Those decisions often reflect the way that services are perceived to respond to distress, rather than a deficit in patient knowledge. Persuading more people with common mental health problems to access psychological therapies is unlikely to be a simple matter of public education. Instead, it will require the design and delivery of services that minimize the material and psychological costs of accessing care, while maximizing their potential impact.

 

LEGGI ANCHE:

 

REFERENCES:

Nostalgia: uno stato psicologico che favorisce l’ottimismo

 

– FLASH NEWS-

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche

La nostalgia incrementa l’ottimismo. Questa è la conclusione di una serie di 4 studi pubblicati recentemente on line sul Personality and Social Psychology Bulletin.

Secondo Cheung e colleghi, la nostalgia non sarebbe esclusivamente uno stato emotivo orientato al passato, ma il suo campo d’azione si estenderebbe al futuro, influenzandone la percezione in termini positivi.

I dati ottenuti nel primo studio suggeriscono infatti un profondo legame tra i due costrutti. In particolare, è emersa la presenza di una percentuale maggiore di espressioni legate all’ottimismo all’interno di racconti di eventi autobiografici attivanti nostalgia rispetto a racconti di eventi ordinari, indipendentemente dalle emozioni positive scaturite dal ricordo emotivamente rilevante.

LEGGERE ANCHE ARTICOLI SU: MEMORIA

Essere Ottimisti Conviene! Il Ruolo delle Illusioni. - Immagine: © Time
Articolo Consigliato: Essere ottimisti conviene! Il ruolo benefico delle illusioni.

La seconda ricerca, che ha previsto l’induzione di uno stato di nostalgia attraverso il ricordo di eventi emotivamente rilevanti, ha mostrato come un maggior coinvolgimento nostalgico aumenti i livelli di ottimismo non solo attraverso un incremento dell’affettività positiva, ma anche tramite un rapporto diretto.

Al fine di approfondire i possibili mediatori di tale relazione, un terzo esperimento ha chiesto a 664 partecipanti di ascoltare, in modo randomizzato, una canzone dal contenuto nostalgico o una canzone di controllo. I risultati indicano che: l’effetto positivo della nostalgia sui livelli di ottimismo è generalizzabile per età e genere; la nostalgia accresce l’ottimismo sia direttamente sia tramite un aumento dei livelli di autostima e non attraverso maggiori livelli di emotività positiva.

Nel quarto e ultimo studio, gli autori hanno ipotizzato che autostima e senso di connessione sociale fungessero da mediatori della relazione tra nostalgia e ottimismo. Infatti, il nostro senso di autostima origina prevalentemente da processi sociorelazionali come il senso di connessione sociale. Quest’ultimo, a sua volta, è spesso oggetto di rêverie nostalgiche, come possono essere quelle riguardanti la famiglia o i rapporti sentimentali.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: FAMIGLIA

Durante la ricerca, i soggetti dovevano leggere il testo di una canzone precedentemente identificata da loro come nostalgica rispetto ad una condizione di controllo in cui leggevano una canzone scelta da altri. I dati hanno confermato il modello di mediazione proposto. Uno stato nostalgico è in grado di innescare un più profondo senso di connessione sociale che, a sua volta, sfocia in una più elevata autostima. Quest’ultima diventa una sorta di lente positiva capace di infondere maggior ottimismo per il futuro.

Ripensare nostalgicamente a ciò che è passato può quindi farci rivivere una positività sepolta nei nostri ricordi, che ci permette, nel presente, di avere uno sguardo più ottimista nei confronti di ciò che ci aspetta in futuro.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: PSICOLOGIA POSITIVA

 

LEGGI ANCHE:

MEMORIA – FAMIGLIA – PSICOLOGIA POSITIVA

 

BIBLIOGRAFIA:

 

Accessing mental health services: I want to solve the problem on my own

The bridge between research and practice: updates from Open Minds.

Accessing mental health services:

I want to solve the problem on my own

The Bridge between Research and Practice – Exchange Program (BRP)

It has been shown that people from economically deprived and socially marginalised groups or ethnic minorities are more likely to have higher rates of psychiatric morbidity but less access to the services (Dionisi et. al 2013). The factors implicated in the choice of not accessing the mental health services are complex and still not very well defined, as researches show that these factors are clearly influenced by many variables and cultural differences (Kovandzic et al, 2012). Multiple stigma(s) and lack of effective information are identified as the main barriers to accessing services for ‘hard-to-reach’ groups (Richards, D. & Bower, 2011).

Studies focused on this topic (Richards, D. & Bower, 2011) show that emotionally distressed individuals most commonly identify attitudinal barriers (such as wishing to solve the problem on their own and thoughts that the emotional problem would go away) for not seeking mental health treatment. Although fear of stigmatization is commonly thought to be an important reason for not seeking mental health treatment, the limited number of studies have not found fear of stigmatization to be a commonly reported barrier to seeking treatment for emotional problems. Structural barriers, such as financial cost for mental health treatment, also may affect use of mental health services (although this issue has been highly controversial).

In a study that surveys people from three different countries (Sareen et. al, 2007), researchers have found that the long delays between onset of mental disorders and initial contact with a mental health professional can be explained by people’s attitude of thinking “I want to solve the problem on my own”, followed by “Help would probably be any good”.

Important associations between particular socio demographic factors and types of mental disorders have been found:

  • younger age was positively associated with fear of involuntary hospitalization and concerns about embarrassment from using mental health services;

  • the presence of an anxiety disorder was positively associated with endorsement of the item that help probably would not do any good. These findings suggest that individuals in the community may not be aware of the treatable nature of anxiety symptoms and disorders;

  • the presence of a past-year mood disorder and substance use disorder was positively associated with a fear of involuntary hospitalization;

  • the presence of a substance use disorder was associated with concerns of embarrassment about using mental health services.

Considering these findings some research has been conducted on implementing services and programs facilitating the access to mental health services by acting on these barriers. In the next article we will go through some of the programs have been conducted so far.

Open Minds - Luglio 2013 - BRP - Bridge between Research and Practice
I giovani ricercatori del progetto Bridge between Research and Practice, nato dalla partnership tra Studi Cognitivi – Cognitive Therapy School and Research Institute (Milano, Italy) e Open Minds – Center for Mental Health Research (Cluji-Napoca, Romania).

LEGGI ANCHE:

REFERENCES:

 

Sogni a bassa risoluzione. Di Andrea Cacciavillani – Recensione

Recensione del libro

SOGNI A BASSA RISOLUZIONE

di Andrea Cacciavillani

(2011)

 

 LEGGI TUTTE LE RECENSIONI DI STATE OF MIND

Sogni a bassa risoluzione - RecensioneLa risoluzione dei sogni, foto più o meno nitide della nostra realtà, del nostro futuro o di ciò che vorremmo accadesse? Risoluzione che indica la densità dei punti elementari, parti di un’immagine che non ammette disegni, perché frutto di punti, di minuscoli punti, percepibili nel loro insieme, solo da occhi attenti e da cuori aperti ai più reconditi istinti, desideri e bisogni, svelatisi senza riserve né menzogne.

LEGGI ANCHE GLI ARTICOLI SU: SOGNI

Solo allora, la risoluzione dei nostri sogni, veicolata da coraggio e coerenza, migliorerà la qualità dei singoli istanti-scatti di vita, fotografandoli in noi con la stessa nitidezza che garantirebbe uno sguardo diretto sulla realtà. Sogni, dunque, in grado di mutare in tangibili verità. Sogni partoriti da nuovi scatti, probabilmente mossi, ma audaci, allineati a nuove prospettive, madri di un percorso di crescita in parvenza “cronicizzato” sulle ansiose inquietudini dell’uomo moderno.

Una storia suggestiva che – così si legge nell’incipit – inizia “con un sogno e finisce con la verità”. Imprevedibilità della vita che può travolgere chiunque, come ha travolto Tulio, protagonista del libro “Sogni a bassa risoluzione”, di Andrea Cacciavillani, scrittore, poeta, paroliere musicale, autore di testi da cui sono state tratte sceneggiature teatrali e monologhi. La trama, decisa e coinvolgente, si snoda attraverso tre fasi esistenziali della vita dell’uomo, tessute, seppur in un gioco di rimbalzi temporali, sul filo del presente, su cui “galleggia”, pressoché sospeso, un trentacinquenne, guardia giurata in un centro commerciale.

A tormentarlo è l’insonnia, patologia ormai ventennale, di temuta irreversibilità, ma che, si scoprirà poi, esser legata ad un orribile incubo che ne aveva congelato la crescita emozionale ed i sogni, a quattordici anni, proprio nel giorno della morte di suo padre.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: INSONNIA 

Coincidenza o sovrapposizione di eventi? Realtà o fantasia? Forse entrambi, ma lo scopriremo seguendo il cammino del protagonista. Sarà lui che, diretto dalla toccante penna del Cacciavillani, ci racconterà sia della sua infanzia – descritta per monologhi, in prima persona, durante le sedute di psicoanalisi, volte a tamponarne il notturno malessere – che del suo ieri più immediato, colorato dalla nascita di una profonda amicizia con un collega.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: PSICOANALISI

Psicoanalisi analisi dei sogni - © rolffimages - Fotolia.com -
Articolo consigliato: “L’interpretazione dei sogni. Come fanno gli psicoanalisti ad essere così bravi?”

Narrazione che si muove attorno al filo conduttore, teso sulle notti insonni di Tulio, compulsivamente chiuso a chiave nella sua stanza, in una solitudine costellata da sporadici dialoghi con la madre e dal ricorrente mostruoso incubo, morsa di sogni che “alitano sul collo delle nostre paure” (da “Sogni”, in Icaro cuori di cera, Raccolta di poesie, 2001, Gallina Editore). Ritmo stanco il suo, rassegnato, ma stravolto, improvvisamente, dal ritrovamento di un cellulare e da un sms – “una dolce carezza per te” – che l’uomo riceve, su quel telefono, da una misteriosa Altea, unica voce in rubrica.

In preda a sensazioni sconosciute, le risponderà “grazie della carezza, mi aiuterà a sognare”. Seguirà un “allora quest’altra carezza entrerà nei tuoi sogni…” ed un “è già nei miei sogni” (pagg. 28-29). Di qui, un rincorrersi di sms, mms, foto “a bassa risoluzione” di particolari femminili, una mano, delle labbra, scateneranno un rapporto, impetuoso e morboso, nato causalmente (o forse no?) con una sconosciuta, da cui Tulio è attratto, inspiegabilmente legato, basito di “come fosse a suo agio in quella situazione” (pag. 52).

Una preconoscenza di anime, che riporta a quel “non ti ho inventata, ti ho trovata subito dopo il crollo della mia anima pronto a capire chi noi fossimo” o a quel dialogo tra corpi distanti, pronti a dirsi “tu sei reale, tanto quanto non sei qui” (frasi rispettivamente tratte da “Scivola”, in Minore di Diesis, Appunti di Poesia, 2013, Galassia Arte Editore, e “Cammino”, in Icaro cuori di cera, Raccolta di poesie, 2001, Gallina Editore).

Questi, gli input che indurranno il vigilantes – mosso da un represso ma intenso desiderio di Amare, forse, più che di essere amato – a riflettere, a rimescolare le carte in tavola, a ridiscutere tutte le scelte e reimpostare totalmente la sua vita. Era bastato un sms, un segno del destino, un evento che Tulio non aveva fatto nulla perché gli si catapultasse addosso.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: AMORE – RELAZIONI SENTIMENTALI

Del resto, “la verità è che abbiamo il vizio di credere che quando arriviamo ad una conclusione qualcosa è stato trovato solo perché abbiamo cercato” (pag. 95). Tema, quello dell’incrocio tra casualità e scelta, tra staticità e provocata dinamicità, che lo scrittore dipinge consegnandoci teneri frammenti di pensiero di un Tulio bambino, incantato ad “osservare l’aquilone nell’istante subito precedente il volo” con “l’impressione che in quell’attimo tutto si fermasse. Un piccolo istante durante il quale” in lui “nasceva la consapevolezza dell’esistenza di un cielo” (pag. 15). Un Tulio che, adolescente, ed infine adulto, saprà guardare con nostalgia la sua infanzia, perché “quando sei bambino non devi dimostrare niente”, ma a un certo punto “ti ritrovi, senza che tu lo abbia chiesto, in un posto che non è più solo tuo ma è di tutti. Devi lottare, sgomitare per essere notato. Tutti quegli sguardi amorevoli e gratuiti non ti sono più dispensati” (pag. 46).

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: BAMBINI

Ma non tutto è perso, forse quella magia che si respira da bambini, la si può rivivere in un amore, come accadrà a Tulio, incredulo e ansioso – nel rispondere a quel primo sms di Altea – di calcare il primo passo che lo allineerà al mondo, per “far parte di nuovo dell’essenza umana. Sentirsi uno dei tanti” (pag. 113). Terminerà così la sua attesa, con un sogno di realtà, assassino di quell’incubo bestiale che l’aveva pietrificato per vent’anni, ad “aspettare un tram che non sai mai se e quando passerà. Forse per questo che nonostante tutto – riflette – mi distendo sul letto. Così sono pronto se il sonno dovesse arrivare” (pag. 10). L’attesa. Tutto ruota attorno all’attesa di un anello mancante, in una catena di episodi e di vissuto composto di attimi anonimi, sfocati, immortalati in immagini a bassa risoluzione, nei quali Tulio era abituato a muoversi, come un prodotto matematico, come somma vivente di tutto ciò che per troppo tempo, aveva negato a sé stesso.

 Anello mancante che – incastrandosi in un intrigante incedere di eventi – arriverà a chiudere il cerchio con un semplice avviso sonoro, un bip luminoso che lo metterà all’angolo, quando il suo cuore impazzito leggerà l’ultimo messaggio di Altea: “…è arrivato il momento di vederci. Non ti scriverò né richiamerò. Ti aspetto. Stanotte” (pag. 183). Ecco che, spinto dalla sua imbavagliata ansia di vivere, l’uomo – in un finale a sorpresa – ne conoscerà l’identità, comprenderà le ragioni delle sue inquietudini infantili, e suturerà le ferite del conflittuale rapporto con la madre, donna capace, non di plateali dimostrazioni d’amore per il figlio, ma di piccole grandi attenzioni, di “gesti che assumono importanza non per quello che danno ma per quello che sottraggono” (pag. 103).

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: FAMIGLIA

E mi si consentirà di immaginare la voce di Tulio, sussurrare, finalmente stretto ad Altea, un lei “mi tocca la vita, lo fa con un gesto” (da Portatemi via, Tabula Osca, testo di Andrea Cacciavillani). O forse, se quell’uomo avesse avuto inchiostro, avrebbe scritto “l’istante in cui ho udito la tua voce spostare l’aria attorno alla mia bocca ho capito il potere del suono” (da Diesis Minore, in Minore di Diesis, appunti di poesia, 2013, Galassia Arte Editore). Qualsiasi fosse il suo pensiero, o la sua parola, dinanzi a se, in quel momento, poteva godere della luce giusta per poter scattare una foto, questa volta sul suo futuro, nitida come l’amore e la libertà, inatteso frutto di quei “sogni a bassa risoluzione”, e di un miracolo che accade “nel momento in cui capisci una cosa importante: i sogni non devono essere esauditi ma raccontati” (pag. 46).

Molteplici, dunque, gli ingredienti del romanzo, l’amore, l’avventura, una nota di noir e di mistero, e segreti sapientemente accennati dallo scrittore, abile nel regalare al lettore suspense ed emozioni, stregandolo fino all’ultima pagina e all’ultima lettera dell’opera. Lettere, simboli, strumenti che il Cacciavillani dosa con stile, maestria e sentimento, per comunicare, ad ampio spettro, con chi, immerso tra le righe del romanzo, avrà provato le stesse intense emozioni di Tulio. E se, come afferma l’Autore, la scrittura è un mezzo quasi atavico di comunicazione, tanto che “i bimbi disegnano prima di parlare”, ben presto ci accorgeremo che non saremo più noi a leggere il romanzo, ma sarà il romanzo a scavarci dentro, a divorare le nostre inquietudini, e far riemergere assopite serenità.

Così, l’introspezione e il viaggio di Tulio, diventeranno il nostro più intimo itinerario, scevro da banali cliché o da mediocri perbenismi. Tulio è un uomo, vive nella sua società, nel tempo di tutti, dove nulla manca e niente si ha per davvero. Tulio è nessuno e siamo tutti, uomini, donne, ragazzi. Ad impreziosire l’opera, poi, è la matura e riuscitissima ricerca di un linguaggio onesto, in grado di descrivere con immediatezza ambienti e personaggi. Infine, nota eccelsa del romanzo, seppur non autobiografico, è il posarsi su carta, goccia a goccia, della personalità, istintiva e profonda, dello scrittore. Una storia – da cui è stata già tratta una sceneggiatura cinematografica – che, ricordiamo, “inizia con un sogno e finisce con la verità”, perché se non si sogna – sostiene, intervistato, il Cacciavillani – non si potranno mai vivere i desideri. Sognare un amore, il futuro, un progetto, è il primo passo per viverlo. Il sogno resta l’elemento che contraddistingue l’essere umano, e se condiviso con un complice, con il nostro incastro perfetto, può trasformarsi in realtà. Si chiudono così, su una realtà dapprima sognata, e poi vissuta, le 198 pagine di un romanzo che graffia il cuore.

 

LEGGI TUTTE LE RECENSIONI DI STATE OF MIND

LEGGI ANCHE:

 SOGNI – INSONNIA – RELAZIONI SENTIMENTALI – FAMIGLIA 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA:

Pensare alla morte può stimolare l’umorismo?

– FLASH NEWS-

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche

Dal momento che l’umorismo è utile per una varietà di scopi, tra cui la difesa psicologica contro l’ansia, gli autori hanno ipotizzato che l’attivazione di pensieri riguardanti la morte potrebbe stimolare l’umorismo.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: MORTE

L’umorismo è una parte intrinseca dell’esperienza umana, eppure, poca ricerca è stata condotta fino ad oggi sulla funzione psicologica dell’umorismo.

stecchiti. le vite curiose dei cadaveri.
Articolo Consigliato: Stecchiti. Le Vite Curiose dei Cadaveri di Mary Roach – Recensione

Secondo la Terror Management Theory, la conoscenza della propria transitorietà crea una dirompente ansia esistenziale, che l’individuo tiene sotto controllo con due meccanismi di coping: la rigida aderenza ai valori culturali dominanti, e il rafforzamento dell’autostima.

Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Humor indaga se l’attivazione di pensieri sulla morte influenzi la propria capacità di generare creativamente umorismo.

Dal momento che l’umorismo è utile per una varietà di scopi, tra cui la difesa psicologica contro l’ansia, gli autori hanno ipotizzato che l’attivazione di pensieri riguardanti la morte potrebbe stimolare l’umorismo.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: ANSIA

Nello studio 117 studenti sono stati suddivisi in quattro gruppi sperimentali, ciascuno dei quali si è confrontato con i temi del dolore e della morte, mentre mentre svolgeva dei compiti. Due dei gruppi, mentre svolgevano i compiti, sono stati esposti, inconsapevolmente, a parole lampeggianti (dolore e morte) per 33 millesimi di secondo. Gli altri due gruppi hanno svolto un compito di scrittura per esprimere emozioni riguardanti la propria morte o una visita dolorosa dal dentista. In seguito, tutti e quattro i gruppi hanno dovuto scrivere la didascalia di una vignetta del The New Yorker.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: DOLORE

Le didascalie delle vignette sono state poi presentate ad una giuria indipendente che non sapeva nulla dell’esperimento. I risultati indicano che le didascalie scritte da individui stimolati con la parola morte sono state votate come nettamente più divertenti dalla giuria.

Il risultato opposto è stato ottenuto dagli gli studenti che hanno invece scritto sulla morte: le loro didascalie erano le meno divertenti.

Sulla base di questo esperimento, i ricercatori hanno concluso che l’umorismo aiuta l’individuo a tollerare l’ansia latente che potrebbe altrimenti essere destabilizzante. In accordo anche con studi precedenti che indicano che l’umorismo è una componente integrale della resilienza.

L’attivazione di pensieri coscienti riguardanti la morte sembra invece compromettere la generazione creativa di umorismo.

Gli autori sottolineano la necessità di ulteriori ricerche, non solo per esplorare l’efficacia dell’umorismo come un meccanismo di coping in varie circostanze, ma anche per identificarne i vantaggi emotivi, cognitivi e sociali in condizioni di avversità.

LEGGI:

ANSIA – DOLORE – MORTE

 

 

BIBLIOGRAFIA:

 

Compulsione, Ansia e Perfezionismo nelle fotografie di  John William Keedy

La Redazione di State of Mind consiglia la lettura di questo contenuto:

Il Post propone una curiosa collezione di fotografie dell’artista texano John William Keedy. Una volta tanto non solo parole ma immagini per rappresentare le bizzarrie dei nostri stati mentali.
La collezione completa è visualizzabile a questo LINK

Le foto provano a rappresentare cosa non si considera normale e perché. Alcune, ha raccontato Keedty in un’intervista allo Huffington Post statunitense, vengono dalla sua esperienza personale: è affetto da disturbi d’ansia e agorafobia. La serie completa si mescola poi con immagini che non riguardano la sua storia ma che hanno a che vedere con i disturbi in generale.

Turbe, paranoie, ansie, manieConsigliato dalla Redazione

Catalogo fotografico ansiogeno di situazioni che non esistono (…)

Tratto da: Il Post

Per continuare la lettura sarete reindirizzati all’articolo originale … Continua  >>

 


Ultimi articoli pubblicati
Lo sconosciuto conosciuto: la sindrome di Fregoli
La Sindrome di Fregoli è un raro disturbo psichiatrico che porta a riconoscere nei volti estranei persone familiari sotto mentite spoglie
Il sonnambulismo: quel misterioso caso del “sonno a metà”
Il sonnambulismo è un disturbo del sonno in cui il corpo si muove mentre la coscienza resta sopita. Cosa accade nel cervello?
Osservatorio dei Disturbi Emotivi e Mentali – Giugno 2025
L’Osservatorio dei Disturbi Emotivi e Mentali è un aggiornamento periodico sulla situazione della sofferenza psicologica in Italia e nel mondo
La Consulta delle Scuole CBT: un Convegno per il Futuro della Psicoterapia in Italia
Il convegno della Consulta delle Scuole Italiane di CBT ha offerto un'occasione per esaminare la formazione attuale e futura, sottolineando l'importanza di adottare pratiche basate sull'evidenza.
Quando un genitore tradisce: comprendere e superare il dolore
L’infedeltà di un genitore non coinvolge solo la coppia, ma può generare nei figli sentimenti di tradimento, delusione e perdita di fiducia
Lab Apprendimento Clinica Eta Evolutiva Milano
Lab-Apprendimento: strategie per un apprendimento autonomo
Un mini-corso estivo promosso dalla Clinica età Evolutiva di Milano per imparare un metodo di studio efficace. Dal 1 al 22 luglio a Milano.
Il potere della chain analysis: comprendere i nostri comportamenti problematici può generare cambiamenti e migliorarci la vita
La chain analysis aiuta a comprendere a fondo i comportamenti problematici, ricostruendo i processi che li precedono e li mantengono nel tempo
Tollerare la noia: un nuovo strumento self-report per una nuova prospettiva sulla “divina indifferenza”
La scala Boredom Intolerance Scale (BIS) misura l’intolleranza alla noia, offrendo una nuova prospettiva clinica
Congresso: L’orizzonte della Psicoterapia – Porta il tuo contributo e proponi il tuo poster
4° Congresso italiano di psicoterapie cognitive-comportamentali di terza generazione. Condividi i risultati del tuo lavoro proponendo un poster da presentare durante la sessione dedicata
I videogiochi d’azione possono migliorare le abilità di lettura
I videogiochi d’azione possono potenziare la consapevolezza fonologica nei bambini in età prescolare, riducendo il rischio di dislessia
I farmaci integrati alla psicoterapia: quali paure e quali resistenze? – Inside Therapy
La rubrica Inside Therapy esplora quando e perché in psicoterapia può servire anche un supporto farmacologico
ChatGPT e psicoterapia: può l’Intelligenza Artificiale sostituire il terapeuta umano?
ChatGPT sta entrando nel mondo della psicoterapia, ma resta aperto il dibattito su quanto possa davvero sostituire l’intervento umano
”Vado a tagliare i capelli”. Dispercezioni sensoriali nell’autismo e trattamenti: lo studio di un caso
Le dispercezioni sensoriali nei disturbi dello spettro autistico possono influenzare la quotidianità, con effetti rilevanti sulla socialità e sull’autonomia personale
La coppia narcisistica borderline. Nuovi approcci alla terapia di coppia (2023) di Joan Lachkar – Recensione
La coppia narcisistica borderline (2023) di Joan Lachkar esplora le complesse dinamiche emotive e relazionali tra personalità narcisistiche e borderline
Le conseguenze dei disturbi alimentari in epoca perinatale sullo sviluppo psicofisico del nascituro
I disturbi alimentari in gravidanza rappresentano un fattore di rischio per il benessere psicofisico della madre e lo sviluppo del bambino
Sandra Sassaroli ospite a Tressessanta, il podcast di Virginia Gambardella
Sandra Sassaroli è stata ospite del podcast "Tressessanta" di Virginia Gambardella, un dialogo intenso e ricco di spunti per approcciare al tema della salute mentale
Offerta-di-lavoro-Segreteria-inTHERAPY
Offerta di lavoro: inTHERAPY cerca operatore per Segreteria Clinica
Il servizio di psicoterapia inTHERAPY sta cercando nuove risorse da inserire nella segreteria clinica.
Narcisismo: il rischio di essere e sentirsi ostracizzati
Secondo una recente ricerca, le persone con tratti di narcisismo grandioso tendono a essere e a percepirsi come escluse più frequentemente rispetto agli altri
Stato e tratto in psicologia
Stato e tratto in psicologia descrivono come varia o si mantiene stabile il modo in cui pensiamo, sentiamo e ci comportiamo
Le dimensioni nascoste del trauma: impatto sulle relazioni intime e approcci innovativi attraverso il corpo
Il trauma psicologico incide sul funzionamento emotivo, relazionale e corporeo dell’individuo. Quale trattamento suggeriscono le ricerche recenti?
Carica altro

CyberPsicologia: lo Psicologo in webcam. Non soltanto vantaggi economici

La Redazione di State of Mind consiglia la lettura di questo contenuto:

Il Corriere della Sera intervista lo psicologo Luca Mazzucchelli riguardo alle terapie online. Al di là dell’incentivo economico (il costo delle sedute è calcolato intorno al 10% in meno) è interessante il punto sulla possibilità del rapporto mediato dall’interfaccia web di “vincere le ritrosie” e permettere un più semplice primo contatto tra utente e terapeuta.

C’è di più: la capacità di internet di fare breccia nel muro della ritrosia, timidezza o nevrosi che sia. «In alcuni casi, come per pazienti con paura di uscire di casa o con forte ansia, internet è il mezzo, e incontrarsi dal vivo è il fine», spiega Mazzucchelli. Non solo: «Sono molte le persone che si sentono stigmatizzate andando dallo psicologo. Avere un primo contatto online da casa permette loro di superare il freno iniziale».

Lo psicologo sullo schermo del pc Per risparmiare e battere la crisiConsigliato dalla Redazione

Non c\’è solo la convenienza: internet permette di fare breccia nel muro della ritrosia, timidezza o nevrosi che sia (…)

Per continuare la lettura sarete reindirizzati all’articolo originale … Continua  >>

 


Gli articoli su: Cyberpsicologia
Il corpo artificiale (2023) di Simone Rossi e Domenico Prattichizzo – Recensione
Studi e riflessioni sulla Robotica indossabile riabilitativa a partire dal libro “Il corpo artificiale. Neuroscienze e robot da indossare”
Terapia evidence-based e modelli predittivi di machine learning – ECDP 2024
L'intervento della Dott.ssa Grazioli all'ECDP 2024 spiega come l'introduzione della psicoterapia computazionale può migliorare la terapia evidence-based
La voce come mezzo di riconoscimento delle malattie mentali
I biomarcatori vocali sembrano essere un promettente strumento per identificare precocemente sintomi legati a malattie mentali
Il corpo artificiale (2023) – Recensione del libro – Psicologia digitale
Nel libro 'Il corpo artificiale' i professori Rossi e Prattichizzo mettono insieme le loro competenze per introdurci alla robotica riabilitativa e aumentativa
L’impiego della tecnologia GPT in psicoterapia: innovazioni e considerazioni etiche
Integrare tecnologie basate su Generative Pre-trained Transformer (GPT) in psicoterapia offre nuove possibilità ma presenta anche dei limiti
Che cos’è la linguistica computazionale – Recensione del libro – Psicologia digitale
Come fa Alexa a risponderci in maniera pertinente? Come fa un chatbot a esprimersi in modo fluido e coerente? Scopriamo il ruolo della linguistica computazionale
Comandare lo smartphone con il pensiero – Neuralink di Elon Musk, tra (fanta)scienza e marketing
Elon Musk annuncia l’installazione del primo chip nel cervello di un essere umano ed è subito Black Mirror.
Oltre le mura dell’ospedale: la realtà virtuale nel trattamento del dolore pediatrico – Intervista a Valentino Megale
Insieme a Valentino Megale, CEO e Co-Founder di Softcare Studios, esploriamo le più recenti applicazioni della realtà virtuale (RV) nel trattamento del dolore pediatrico
I chatbot non sono psicoterapeuti – Psicologia digitale
È nell’interesse di tutti sviluppare tecnologie avanzate ma anche sempre più sicure. Ma cosa succede se ci rivolgiamo ai chatbot come fossero terapeuti?
I software di trascrizione basati sull’intelligenza artificiale nelle sedute di psicoterapia – Psicologia digitale
Esistono software basati sull’intelligenza artificiale che trasformano file audio in testo, utili per la trascrizione delle sedute di terapia
L’utilizzo del Machine Learning nell’ambito della salute mentale
Gli algoritmi di Machine Learning permeano una vasta gamma di settori nella società, e possono fornire contributi anche alla salute mentale
Le tecnologie digitali a supporto della salute mentale – Psicologia digitale
Sfide, limiti e opportunità delle prestazioni nell’ambito della salute mentale erogate attraverso tecnologie digitali
MindMe: un progetto per la riduzione dello stress in contesti accademici
Nella frenetica vita degli studenti universitari, lo stress può diventare un compagno costante, mettendo a dura prova il benessere mentale
La psicologia nella creazione delle intelligenze artificiali – Milano Digital Week 2023
Nell’ultima edizione della Milano Digital Week, le dott.sse Cilardo e Cavallaro hanno proposto una riflessione su intelligenze artificiali e psicologia
Migliorare la salute mentale con un’app: funziona davvero?
La sfida di scegliere tra le app di salute mentale distinguendo tra quelle sviluppate da professionisti e quelle non verificate
Le intelligenze artificiali possono avere una coscienza? – Psicologia digitale
Eseguire grandi elaborazioni di dati non significa esserne consapevoli: la coscienza tipicamente umana non sembra estendersi alle tecnologie
La realtà virtuale nel trattamento di patologie psicologiche
L'integrazione dell'intelligenza artificiale nel campo della psicologia e della psichiatria sta aprendo nuove prospettive
L’intelligenza artificiale al servizio della salute mentale: i chatbot in psicoterapia
L'utilizzo dei chatbot potrebbe assumere un ruolo fondamentale negli interventi psicologici di ultima generazione
Chatbot e psicologia clinica: un’unione possibile?
Quali contributi potrebbero apportare l'intelligenza artificiale e i chatbot nell’area della salute psicologica?
Potenziare la Psicoterapia con l’Intelligenza Artificiale
L'Intelligenza Artificiale è una promettente risorsa per la cura dei disturbi mentali: esploriamo il suo uso responsabile in psicoterapia
Carica altro

Psicologia contro il gioco d’azzardo patologico: istruzioni per il legislatore

di Andrea Ferrari

Psicologia contro il gioco d’azzardo patologico:

istruzioni per il legislatore

 

Psicologia contro il gioco d'azzardo patologico . - Immagine: © iQoncept - Fotolia.comIn tempi recenti il gioco d’azzardo è salito sempre più alla ribalta delle cronache, specialmente per quanto riguarda le preoccupazioni per i costi sociali a esso connessi, sia in termini di sofferenza individuale e familiare, sia per le ricadute economiche negative connesse a tali sofferenze (indebitamenti, ricorso all’usura e a comportamenti criminali, perdita del lavoro…), tali da far sorgere più di un dubbio sull’effettiva utilità di fare leva sul gioco per rimpinguare le magre casse statali.

[…] Bisogna sapere che nel paese dei Barbagianni c’è un campo benedetto, chiamato da tutti il Campo dei miracoli. Tu fai in questo campo una piccola buca e ci metti dentro per esempio uno zecchino d’oro. Poi ricopri la buca con un po’ di terra: l’annaffi con due secchie d’acqua di fontana, ci getti sopra una presa di sale, e la sera te ne vai tranquillamente a letto. Intanto, durante la notte, lo zecchino germoglia e fiorisce, e la mattina dopo, di levata, ritornando nel campo, che cosa trovi? Trovi un bell’albero carico di tanti zecchini d’oro, quanti chicchi di grano può avere una bella spiga nel mese di giugno.

[…]— Oh che bella cosa! — gridò Pinocchio, ballando dall’allegrezza. — Appena che questi zecchini li avrò raccolti, ne prenderò per me duemila e gli altri cinquecento di più li darò in regalo a voialtri due.

— Un regalo a noi? — gridò la Volpe sdegnandosi e chiamandosi offesa. — Dio te ne liberi!

— Te ne liberi! — ripeté il Gatto.

— Noi — riprese la Volpe — non lavoriamo per il vile interesse: noi lavoriamo per arricchire gli altri.

— Gli altri! — ripeté il Gatto.

— Che brave persone! — pensò dentro di sé Pinocchio […]

 

(Carlo Collodi, Le avventure di Pinocchio)

In tempi recenti il gioco d’azzardo è salito sempre più alla ribalta delle cronache, specialmente per quanto riguarda le preoccupazioni per i costi sociali a esso connessi, sia in termini di sofferenza individuale e familiare, sia per le ricadute economiche negative connesse a tali sofferenze (indebitamenti, ricorso all’usura e a comportamenti criminali, perdita del lavoro…), tali da far sorgere più di un dubbio sull’effettiva utilità di fare leva sul gioco per rimpinguare le magre casse statali.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: GIOCO D’AZZARDO PATOLOGICO PGD – GAMBLING

Un dato sopra gli altri: nell’ammontare della raccolta generata dal gioco d’azzardo, non tutti gli scommettitori incidono allo stesso modo. Poiché non risultano dati italiani che forniscano indicazioni precise, citiamo dati canadesi secondo i quali i giocatori patologici contribuiscono con percentuali dal 23% al 50% sulla raccolta complessiva del gioco d’azzardo (Williams & Wood 2004; Williams & Wood, 2007).

Un altro dato di cui tenere conto è sull’incidenza delle slot-machine (e delle VLT) sulla raccolta complessiva del gioco: in Italia rappresentano il 76,9% del fatturato sul gioco (rapporto AAMS 2012, http://www.aams.gov.it/site.php?id=5320). Ciononostante, secondo dati Eurispes (2009) la percentuale di scommettitori dediti alle slot non risulta essere superiore al 10% sul totale, un dato forse non più aggiornato ma comunque indicativo. Non a caso, le slot-machine sono considerate la forma di gioco più pericolosa (Dowling, 2005)

Gioco d’Azzardo in Italia: tra contributo al PIL & Epidemia Sociale. - Immagine: © kraevski - Fotolia.com
Articolo Consigliato: Gioco d’Azzardo in Italia: tra contributo al PIL & Epidemia Sociale

Sebbene non sia possibile valutare quanto e se le problematiche di dipendenza da Gioco d’azzardo siano incrementate nel corso degli anni, sappiamo dalle ultime rilevazioni quanto il problema sia grave: si stima che quasi un italiano su 10 abbia qualche problema con il gioco. Inoltre questi numeri risultano significativamente maggiori rispetto a quanto si rileva negli altri stati occidentali (Bastiani et al, 2013).

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: DIPENDENZE

I fattori psicologici/individuali giocano un ruolo indiscutibile nel generare un problema di dipendenza da gioco, tuttavia crediamo che una regolamentazione più responsabile da parte del legislatore produrrebbe effetti significativi sulla riduzione globale delle problematiche, intervenendo sui fattori strutturali e situazionali del gioco d’azzardo (Griffiths, 1999).

Esistono e sono documentate alcune misure che si sono rivelate efficaci nel contenimento delle problematiche da gioco (Williams, West & Simpson, 2012). Tra queste citiamo:

Ridurre il numero di locali ove sia possibile giocare d’azzardo: a tal proposito ricordiamo che la normativa italiana prevede che sia possibile installare slot-machine in qualsiasi locale provvisto di licenza per la somministrazione di bevande. In questa categoria sono inclusi, tra gli altri, anche gli stabilimenti balneari. Ogni nostro commento è superfluo.

Eliminare le forme di gioco a più alto rischio: ad oggi, nella sola Norvegia sono state ritirate tutte le slot-machines al di fuori dei casinò (Bu & Skutle, 2013). Questo provvedimento ha contribuito a ridurre significativamente il numero di persone con problematiche di gioco, sebbene sia stato osservato uno spostamento verso il gioco online, che presenta caratteristiche di rischio simili.

Determinare un importo massimo limitato per ciascuna scommessa.

Richiedere agli scommettitori di aderire ad un limite massimo di spesa giornaliera, da loro predeterminato. Questo provvedimento potrebbe essere particolarmente utile se integrato nelle slot-machine, rendendo visibile un avviso al termine di ogni scommessa (Stewart, Wohl, 2013)

Limitare o eliminare l’accesso a bancomat e a bevande alcoliche nei casinò.

LEGGI ANCHE GLI ARTICOLI SU: SOCIETA’ E ANTROPOLOGIA

In aggiunta a tutti i fattori sopraelencati, vorremmo segnalare un fattore particolarmente importante, la cui presa in considerazione costerebbe poco in termini legislativi ma moltissimo in termini di impatto sul gioco, in particolar modo sulle slot-machine. Il nostro suggerimento è quello di ridurre in modo significativo la velocità di gioco (ovvero il tempo che intercorre tra l’avvio della scommessa e l’emissione del risultato), incrementando di converso la durata della scommessa. In uno studio di Chóliz (2010) è stata confrontata la persistenza nel gioco in due slot-machine con velocità di gioco di 2s e una di 10s: i soggetti che hanno utilizzato quest’ultima hanno giocato il 30% in meno di partite. Secondo le normative presenti, la velocità di gioco minima è di 4 secondi (art. 110 comma 6 T.U.L.P.S.), che significa che sono sufficienti dieci minuti per giocare 150 € ad un ritmo di 1€ per scommessa.

In conclusione, ci sono evidenze sufficienti perché vengano messe in atto misure legislative per favorire il contenimento delle problematiche da gioco. Ma la volontà legislativa, sempre ammesso che esista, si dovrà scontrare necessariamente con la riduzione delle cifre di raccolta. E tra il dire e il fare, ci passa un mare di denaro.

Non ti fidare, ragazzo mio, di quelli che promettono di farti ricco dalla mattina alla sera. Per il solito, o sono matti o imbroglioni!

(Il grillo parlante)

LEGGI ANCHE:

 GIOCO D’AZZARDO PATOLOGICO PGD – GAMBLING –  DIPENDENZE – SOCIETA’ E ANTROPOLOGIA

 

BIBLIOGRAFIA:

Nuove dipendenze comportamentali: la Cyberdipendenza

Nuove dipendenze comportamentali: le cyberdipendenze . - Immagine: ©-ArtFamily-Fotolia.comLa cyberdipendenza, o dipendenza da internet (Internet Addiction Disorder- IAD) è una delle più nuove dipendenze comportamentali.

Purtroppo se ne parla ancora troppo poco, ma come fenomeno è sempre più in espansione soprattutto tra gli adolescenti.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: INTERNET ADDICTION

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: PSICOLOGIA DEI NEW MEDIA

Già nel 2011 il Telefono Azzurro e Eurispes hanno presentato a Roma l”Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia”, svolta su un campione di 1.523 ragazzi e 1.100 bambini.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: BAMBINI E ADOLESCENTI

I dati sono preoccupanti: il 23,6% dei ragazzi tra i 12 e i 18 anni sono stati vittime di cyberbullismo, una percentuale degli under 11 ha già esperìto il gioco d’azzardo on-line, in particolare il gratta e vinci, il 4,9% degli adolescenti ha cercato consigli per il suicidio, il 68,7 % non riesce a staccarsi da internet quando richiesto.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: CYBERPSICOLOGIA

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: BULLISMO

Il termine Internet Addiction fu coniato nel 1995 da Ivan Goldberg che propose dei criteri riformulando quelli della dipendenza da sostanze del DSM-IV: un uso maladattivo di internet, che conduce a menomazione o disagio clinicamente significativi, come manifestato da tre (o più) dei seguenti, che ricorrono in qualunque momento dello stesso periodo di 12 mesi:

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: DIPENDENZE

1. Tolleranza, come definito da ognuno dei seguenti:

bisogno di aumentare la quantità di tempo e di collegamento a internet per raggiungere l’eccitazione desiderata;

l’effetto marcatamente diminuito con l’uso continuato della stessa quantità di tempo su internet.

2. Astinenza, come manifestato da ciascuno dei seguenti:

criteri caratteristici della crisi d’astinenza:

a) l’interruzione o la riduzione dell’uso prolungato e pesante di internet

b) due o più dei seguenti, che si sviluppano da diversi giorni a un mese dopo l’interruzione del comportamento:

– agitazione psicomotoria;

– ansia;

– pensiero ossessivo riguardante ciò che sta accadendo su internet;

– fantasie o sogni su internet;

– movimenti volontari o involontari di battitura a macchina con le dita.

Cyberbullismo...L’umiliazione è Totale! . - Immagine: © NLshop - Fotolia.com
Articolo consigliato: Cyberbullismo…L’umiliazione è Totale!

3. I sintomi del criterio 2 causano disagio o menomazione nell’area sociale, occupazionale, o in qualche altra importante area di funzionamento.

L’uso di internet o di servizi simili viene impiegato per alleviare o evitare sintomi di astinenza

Si accede spesso a Internet con più frequenza e per periodi di tempo più lunghi di quanto fosse stato preventivato

Persistente desiderio e tentativi falliti di cessare o di controllare l’uso di Internet

Una grande quantità di tempo spesa in attività legate all’uso di Internet (per es. effettuare prenotazioni su Internet, cercare nuovi browser nel Web, ricercare fornitori su Internet, organizzare files o scaricare materiale)

Importanti attività sociali, lavorative o ricreative vengono sospese o ridotte a causa dell’uso di Internet

L’uso di Internet continua nonostante la consapevolezza di avere persistenti o ricorrenti problemi fisici, sociali, occupazionali o psicologici, i quali molto probabilmente sono stati causati o esacerbati dall’uso di Internet (perdita del sonno, difficoltà coniugali, ritardi negli appuntamenti del primo mattino, negligenza nei doveri professionali oppure sentimenti di abbandono da parte degli altri significativi.

La letteratura individua cinque tipologie di cyberdipendenti:

Cyber-Relational Addiction: la tendenza a instaurare relazioni amicali e amorose sul Web. Questo causa l’idealizzazione delle persone ed una progressiva perdita del contatto con la realtà per abbandonarsi ad una dimensione amorosa o amicale virtuale. Sono spesso utilizzati siti di incontri, le chat e i newsgroup.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: RAPPORTI INTERPERSONALI

Net-Compulsions: i comportamenti compulsivi messi in atto tramite Internet, ovvero:

– gioco d’azzardo

– commercio in rete

– partecipazione ad aste on-line.

Frequenti sono i  gravi problemi finanziari per le persone affette da questi tipi di dipendenze.

Information-Overload: la ricerca compulsiva di informazioni on-line. Nel 1997 è stata condotta una ricerca basata su un campione di 1000 persone provenienti da Stati Uniti, Hong Kong, Germania, Singapore e Regno Unito dal titolo: “Glued to the screen: An investigation into information addiction worldwide”.

Il 54% del campione della ricerca sostiene di esperire una forte eccitazione quando riesce a trovare ciò che stava cercando e il 50% passa molto tempo a cercare informazioni in rete.

Cybersexual-Addiction: l’uso compulsivo di siti pornografici o comunque dedicati al sesso virtuale. E’ una delle tipologie più frequenti. Le principali attività sono flirtare e instaurare relazioni amorose, ma non sempre si tramutano in conoscenze e relazioni reali.

 LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: AMORE E RELAZIONI SENTIMENTALI

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: SESSO – SESSUALITA’

Computer-Addiction: l’utilizzare il computer per giochi virtuali, soprattutto giochi di ruolo, in cui il soggetto può costruirsi un’identità fittizia. Il soggetto può avere un’identità parallela: o esprimersi liberamente per ciò che è, grazie all’anonimato, oppure “indossare”, proprio come una maschera, delle nuove identità.

A questo punto è facile immaginare come fenomeni dissociativi e paranoidei siano spesso alla base delle dipendenze da Internet: il controllare la vita degli altri tramite Internet, l’abbandonare le amicizie reali e i propri svaghi (come ad esempio la palestra) per passare del tempo on-line, la mancata percezione del tempo che passa, il vivere una realtà virtuale con una nuova identità oppure l’aver bisogno di uno schermo per potersi esprimere liberamente denotano personalità con forti problemi interpersonali, che hanno difficoltà nell’instaurare relazioni autentiche e che non godono di una buona autostima.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: TECNOLOGIA E PSICOLOGIA

Certamente il problema non sono i social-network in sé. L’avere un profilo Facebook, Twitter e Google+, non sono sinonimi di una cyberdipendenza. Piuttosto bisogna interrogarsi su quali rapporti reali, su quali amicizie, su quali “migliori amici” si hanno nella vita reale con cui uscire per una passeggiata o mangiare un gelato, a cui telefonare se si ha bisogno di aiuto o a cui confidare qualcosa. Bisogna chiedersi se le relazioni amorose che si instaurano siano autentiche e intime, ricche di momenti trascorsi e condivisi con il partner e non solo caratterizzate da scambi di email e chattate.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: SOCIAL NETWORK

Bisogna chiedersi se Internet sia diventato PARTE della nostra vita o LA nostra vita.

 

LEGGI ANCHE:

INTERNET ADDICTION – PSICOLOGIA DEI NEW MEDIA – CYBERPSICOLOGIA 

BAMBINI E ADOLESCENTI – DIPENDENZE – TECNOLOGIA E PSICOLOGIA – SOCIAL NETWORK

 

BIBLIOGRAFIA:

Dalla nascita all’adolescenza: cosa succede al cervello?

– FLASH NEWS-

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche

I ricercatori hanno scoperto che la corteccia frontale (la parte del cervello responsabile per la pianificazione di comportamenti complessi e l’acquisizione di nuove informazioni), va incontro a cambiamenti significativi dalla nascita alla fine dell’adolescenza e che anche l’epigenoma – l’insieme di segnali chimici responsabili dell’accensione o spegnimento dei geni nel DNA – si trasforma.

L’esperienza dei genitori con i figli e degli insegnanti con i gli studenti dimostra come i bambini cambiano i loro comportamenti e le loro conoscenze dall’infanzia all’adolescenza.

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche
Articolo Consigliato: Epigenetica e Adattamento all’Ambiente

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: BAMBINI

Un articolo pubblicato su Science in collaborazione con il team di Manel Esteller, direttore dell’Epigenetics and Cancer Biology Biomedical Research Institute, ricercatore e professore di genetica alla Universitat de Barcelona, ci dà un indizio importante per la comprensione di questo processo.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: ADOLESCENTI

I ricercatori hanno scoperto che la corteccia frontale (la parte del cervello responsabile per la pianificazione di comportamenti complessi e l’acquisizione di nuove informazioni), va incontro a cambiamenti significativi dalla nascita alla fine dell’adolescenza e che anche l’epigenoma – l’insieme di segnali chimici responsabili dell’accensione o spegnimento dei geni nel DNA – si trasforma.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: NEUROPSICOLOGIA

Lo studio analizza l’epigenoma di neonati e adolescenti di 16 anni e adulti di età compresa tra 25 e 50 negli Stati Uniti e in Catalogna (Spagna).

La scoperta pubblicata su Science dimostra che uno di questi segnali epigenetici, la metilazione del materiale genetico, è progressivamente aumentata fino alla fine dell’adolescenza e l’ingresso nell’età adulta.

I risultati dello studio mostrano che la metilazione del DNA ha un ruolo fondamentale nel plasmare gli spazi di comunicazione tra neuroni (sinapsi)“, spiega Esteller. “Il cervello è diviso in materia bianca (cellule gliali) e materia grigia (neuroni). Patterns di metilazione del DNA distinguono geni con attività cellulare specifica. Anche nella materia grigia, ci sono sottotipi di cellule, come i neuroni piramidali e produttori neurotrasmettitore GABA che hanno sotto-regole specifiche di metilazione del DNA. Inoltre, la metilazione del DNA dei neuroni è diversa dal resto delle cellule nel nostro corpo. Se normalmente un gene è chiamato 5-MCG, questo, nel cervello, è chiamato 5-MCH: è come mettere un accento aperto o chiuso ad una parola per cambiare il suo significato “spiega Esteller.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: GENETICA & PSICHE

Questa scoperta potrebbe avere una grande importanza nella conoscenza della biologia del cervello, perché oltre a spiegare la plasticità di questo organo durante l’apprendimento e l’esperienza, potrebbe essere decisiva per comprendere le cause di alterazioni del comportamento e malattie psichiatriche.

Ora i ricercatori devono verificare se le alterazioni minori del programma di metilazione del DNA durante lo sviluppo postnatale precoce potrebbero essere associate a disturbi dello sviluppo neurologico, come l’autismo o la schizofrenia.

LEGGI:

BAMBINI – ADOLESCENTI – NEUROPSICOLOGIA – GENETICA & PSICHE

 

 

BIBLIOGRAFIA:

 

Esperti Psicologi e Criminologi – Avviso di selezione – Bando

 

 

SEGNALIAMO UN AVVISO DI SELEZIONE PER PSICOLOGI E CRIMINOLOGI
REGIONE: LIGURIA.
SCADENZA: 30 AGOSTO 2013

 

REQUISITI:

Per essere ammessi alla selezione è richiesto il possesso dei seguenti requisiti:

Per i candidati psicologi:

  1. Laurea in psicologia (magistrale o vecchio ordinamento).
  2. Abilitazione all’esercizio della professione di psicologo.
  3. Iscrizione all’Albo professionale degli psicologi.
  4. Possesso di partita I.V.A. o dichiarazione di apertura della stessa una volta chiamati dall’amministrazione a prestare la propria opera professionale.
  5. Dichiarazione di non aver riportato condanne penali o applicazioni di pena ai sensi dell’articolo 444 del Codice di Procedura Penale e di non avere in corso procedimenti penali né procedimenti amministrativi per l’applicazione di misure di sicurezza o di prevenzione, né che risultino a proprio carico precedenti penali iscrivibili nel casellario giudiziale ai sensi dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313. In caso contrario, si indichino le condanne e i procedimenti a carico ed ogni eventuale precedente penale, precisando la data del provvedimento e l’Autorità Giudiziaria che lo ha emanato ovvero quella presso la quale penda un eventuale procedimento penale.
  6. Età superiore ad anni 25 ed inferiore ad anni 70.
  7. Curriculum vitae

Per i candidati criminologi:

  1. Laurea (magistrale o vecchio ordinamento) e diploma di specializzazione in criminologia o scienze psichiatriche forensi conseguito presso le Scuole di specializzazione individuate con D.P.C.M., di concerto con il M.I.U.R., o master di II livello in criminologia, conseguito presso Università.
  2. Possesso di partita I.V.A. o dichiarazione di apertura della stessa una volta chiamati dall’amministrazione a prestare la propria opera professionale.
  3. Dichiarazione di non aver riportato condanne penali o applicazioni di pena ai sensi dell’articolo 444 del Codice di Procedura Penale e di non avere in corso procedimenti penali né procedimenti amministrativi per l’applicazione di misure di sicurezza o di prevenzione, né che risultino a proprio carico precedenti penali iscrivibili nel casellario giudiziale ai sensi dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313. In caso contrario, si indichino le condanne e i procedimenti a carico ed ogni eventuale precedente penale, precisando la data del provvedimento e l’Autorità Giudiziaria che lo ha emanato ovvero quella presso la quale penda un eventuale procedimento penale;
  4. Età superiore ad anni 25 ed inferiore ad anni 70.
  5. Curriculum vitae.

I requisiti prescritti devono essere posseduti alla data di presentazione della domanda.

VISUALIZZA IL BANDO COMPLETO QUI: LINK

ARTICOLI SU: PSICOLOGIA PENITENZIARIA

Love is a losing game…

di Elena Del Rio, Silvia Pomi, Giorgia Righi

 

“Quando amiamo troppo, in realtà non amiamo affatto perché siamo dominate dalla paura: paura di restare sole, paura di non essere degne d’amore, paura di essere abbandonate o ignorate”

R. Norwood (2003).

Love is a losing game . - Immagine: © giogia85 - Fotolia.comLove addiction: l’innamoramento è un’esperienza che plasma l’identità dei giovani e l’autostima. Kaarina Maatta, nel 2011 ha chiesto a 55 giovani adulti di descrivere le loro esperienze amorose; i partecipanti allo studio hanno definito la fase dell’innamoramento e il suo significato attraverso connotazioni differenti: come risultato di azioni razionali, come volontà di cambiamento, come distacco dall’età infantile e dalle influenze del gruppo di appartenenza.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: AMORE E RELAZIONI SENTIMENTALI

I partecipanti hanno poi descritto tutti i “sintomi” dell’innamoramento: la sensazione di leggerezza, l’aumento di forza ed energia, la positività, il desiderio irresistibile di passare il maggior tempo possibile con la persona amata e l’abbandonarsi spesso a giochi e atteggiamenti infantili e frivoli con il partner, con il quale sembra sussistere una sorta di “sesto senso”, un legame che “nessun altro può capire”.

Erri de Luca  (1998) descrive così l’innamoramento: “ci si innamora così, cercando nella persona amata il punto a nessuno rilevato, che è dato in dono solo a chi scruta, ascolta con amore. Ci si innamora da vicino, ma non troppo, ci si innamora da un angolo acuto un poco in disparte in una stanza, presso una tavolata, seduto su un gradino mentre gli altri ballano”. Tutte queste descrizioni possono essere facilmente riassunte con l’espressione “avere le farfalle nello stomaco”.

Ma le farfalle nello stomaco possono trasformarsi in una gastrite fulminante, una droga d’amore, una vera e propria dipendenza affettiva.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: LOVE ADDICTION

Nella dipendenza affettiva, o “love addiction”, è la relazione stessa a costituire l’oggetto di dipendenza; i soggetti “dipendenti d’amore” non riescono ad avere una vita piena e soddisfacente, vivono in balia delle emozioni, vengono ingoiati dalle storie d’amore arrivando anche all’autodistruzione, non sono autonomi e sono incapaci di prendere decisioni; senza l’altro si sentono persi, smarriti, senza significato.

I dipendenti affettivi sono incapaci di relazionarsi con l’altro in modo maturo, come se non riuscissero a vivere una storia alla pari, e si ritrovano ad  avere una relazione asimmetrica come quella che hanno vissuto nell’infanzia con le figure di riferimento.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: ATTACCAMENTO – ATTACHMENT

SITCC 2012 Roma - Reportage dal Congresso Annuale della Società Italiana di Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale
Articolo Consigliato: SITCC 2012- Formazione in Psicoterapia: terapeuta o paziente?

Alla base del legame con l’altro vi è un “bisogno d’amore che si basa su una significativa carenza, “la ferita dei non amati”, così definita da Schellenbaum (2005); questa condizione ha origine nell’infanzia, dalla necessità di soddisfacimento dei bisogni primari di nutrimento emotivo e di accettazione incondizionata da parte dell’adulto.

Nel caso in cui questi bisogni non siano stati soddisfatti lo sviluppo può avere un esito negativo, da cui possono comparire il senso di insicurezza, di incertezza rispetto alle proprie capacità, e il costante bisogno d’amore. Qualunque espressione d’amore anche da adulto non sarà mai in grado di riempire il vuoto originario, dato dalla mancanza di quell’accettazione incondizionata da parte delle figure di riferimento (Costantini, 2009).

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: ACCETTAZIONE

Secondo Giddens (1992), la dipendenza affettiva è un disturbo autonomo e presenta caratteristiche quali l’ebbrezza (il soggetto dipendente prova una sensazione di ebbrezza dalla relazione con l’altro, paragonabile a quella del tossicodipendente quando sta andando a procurarsi la sostanza) e la dose (il soggetto dipendente trova nell’altro una sorta di droga e cerca così sempre quantità maggiori in termini di presenza e di tempo da trascorrere insieme).

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: DIPENDENZA

Numerose ricerche infatti mostrano che la dipendenza affettiva condivide alcune caratteristiche negative con altre dipendenze, in particolare con l’abuso di sostanze (Fisher, 2006; Peele & Brodsky, 1992; Wolfe, 2000). Il partner, assume il ruolo di “eroe”, che diviene unico scopo di vita e la cui mancanza dà alla persona la sensazione di “non esistenza” (DuPont, 1998).

LEGGI ANCHE ARTICOLI: DROGHE E ALLUCINOGENI

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: ALCOOL

L’aspetto fondamentale proposto da Giddens (1992) è la paura che caratterizza il dipendente affettivo: una caratteristica che precede sempre ogni forma di dipendenza. Paura di perdere l’amore, paura dell’abbandono e della separazione, paura di mostrare se stessi, di amare l’altro per quello che è.

Si tratta di una paura schiacciante, che si può riassumere nella terrificante massima del poeta latino Publio Ovidio Nasone (Amores, III, 11b, 7): “così non riesco a vivere, né con te né senza di te”. Con te, per il dolore che si prova nel subire umiliazioni, maltrattamenti e offese; senza di te perché non si può sopportare l’angoscia che si sente al solo pensiero di perdere la persona amata. Dalla letteratura risulta che il 99% dei soggetti dipendenti affettivi sono di sesso femminile (Miller, 1994) distribuiti in differenti fasce di età. Si tratta spesso di donne con una bassa autostima, che si sentono colpevoli e poco meritevoli e quindi destinate a non essere ricambiate dell’immenso amore che provano e dimostrano continuamente.

Nelle interviste condotte dalla Maatta (2011) su adolescenti e giovani adulti possiamo ritrovare alcuni aspetti descrittivi dell’innamoramento che connotano quella che potrebbe sfociare in dipendenza affettiva.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: ADOLESCENTI

I ragazzi infatti riportano di provare una sorta di regressione e esperienza simbiotica” con l’innamorato agli inizi della storia, che richiama la relazione di totale dipendenza che un bambino ha con la figura di accudimento; il problema è che, come loro stessi riferiscono, questa regressione porta con sé anche l’insicurezza, la paura e il senso di confusione che possono aver provato da bambini di fronte alla percezione che dalla figura di accadimento e dalla sua vicinanza dipendesse la propria felicità in modo esclusivo.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: ACCUDIMENTO

Infine, oltre a essere un’importante occasione per capire meglio se stessi e le proprie reazioni, l’innamoramento diventa per alcuni depositario di alte aspettative salvifiche rispetto a una fuga da quello che non va in tutti gli altri ambiti di vita. Per questo, i ragazzi riferiscono di stare attenti a adattarsi alle aspettative dell’altro, per minimizzare le possibilità di perdere lui/lei e annullare la relazione che sta nascendo.

Ritornando alle giovani generazioni, i mass media potrebbero avere un impatto sullo sviluppo della love addiction; nella giovane musica pop infatti l’amore è spesso rappresentato in associazione a crisi emotive, forte desiderio della persona amata, alta idealizzazione fantastica, pensiero ossessivo ed estrema dipendenza dall’oggetto d’amore (Vannini & Mayers 2002).

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: MUSICA

Del resto, da sempre l’amore e tutte le sue sfaccettature sono l’oggetto d’ispirazione musicale per eccellenza; negli anni sessanta una famosa canzone dei Temptations “Ain’t too proud to beg”, faceva della dipendenza affettiva un elemento di cui andare fieri: “because I want to keep you any way I can, ain’t too proud to beg, sweet darlin’, please don’t leave me girl…”.

 

LEGGI ANCHE:

AMORE E RELAZIONI SENTIMENTALI – LOVE ADDICTION – DIPENDENZA

ADOLESCENTI – ATTACCAMENTO – ATTACHMENT – ACCUDIMENTO

 

BIBLIOGRAFIA

 

Leadership negli sport di squadra #4: teorie e modelli sulla leadership

Leadership negli Sport di Squadra

Parte 4

TEORIE E MODELLI SULLA LEADERSHIP

LEADERSHIP NEGLI SPORT DI SQUADRA – PSICOLOGIA DELLO SPORT – MONOGRAFIA

LEGGI: INTRODUZIONE – PARTE 1 – PARTE 2 – PARTE 3

Leadership negli sport di squadra: teorie e modelli sulla leadership - Parte 4 . - Immagine: © Anatoly Maslennikov - Fotolia.comAlcuni autori hanno cercato di sviluppare modelli che potessero, in qualche modo, porsi in una posizione intermedia all’interno del continuum distinto ai poli dall’importanza data ad aspetti individuali e aspetti situazionali.

All’interno di questi approcci, generalmente definiti come interazionisti, possiamo individuare il modello della contingenza di Fiedler [1964] il quale tenta di mettere in relazione aspetti individuali con caratteristiche situazionali. L’autore costruisce la sua teoria riprendendo la distinzione fatta da Bales e Slater tra un leader centrato sul compito e uno centrato sulla relazione. L’efficacia di queste due categorie di leader è correlata a una serie di variabili dipendenti dalla situazione quali ad esempio: la qualità dei legami leader-membri, caratteristiche della struttura del compito, la tipologia di potere nelle mani del leader. In particolar modo i leader centrati sul compito risultano più efficaci in condizioni di controllo estremamente alto o estremamente basso della situazione; viceversa coloro che sono centrati sulla relazioni ottengono risultati maggiori se il controllo sulla situazione si pone su un livello intermedio.
In ambito sportivo Giovannini e Savoia [2002] sottolineano come un allenatore il cui comportamento sia riconducibile a uno stile centrato sul compito (secondo le distinzioni di Bales e Slater e quindi anche quella di Fiedler) e a uno stile autoritario (secondo la distinzione di Lewin, Lippit e White) ottenga risultati migliori esclusivamente quando è benvoluto o quando è malvoluto dai componenti del gruppo. Quando è benvoluto la sua autorità non è messa in discussione e può tralasciare il morale della squadra e concentrarsi sul compito. Quando è malvoluto egli comunque possiede poco potere e non è in grado di intervenire sul morale ma può cercare in ogni caso di risolvere problemi legati al compito. Nelle situazioni intermedie, viceversa, l’azione sul morale del gruppo può avere qualche effetto motivazionale che influisca anche a livello della sua prestazione. Ecco perché risultano importanti entrambe le capacità e perché visto che difficilmente una stessa persona manifesta una completa padronanza di ognuna spesso si ha necessità di una doppia figura di leader per massimizzare i risultati sia nelle relazioni che nelle prestazioni del gruppo.
Gli Sportivi La Prendono Sportivamente?. -Immagine: © fidelio - Fotolia.com
Articolo Consigliato: Psicologia dello Sport: una Ricerca su Ansia e Perfezionismo nello Sport

Partendo dall’elaborazione di Fiedler, Hollander [1958] sviluppa un’ulteriore ipotesi che definisce appartenente ai modelli transazionali, riferendosi con questa definizione ai paradigmi che si possono ricondurre  al concetto principale di una relazione bidirezionale tra leader e  membri del gruppo. Secondo l’autore, il leader, in un certo senso, acquista il suo potere di influenza attraverso la costituzione di un credito idiosincratico nei confronti dei compagni, ottenuto attraverso la dimostrazione delle sue competenze. In un certo senso ogni membro del gruppo, dopo la prova di esperienza da parte del potenziale leader, riconosce nella sua guida la possibilità di ottenere un guadagno comune e si rende disponibile a investire in lui la propria fiducia, che va a riempire questo credito idiosincratico che sta al leader non esaurire favorendo il raggiungimento degli obiettivi della squadra. Secondo quest’idea all’interno di una squadra l’allenatore/leader ottiene potere non solo istituzionalmente ma anche in relazione ai successi ottenuti e quindi al colmarsi o allo svuotarsi del suo credito idiosincratico nei confronti dei membri della squadra e della dirigenza.

 

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: RAPPORTI INTERPERSONALI

In conclusione a questa rassegna è importante presentare un modello che, come i precedenti ha rivolto l’attenzione a considerare le diverse categorie di variabili che possono influenzare la leadership del gruppo e che si focalizza principalmente all’interno dell’ambito sportivo.

 

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: PSICOLOGIA DELLO SPORT

Questa teoria della leadership, elaborata da Chelladurai [1990, 1993], appartiene all’ambito dei modelli multidimensionali. L’autore considera il livello di prestazione e di soddisfazione della squadra dipendente tra tre ordini di fattori legati alla figura del leader e cioè:

I comportamenti richiesti al leader dalla situazione: che racchiude tutte le variabili espresse dagli approcci situazionisti e dal modello della contingenza di Fidler. I comportamenti in questione dipendono, quindi, dalla struttura e dall’organizzazione alla base del team sportivo e dagli obiettivi che la dirigenza si propone di veder raggiunti a fine stagione.

 – I comportamenti del leader preferiti dai membri: che dipendono sostanzialmente dalle caratteristiche degli atleti e dalla tipologia del rapporto che li lega al leader. Inevitabile il riferimento implicito al concetto di credito idiosincratico di Hollander come conseguenze di questa relazione.

– I comportamenti agiti dal leader: che dipendono dalle caratteristiche personali di colui che occupa la posizione di leader che possono essere legate ai tratti di personalità, alla sua esperienza vissuta, al suo grado di competenza.

La congruenza tra questi tre aspetti è alla base, secondo Chelladurai, sia della soddisfazione che delle prestazioni della squadra.

In sostanza il compito principale dell’allenatore risulta quello di individuare e creare un equilibrio tra le richieste della situazione e dei membri del gruppo unite alle proprie caratteristiche personali, in modo da poter affrontare ogni problema usando le abilità opportune, che siano esse centrate sul compito o sulla relazione. Si può dire quindi che la caratteristiche che il leader deve assolutamente possedere siano competenza e versatilità.

 

LEADERSHIP NEGLI SPORT DI SQUADRA – PSICOLOGIA DELLO SPORT – MONOGRAFIA

LEGGI: INTRODUZIONE – PARTE 1 – PARTE 2 – PARTE 3

LEGGI ANCHE:

PSICOLOGIA SOCIALE – PERSONALITA’ – TRATTI DI PERSONALITA’ – RAPPORTI INTERPERSONALI – PSICOLOGIA DELLO SPORT

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Un avatar per perdere peso

– FLASH NEWS-

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche

In aiuto al problema del grave sovrappeso che affligge ben due terzi della popolazione americana, un nuovo studio suggerisce che l’interazione con un avatar, che funga da modello di comportamento per la perdita di peso, potrebbe aiutare alcune donne nella lotta ai chili di troppo e nella costruzione di abitudini di vita più sane.

LEGGI ANCHE GLI ARTICOLI SU: CYBERPSICOLOGIA

Melissa Napolitano, PhD alla George Washington University School of Public Health and Health Services (SPHHS) in collaborazione con i colleghi della Temple University , ha condotto un sondaggio tra 128 donne in sovrappeso.

Illusione di Delboeuf: un trucco per dimagrire. - Immagine: © Joss - Fotolia.com
Articolo consigliato: Illusione di Delboeuf: un trucco per dimagrire

La maggior parte di loro aveva cercato di perdere peso durante l’ultimo anno e non aveva mai usato un gioco di realtà virtuale.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: TECNOLOGIA E PSICOLOGIA

Nonostante la mancanza di familiarità con la realtà virtuale molte delle partecipanti hanno dichiarato, in accordo con la teoria del modellamento, che l’osservazione del comportamento di un avatar avrebbe potuto aiutarle a mettere in atto comportamenti per il controllo del peso, come passeggiare tutti i giorni e comprare alimenti più sani.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: ALIMENTAZIONE

Il team della Napolitano, grazie alla collaborazione di Antonio Giordano e Giuseppe Russo del Temple’s Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine, ha creato un DVD che ha mostrato alle partecipanti l’avatar in quattro ambienti reali. Le donne non potevano manipolare l’avatar ma potevano sceglierne le fattezze, così da renderlo simile a loro e da facilitare il processo di immedesimazione.

Nella seconda parte dello studio pilota, il team ha scelto otto donne in sovrappeso per un test di quattro settimane: l’obiettivo era studiare gli effetti del modellamento nell’apprendimento di comportamenti utili alla perdita di peso (ad esempio scegliere porzioni di cibo adeguate e come fare attività fisica). Le partecipanti hanno visto il video una volta alla settimana per 15 minuti e stabilito in precedenza degli obiettivi da raggiungere.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: ATTIVITA’ FISICA

Dopo quattro settimane di trattamento le donne avevano perso una media di un chilo e mezzo, in linea con i programmi dietetici tradizionali.

I ricercatori sperano che il processo di modellamento con l’avatar renda le donne più propense a mantenere le nuove abitudini di vita anche nel lungo periodo.

 

 

 LEGGI:

CYBERPSICOLOGIA – ATTIVITA’ FISICA – ALIMENTAZIONE – TECNOLOGIA E PSICOLOGIA

BIBLIOGRAFIA:

Tribolazioni 11 – L’illusione della crescita

TRIBOLAZIONI 11

L’ILLUSIONE DELLA CRESCITA

 

LEGGI L’INTRODUZIONE ALLA MONOGRAFIA

Tribolazioni 11 - L'illusione della crescita . - Immagine: ©Eisenhans - Fotolia.comE’ stato verificato sperimentalmente da numerosi ricercatori (Kahneman, Miller 1986; Kahneman, Slovic, Tversky 1982; Motterlini 2008; Castelfranchi, Mancini, Miceli 2002; Perdighe, Mancini 2008) che gli esseri umani siano più sensibili alle perdite che ai guadagni: ciò significa che soffrono molto di più per una perdita di una certa entità di quanto non gioiscano per un guadagno uguale.

E’ stato calcolato che perdere fa male il doppio del piacere che da guadagnare la stessa cifra. A motivo di ciò sono anche disposti a investire molte più risorse e a correre molti più rischi pur di evitare una perdita di quanto non lo siano per conseguire un guadagno corrispondente. Forse ciò perchè perdere significa passare da uno stato migliore ad uno peggiore e dunque la sofferenza stia nel sapere che è possibile stare meglio e in cosa ciò consista, mentre è indubbiamente minore la sofferenza di chi non gode di agi che non ha mai sperimentato. Nessuno soffre per non aver mai fumato, mentre per un fumatore è doloroso e faticoso smettere. Questa tendenza che ci rende attenti a conservare e prudenti nel correre rischi che potrebbero causarci un peggioramento della situazione ha costituito senza dubbio un vantaggio evolutivo ed è tuttora alla base dell’atteggiamento conservatore e delle strategie iperprudenziali. Ha forti influenze sull’economia, sul mercato, sulle transazioni di borsa e sul gioco d’azzardo.

Ma di queste cose si sono occupati i teorici dei giochi e gli economisti (per una esaustiva rassegna bibliografica si veda Motterlini 2008). Quello che mi preme evidenziare è come questa tendenza innata possa causare tribolazioni se associata ad un’altra ingiustificata credenza che è l’aspettativa che “il trend naturale delle cose sia la crescita”.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: CREDENZE – BELIEFS

Abbiamo un’attenzione selettiva verso i fenomeni nella loro fase di sviluppo e molto meno verso la loro fase involutiva. Se si pensa alla vita degli esseri umani si ha molto più presente il periodo che va dalla nascita alla piena maturità che appare lungo e denso di avvenimenti. Invece si tende a sottovalutare la durata di tutta la lunga fase involutiva. Si è talmente abituati ad aspettarsi la crescita che rispetto all’economia ci si chiede di quanto il PIL sia incrementato dando per scontato che ciò avvenga. Addirittura viene considerato un segnale allarmante la riduzione dell’accelerazione della crescita, essendo appunto scontata la crescita stessa. Forse ci si aspetta un tale andamento dai fenomeni naturali perché le piante crescono e tutte le serie numeriche, ad iniziare dall’età di ciascuno fino ai calendari possono essere incrementate indefinitivamente. Così ci si aspetta che ciò sia possibile, naturale e persino dovuto. Potrebbe sembrare non esserci alcun male in questa immotivata attesa di una crescita costante, invece c’è. Se l’attesa di crescita è data per scontata, quando necessariamente va delusa trasforma qualcosa che sarebbe semplicemente un mancato guadagno in una vera e propria perdita che abbiamo visto essere molto più dolorosa. L’illusione di crescita ci espone alla delusione della perdita. Siamo minacciati da una credenza secondo la quale “tendenzialmente il perseguimento dei nostri scopi avrà prima o poi successo”. A fronte di tale aspettativa, l’insuccesso comporterà ulteriori emozioni disturbanti:

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: PSICOTERAPIA COGNITIVO – EVOLUZIONISTA

Accertare le credenze centrali. - Immagine: © Olivier Le Moal - Fotolia.com
Articolo Consigliato: Psicoterapia: Accertare le credenze centrali

La prima di rabbia per essere stati privati di un diritto al successo. Molte persone sono francamente irritate dal fatto che le cose non vadano secondo le loro aspettative. Attenzione non sono solo preoccupate e tristi, il che è connesso con la frustrazione di uno o più scopi, ma proprio arrabbiate. Sembra che abbiano stipulato un contratto con una entità astratta che barando non mantenga fede agli impegni presi e li danneggi: questa rabbia costituisce una quota di sofferenza aggiuntiva quanto inutile.

La seconda emozione disturbante aggiuntiva e inutile è determinata dalla possibile autosvalutazione per il fatto di considerarsi incapaci di raggiungere ciò che è quasi naturale che accada  frustrando dunque lo scopo di considerarsi dei buoni perseguitori dei propri scopi. Se il successo è considerato facile, quasi scontato, il non raggiungerlo costituisce un vulnus maggiore alla propria autoefficacia che se si considerasse il compito difficile e il risultato incerto.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: SCOPI ESISTENZIALI

L’illusione di crescita trasforma i mancati guadagni in perdite con una quota maggiore di sofferenza e vi aggiunge altre due sofferenze gratuite: la rabbia e l’autosvalutazione.

In conclusione siamo vittime di una bizzarra aspettativa del meglio. Forse è a motivo di ciò che tanto successo ha avuto la teoria dell’evoluzione che lo sostiene scientificamente. O forse, al contrario, è questo bias ottimistico che non ci fa vedere gli enormi costi dell’evoluzione. Probabilmente i due effetti sono sinergici e indistinguibili. Osserviamo l’evoluzione dal punto di vista delle speci che ce l’hanno fatta, dei vincitori. Ma ignoriamo i rami secchi, quelli che sono andati incontro ad involuzione e si sono estinti. Come al solito la storia è scritta dai vincitori. Tuttavia in questo caso i vincitori si procurano sofferenza dando per certa e scontata la vittoria. Questa immotivata fiducia in un positivo andamento è forse una concausa dell’atteggiamento astensionista conservatore. Esso consiste nel preferire sbagliare per non aver fatto piuttosto che sbagliare per aver fatto, come se si pensasse che non intervenendo le cose finiranno per andare nel verso giusto (Motterlini 2008). Tale atteggiamento, determinato certamente molto da scopi interni relativi alla propria identità ed efficacia, protegge dal senso di colpa verso possibili errori.

Sembra quasi che gli esseri umani siano spinti da due grandi correnti motivazionali talvolta conflittuali.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: SISTEMI MOTIVAZIONALI

Da un lato (più esterno) sembra decisivo perseguire i propri scopi intesi come modificazione del mondo esterno. Dall’altro (più interno) si persegue lo scopo di considerarsi capaci di perseguire i propri scopi e soprattutto di non essere responsabili di eventuali errori (questo diventa un vero e proprio antigoal).

La trappola tra queste due correnti motivazionali scatta quando si preferisce la frustrazione di uno scopo certa e dolorosa ma non attribuibile a sè piuttosto che  impegnarsi per evitarla rischiando così di doversi attribuire l’esito fallimentare.  Meglio perdere 100 per cause esterne indipendenti dal nostro intervento che 50 a motivo di un nostro intervento. La salvaguardia dello scopo dell’autostima danneggia il perseguimento dello scopo esterno. Sembra che gli esseri umani vogliano ottenere il bottino più ricco possibile ma, soprattutto, e talvolta ciò è conflittuale, “non avere nulla da rimproverarsi”. La percezione e la valutazione di sè stessi varia lungo una dimensione temporale e ciò crea un interessante e doloroso conflitto. Gli esseri umani si rimproverano di cose diverse a seconda di quale sia il tempo che osservano (Kahneman, Miller1986;Leder, Mannetti 2007;Gilovich , 1995).

Quando osservano il passato recente si crucciano soprattutto per i cosiddetti errori di commissione. Per ciò che hanno fatto, per le azioni attive (prevale il rimorso). Invece quando osservano il passato remoto, le recriminazioni che producono sofferenza sono centrate su errori di omissione, ovvero su ciò che non si è fatto e si sarebbe potuto fare. E’ questa la dolorosa esperienza del rimpianto che tanto spesso caratterizza le esistenze tribolate. L’errore che genera sofferenza è duplice:

In primo luogo ci si rimprovera di azioni non fatte in passato ma solo dopo che si è a conoscenza di come siano andate le cose.

In secondo luogo non è definibile il crinale temporale in cui il passato da remoto, dove non si vogliono errori di omissione e rimpianti, diventa prossimo, dove non si vogliono errori attivi e rimorsi.

Il cambio del criterio fa si che ciò che oggi è fatto secondo un criterio sarà successivamente giudicato con l’altro. Possiamo dire che nell’immediato le azioni sono guidate dal criterio di limitare le perdite, mantenere lo status quo e soprattutto non avere responsabilità degli eventuali insuccessi. Invece nella valutazione a lungo termine il criterio utilizzato è quello dell’acquisizione, fortemente aggravato dall’illusione della crescita. Il tentativo nel presente di limitare le colpe spalanca le porte al rimpianto per domani.

Il solo tempo esistente è il presente ma su di esso si concentrano assai poco le attenzioni. Preoccupati di costruire un futuro splendido si accumulano sacrifici e rinunce certe nel qui ed ora in vista di un’alba futura luminosa che spesso non arriva mai. Si mangiano solo uova per salvaguardare la gallina per un domani che forse non si arriverà mai. Una vita passata a lavorare per il traguardo della pensione e poi l’infarto dopo la cena di addio con i colleghi.

Il rimandare il godimento è insegnato da sin piccoli “prima il dovere e poi il piacere”, “lasciati la cosa migliore per ultima così ti rifai la bocca”.

Come i ricordi influenzano le emozioni. - Immagine: © adimas - Fotolia.com
Articolo Consigliato: Come i ricordi influenzano le emozioni

Quando non ci si perde con lo sguardo in un futuro che si è certi nasconda il sole dietro la nebbia, ci si rivolge al passato come all’età dell’oro, della spensieratezza, della vita piena. Quanto siano felici i bambini lo prova il tempo che passano a piangere. Certo lo fanno spesso per cose che appaiono futili ma che sono tali solo ad occhi adulti. La disperazione assoluta per aver perduto il pallone di cuoio nella scarpata non è meno legittima della sofferenza per aver perduto il posto di lavoro o un appalto vantaggioso. Il timore per l’interrogazione su Foscolo non è minore del terrore che la propria tesi cui si è lavorato per un anno sia demolita al convegno internazionale. Le prime cotte e gli amori adolescenziali non sono meno drammatici e violenti dei divorzi e dei lutti adulti. In sintesi il passato è stato doloroso, il futuro probabilmente lo sarà e si trascura il presente che è l’unico tempo esistente. Quando si osserva prospetticamente la propria esistenza la si distorce. La memoria non è un registratore oggettivo e viene utilizzata come un arma al servizio del confermazionismo (Bower 1981;Cioffi 1989; Castelfranchi, Mancini, Miceli 2002). Il fatto di avere memoria è stato selezionato dall’evoluzione e comporta dei vantaggi quali: evitare di ripetere gli stessi errori, apprendendo dall’esperienza, costruire delle mappe del mondo che permettano di raggiungere gli scopi. Il fenomeno opposto, quello dell’oblio,  si è anch’esso selezionato. Probabilmente serve a fare spazio sull’hard disk, a non tormentarsi per cose rispetto alle quali non possiamo porre rimedio (si pensi ai lutti che punteggiano l’esistenza). Si conserva solo ciò che è più importante e  il valore di un ricordo è dato dalle convinzioni attuali, dalla weltaschaung del momento che piega e modella la memoria a propria conferma, come un testimone corrotto, pronto a cambiare versione a seconda dei voleri del committente.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: MEMORIA

Il fenomeno che merita una riflessione evoluzionistica più approfondita è piuttosto quella strana deformazione mnesica per cui le vicende passate tendono nel ricordo ad apparire belle, dolci e desiderabili producendo spesso quell’emozione dolce amara che è la nostalgia. Naturalmente mi riferisco ad eventi che nel momento in cui si vivevano avevano tutt’altre caratteristiche e magari non si desiderava altro che la loro rapida fine. In parte ciò è spiegabile con il fatto che  non si abbia nostalgia di quegli eventi ma piuttosto di sè stessi e del come si era a quei tempi. Ma forse esistono dei motivi più importanti e sostanziali. Il fatto di attribuirsi un passato bello, intenso e ricco fa si che il bilancio complessivo della propria esistenza sia in attivo e ciò spinge a proseguirla. Ingannarsi circa un grande passato, come fanno le nazioni quando tramandano la propria storia, aiuta a sopportare un presente sbilenco e ad affrontare un futuro nuvoloso. E’ un po’ ciò che fanno gli economisti che a fronte di un periodo di evidente difficoltà ampliano l’arco temporaneo di osservazione e la crisi scompare. Perchè se è vero che il PIL nell’ultimo anno è drasticamente sceso, è altrettanto vero che se si considerano gli ultimi cento anni le condizioni di vita sono molto migliorate e dunque c’è di che star contenti.

 

LEGGI LA MONOGRAFIA: TRIBOLAZIONI

LEGGI L’INTRODUZIONE ALLA MONOGRAFIA

LEGGI ANCHE:

SCOPI ESISTENZIALI –  CREDENZE – BELIEFS – MEMORIA – SISTEMI MOTIVAZIONALI – PSICOTERAPIA COGNITIVO – EVOLUZIONISTA

 

 

CONSULTA LA BIBLIOGRAFIA

Le nuove tecnologie possono supportare la comunicazione di persone autistiche? – Parte 1

 

Nuove tecnologie per l'autismo . - Immagine: ©Maksym Yemelyanov Fotolia.comSe comunicare può sembrare una questione banale, in cui è naturale sentirsi padroni della situazione ed essere in grado di stabilire come andranno i rapporti con il nostro interlocutore, per una persona autistica non è così, a causa della difficoltà nell’entrare in contatto con gli altri. Tra gli strumenti in grado di andare incontro ai bisogni di prevedibilità, concretezza e stabilità, stanno riscontrando risultati positivi e una sempre maggiore diffusione le tecnologie informatiche.

I Disturbi dello Spettro Autistico sono considerati disturbi neuropsichiatrici con un’ampia varietà di espressioni cliniche e comportamentali, risultato di disfunzioni multifattoriali dello sviluppo del sistema nervoso centrale.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO – AUTISMO

Secondo Lorna Wing, il disturbo autistico e le sue forme condividono tutte quelle alterazioni sintetizzate nella cosiddetta “Triade di Wing”: socializzazione, comunicazione e immaginazione. Questi tre aspetti influiscono sulle principali aree dello sviluppo della persona.

Alterazioni nello sviluppo dell’interazione sociale. Le persone con autismo spesso si isolano, mostrando un’apparente mancanza d’interesse e una scarsa capacità di relazionarsi con gli altri, fino ad avere serie difficoltà nello stabilire e mantenere relazioni sociali.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: RAPPORTI INTERPERSONALI

Alterazioni nella comunicazione verbale e non verbale. Si tratta di persone che, manifestando difficoltà nella produzione del linguaggio, hanno bisogno di supporto per comunicare. Possono essere presenti gravi alterazioni nella comunicazione (ecolalia, inversione pronominale, problemi semantici, etc.) che rendono impossibile l’uso strumentale e funzionale del linguaggio verbale.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: LINGUAGGIO E COMUNICAZIONE

Repertorio limitato d’interessi e comportamenti. Secondo Baron-Cohen, la difficoltà nell’attribuire un significato alla realtà può portare a reazioni impreviste, eccessive e incoerenti di fronte a stimoli nuovi, sconosciuti o che non siano in grado di essere appresi attraverso l’immaginazione, l’imitazione o l’osservazione. Nella maggior parte dei casi, la presenza di disabilità intellettuale, pur non caratterizzando l’autismo di per sé, può aggravare alcune situazioni.

Preparare alla Scuola il Bambino con Autismo - Recensione
Articolo Consigliato: Preparare alla Scuola il Bambino con Autismo – Recensione

Queste alterazioni comportano un deficit di coerenza centrale, che sta alla base delle difficoltà di sintesi e integrazione dell’informazione. Si tratta di una difficoltà di generalizzazione, imprescindibile dai processi di percezione e attenzione, che conduce a un’incapacità di cogliere il tutto, costringendo l’autistico ad avere una percezione frammentata della realtà. Per questo motivo la persona autistica, pur possedendo buone capacità visuo-spaziali, ha bisogno di ripetere più volte un esercizio, prima di riuscire a considerarlo come un’unità coerente e non frammentata. Inoltre, le problematiche legate alle funzioni esecutive, comportano difficoltà nella pianificazione degli obiettivi e nel controllo degli impulsi che si traducono nell’inabilità a formulare piani d’azione, difficoltà a risolvere problemi e a inibire impulsi, a considerare più possibilità all’interno di una cornice di riferimento.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: IMPULSIVITA’

In altre parole, all’interno dello spettro autistico, le persone non sono in grado di adottare una modalità flessibile di pensare, di monitorare e programmare pensiero e azione. L’organizzazione e la percezione dell’esperienza sono ostacolate dal disturbo neuropsicologico di base, che non permetterebbe di concepire l’esperienza e il flusso di informazioni come coerenti, strutturati e orientati a uno scopo.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: NEUROPSICOLOGIA

Se comunicare può sembrare una questione banale, in cui è naturale sentirsi padroni della situazione ed essere in grado di stabilire come andranno i rapporti con il nostro interlocutore, per una persona autistica non è così, a causa della difficoltà nell’entrare in contatto con gli altri. Tra gli strumenti in grado di andare incontro ai bisogni di prevedibilità, concretezza e stabilità, stanno riscontrando risultati positivi e una sempre maggiore diffusione le tecnologie informatiche.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: TECNOLOGIA E PSICOLOGIA

Nell’ultimo periodo, le nuove tecnologie sono diventate sempre più diffuse nell’ambito dell’apprendimento.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: APPRENDIMENTO

Il loro uso si è fatto massiccio anche tra persone con sindrome dello spettro autistico. Questi strumenti, infatti, si caratterizzano per alcuni aspetti peculiari che li rendono adatti a questo tipo di utente. In particolare, gli elementi che facilitano l’utilizzo delle nuove tecnologie tra gli autistici sono: l’uso prevalente del canale visuo-spaziale, l’uso di un linguaggio strutturato, prevedibile e privo di elementi emotivi e, infine, la possibilità di adattare lo strumento all’utente.

Il canale comunicativo visuo-spaziale va incontro a un bisogno sensoriale del target autistico, dovuto al deficit di coerenza centrale: sembrerebbe, infatti, che sia il canale visivo quello utilizzato prevalentemente dalle persone autistiche, che lo privilegiano, rispetto a quello uditivo, durante l’apprendimento.

Il linguaggio informatico risponde al deficit della teoria della mente. Si tratta infatti di un linguaggio strutturato e, per questo, prevedibile. La sua chiarezza è legata anche alla mancanza di elementi emotivi o sottointesi, che possano interferire con la comprensione da parte di persone autistiche.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: TEORIA DELLA MENTE

 Infine, l’adattabilità delle nuove tecnologie passa attraverso diverse modalità di personalizzazione. A partire dall’hardware, che può variare in base alle capacità motorie, percettive e cognitive dell’utente, ad esempio attraverso l’adozione di tastiere facilitate, emulatori di mouse o l’uso del touch screen. Anche la personalizzazione dello schermo è importante: il contrasto delle immagini, la chiarezza dei caratteri utilizzati e le dimensioni, possono facilitare notevolmente l’utilizzo dello strumento da parte degli utenti autistici. Le schermate devono essere sempre molto semplici, con una riduzione dei particolari per favorire la comprensione.

Tutte queste caratteristiche contribuiscono al rafforzamento della motivazione e dell’interesse degli utenti. Infatti, le nuove tecnologie, avvicinandosi al linguaggio e al funzionamento cognitivo tipici dell’autismo, sono in grado di agevolare i processi attentivi e di rafforzare l’autostima e l’autoefficacia, attraverso l’uso costante di feedback che funzionano da rinforzo. Inoltre, le nuove tecnologie offrono un ambiente protetto, in cui l’ansia da prestazione e da esposizione è ridotta al minimo e comunque più facilmente controllabile. Le funzioni esecutive e, più in generale, il benessere psicologico degli individui ne trarrebbe notevoli vantaggi.

La prossima settimana presenteremo alcuni esempi applicativi e progetti relativi a questa tematica.

 

LEGGI ANCHE: 

DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO – AUTISMO – LINGUAGGIO E COMUNICAZIONE – TECNOLOGIA E PSICOLOGIA

APPRENDIMENTO – NEUROPSICOLOGIA – TEORIA DELLA MENTE

 

 

BIBLIOGRAFIA:

 

cancel