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La voce del Partner? Diventa rumore di fondo. – Psicologia

La Redazione di State of Mind consiglia la lettura di questo contenuto:

Una ricerca della Queen’s University di Kingston (Ontario) ha analizzato la percezione della voce del partner in comparazione con una seconda voce di controllo nei soggetti campione dell’esperimento. I risultati sono interessanti e sembrano indicare la tendenza a ignorare in maniera selettiva la voce del partner. Lo stesso esperimento mostra al tempo stesso la maggiore capacità di recepire e ritenere informazioni dal proprio partner rispetto a una voce “estranea” di controllo.

davanti alla voce del partner su cui invece si è concentrati attentamente, si reagisce meglio e si apprende più velocemente rispetto alla voce di uno sconosciuto. La lista della spesa dettata da una voce metallica dunque, verrà ricordata meno di quella memorizzata davanti a una moglie. Ma attenzione, perché se le due voci si mischiano, tenderemo sempre a zittire l’orecchio proteso verso la compagna o il compagno di una vita…

L’orecchio si allena a rendere «rumore di fondo» la voce del partnerConsigliato dalla Redazione

L’uomo e la donna si abituerebbero inconsciamente a isolare l’udito e carpire solo determinate informazioni (…)

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La Grande Bellezza: del vuoto esistenziale e narrativo. Recensione

 

 Recensione del film: 

La Grande Bellezza

(2013)

di Paolo Sorrentino

 LEGGI TUTTE LE RECENSIONI DI STATE OF MIND

LA GRANDE BELLEZZA DI PAOLO SORRENTINO - RECENSIONE
La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino (2013) – Locandina

Ciò che non convince de “La grande bellezza” è la ridondanza del contenuto, che si dipana in assenza di un’autentica trama e piuttosto affidandosi a una sequela talora estenuante di frammenti dal medesimo significato, riempiti da individui che replicano se stessi nel compimento di azioni patetiche, bizzarre, amorali.

LEGGI ANCHE LA RECENSIONE DE “LA GRANDE BELLEZZA” DI SIMONA NOVIELLO

“La grande bellezza” di Sorrentino ha diviso pubblico e critica, ricevendo consensi e critiche. Il regista si misura con un soggetto estremamente complesso cercando di raccontare il vuoto di valori dell’Italia contemporanea, e in particolare di un ambiente alto borghese romano frequentato da personaggi in cerca di affermazione ma costantemente incapaci di sottrarsi al fuoco fatuo della mondanità.

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Il film inizia con la lunga scena di una festa in cui donne e uomini si abbandonano ad un divertimento senz’anima, stravagante nelle intenzioni e penosamente banale nell’artificiosità dei comportamenti, e si tratta di una sequenza che colpisce lo spettatore facendogli sentire sulla pelle la corrosività del degrado culturale.

il-grande-gatsby_
Articolo Consigliato: Il Grande Gatsby- Cinema & Psicoterapia #09

Dopodiché il film perde di intensità e originalità, risultando sovente un’accozzaglia di ritratti scarsamente legati tra loro il cui unico scopo appare quello di ribadire una volta di più la prospettiva che muove l’opera.

Il personaggio principale, interpretato da Toni Servillo, è un giornalista con aspirazioni di scrittore naufragate in un unico tentativo letterario di molti anni prima; a Roma diventa il protagonista della mondanità, perdendosi in un labirinto di umanità incompiute che anestetizzano la propria desolazione attraverso uno stile di vita senza pensiero e senza scopo.

Molti gli chiedono perché non ha più pubblicato romanzi e nel corso del film la risposta prende corpo: il tentativo di trovare la grande bellezza della vita, il significato più elevato dell’esperienza, è fallito nel vortice immobile di una società che divora ogni senso profondo temendo che da esso possa derivare un doloroso confronto con la vacuità dell’immagine.

Ciò che non convince de “La grande bellezza” è la ridondanza del contenuto, che si dipana in assenza di un’autentica trama e piuttosto affidandosi a una sequela talora estenuante di frammenti dal medesimo significato, riempiti da individui che replicano se stessi nel compimento di azioni patetiche, bizzarre, amorali.

Anche non considerando alcuni tonfi evidenti del racconto – le comparsate di Fanny Ardant e di Venditti sono ingiustificabili, l’incontro di Toni Servillo con una bambina che dovrebbe mettere a nudo gli impacci della sua superbia si risolve in uno scambio di battute senza un prima e un dopo narrativi – il film procede per didascalie, messaggi preconfezionati, la visita al mago truffatore, il prelato nel ristorante dei poteri corrotti, l’arresto del mafioso insospettabile accasato nell’alta finanza.

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Alcune figure – la vecchia religiosa che compare nella parte finale, il cardinale che in modo ridicolo si sottrae alle domande sullo spirito – sono funzioni più che personaggi reali, investite del compito di simboleggiare un concetto.

Il protagonista racconta la vana aspirazione di Flaubert di scrivere un romanzo sul nulla, e questo rappresenta la trappola in cui cade anche Sorrentino; la descrizione del vuoto esistenziale viene ricercata attraverso l’utilizzo di immagini che vorrebbero essere visionarie ma rimangono a metà del guado, il film proclama “ora vi parlo del nulla” e il cinema d’autore mal si concilia con le dichiarazioni d’intenti, specie quando condite da slogan nient’affatto sottili.

L’obiettivo di far rivivere la magia felliniana di una Roma contesa fra l’eterno della bellezza e l’effimero grottesco degli uomini produce così una tangibile nostalgia del modello originale.

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LEGGI:

CINEMA – SOCIETA’ & ANTROPOLOGIA

La felicità fa bene ai nostri geni!

– FLASH NEWS-

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche

Felicità e geni: una buona predisposizione mentale influenza positivamente i nostri geni.

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A rivelarlo è uno studio diretto da un gruppo di ricercatori degli Stati Uniti (UCLA’s Cousins Center for Psychoneuroimmunology) e dell’Università del North Carolina al termine di una serie di ricerche compiute nell’arco di circa dieci anni.

Steven Cole e colleghi, tra cui Barbara L. Fredrickson  (University of North Carolina) hanno studiato per lungo tempo le conseguenze sui nostri geni di sentimenti come la tristezza, la paura, lo stress.

In questo studio, invece, il tema approfondito si rifà agli effetti di fattori psicologici positivi sull’espressione genica umana, ovvero stati di benessere e di felicità.

Il Rilassamento modifica L'espressione Genica. - Immagine: © Maridav - Fotolia.com
Articolo consigliato: Il Rilassamento modifica L’espressione Genica.

I ricercatori hanno cercato di valutare le implicazioni biologiche di forme di benessere eudemonico ed edonico. Il primo riguarda una forma di felicità che proviene dal possedere un profondo senso di determinazione, assumendo la felicità come fine naturale della vita; il secondo, invece, propone come fine dell’azione umana il conseguimento di un benessere immediato.

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Vennero analizzati i campioni di sangue di un gruppo sperimentale di 80 soggetti adulti, con lo scopo di mappare gli effetti delle diverse forme di felicità attraverso la valutazione dei profili di espressione genica.

I risultati mostrano che una forma di benessere eudemonico comporta dei profili favorevoli di espressione genica nelle cellule immunitarie dei soggetti, che si traducono in una forte espressione di geni antivirali e anticorpi. Una forma di felicità edonica, invece, comporta un profilo caratterizzato da una forte espressione genica infiammatoria e bassa espressione antivirale. Già studi precedenti avevano evidenziato il fenomeno per cui le cellule immunitarie circolanti mostrano una variazione nei profili di espressione genica in seguito a periodi di stress.

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Questo effetto, definito CTRA (conserved transcriptional response to adversity) è caratterizzato da un aumento dell’espressione di geni coinvolti nell’infiammazione e una diminuita espressione di geni coinvolti nelle risposte antivirali.

Questo studio mette in luce che sentirsi bene ed essere felici influenza in modo diverso il genoma umano. Le due forme di benessere studiate, però, avevano gli stessi effetti positivi sugli stati emotivi dei soggetti.

Le persone con alti livelli di benessere edonistico, infatti, non si sentivano peggio di quelli dell’altro gruppo. Le implicazioni biologiche sul genoma, però, risultarono differenti.

Sembra, quindi, che il genoma umano sia molto sensibile alle diverse modalità con cui le persone, inconsapevolmente, cercano di raggiungere la felicità. 

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GENETICA & PSICHE –  SCOPI ESISTENZIALI –  STRESS

 

BIBLIOGRAFIA

 

 

Insonnia: Chi Non dorme non piglia pesci

 

La Redazione di State of Mind consiglia la lettura di questo contenuto:

 

Il team di Matthew Walher della University of California, San Diego ha studiato come mai gli insonni hanno molte difficoltà sul lavoro dopo una notte in bianco ed in particolare quali difficoltà abbiano.

Secondo lo studio alcune aree del cervello rimangono attivate dalla notte alla mattina, aree cerebrali che non sono utili o necessarie per i compiti che ci vengono richiesti durante il giorno: è come se il nostro cervello continuasse a lavorare senza ottimizzare le sue risorse. Queste sono le conseguenze dell’insonna.

Il nostro cervello continua a sognare ma ad occhi aperti durante la giornata, come se volesse recuperare ciò che non ha fatto di notte e continua a  tenere impegnata anche la memoria di lavoro, quindi sarà molto più difficile avere prestazioni buone sul lavoro.

 


Chi non dorme ha difficoltà a concentrarsi e a portare a termine compiti che per una persona senza carenza di sonno risultano semplici. Ma finora non era chiaro esattamente cosa succede di giorno al cervello di un insonne

 

Distratto e con memoria \’guasta\’. Così è il cervello degli insonni – Repubblica.itConsigliato dalla Redazione

Nel corso della giornata il cervello \’crolla\’, perché non riesce a disattivare le aree neurali cosiddette dei sogni a occhi aperti. Diventa difficile concentrarsi e lavorare. Lo rivela una ricerca della University of California, pubblicata sulla rivista Sleep (…)

Tratto da: La Repubblica

 

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Articoli di State of Mind su Insonnia
Zzz… Il sonno è una cosa seria!
L'insonnia può avere conseguenze significative sulla salute quindi la sua gestione richiede approcci mirati e diversificati
Il disturbo di insonnia e l’intervento psicologico: il trattamento di elezione – Editoriale Cognitivismo Clinico
La CBT-I è un insieme di strategie terapeutiche che in gran parte mirano a modificare i fattori di mantenimento e perpetuanti dell'insonnia
Il trattamento dell’insonnia
Attraverso la modifica di credenze negative e comportamenti inefficaci, la CBT-I rappresenta la terapia di elezione per l'insonnia
Sogni lucidi: prospettive di utilizzo nella pratica clinica
L’impiego dei sogni lucidi nei setting clinici
L'utilizzo dei sogni lucidi come pratica terapeutica potrebbe servire come strumento per il trattamento degli incubi nel PTSD e dell'insonnia
Insonnia: l'introduzione della mindfulness nel trattamento
La mindfulness come cura per l’insonnia
Recentemente, la Mindfulness Based Stress Reduction è stata applicata a pazienti che soffrono di insonnia con risultati interessanti
Sonno le aree cerebrali coinvolte le fasi e i disturbi del sonno
Neurofisiologia del sonno
Quante fasi (o stadi) del sonno esistono? Quali sono le aree cerebrali coinvolte e quali i disturbi più comuni? Esiste un legame tra sonno e attaccamento?
Tornare a dormire 2021 di F Farina guida per l insonnia Recensione Featured
Tornare a dormire. Una guida pratica per dormire meglio e superare l’insonnia (2021) di Federica Farina – Recensione del libro
La lettura fornisce riflessioni interessanti sul sonno e sull'insonnia che consentono di comprenderne alcune dinamiche e contestualizzarla
Perfezionismo ed insonnia: il ruolo dell’ansia e dei pensieri negativi
Perfezionismo e insonnia: il ruolo dell’ansia e dei pensieri negativi
Uno studio ha indagato il legame tra perfezionismo ed insonnia considerando il ruolo delle cognizioni disfunzionali legate al sonno e dei sintomi ansiosi
Tornare a dormire. Una guida pratica per dormire meglio e superare l’insonnia (2021) di Federica Farina
Il libro Tornare a dormire è un manuale di auto aiuto che propone al lettore tecniche cognitive e comportamentali per comprendere e gestire l'insonnia
Insonnia e disturbi psichiatrici: il trattamento con la CBT-I e la sua efficacia
Insonnia e disturbi psichiatrici: l’efficacia del trattamento cognitivo-comportamentale dell’insonnia
La CBT per l'insonnia comprende tecniche cognitivo-comportamentali per modificare credenze errate sul sonno e comportamenti disfunzionali che la mantengono
Cronotipo: tra social media, disagio psicologico e sonnolenza diurna
Uso problematico dei social media, disagio psicologico e sonnolenza diurna: il ruolo del cronotipo individuale
Il cronotipo serale sembra essere maggiormente associato a problemi di salute come abuso di sostanze, abitudini alimentari malsane e ridotta attività fisica
Insonnia in carcere: trattare i disturbi del sonno nei detenuti con la CBT-I
Curare l’insonnia in carcere con la CBT-I
Si stima che il 61.6% dei detenuti in carcere riferisce sintomi di insonnia. La CBT-I può aiutare i detenuti che ne soffrono
Insonnia: il ruolo di resilienza, attivazione e disregolazione emotiva
Resilienza, attivazione e disregolazione emotiva: quali implicazioni nell’insonnia?
Chi soffre di insonnia sembra avere livelli più bassi di resilienza e maggiori difficoltà nella regolazione delle emozioni rispetto a chi dorme bene
Insonnia: quale relazione col perfezionismo - Psicologia
Insonnia e Perfezionismo: quanto influiscono le cognizioni disfunzionali relative al sonno nel mediare tra questi due fenomeni?
Il perfezionismo, cioè la tendenza a standards personali molto elevati e valutazioni critiche di sé, è stato frequentemente associato all'insonnia
Disturbi del sonno: gli effetti del rimuginio e della ruminazione - Psicologia
Gli effetti del rimuginio e della ruminazione nel sonno
Rimuginio e ruminazione, in particolare legati al sonno e alla preoccupazione di non riuscire a dormire, rivestono un ruolo centrale nei disturbi del sonno
Curare l insonnia senza farmaci 2015 di Devoto e Violani Recensione Featured
Curare l’insonnia senza farmaci. Metodi di valutazione e intervento cognitivo-comportamentale (2015) di Devoto e Violani – Recensione del libro
La CBT- I è un protocollo breve per il trattamento non farmacologico dell’insonnia primaria e cronica descritto nel libro 'Curare l'insonnia senza farmaci'
Insonnia: l'efficacia del trattamento con terapia cognitivo comportamentale
La terapia cognitivo comportamentale per l’insonnia (CBTi): l’efficacia del trattamento e gli effetti su depressione, ansia e stress
Sembra che un programma di terapia cognitivo comportamentale mirato possa alleviare l'insonnia e i sintomi di depressione, ansia e stress.
Digital cognitive behavioural therapy la dCBT nel trattamento dell insonnia
dCBT: la digital cognitive behavioural therapy nel trattamento dell’insonnia – Psicologia Digitale
Il corrispettivo digitale della CBT, ossia la Digital Cognitive Behavioural Therapy (dCBT) è risultata efficace nel trattamento dell'insonnia
Insonnia: la qualità del sonno dei soggetti insonni e i possibili interventi
Il sonno dei soggetti insonni è davvero di “cattiva qualità”?
Nell'insonnia sembra esserci una difficoltà a riconoscere il giungere del sonno sulla base di alcuni segnali fisici e minore consapevolezza di aver dormito
Insonnia 2019 di Enrico Rolla Recensione EVIDENZA
Insonnia: il metodo semplice per (ri)addormentarsi in 7 minuti (2019), di E. Rolla – Recensione del libro.
"Insonnia" offre nozioni, consigli e trucchi per affrontare e superare la problematica dell'insonnia, in modo efficace e duraturo.
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Scelta del partner – Tradimento: meglio donne con visi femminili!

 

Il volto di una donna bellissima può avere dei difetti che non fanno che rendere più profondo il suo fascino.

Henry James, L’americano, 1877

 

Le caratteristiche del viso femminile possono influenzare la durata della relazione. -Immagine: © olenakucher - Fotolia.comGli uomini fidanzati preferiscono donne con tratti del viso più femminili quando sono alla ricerca di un flirt o di una relazione di breve durata.

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Questo è uno dei risultati di uno studio condotto da Anthony Little dell’università di Stirling e di Benedict Jones dell’università di Glasgow, pubblicato recentemente sul British Journal of Psychology.

Lo scopo della ricerca era di verificare se l’attrazione verso determinate caratteristiche del viso (femminile) sia influenzata dall’intenzione, nell’uomo, di ricercare una relazione a breve o a lungo termine.

Nella ricerca, condotta online, sono stati reclutati 393 uomini di orientamento eterosessuale. Di questo gruppo, 203 hanno affermato di essere coinvolti in una relazione sentimentale. Ai partecipanti sono stata mostrate 10 coppie di immagini, raffiguranti volti femminili.

Dalla Famiglia d'origine alla scelta del partner. - Immagine: © preto_perola - Fotolia.com
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Ciascuna coppia raffigurava lo stesso volto ritoccato, che presentava da una parte tratti più marcatamente femminini e dall’altra tratti più mascolini.

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Ai partecipanti veniva richiesto di indicare, qualora si optasse per una relazione sia a breve termine sia a lungo termine, quale dei due volti veniva considerato più attraente.

I risultati indicano che gli uomini fidanzati, quando ricercano una relazione a breve termine, tendono a scegliere le donne con caratteristiche del volto più femminine.

Inoltre, uomini che valutano se stessi come attraenti tendono a preferire volti con caratteristiche più femminile, rispetto a uomini che si percepiscono meno attraenti.

Questa preferenza potrebbe indicare che gli uomini che si percepiscono come attraenti si sentono in grado di competere per la conquista di una partner più desiderabile, in contesti di breve durata.

Inoltre, quando un uomo è coinvolto in una relazione, il timore di essere scoperto potrebbe accrescere la sua selettività verso una partner di breve-durata, mentre gli uomini single potrebbero accrescere il loro potenziale di seduttivitá mantenendo degli standard più elastici.

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Secondo gli Autori, l’espressione di queste preferenze potrebbe avere un valore strategico importante nella ricerca di una relazione: le donne con caratteristiche più femminine potrebbero essere valutate come maggiormente infedeli rispetto a donne con caratteristiche più mascoline, le quali potrebbero essere preferite per relazioni più stabili (mantenendosi comunque una porta aperta per flirtare con donne più attraenti).

LEGGI:

SCELTA DEL PARTNER – AMORE & RELAZIONI SENTIMENTALI –  ESPRESSIONI FACCIALI – FACIAL EXPRESSIONS

 

 

BIBLIOGRAFIA:

 

Manuale di terapia cognitiva delle psicosi – Recensione

Di Gianluca Battaglia.

 

Recensione del Libro:

Manuale di terapia cognitiva delle psicosi

di A. Carcione, G. Nicolò, M. Procacci

FrancoAngeli, 2012

LEGGI TUTTE LE RECENSIONI DI STATE OF MIND

 

Manuale di terapia cognitiva delle psicosi  di Carcione, G. Nicolò, M. Procacci  FrancoAngeli, 2012 Scritto da autori psichiatri e psicoterapeuti di matrice cognitivista il testo si propone, tramite una raccolta di contributi originali di autori sia italiani che stranieri, di fornire una panoramica aggiornata sulla valutazione e trattamento delle psicosi.

 

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Concentrato principalmente sulla schizofrenia, più che sui disturbi psicotici in generale, propone una descrizione a 360 gradi, dai primi studi nosografici, definizioni categoriali del disturbo e  interventi terapeutici sino alla descrizione degli approcci di diagnosi e cura più moderni e validati empiricamente, secondo l’approccio cognitivo.

 

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: SCHIZOFRENIA

TERAPIA COGNITIVO COMPORTAMENTALE DELLE PSICOSI - RECENSIONI
Articolo Consigliato: TERAPIA COGNITIVO COMPORTAMENTALE DELLE PSICOSI – RECENSIONE

Il testo comprende 17 capitoli divisi in 3 parti. La prima parte, che prende i primi 4 capitoli del libro, affronta il tema della valutazione delle psicosi con un breve ma esaustivo excursus storico. Dalle prime descrizioni e metodi di cura della malattia, che risalgono all’inizio dell’800, al lavoro di Kraepelin, all’inizio del ‘900, che usando il termine dementia praecox  lo identificherà come un disturbo a insorgenza precoce, in grado di determinare una pervasiva e persistente compromissione in svariati ambiti, con disturbi del pensiero, deliri e  allucinazioni e un decorso progressivo verso il deterioramento della personalità.

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Solo successivamente si arriverà al termine di “schizofrenia” (mente divisa) con Bleuler, per evidenziare la caratteristica di frammentazione nella formulazione ed espressione del pensiero, e alle prime classificazioni e allo sviluppo del DSM e dell’ICD. Grande importanza viene data alle caratteristiche sintomatologiche dei disturbi psicotici, divisi in sintomi positivi e negativi, e deficit cognitivi e metacognitivi. Tutto ciò affrontato nelle varie fasi della malattia e cioè dai prodromi, utilissimi per l’attuazione di interventi precoci, fino alla remissione.

L’ultimo capitolo della prima parte, in fine, ci offre un ricco elenco con descrizione degli strumenti di valutazione per l’assessment dei pazienti a rischio di insorgenza o per il riconoscimento delle compromissioni in pazienti già in fase di malattia.

 

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: PSICOTERAPIA COGITIVA

Nella seconda e terza parte del testo, sempre con la stessa meticolosità e ricchezza di informazioni già distinta nella prima parte, sono approfonditi i modelli di funzionamento cognitivo e di diagnosi delle psicosi e i diversi protocolli di trattamento nelle diverse fasi della malattia.

Si rivela essere un manuale ben strutturato in grado di offrire, a chi si avvicina al mondo clinico delle psicosi da profano, un quadro esaustivo dei disturbi psicotici che solo l’inserimento di qualche esempio pratico delle fasi di assessment e trattamento, avrebbe potuto rendere questo testo, già ottimo, eccellente. 

LEGGI:

 PSICOSI – PSICOTERAPIA COGITIVA –  SCHIZOFRENIA – LETTERATURA

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Il ruolo dell’amicizia nella nostra vita: l’amicizia tra uomo e donna è impossibile?

– FLASH NEWS-

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche

Gli psicologi sociali e gli psicologi che si occupano di sviluppo umano riflettono sul ruolo dell’amicizia nella vita umana e sui suoi aspetti psicologici.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: RAPPORTI INTERPERSONALI

Mentre le relazioni romantiche influenzano chiaramente il funzionamento umano, il ruolo dell’amicizia viene discusso in molti modi.

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La prima forma dei rapporti di amicizia si presenta nella prima infanzia. Mentre inizialmente i bambini non prestano attenzione al sesso del proprio compagno, con l’età comincia a cambiare questo rapporto.

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L'amicizia tra uomini e donne... mai?!. - Immagine: Harry ti presento sally. 1989
Articolo consigliato: L’amicizia tra uomini e donne… mai?!. – Immagine: Harry ti presento sally. 1989

Nella scuola primaria c’è già una forte differenziazione in questo senso: le ragazze sono amiche con le ragazze,  i ragazzi vogliono giocare solo con i ragazzi.

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Questa situazione persiste in età adulta, quando torna ad esserci un’amichevole relazione fra i due sessi (Bee, 2009).

Quest’ultimo periodo è di interesse per gli psicologi che sono chiesti se un l’amicizia tra uomo e donna sia veramente possibile.

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Contrariamente a ciò che è stato scritto in uno dei libri più famosi di J. Gray “Gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere” (1993), una relazione amicale tra due persone del sesso opposto può essere di gran lunga più stabile delle amicizie con persone dello stesso sesso.

Si deve dare particolarmente attenzione all’aspetto caratteriale di uomini e donne.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: PERSONALITA’ – TRATTI DI PERSONALITA’

Gli uomini all’interno di un rapporto sono visti come più onesti e diretti. Le donne invece nelle relazioni sono descritte come più attente, ma meno oneste con se stesse. Inoltre, le donne sono più rivali, mentre gli uomini si concentrano più su di se stessi (Buss, 2005, 2007). La combinazione di queste caratteristiche fa sì che sempre più persone preferiscono avere amici del sesso opposto. Le relazioni così sono più soddisfacenti, e quindi più durature.

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Secondo le ricerche, anche quelle che non si concentrano sulla questione del genere sessuale, l’amicizia è importante nella vita adulta così come nell’infanzia (Buhs, 2013).

Le persone che intraprendono amicizie più durature sono più soddisfatte della loro vita, meno stressate, e considerano migliori le loro condizioni fisiche e mentali (Kornienko, Santos, 2013).

LEGGI ANCHE:

RAPPORTI INTERPERSONALI – GENDER STUDIES – PERSONALITA’ – TRATTI DI PERSONALITA’ – PSICOLOGIA SOCIALE

 

BIBLIOGRAFIA:

 

LGBT – Risposta all’articolo del Dott. Orlando del Don sul caso Andrea

Articolo Risposta a “Il suicidio di un ragazzo quattordicenne” del Dott. Orlando del Don

 

Articolo Risposta a “Il suicidio di un ragazzo quattordicenne” del Dott. Orlando del Don. Immagine:© fotodo - Fotolia.comNel nostro Paese sembra che l’omosessualità debba restare un tabù, che non se ne possa parlare neanche dopo che qualcuno si è tolto la vita perché distrutto dal peso del minority stress, così un ragazzo di 14 anni si getta da un terrazzo e le vere motivazioni legate a questo gesto vengono considerate una “forzatura”. 

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A proposito della notizia di Andrea, il ragazzo gay di 14 anni che si è ucciso qualche giorno fa, La Repubblica (14 agosto 2013) scrive: “Il giovane, prima di lanciarsi dal tetto del suo palazzo, ha lasciato su una pen-drive la missiva per il padre in cui motiva il tragico gesto legandolo a profondi problemi esistenziali anche di natura sessuale.

La Famiglia Omosessuale in Italia tra Dogmi e Ricerca Scientifica. - Immagine:© dubova - Fotolia.com
Articolo Consigliato: La Famiglia Omosessuale in Italia tra Dogmi e Ricerca Scientifica

La Stampa (13 agosto 2013) scrive: “Nuovi sviluppi e interrogativi sulla vicenda della morte del ragazzino che alcuni giorni fa si è tolto la vita lanciandosi dal tetto del suo palazzo a Roma. Un gesto che il giovane aveva spiegato in una lettera lasciata al padre, legandolo alla sua omosessualità.”

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Nel nostro Paese sembra che l’omosessualità debba restare un tabù, che non se ne possa parlare neanche dopo che qualcuno si è tolto la vita perché distrutto dal peso del minority stress, così un ragazzo di 14 anni si getta da un terrazzo e le vere motivazioni legate a questo gesto vengono considerate una “forzatura” nonostante il ragazzo abbia lasciato scritto a chiare lettere un messaggio che ha più volte modificato nel corso degli ultimi giorni prima del suicidio, prova del fatto che non si sia trattato di un atto impulsivo ma al contrario di un gesto premeditato accuratamente.

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Bisogna fare attenzione con queste etichette e definizioni.” Questa frase è già di per sé pregna di omofobia, perché vorremmo ricordare al Dott. Orlando del Don che non vi è nulla di male nell’essere omosessuali se a circondarci è una società civile ed emancipata, dove le differenze vengono considerate come una risorsa e non come una minaccia, e che non spera di cambiare ed omologare il futuro delle persone perché le accetta per quello che sono. Il male è piuttosto insito nei soggetti che stigmatizzano orientamenti sessuali diversi da quello eterosessuale rendendo devastante l’impatto con la società ed in particolare con i compagni di scuola.

Quasi tre decenni di ricerche scientifiche in questo ambito hanno dimostrato che un ambiente sociale che esclude e stigmatizza i giovani LGBT spinge molti di loro a vedere il suicidio come unica via di fuga alla depressione, alla solitudine e alla disperazione. In particolare, esperienze negative a scuola (conseguenti dalla rivelazione della propria identità LGBT) hanno avuto un impatto cruciale sul suicidio e sull’autolesionismo.

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L’esperienza di bullismo è stato un fattore chiave utile a capire se l’intervistato ha tentato il suicidio, e l’omofobia da parte degli altri studenti è stato un fattore chiave utile a capire se l’intervistato ha considerato il suicidio. Il suicidio sembra essere la prima causa di morte tra i giovani omosessuali; una grande percentuale di essi ha pensato almeno una volta alla possibilità di suicidarsi.

Tutti questi dati suggeriscono che il fatto di essere omosessuali costituisca un fattore di rischio aggiuntivo alla possibilità di commettere suicidio rispetto agli adolescenti eterosessuali. Il 25% dei suicidi fra giovani europei di età compresa fra i 16 e i 25 anni è attribuibile all’omofobia, ma se fosse vero quello che leggiamo nell’articolo scritto da Del Don non potremmo spiegare come genitori che si scoprono omosessuali in età adulta non decidano di fare la stessa fine di Andrea.

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Non è sentirsi omosessuali ma sentirsi esclusi, derisi, soli che crea disagio, confusione e sensi di colpa.

Non è la parola omosessuale ad uccidere ma gli atti omofobici, il mancato riconoscimento dell’altro come diverso da sé, il mancato riconoscimento della parità di diritti e bisogni che ogni adolescente, eterosessuale, omosessuale, bisessuale può manifestare.

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Il cambiamento può e deve avvenire sul fronte dell’educazione, della formazione e della cultura, nel rispetto del cambiamento dei tempi, dei risultati delle ricerche scientifiche ma soprattutto dell’uguaglianza dei diritti umani, indipendentemente da etnia, status sociale, orientamento sessuale, credo religioso.

È necessario cercare di far capire ai giovani che l’eterosessualità non è un dovere imprescindibile, che esistono infiniti orientamenti sessuali che non costituiscono un’etichetta ma che creano un’individualità unica e irripetibile, che va rispettata e salvaguardata ogni giorno perché rende speciale ognuno di noi. È la società che crea quello stato di confusione e smarrimento rispetto al proprio orientamento sessuale e alla propria identità, quindi è la società che va modificata nel suo modo di vedere le persone nella loro individualità, non si può pensare neanche lontanamente di mettere in guardia tutti i giovani dal loro personale sentire, come se quello che sentono sia sbagliato “ma solo temporaneo”, solo frutto di una temporanea confusione legata alle fasi evolutive della vita. Questo non farebbe altro che alimentare il principio cardine di qualunque terapia riparativa, detta anche terapia di conversione dell’orientamento sessuale, l’effetto collaterale di una dilagante omofobia che in Italia trova ancora pane per i suoi denti perché non vi è una legge pronta a contrastarla.

Gruppi Gay di Auto Aiuto. Alcune riflessioni. - Immagine: © Viorel Sima - Fotolia.com
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Navigando in rete è possibile trovare un articolo al quale sembra essersi ispirato lo psichiatra e psicoanalista Dott. Orlando Del Don, “L’aumento dei suicidi per la crisi, una brutta favola pericolosa” che riporta i commenti della Dott.ssa Sandra Sassaroli, psichiatra e docente di terapia cognitiva, “Precario il lavoro, stabile l’ansia – Il ritratto psicologico di una generazione” pubblicato dal Dott. Gianluca Frazzoni il 13 aprile 2012 sul portale di State of Mind.

In questo commento la Dott.ssa Sassaroli giudica una “forzatura” (lo stesso termine utilizzato successivamente da Orlando del Don) considerare la crisi economica come la motivazione principale alla base del recente suicidio di molti imprenditori. La Dott.ssa scrive: “Questo è importante perché non mi piace mai dare la colpa alle cose e basta ma ragionare sugli aspetti psicologici in modo più utile che applicare tout court a una difficoltà oggettiva le categorie diagnostiche dell’ansia o della depressione senza metterci in mezzo la lettura idiosincratica che ciascun individuo costruisce della sua realtà. Occorre guardare a ciascun individuo, alle sue storie, al suo modo di reagire in modo psicologico, fine.”

Pensiamo che questo discorso non faccia una piega e potremmo sottoscriverlo in ogni suo punto, ma non è possibile estenderlo al minority stress dovuto ad un orientamento sessuale omosessuale in adolescenza, come invece si evince dall’articolo scritto dal Dott. Orlando del Don. Una crisi economica è un fattore esterno, che è fuori dalla portata di un lavoratore che viene lasciato a casa, la cassa integrazione o il licenziamento sono eventi molto spiacevoli che a volte si inseriscono all’interno di panorami psicologici già molto gravi, portando quindi al suicidio persone che si trovano già in età adulta. La crisi economica in questo caso avrebbe un effetto fatale, ma solo a titolo soggettivo.

Diversa è la questione se parliamo di omosessuali in età adolescenziale che non vedono nascere all’esterno la causa del proprio malessere, bensì all’interno, dentro di sé, come un male incurabile che abbassa i livelli di autostima e amor proprio, costituendo un macigno che pesa sulla propria identità, un peso che spesso risulta troppo grande da trascinare anche se il soggetto adolescente non proviene da una situazione pregressa di disagio psicologico o familiare.

La società non educa i genitori ad accogliere un figlio gay, come si può pensare quindi che tutti i giovani omosessuali siano in grado di accettare se stessi, di accogliere la propria attrazione omosessuale, dandosi così una possibilità per essere felici restando se stessi?

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Insomma ci sembra ovvio che una persona che decide di togliersi la vita è una persona estremamente fragile e poco resiliente, così come è altrettanto ovvio che non vi sia una singola ragione alla base di una sintomatologia depressiva ma piuttosto che vi sia una vera e propria costellazione di motivazioni. Tuttavia non si può negare che in una percentuale dei casi molto alta, la vera causa scatenante che spingerebbe una persona a saltare da un terrazzo non sia mai più di una sola, mentre le altre possono considerarsi delle conseguenze della medesima.

Spesso si decide di lasciare scritta questa motivazione su un bigliettino, esattamente come ha fatto Andrea quando ha parlato di omosessualità, quindi la domanda che dovremmo fare allo psichiatra che ci ha spinto a scrivere questo articolo è: “Si può pensare di INTERPRETARE un suicidio IGNORANDO le ultime parole scelte da queste persone prima di andarsene per sempre?”.

Conclusione. L’orientamento sessuale è una componente fondante e pervasiva dell’individualità umana, non definisce il soggetto nella sua globalità ma sicuramente ne influenza aspetti importantissimi del benessere psicologico, come le relazioni interpersonali e il modo di vedere se stessi.

Per venire contro la tesi del Dott. Orlando Del Don possiamo sicuramente confermare che dietro un gesto estremo come il suicidio possano esserci diverse tipologie di disagio, ma stando alle ricerche scientifiche non si può non prendere in considerazione il peso tragico della non accettazione sociale dovuto all’omofobia.

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L’impossibilità di sentirsi accolti e sostenuti per ciò che si è veramente è una spinta insormontabile verso l’autodistruzione. Quindi perché evitare la questione omosessualità per spostare il focus sull’adolescenza in generale? Perché non si parla di come la società italiana è organizzata per far fronte all’omofobia? Perché i professionisti della salute mentale non divulgano informazioni per la frammentazione di questa piaga sociale, dando indicazioni rispetto a percorsi di intervento nelle scuole ad esempio, piuttosto che negare l’impatto che oggi l’omosessualità egodistonica può avere su un soggetto adolescente?

L’adolescenza ai tempi della crisi. -Immagine: © olly - Fotolia.com
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In Inghilterra, il progetto UK Schools Report ha riscontrato vantaggi significativi nelle scuole in cui sono stati presi provvedimenti positivi:

• in quelle che hanno avuto una specifica politica contro il bullismo omofobico, il 60% dei giovani LGB non è stato vittima di bullismo e il 70% si sentiva sicuro a scuola;

• gli studenti che andavano nelle scuole dove gli insegnanti erano reattivi agli episodi omofobici hanno sentito più di tre volte la loro scuola come un luogo accogliente e tollerante, dove si sono sentiti i benvenuti;

• il 60% degli studenti cui erano stati dati insegnamenti positivi sulle tematiche gay e lesbiche era più felice a scuola e il 40% si sentiva più rispettato.

Questi risultati sono supportati da uno studio americano, da cui risulta che i giovani LGB che avevano impressioni positive nei confronti dei loro insegnanti erano significativamente meno portati ad avere esperienze di difficoltà di ampio raggio all’interno della scuola rispetto ai loro coetanei. Ciò ha dimostrato che gli insegnanti che offrono supporto ai giovani LGB potevano aiutare a prevenire i loro problemi. 

L’indifferenza e la negazione del problema nutrono l’omofobia.

LEGGI:

LGBT – LESBIAN GAY BISEX TRANSGENDER –  OMOFOBIA – CRONACA & ATTUALITA’ – SUICIDIO –  ADOLESCENTI – SOCIETA’ & ANTROPOLOGIA

 

Autore:

Andrea Perdichizzi – Gruppo Psicologi Evelyn Hooker Torino

 

BIBLIOGRAFIA:

 

 Quest’articolo è stato anche pubblicato su www.arcigaytorino.it

Il Desiderio femminile, censura e rimozione: Nymphomaniac di Lars von Trier – Recensione

di Alessandra Diazzi

Recensione del film:

NYMPHOMANIAC

di Lars von Trier

(2013)

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Nymphomaniac di Lars Von Trier - Recensione“Il grande problema che non  è mai stato risolto e che non sono ancora riuscito a risolvere, malgrado i miei trent’anni di ricerche sull’animo femminile è: Was will das Weib? – Cosa vuole la donna?”

(Sigmund Freud, lettera a Marie Bonaparte).

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È questa la domanda davanti alla quale Sigmund Freud ammette di essersi arreso, l’enigma oltre al quale non sa procedere. Tale quesito, lungi dal costituire solamente un aforisma ad effetto estrapolato dagli scritti epistolari del medico viennese, rappresenta in realtà uno scoglio che si configura quale ‘punto cieco’ del sistema psicoanalitico.

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La donna rappresenta infatti un’alterità perturbante dalla quale il primo nucleo della psicoanalisi si origina (si pensi ai primi casi di isteria femminile trattati da Freud e dal collega Breuer e ai casi clinici di donne, da Dora ad Anna O., grazie ai quali il sapere psicoanalitico si plasma, al contempo mettendosi alla prova) ma la cui natura sembra rimanere territorio effettivamente inesplorabile.

Il “continente oscuro della sessualità femminile” (secondo la definizione di Freud in “Tre saggi sulla teoria sessuale”), in tutto il suo mistero perturbante e la sua inquietante perversione, è al cuore dell’ultimo film di Lars von Trier, Nymphomaniac, la cui uscita è programmata il giorno di Natale 2013.

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È notizia recente (resa nota da Il Secolo XIX il 3 agosto nel seguente articolo: http://www.ilsecoloxix.it/p/cultura/2013/08/03/AP0yRO8F-nymphomaniac_forse_vedremo.shtml ) che la pellicola in Italia potrebbe non arrivare nelle sale: al momento nessuna società di distribuzione cinematografica italiana ha in programma il film di Lars von Trier, nemmeno Lucky Red e Bim, distributrici dei più recenti controversi lavori del regista danese. Il film, che uscirà in versione ‘soft’ e in versione incensurata, narra in otto capitoli la vita erotica della protagonista  -ninfomane, secondo la definizione del personaggio stesso- dall’adolescenza all’età di cinquanta anni.

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La possibile assenza di questo racconto sui nostri schermi è metafora di un paese che di donne parla continuamente e che donne mostra senza tregua ma che sfodera censure e resistenze di fronte alla nudità del desiderio femminile in tutta la sua scandalosa essenza ed alterità.

Salò o le 120 Giornate di Sodoma
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La protagonista di von Trier, donna che decide di confessare la propria vita erotica ad un ascoltatore maschile secondo un paradigma prettamente analitico, potrebbe (per ora abbiamo solo qualche anticipazione e trailer) pericolosamente ribellarsi alla narrazione dominante secondo la quale il desiderio femminile non fa scandalo laddove sia inquadrato –e normalizzato- secondo la logica dello sguardo maschile (desidero specificare che quando parlo di desiderio, utilizzo i termini ‘maschile’ e ‘femminile’ in senso non meramente biologico. Mi riferisco piuttosto a ‘modelli di desiderio’ caratterizzati da modalità desideranti ‘maschile’ e ‘femminile’, che possono essere propri di uno e dell’altro sesso indifferentemente. Secondo la teorizzazione di Jacques Lacan, infatti, al di là del dato biologico, il desiderio segue un percorso di ‘sessuazione’ per cui si diventa uomini o donne al di là della propria appartenenza anatomica ad un sesso).

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Se, come afferma il filosofo contemporaneo Slavoj Žižek nel suo documentario psicoanalitico sul cinema “The Pervert’s Guide to Cinema”, il cinema è l’arte più perversa perché non offre ciò che si desidera ma piuttosto comunica allo spettatore ‘come’ desiderare, Nymphomaniac potrebbe incrinare la spesso domesticata (dunque presunta) libertà sessuale della donna. La donna non scandalizza quando desidera come un uomo, conformandosi ai suoi archetipi di desiderio e rendendo la propria ricerca del piacere l’ombra mimetica di quello maschile. Annullando la sua alterità perturbante in nome di un modello di liberazione sessuale la cui essenza è soprattutto fallica, la donna è ridotta a volere ciò che vuole l’uomo, così che la carica perturbante sia incanalata in una gratificante, e tranquillizzante, somiglianza erotica.

Per quanto si potrebbe obiettare che la ninfomania della protagonista, se inquadrata come eccitante perversione, rischia di appiattirsi su un dongiovannismo al femminile, ciò che probabilmente più turba è il rischio che la ninfomania della protagonista incarni invece, metaforicamente, l’eccedenza del desiderio femminile, il suo porsi oltre la logica di soddisfacimento oggettuale.

Se la vertigine del desiderio di Don Giovanni è quella seriale e oggettuale, il ‘plus’ di desiderio della donna si delinea secondo un paradigma anarchico e rizomatico, che flirta con la natura illimitata del desiderio stesso: una forza (quella stessa medicalizzata nei casi di isteria delle donne di inizio Novecento) impossibile a delimitarsi in termini organici ed orgasmici.

Si può dunque supporre che la ‘nymphomaniac’ del regista danese perturba il panorama cinematografico non tanto per il contenuto pornografico esplicito del film, quanto per il fantasma maschilista implicito che la pellicola potrebbe mettere in crisi. La ‘buona infinità’ del desiderio femminile è ridotta spesso ad una subdola deprecazione da parte di un mascolino incapace di fronteggiare l’enigma del desiderio femminile –acefalo e slegato dalla logica pulsionale- per cui il tentativo è quello di castrare il “fuori-norma” e lo “sconfinato” del godimento della donna (Recalcati, 2012, p. 469).

Al momento non è naturalmente possibile sapere se la narrazione di Lars von Trier sia stata realmente capace di raccontare, capitolo per capitolo, la “visceralità indicibile” del desiderio femminile; allo stesso modo, almeno fino all’uscita della versione originale, è lecito domandarsi se la macchina da presa sia stata davvero in grado di mostrare l’eccedenza di un godimento altro, senza ridursi ad ‘inquadrarlo’.

Perverso o scandaloso, riuscito o meno, c’è però una cosa che non si può aspettare a chiedere: che la censura non privi il cinema italiano del dibattito sul desiderio femminile nel modo più subdolo, con un’assoluta -e silenziosa- rimozione.

 

LEGGI TUTTE LE RECENSIONI DI STATE OF MIND

LEGGI ANCHE:

SIGMUND FREUD – PSICOANALISI – SESSO – SESSUALITA’ – GENDER STUDIES – CINEMA

 

BIBLIOGRAFIA

 

Storie di Terapie: Anche i Cognitivisti hanno un cuore – Psicoterapia

Storie di Terapia - Roberto Lorenzini - 2013 Alpes Editore

 

Anche i cognitivisti hanno un cuore. In queste storie di terapie, utilizzabili nella formazione, si mostrano le importanti dinamiche emotive  che concorrono a determinare l’esito della terapia. La grande tradizione dei proverbiali casi clinici descritti dagli psicoanalisti è qui ripresa in ambito cognitivista, spesso considerato disattento alla relazione terapeutica e alle emozioni.

Le storie di terapie raccontate in questo libro si distribuiscono lungo tutto l’arco delle diagnosi categoriali e soprattutto sono situazioni miste,  perché i pazienti si ostinano a non studiare il DSM IV per collocarsi correttamente nelle sue categorie e a presentarsi come persone sofferenti, con mille acciacchi diversi sovrapposti.

In queste situazioni ci sono di scarso aiuto i protocolli clinici; si  tratta, per ciascun caso, di identificare quali siano i meccanismi con cui la persona si autoinfligge sofferenza e, dopo averli smascherati, provare a modificarli costruendo alternative.

Ho cercato di raccontare il paziente, quello che è avvenuto tra noi in terapia e come sono andate le cose, insuccessi e errori compresi; transfert e controtransfert, o come si voglia chiamare quel miscuglio di sentimenti che coinvolge paziente e terapeuta.

Lo scopo è fornire un modello del procedere clinico che utilizza strategie di provata efficacia, ma si plasma di volta in volta sulle specificità del paziente. Le storie sono utilizzabili nella formazione, per avere casi di cui discutere, o in privato per tirarsi su il morale considerando gli errori che anche terapeuti stagionati commettono.

PRENOTA IL LIBRO!

Roberto Lorenzini, psichiatra, psicoterapeuta. Didatta  della  Società Italiana di Terapia Comportamentale e Cognitiva.

Docente  delle Scuole di Specializzazione post-universitaria “Studi Cognitivi” di Milano, “APC” di Roma e Humanitas –
LUMSA di Roma.

È stato direttore del Dipartimento di Salute Mentale dell’Azienda Sanitaria Locale di Viterbo. Autore di numerose pubblicazioni. Nelle nostre edizioni ha pubblicato:

LEGGI LA RUBRICA DI ROBERTO LORENZINI: STORIE DI TERAPIE

L’ Effetto Placebo non dipende dal profilo di personalità

– FLASH NEWS-

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche

Una recente ricerca messa a punto dal Massachusetts General Hospital e della Harvard Medical School ha rivelato che non esiste una relazione diretta tra il tipo di personalità e la risposta positiva all’ Effetto Placebo, ma che occorre considerare una serie di diversi fattori.

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Le risposte positive ai trattamenti placebo non dipendono dal profilo di personalità del soggetto, bensì sono il risultato di un insieme di elementi tra cui il tipo di terapia, il contesto e il carattere della persona.

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche
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Una recente ricerca messa a punto dal Massachusetts General Hospital e della Harvard Medical School ha rivelato che non esiste una relazione diretta tra il tipo di personalità e la risposta positiva al placebo, ma che occorre considerare una serie di diversi fattori.In questo studio Jian Kong e colleghi si sono serviti di due sessioni sperimentali al fine di valutare gli effetti analgesici dell’agopuntura, della simulazione di un trattamento con l’agopuntura e di una pillola placebo nella sensibilità al dolore su un gruppo di  soggetti sani.

Inizialmente, i ricercatori posizionarono un elettrodo caldo sull’avambraccio di ogni soggetto sia prima che dopo ognuna delle tre condizioni sperimentali, quella con il trattamento analgesico, autentico o simulato. Venne registrato, quindi, il momento in cui la temperatura dell’elettrodo diventava insopportabile per il soggetto.

Dopo due settimana da questa prima fase dello studio, i ricercatori utilizzarono una sessione sperimentale in cui i soggetti furono sottoposti ad una prova in cui venne monitorato il loro livello di attivazione dei circuiti cerebrali del dolore.

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In realtà, la risonanza magnetica mostrata ai soggetti non mostrava davvero indici di attivazione cerebrale, bensì riproduceva valori in modo casuale. Questa sessione sperimentale aveva lo scopo di stimare l’effetto placebo tramite tecniche di suggestione e condizionamento attraverso stimoli visivi.

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I risultati mostrano che non vi è una relazione diretta tra i diversi partecipanti e la risposta ai trattamenti in grado di spiegare che l’effetto placebo dipenda da uno specifico assetto di personalità. I soggetti, infatti, risposero in maniera diversa ai vari metodi placebo, confermando come la risposta non dipenda esclusivamente dal carattere della persona, ma invece vari in relazione a fattori contestuali e ambientali, coinvolgendo così tratti personali e situazionali.

Al variare del trattamento placebo varia anche la risposta del soggetto. Dai risultati emerge, inoltre, una relazione tra l’aspettativa di successo di un determinato trattamento e il dolore percepito in relazione allo stimolo. Nel complesso, questi risultati evidenziano che al variare della terapia variano anche gli effetti del trattamento placebo, il cui esito sembra essere legato ad aspetti non esclusivamente relativi alla personalità del soggetto.

LEGGI:

PERSONALITA’- TRATTI DI PERSONALITA’ –  DOLORE – NEUROPSICOLOGIA

 

 

BIBLIOGRAFIA:

Alzheimer: il ruolo del rame nella formazione delle placche nel sistema nervoso.

La Redazione di State of Mind consiglia la lettura di questo contenuto:

“È chiaro che, con il tempo, l’effetto cumulativo del rame è quello di danneggiare i sistemi cerebrali dai quali non può essere rimossa la proteina beta-amiloide”, ha spiegato Rashid Deane, ricercatore del Dipartimento di Neurochirurgia dello University of Rochester Medical Center (URMC) che ha coordinato lo studio. “Occorre però cautela nel valutare questi risultati perché il rame non è un elemento fondamentale per molti processi fisiologici e l’esposizione utilizzata nella ricerca è equivalente a quella consumata da molti cittadini con la normale dieta”.

Le colpe del rame nella malattia di Alzheimer – Le ScienzeConsigliato dalla Redazione

L’esposizione a limitate concentrazioni di rame è in grado di alterare la funzionalità della proteina LRP1, cruciale per lo smaltimento della proteina beta-amiloide che forma le placche caratteristiche della malattia di Alzheimer. Lo afferma un nuovo studio che presenta la prima prova sperimentale di un coinvolgimento del metallo nell\’insorgenza della patologia (…)

Tratto da: Le Scienze

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«L’ indice di massa corporea va in pensione»

 

La Redazione di State of Mind consiglia la lettura di questo contenuto:

 

L’indice di massa corporea viene mandato in pensione, così sembrerebbe dopo che alcuni studi americani mettono in dubbio la sua reale efficacia e validità.

Da questi studi infatti sembrerebbe che non sia sufficiente il valore di BMI  a considerare una persona in “salute” a livello di peso.

Lo studio stravolge i parametri sostenendo che ci possono essere persone con un BMI alto, da considerarsi in sovrappeso, più in salute di persone con BMI basso/nella norma, quindi come persone in sovrappeso potrebbero avere una prospettiva di vita più lunga. Tutto il contrario di quello che si sosteneva prima! il motivo? che il BMI è troppo riduttivo come solo indice al quale affidarsi! Viene suggerito un nuovo indice, molto più complesso che tiene conto anche di parametri metabolici, della misura della vita, della disposizione del grasso…etc..  Ma veramente necessitiamo di un nuovo strumento dopo 200 anni che usiamo questo quando in realtà basterebbe un integrazione di parametri a cui tendenzialmente qualsiasi esperto del settore fa riferimento?

Anche chi ha un indice normale, sottolineano gli autori, non può stare tranquillo, perché in realtà un Bmi basso può nascondere uno status nutrizionale povero, in cui il corpo non riesce a metabolizzare correttamente alcune sostanze.

 

«L\’indice di massa corporea? Inganna»Consigliato dalla Redazione

Non riflette la proporzione tra muscoli e tessuto grasso nel corpo, e non tiene conto del genere e delle differenze di razza (…)

 

Per continuare la lettura sarete reindirizzati all’articolo originale … Continua  >>

 


Spazio Psicologia ai Macchianera Awards 2013

Laura Duranti.

Ho ideato Spazio Psicologia nel 2005, quando ero da poco entrata in specializzazione a Studi Cognitivi. con la finalità di ricreare in rete uno spazio supervisionato di contenuti, utile per favorire una cultura sana e corretta della psicologia e di ciò che ad essa è correlato.

Il progetto era partito come un blog personale, fondato sulla mia esperienza di psicologa, psicoterapeuta e sessuologa e sugli argomenti a me più cari, ma via via nel tempo, si è strutturato sempre di più, fino ad aprirsi ai contributi di giovani colleghi, che sono divenuti collaboratori fissi, contribuendo allo sviluppo di un progetto comune di informazione psicologica.

Nei nostri progetti non c’era però certo quello di concorrere ad un premio.

Con nostra grande sorpresa, abbiamo scoperto il 23 agosto 2013 che tra le più di 140.000 persone che hanno votato, tra tutti i blog italiani, le candidature al Macchianera Italian Awards 2013, una buona parte ha segnalato “Spazio Psicologia” per la sezione Educational, facendoci così entrare di diritto tra i 10 concorrenti in gara per la finale.

Non possiamo che esserne contenti e ritenere questo il miglior risultato possibile per un blog che si sostiene solo grazie all’impegno di tutti i suoi 11 collaboratori, senza alcuna sponsorizzazione e che si è ritrovato in gara con “Big” del calibro, tanto per citarne alcuni, di Focus, National Geographic, Rai Educational e Wikipedia Italia.

Siamo l’unico blog di psicologia e peraltro l’unico senza alcuno sponsor, a concorrere per questa categoria e, dovendo competere con i Big di cui sopra, abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile. Dunque chiediamo a tutti i colleghi, futuri colleghi e appassionati di psicologia di votarci e condividere questo appello, il più possibile.

E’ possibile votare fino a giovedì 19 settembre 2013, dopodiché i risultati saranno messi al sicuro fino alla cerimonia di premiazione, che si terrà presso il Teatro Ermete Novelli di Rimini (Via Cappellini 3 – 47921 – Rimini), nel corso della BlogFest, la sera del 21 settembre 2013 alle ore 21, alla quale in ogni caso presenzieremo.

L’evento riunisce, ogni anno, tutto ciò che in Italia gravita attorno alle community della rete, che abbiano origine dai blog, da Facebook, da Twitter, dalle chat e dai forum e da qualsiasi altra forma sociale di comunicazione.

Per votare basta compilare la scheda presente all’indirizzo http://www.blogfest.it/2013/08/23/macchianera-italian-awards-2013-2-le-nomination/ cliccando “Spazio Psicologia” nella categoria “18. Miglior sito Educational”

Perché la scheda sia ritenuta valida è necessario votare per almeno 10 categorie a scelta.

Ci auguriamo, con molta umiltà, di poter rappresentare la psicologia al meglio, fieri della passione che ci contraddistingue per l’informazione e la buona cultura psicologica, che crediamo appartenga alla gran parte della nostra categoria e speriamo nel supporto di chi ama la psicologia quanto e più di noi e vorrebbe che una buona cultura psicologica rivestisse nei media, in primis su internet, il ruolo che merita.

Si può fare – Cinema & Psicoterapia #8

RUBRICA CINEMA & PSICOTERAPIA  #08

Si può fare (2008)

Proposte di visione e lettura (CorattiLorenziniScarinciSegre, 2012)

Si può fare - Da vicino nessuno è normale - Locandina

Il film racconta una concezione nuova di approcciarsi alla malattia mentale, si prende il compito di raccontare una visione che pone al centro del progetto terapeutico-riabilitativo il malato con le sue risorse e capacità, soggetto di diritti, con potenzialità che vanno sviluppate allo scopo di reinserire nella società a pieno titolo quelle persone che erano state recluse, isolate e rese marginali dal manicomio. 

Info

Diretto da Giulio Manfredonia, con Claudio Bisio, Anita Caprioli, Giuseppe Battiston, Giorgio Colangeli, Bebo Storti. Commedia. Italia 2008.

Trama 

Ispirato a storie vere delle cooperative sociali nate per dare lavoro ai pazienti dimessi dal manicomio in seguito all’approvazione della Legge Basaglia.

Nello è un sindacalista ritenuto scomodo. È allontanato dal sindacato e relegato al ruolo di direttore della Cooperativa 180, un’associazione di malati di mente impegnati in attività assistenziali. Il sindacalista venuto a contatto con i suoi nuovi “collaboratori” resta in una prima fase un po’ sbigottito, poi si rimbocca le maniche e andando contro lo scetticismo dello psichiatra che ha in cura i malati cerca di valorizzare le risorse e le potenzialità di ognuno di loro. La cooperativa riuscirà a inserirsi con successo nel mercato con attività produttive innovative.

Changeling - Cinema & Psicoterapia #4. - © Locandina Cinematografica
Changeling – Cinema & Psicoterapia #4

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Motivi d’interesse 

La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla”. Questa era l’ispirazione di Basaglia che portò all’approvazione della legge 180/78.

I manicomi, prima dell’approvazione di questa legge, erano spazi di contenimento fisico dove venivano utilizzati metodi sperimentali di ogni tipo che calpestavano la dignità umana dei malati. Il film racconta una concezione nuova di approcciarsi alla malattia mentale, si prende il compito di raccontare una visione che pone al centro del progetto terapeutico-riabilitativo il malato con le sue risorse e capacità, soggetto di diritti, con potenzialità che vanno sviluppate allo scopo di reinserire nella società a pieno titolo quelle persone che erano state recluse, isolate e rese marginali dal manicomio. 

La narrazione evidenzia gli aspetti positivi senza enfatizzarli e li affianca alle criticità dovute ad una società ancora largamente impreparata ad accogliere una rivoluzione culturale di tale portata e alle difficoltà di una comunità scientifica impreparata e riluttante ad aprirsi alle trasformazioni che mettono in crisi professionalità sclerotizzate.

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Nello coinvolge i malati, li fa partecipare alle decisioni, li impegna, valorizzando le capacità di ognuno. I malati rispondono con impegno e responsabilità, la cooperativa ottiene appalti. Il trattamento farmacologico viene diminuito, nonostante le resistenze del Dottor Del Vecchio. Tutto sembra procedere per il meglio, ma si manifesta all’improvviso l’impossibilità di un recupero pieno quando Gigio innamoratosi di Caterina, prima illuso e poi rifiutato da lei, si suicida.

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Tutto sembra crollare, il prezzo pagato per l’eccessivo entusiasmo è alto. È un avvertimento alla cautela e alla prudenza che non può bloccare però il nuovo che avanza. Persino il dottor Del Vecchio si rende conto dei miglioramenti dei pazienti e sollecita Nello a riprendere il suo lavoro. Il film si chiude con l’arrivo di nuovi soci da altri manicomi e con la preparazione di pannelli da montare alla metropolitana di Parigi.

Terapia De Andrè - Intervista all'autore
Articolo Consigliato: La Terapia De Andrè – Intervista all’autore

Il lavoro continua ad essere svolto da migliaia di operatori della salute mentale, con l’aiuto di farmaci, di tecniche psicoterapeutiche e riabilitative sempre più efficaci e validate scientificamente, e con una visione della malattia e dell’intervento che deve molto alla rivoluzione di Basaglia.

Indicazioni per l’utilizzo 

Si può utilizzare il film per un proficuo lavoro con i malati e le loro famiglie, tenendo conto della possibile identificazione, soprattutto dei pazienti gravi, con alcune situazioni proposte (suicidio). 

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Il lavoro psicoeducativo rappresenta un momento importante da svolgere anche con l’intera comunità locale per creare le condizioni migliori di inclusione dei malati.

Trailer

 

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– RECENSIONI – CINEMA –  STIGMA – SOCIETA’ & ANTROPOLOGIA – PSICOSI

 

 

BIBLIOGRAFIA:

Überblick der Veränderung im diagnostischen System DSM-5

Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale: Intervista a Giovanni Ruggiero

 

Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale:

Intervista a Giovanni Maria Ruggiero

 GUARDA TUTTE LE INTERVISTE DI STATE OF MIND

Giovanni Maria Ruggiero racconta, in un’intervista di Luca Mazzucchelli (psicologo, psicoterapeuta sistemico-relazionale) , la Psicoterapia Cognitiva-Comportamentale dalle origini ad oggi, da Ellis e Beck alla “Terza Ondata”, illustrandone il passaggio di prospettiva: dall’idea di poter cambiare le proprie emozioni negative grazie all’elaborazione di pensieri più funzionali, a quella di accettare quelle emozioni.

Ci spiega in cosa consiste la Psicoterapia Cognitiva-Comportamentale, quali sono i principi cardine e le tecniche che un terapeuta cognitivo-comportamentale deve conoscere, con particolare riferimento al disputing (diverso a seconda che si segua l’approccio di Ellis o Beck) e al laddering.

Chiarisce le carratterische della relazione terapeutica secondo la Psicoterapia Congitivo-Comportamentale, quindi una relazione collaborativa in cui il paziente partecipa attivamente anche lavorando a casa con i compiti che il terapeuta assegna.

Non solo, consiglia testi per approfondire l’argomento e delinea le caratteristiche di un terapeuta che sceglie questo orientamento.

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PSICOTERAPIA COGNITIVADISPUTING E RISTRUTTURAZIONE COGNITIVACREDENZE – BELIEFS – ACCETTAZIONE – 

 GUARDA TUTTE LE INTERVISTE DI STATE OF MIND

APA 2013 – Il congresso annuale della American Psychological Association

APA 2013

American Psychological Association

Honolulu, Hawai

APA 2013 Congress Hawaii Honolulu American Psychological Association

Inizia giovedì 1 agosto a Honolulu il congresso annuale dell’APA (American Psychological Association).

Sbirciando la pagina web del congresso, le dimensioni dell’evento appaiono mastodontiche: circa 1300 sessioni. Naturalmente, riuscirò a descrivere direttamente un numero minimo di eventi. Per ottenere una visione d’insieme do, mentre sono in viaggio, una scorsa preliminare al programma e, in particolare, alle plenary session, che trovate elencate qui.

In cima alla lista troviamo una presentazione sulle dipendenze, le addiction. Il taglio è sia di sensibilizzazione culturale che scientifico. Lo speaker è, almeno in USA, una personalità nota e influente: David Sheff, giornalista, autore di libri e apparso nel 2009 nella lista stilata ogni anno dal Time delle persone più influenti in USA. Sheff è diventato famoso con un libro che racconta la tragedia di suo figlio, tossicodipendente: Beautiful Boy: A Father’s Journey Through His Son’s Addiction. Nella sua presentazione Sheff parlerà anche di dati scientifici, spiegando come la prevenzione più efficace sottolinea la condizione di malato e non di colpevole del tossicodipendente.

La seconda plenaria si annuncia intrigante e divertente: Stanley Coren, professore emerito in Psicologia alla University of British Columbia, parlerà di intelligenza canina: le straordinarie abilità cognitive, emotive e relazionali dei cani. Prevedo un uditorio affollato, entusiasta e attento.

Seguono due plenarie, condotte da Rhonda McEwen e Ben Foss, dedicate all’uso delle tecnologie informatiche e di social network applicate alle terapie psicologiche delle disabilità cognitive. Mary Crawford invece parlerà di possibili attività preventive di tipo psicologico sulla piaga mondiale dello sfruttamento sessuale e del suo gemello, il turismo sessuale. Margarita Alegría e David T. Takeuchi si occuperanno della persistente difficoltà che incontrano alcuni gruppi etnici di immigrati in USA ad accedere ai servizi psicologici e psichiatrici, sia per limiti culturali che per ostacoli di tipo economico. Tema importante anche per noi in Europa. Craig Haney parlerà del rapporto tra psicologia e giurisprudenza negli Stati Uniti. Camilla P. Benbow e David Lubinski presenteranno alcuni dati su come si sviluppa la vita dei ragazzi e delle ragazze con doti intellettuali superiori. John Horgan racconterà i percorsi psicologici di disimpegno dal terrorismo, mentre Janet K. Swim propone riflessioni sulla minore attenzione data da qualche anno ai problemi climatici.

Seguono alcune presentazioni di taglio più scientifico, a cui spero di partecipare. Read Montague riferirà lo stato dell’arte su un eterno problema della psicologia: in che misura le facoltà cognitive sono espressione dei geni? Anche Paul J. Zak si dedicherà all’interfaccia tra cervello e mente e parlerà di un tema molto intrigante: l’ossitocina è davvero il neurostrasmettitore che incentiva le capacità metacognitive e di mentalizzazione?

Infine con Linda Chang si torna a temi sociali: racconterà di come si danneggia il cervello di chi è precocemente esposto alle sostanze stupefacenti.

Insomma, molte sembrano essere le sessioni dedicate a temi sociali scottanti: tossicodipendenza, sfruttamento sessuale, terrorismo. Non è un congresso di aggiornamento scientifico, semmai di focalizzazione sulle ricadute pratiche e sociali del lavoro psicologico.

 

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REPORTAGE DAI CONGRESSI

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