Chemioterapia e disfunzioni cognitive
Le disfunzioni cognitive associate alla chemioterapia contro il cancro hanno ricevuto un’attenzione crescente da parte della ricerca negli ultimi decenni. Chemo brain o chemo fog sono espressioni comunemente usate per indicare alcuni effetti collaterali del trattamento per il cancro, a carico del funzionamento cognitivo. Essi riguardano prevalentemente memoria, attenzione, concentrazione, linguaggio, funzioni esecutive come scarsa memoria di lavoro e ridotta velocità di elaborazione (Oldacres et al., 2023). Le persone possono sentirsi confuse, disorganizzate nella routine, alla ricerca della parola giusta per esprimere determinati concetti, possono inoltre sperimentare annebbiamento mentale, difficoltà nell’apprendere nuove competenze o nell’essere multitasking “come un tempo”, difficoltà nella memoria visiva (ad esempio, ricordare un’immagine) o verbale (ricordare stralci di conversazioni). Alcuni individui riferiscono che i problemi cognitivi hanno maggiore impatto quando, dopo la cura, riprendono i ruoli assunti in famiglia, nella comunità e sul posto di lavoro. In alcuni casi, si ritardano o rinviano attività formative, si opta per posizioni lavorative con minori responsabilità e/o retribuzione, addirittura si decide di lasciare il lavoro o ritirarsi da attività sociali per paura di apparire cognitivamente compromessi (Ferguson et al., 2007; Vardy et al., 2007). Nella maggior parte dei casi, il livello di compromissione cognitiva valutato da test neuropsicologici standardizzati va da lieve a moderato, o si colloca ai limiti inferiori della media (Jim et al., 2012).
Una percentuale tra il 12 e il 75% delle persone in remissione dal cancro soffre di disfunzioni cognitive, con alcuni pazienti che riferiscono sintomi fino a 20 anni dopo il completamento del trattamento (Oldacres et al., 2023).
Alcuni agenti chemioterapici sono neurotossine notoriamente associate alle disfunzioni cognitive post trattamento, il cui effetto può essere aumentato da ulteriori fattori: terapie aggiuntive (radioterapia, terapia endocrina, chirurgica ecc.), fattori anamnestici del paziente (come età, sesso, indice di massa corporea, tipo di cancro e comorbilità sottostanti) e risposta del paziente alla diagnosi e al trattamento del cancro (ad esempio, dolore, affaticamento, depressione e ansia) (Jebahi et al., 2021; Saeed et al., 2019).
Affrontare l’impatto funzionale e psicologico di questo problema rappresenta una parte importante dell’assistenza sanitaria per le persone con una diagnosi oncologica.
Il Memory Attention Adaptation Training (MAAT)
Sono state messe a punto diverse strategie di trattamento per le disfunzioni cognitive post chemioterapia. Tra queste, il Memory Attention Adaptation Training (per brevità lo indicheremo col suo acronimo MAAT) è un programma breve di orientamento cognitivo-comportamentale, progettato per aiutare le persone in remissione dal cancro ad apprendere e applicare strategie adattive per ridurre l’impatto negativo delle disfunzioni cognitive, sia a livello funzionale che nella qualità di vita percepita in generale (Ferguson et al., 2012).
A differenza dell’approccio di riabilitazione cognitiva tradizionale, basato sull’allenamento ripetitivo di compiti cognitivi a difficoltà crescente, solitamente computerizzati (ad es. esercizi per la velocità di elaborazione visuo-motoria), il MAAT enfatizza l’acquisizione di strategie per compensare l’impatto delle defaillance cognitive nelle attività quotidiane. Il programma, infatti, istruisce i partecipanti sui normali disturbi cognitivi a carico di memoria e attenzione dopo la chemioterapia, sulla formazione di strategie di autoconsapevolezza e autoregolamentazione, sulla gestione dello stress e sui meccanismi di compensazione. Consiste in otto sessioni settimanali, della durata di 30-45 minuti, erogate in presenza o in videoconferenza. I partecipanti lavorano con uno psicologo per identificare situazioni specifiche, a casa o sul lavoro, in cui è probabile che si verifichino problemi di memoria o attenzione, e per apprendere strategie specifiche per affrontare tali problemi.
Il MAAT è composto da quattro punti chiave (Kucherer & Ferguson, 2017):
- Formazione sui problemi cognitivi correlati alla chemioterapia e altre influenze sui normali processi di attenzione e memoria. Questa sezione punta a ridurre l’attribuzione errata che tutti i fallimenti di memoria quotidiani possano essere dovuti alla chemioterapia e aumenta la possibilità di cause più controllabili come la risposta allo stress.
- Addestramento all’autoconsapevolezza, che consiste nell’utilizzo dell’automonitoraggio per aiutare le persone a identificare condizioni ambientali, sociali, fisiche o emotive “a rischio” in cui si verificano i cosiddetti fallimenti cognitivi (defaillance di memoria e attenzione). Questo consente ai partecipanti di adattare le strategie compensative a compiti specifici.
- Formazione sulle strategie compensative per l’applicazione in situazioni “a rischio” che possono migliorare direttamente le prestazioni cognitive. Le strategie compensative comuni includono l’addestramento alle auto-istruzioni o un metodo di “auto-dialogo” per migliorare l’attenzione sul compito, usando un’agenda giornaliera, prove verbali, ascolto attivo e strategie di visualizzazione.
- Metodi di gestione dello stress, quali addestramento al rilassamento e ristrutturazione cognitiva per modificare le valutazioni negative del fallimento cognitivo, con programmazione delle attività per l’autoregolazione dello stress.
Il MAAT è efficace?
Ferguson e colleghi hanno condotto tre studi per valutare l’efficacia del programma MAAT sul miglioramento dei sintomi da disfunzioni cognitive post chemioterapia.
Nel primo studio pilota (Ferguson et al., 2007), 29 sopravvissute al cancro al seno hanno riportato significativi miglioramenti nelle difficoltà cognitive quotidiane percepite e migliore qualità della vita; sono stati osservati anche miglioramenti neurocognitivi nella memoria verbale e nella velocità di elaborazione. Tuttavia, in assenza di un gruppo di controllo, è stato impossibile escludere gli effetti della pratica con test neurocognitivi ripetuti.
Nel secondo studio (Ferguson et al., 2012), 40 sopravvissute al cancro al seno sono state suddivise tra un gruppo sperimentale, che beneficiava del programma MAAT da remoto, e un gruppo di controllo che non riceveva alcun trattamento. Le donne avevano portato a termine la chemioterapia da almeno 18 mesi e riportavano problemi cognitivi. I due gruppi sono stati valutati all’inizio del trattamento, dopo il trattamento e a due mesi di follow-up. Le partecipanti al MAAT hanno ottenuto miglioramenti significativi nella qualità della vita e nella memoria verbale.
Il terzo studio (Ferguson et al., 2016) ha evidenziato un significativo miglioramento della velocità di elaborazione e un miglioramento nei sintomi di disfunzione cognitiva anche a distanza di 2 mesi dall’erogazione del MAAT in videoconferenza. Sebbene non sia stato riscontrato un miglioramento nella memoria né a fine trattamento né al follow-up, le partecipanti hanno mostrato un miglioramento dell’ansia rispetto ai sintomi cognitivi dopo 2 mesi dal termine del MAAT, suggerendo che continuavano a compiere progressi nella riduzione del disagio emotivo, attraverso una maggior padronanza e l’uso di capacità di adattamento acquisite col programma.
Sebbene le ricerche condotte ad oggi sul MAAT presentino alcune limitazioni metodologiche, i risultati appaiono promettenti. La terapia cognitivo comportamentale potrebbe inoltre fornire ulteriori spunti per lo sviluppo di strategie nuove, che consentano alle persone in remissione dal cancro di accedere a una gamma più ampia e personalizzata di opzioni terapeutiche.