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Memoria

Che cos'è e come funziona la memoria. I modelli di concettualizzazione della memoria, i sistemi mnestici e le diverse tipologie

Aggiornato il 25 lug. 2023

Definizione di memoria

La memoria può essere paragonata a un enorme magazzino all’interno del quale l’individuo può conservare tracce della propria esperienza passata, cui attingere per riuscire ad affrontare situazioni di vita presente e futura. Tale archivio non ha caratteristiche statiche e passive ma può essere definito come un costruttore attivo di rappresentazioni sul mondo (Tomei, 2017). In tal senso, la memoria è considerata ricostruttiva e non riproduttiva nella sua modalità di funzionamento.

I processi di elaborazione mnestica

La letteratura scientifica descrive tre fasi principali dei processi di elaborazione mnestica: la fase di codifica, la fase di ritenzione e la fase di recupero. Sebbene non si tratti di stadi necessariamente separati e in sequenza, essi rappresentano l’intero processo dell’elaborazione mnestica.

  1. Fase di codifica: si riferisce al modo in cui l’informazione viene inserita in un contesto di informazioni precedenti. Tale nuova informazione viene trasformata in un codice che la memoria riconosce. Il processo di codifica viene influenzato da diversi fattori, tra cui sia le caratteristiche dello stimolo che fattori emotivo-cognitivi-motivazionali del soggetto;
  2. Fase di ritenzione: in questa fase il ricordo viene consolidato e stabilizzato in una condizione stabile e a lungo termine
  3. Fase di recupero: consiste nel recuperare l’informazione e il ricordo dalla memoria a lungo termine alla memoria di lavoro affinché venga utilizzata.

In tale fase le tracce mnestiche (Tulving, 1983) sono disposizioni che vengono riattivate quando è presente un adeguato indizio o stimolo di richiamo: maggiore e’ la somiglianza tra gli indizi di codifica e gli indizi di recupero, maggiore sarà la probabilità di riportare un ricordo alla consapevolezza. Viceversa un ricordo può rimanere disponibile ma non accessibile. Infatti, la traccia mnestica di un ricordo e l’informazione che funge da richiamo devono presentare una relazione associativa oppure una sovrapposizione di informazioni (Legrenzi, Papagno, Umilta’, 2012).

L’intero processo di elaborazione mnestica nelle sue diverse fasi può essere influenzato da diversi fattori attentivi e motivazionali, dalla profondità di elaborazione dello stimolo in fase di codifica, nonché dalla rilevanza emotiva dello stesso stimolo, nonché dall’umore e dallo stato emotivo del soggetto.

La natura ricostruttiva della memoria trova un riscontro empirico in recenti studi (Nader, Hardt, 2009) che hanno evidenziato il fenomeno del riconsolidamento mnestico secondo cui quando i ricordi vengono recuperati e riportati un una modalità di elaborazione attiva, divengono suscettibili di essere modificati e rielaborati e quindi ri-immagazzinati mediante una nuova traccia mnestica. Tale aspetto assume particolare rilevanza clinica psicoterapica.

È importante tenere presente che  il termine memoria in psicologia include molti sistemi di memoria, funzionalmente distinti, e distribuiti a livello neurale su network che coinvolgono molte aree cerebrali.

Memoria: il modello di Atkinson e Shiffrin

Tra i classici e i primi modelli esplicativi della memoria ritroviamo il famoso modello di Atkinson e Shiffrin (1968) postula l’esistenza di tre tipi di memoria: memoria sensoriale, memoria a breve termine (MBT) e memoria a lungo termine (MLT).

Memoria a breve termine

La memoria a breve termine (MBT) contiene le informazioni per un periodo di tempo molto breve, solitamente il tempo stimato corrisponde a una decina di secondi. Dopo questo tempo, la traccia decade. Un delle caratteristiche di questo magazzino mnestico è contenere contemporaneamente poche unità di informazioni. Infatti, in un soggetto adulto le unità contenibili nella MBT sono cinque più o meno due, variano a seconda delle caratteristiche del materiale da ricordare. Se queste informazioni non sono trasferite nel magazzino a lungo termine, ovviamente, decadono e spariscono. La MBT svolge una funzione transitoria e di servizio tra la memoria sensoriale e la memoria lungo termine. Se queste tracce riescono a essere consolidate tramite strategie comportamentali fluiscono nella memoria a lungo termine, e se così non fosse, allora sono destinate a scomparire.

Memoria a lungo termine

La memoria a lungo termine (MLT) è un archivio avente capacità quasi illimitata, dove sono conservate tutte le esperienze e le conoscenze acquisite nel corso della vita e quelle che corrispondono al nostro carattere o temperamento. La memoria a lungo termine si suddivide in memoria esplicita, o memoria dichiarativa, e memoria implicita, o memoria procedurale.

La memoria esplicita, o dichiarativa, comprende tutto ciò che può essere descritto consapevolmente dal soggetto ed è suddivisa in memoria episodica, memoria semantica e memoria autobiografica. La memoria procedurale o implicita, al contrario, contiene abilità motorie, percettive e cognitive

La memoria di lavoro o working memory (WM)

Baddeley e Hitch nel 1974 introdussero il modello della memoria di lavoro o working memory (WM), come modello alternativo e più specifico rispetto alla concettualizzazione della memoria a breve termine di Atkinson e Shiffirin.  La working memory è una forma di memoria a breve termine che mantiene una quantità limitata di informazioni in un tempo limitato. L’informazione presente nella memoria di lavoro consente l’utilizzo dell’informazione stessa nel qui ed ora, quindi quando lavoriamo, ascoltiamo o dobbiamo interagire in un discorso.

Quindi la memoria di lavoro mantiene ed elabora le informazioni durante l’esecuzione di compiti cognitivi; mantiene attiva l’informazione per metterla al servizio degli altri processi cognitivi implicati nello svolgimento di un compito o di un’attività.  Questo sistema di memoria ha però una capacità limitata e può trattenere l’informazione per un periodo limitato di tempo.

Il modello della memoria di lavoro implica diversi sottosistemi:

  1. l’”esecutivo centrale”: un sistema di controllo attenzionale che è responsabile della selezione e del coordinamento di una serie di processi;
  2. il “circuito fonologico”: un sistema in grado di mantenere attiva l’informazione verbale anche mediante un meccanismo di ripetizione subvocalica;
  3. il “taccuino visuo-spaziale”: un sistema la cui funzione e’ quella della ritenzione temporanea delle caratteristiche visuo-spaziali delle informazioni.

La memoria dichiarativa

La memoria dichiarativa è un sistema mnestico che consente di richiamare alla coscienza i ricordi delle esperienze vissute oppure le conoscenze fattuali.  Tulving (1972; 2001) distinse due tipologie di memoria dichiarativa: la memoria episodica e la memoria semantica.

La memoria episodica consente la rappresentazione di diversi aspetti di un evento o accadimento specifico (chi era presente o coinvolto? Dove? Quando?) e raccoglie gli eventi che l’individuo ha vissuto in prima persona; la memoria episodica consente di immagazzinare aspetti specifici – in termini spazio temporali e situazionali – degli accadimenti, come ad esempio il ricordo del giorno in cui la persona ha conseguito un diploma piuttosto che il ricordo di quando accompagnava i figli a scuola.

La memoria semantica invece non fa riferimento a eventi e accadimenti della propria esperienza personale ma consiste nell’insieme di concetti, conoscenze e nozioni che abbiamo acquisito nel corso della nostra esperienza di vita (ad esempio, “i cani sono mammiferi”). Sono incluse nella memoria semantica anche le informazioni legate alla nostra vita personale (ad esempio, “sono nato il 16 dicembre”, piuttosto che il nome della mia insegnante ). La memoria semantica è la memoria del sapere, delle conoscenze enciclopediche e fattuali.

La memoria autobiografica

Si può definire memoria autobiografica l’insieme dei ricordi che hanno caratterizzato e in qualche misura influenzato la nostra esistenza, visti nella prospettiva del sé nel rapporto con il mondo (Conway, 2005).

I ricordi della memoria autobiografica si riferiscono non ad eventi comuni (come ad esempio “ieri sono andato al cinema”) ma esperienze di vita specifiche , rilevanti e fondamentali nella costruzione della rappresentazione di sé stessi, degli altri e del mondo.

La memoria autobiografica non è concettualizzabile come un sistema di memoria isolato, bensì come un’integrazione tra la memoria episodica e la memoria semantica.  Da un lato la memoria episodica rappresenta il tessuto con cui si imbastisce il se’ autobiografico, preposta a ricostruire la rappresentazione degli eventi passati connotati a livello spazio-temporale; dall’altro la memoria semantica attiva le conoscenze per attribuire significato ai nostri ricordi episodici (Tomei, 2017).

La memoria autobiografica, immagazzina fatti e eventi accaduti alla persona in relazione a schemi o percorsi di significato. La memoria autobiografica unifica consapevolmente le diverse esperienze di vita accumunandole da un significato comune, coerente tra i diversi ricordi facenti parte della stessa categoria. L’insieme di tutte queste informazioni costituisce il bagaglio di conoscenza che ognuno di noi possiede e che dipende, sostanzialmente, dalle esperienze effettuate.

Tracce mnestiche riguardanti situazioni accadute lontano nel tempo possono essere vivide alla nostra memoria. Questo accade perché i ricordi episodici sono inglobati in una rete di significati più ampia che riguarda la conoscenza di noi, del mondo e delle relazioni sociali. Il ricordo, dunque, dopo essere stato rielaborato sarà inglobato all’interno di una di queste categorie. La nitidezza del ricordo è dettata dal significato emotivo o comportamentale a esso correlato. .

La memoria prospettica

La memoria prospettica fa riferimento ai processi e alle abilità implicate nel ricordo di intenzioni che devono essere realizzate nel futuro.

Con il termine memoria prospettica si intende il ricordarsi di portare a termine quelle intenzioni che, per diverse ragioni, non possono essere realizzate nel momento stesso in cui vengono formulate, ma devono essere rimandate ad un momento successivo (Meacham e Singer, 1977). Si tratta di una abilità che tutti noi utilizziamo quotidianamente, come ad esempio ricordarsi di partecipare ad una riunione o di fare una telefonata tra venti minuti sono esempi di compiti di memoria prospettica.

In termini generali nel processo prospettico si distinguono almeno cinque fasi (Ellis 1996):

  1. formazione dell’intenzione;
  2. intervallo di ritenzione;
  3. intervallo di prestazione;
  4. esecuzione dell’azione intenzionale;
  5. valutazione del risultato.

La prima fase fa riferimento alla codifica del contenuto dell’azione futura (il cosa), dell’intenzione (la decisione di fare qualcosa) e del contesto di recupero (il quando, cioè il momento giusto per eseguire l’azione).

La seconda fase fa riferimento all’intervallo tra il momento della codifica dell’intenzione e l’inizio dell’intervallo potenziale di prestazione; questi intervalli possono variare notevolmente, sia nella durata (possono durare da pochi minuti a diverse ore o giorni) sia nel contenuto. Durante l’intervallo di tempo che separa la formulazione dell’intenzione dalla sua esecuzione (fase di delay), generalmente il soggetto è coinvolto in altre attività che assorbono le risorse cognitive di chi deve realizzare l’intenzione precedentemente pianificata.

La terza fase si riferisce all’intervallo di prestazione, cioè al periodo di tempo durante il quale l’intenzione deve essere recuperata. Di solito, il recupero dell’informazione è collegato a una situazione ben precisa e i fattori che influiscono sulla probabilità che un’azione futura venga ricordata con successo sono diversi. Per prima cosa, è necessaria una corrispondenza tra un contesto di recupero già codificato e la situazione attuale (quello che in inglese viene definito con il termine matching). Ma perché si recuperi il contenuto dell’intenzione e si svolga correttamente l’azione non basta la sensazione di familiarità generata dall’apparizione dell’evento-target, ma è necessario anche ricordarsi cosa fare esattamente. Quindi è necessario che venga riattivata la componente prospettica, e che l’attenzione si sposti dall’attività che stiamo svolgendo al compito prospettico.

La quarta fase riguarda la realizzazione dell’intenzione, che si ha solo se si inizia ad eseguire l’azione. L’esecuzione dell’azione intenzionale implica non solo che il soggetto ricordi che qualcosa deve essere fatto in un determinato momento e in cosa consiste questo qualcosa, ma che decida di eseguire l’azione. Infine si valuta il risultato confrontando il contenuto retrospettivo.

La memoria implicita o non dichiarativa

I sistemi di memoria impliciti o non dichiarativi si caratterizzano rispetto alla memoria dichiarativa per il fatto che non richiedono la coscienza per essere registrati o richiamati. La funzione evolutiva di tali sistemi di memoria implicita è che consentono che il comportamento dell’individuo venga modulato dalle esperienze ambientali in modo da ottenere un vantaggio adattivo, soprattutto in termini di predisposizione rapida e automatica all’azione. Forme di memoria non dichiarativa sono: la memoria per le abitudini, la memoria per le capacità motorie routinizzate, il priming (l’influenza sulla prestazione di un soggetto da parte di una stimolazione precedente), diverse forme di apprendimento associativo (condizionamento classico e operante) e non. Molto la memoria non dichiarativa si basa su associazioni apprese in modo incidentale, e coinvolgono spesso memorie somatosensoriali connesse alle memorie di stimoli e situazioni emotigene.

La memoria procedurale

La memoria procedurale  si utilizza nel momento in cui dobbiamo fornire una performance o una semplice attività quotidiana divenuta routinaria (allacciarsi le scarpe). Consiste in quella forma di memoria a cui non possiamo accedere consapevolmente. Per esempio una forma di memoria implicita procedurale è quella legata all’ imparare a leggere. Nel momento in cui, ad esempio, leggiamo non dobbiamo ripartire da zero, come se fosse la prima volta, ma automaticamente andiamo a recuperare quei ricordi che ci consentono di eseguire quel determinato compito. La memoria implicita si collega a esperienze che avvengono non a livello del tutto cosciente e non sono neppure verbalizzabili.

La memoria procedurale è quindi una memoria legata alla reale attuazione di un compito, è accessibile durante l’esecuzione di un’azione ed è coinvolta in tutta quella parte di conoscenza implicita definita “sapere come” (knowing how) per riferirsi alla distinzione proposta da Gilbert Ryle.

Va sottolineato che la memoria procedurale non è solo coinvolta in azioni motorie, come ad esempio andare in bicicletta, ma anche in altre forme di ricordo, laddove via sia il recupero (implicito e spesso inconsapevole alla persona) di modalità di procedere, abitudini e schemi di comportamento, regole tacite e algoritmi procedurali – spesso automatizzati e precedentemente appresi. L’automatizzazione di un comportamento avviene in modo graduale attraverso la pratica ripetuta, ed è grazie alla memoria procedurale e all’automatizzazione di alcuni comportamenti che possiamo risparmiare risorse cognitive e impiegarle per altri compiti.

A livello neuropsicologico, le evidenze neuroscientifiche supportano l’ipotesi che la memoria dichiarativa e la memoria non dichiarativa facciano riferimento a sistemi neuronali anatomicamente differenti: strutture medio-temporali e diencefaliche per la prima, mentre gangli della base e cervelletto in riferimento alla seconda (Brandimonte, 2004).

Le memorie procedurali possono essere integrate con i sistemi di memoria dichiarativa, poiché la  stessa esperienza viene codificata potenzialmente in modi differenti e coinvolgere molteplici sistemi di memoria.

In termini di assesment, la distinzione tra memoria implicita e memoria esplicita avviene attraverso l’utilizzo di test impliciti ed espliciti (test del richiamo libero o guidato; test del riconoscimento) per verificare il ricordo che il soggetto possiede di un evento, di una frase o di una parola.
In altri termini, i test espliciti inducono il soggetto a ricordare consapevolmente un precedente apprendimento, mentre il test implicito è studiato per fare in modo che il soggetto rievochi quanto precedentemente appreso senza che lui stesso ne abbia intenzione.

La relazione tra memoria ed emozione

Per molti anni gli studiosi interessati alla neuropsicologia dei processi cognitivi hanno focalizzato la loro attenzione sulle basi neuronali di tali processi, soffermandosi soprattutto su percezione e memoria. Gli studi condotti sui processi di memoria hanno permesso di individuare le aree e le strutture responsabili dei processi mnestici e di osservare la stretta relazione tra memoria ed emozione

Memoria ed emozioni: il ruolo di ippocampo e amigdala

Da questi studi è emerso che le strutture maggiormente responsabili nei processi mnestici sono l’ippocampo e l’amigdala, due strutture sottocorticali nel lobo temporale, facenti parte del sistema limbico (Riechen, The Physiological Process of Memory, 1986). L’ippocampo sembra giocare un ruolo primario nella formazione della memoria a breve termine, ma non nel consolidamento della traccia mnestica (memoria a lungo termine). Esso raggrupperebbe informazioni processate da altre aree cerebrali sintetizzandole in un’unica configurazione di stimoli sensoriali esterni. L’amigdala, invece, consente il controllo dell’informazione sensoriale e l’attribuzione di un particolare significato affettivo e/o emotivo a tale informazione. È considerata anche la struttura grazie alla quale è possibile associare uno stimolo ad un premio (ricompensa) o ad una punizione (stimolo avversivo). L’ippocampo e l’amigdala sono strutture intercambiabili ma al mancare di entrambe si realizzano vere e proprie perdite di memoria.

Gli studi condotti sulle scimmie mostrano come la rimozione bilaterale dell’ippocampo e dell’amigdala provochi, nell’animale sottoposto al compito di riconoscimento di oggetti non familiari, prestazioni di poco superiori alla semplice scelta casuale. Altre strutture implicate nei processi di memoria sono l’ipotalamo (corpi mammillari), il talamo (con le sue afferenze e efferenze da e verso la neocorteccia) ed in parte i lobi frontali (soprattutto per i processi mnestici legati alle emozioni). Da un punto di vista neuronale, l’informazione esterna viene ricevuta da recettori sensoriali “periferici” per poi essere trasmessa alla stazione talamica specifica per ciascuna modalità sensoriale ed infine giungere alla corteccia primaria dove viene elaborata affinché si produca una risposta comportamentale coerente con la stimolazione ambientale…

(Continua su:Stato d’animo e memoria: come l’ emozione influenza il ricordo)

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