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Scrittura manuale o digitale: quale è meglio? – Psicologia Digitale

La scrittura manuale sembra aver lasciato il passo a quella digitale, più veloce e immediata. Ma qual è la differenza a livello cognitivo?

Di Chiara Cilardo

Pubblicato il 11 Ott. 2024

La scrittura nell’era digitale

PSICOLOGIA DIGITALE – (Nr. 60) Scrittura manuale o digitale: quale è meglio?

Uno degli effetti di un mondo sempre più digitalizzato è il cambiamento di molte nostre abitudini e pratiche. Per esempio, chi tra i più giovani sa usare una mappa cartacea? E chi tra i meno giovani, invece, sa usare Google Maps? Quando parliamo di “era digitale” intendiamo una trasformazione profonda non solo degli strumenti che utilizziamo ma dei processi mentali alla base di come interagiamo con l’ambiente. Un altro esempio riguarda la scrittura. Quanto, oggi, scriviamo a mano? Quanto invece lo digitiamo o ancora lo “tappiamo” sullo schermo?

Scrivere a mano o digitalmente è solo un modo diverso per ottenere lo stesso risultato (scrivere) oppure c’è qualcos’altro? Non è una domanda da poco. Anche se un semplice tap sullo schermo è più veloce e pratico, eseguire i movimenti fini e complessi della mano richiesti per scrivere porta notevoli benefici: migliora e affina molte abilità e competenze cognitive, dalla memoria alla codifica delle informazioni all’apprendimento; inoltre attiva diverse aree del cervello, rafforzando reti e connettività neurali in modo più complesso e articolato rispetto alla scrittura digitale (Van der Meer e Van der Weel, 2017; Richardson & Lacroix, 2024). In definitiva, si potrebbe pensare che scrivere a mano sia preferibile rispetto alla digitazione; ma è davvero così? 

La differenza tra scrittura digitale e scrittura manuale

Secondo le teorie della cognizione incarnata i processi cognitivi, come memoria e apprendimento, sono strettamente connessi alle esperienze fisiche e sensoriali. In altre parole, la mente e il corpo lavorano insieme: le azioni fisiche, come il movimento o l’interazione con l’ambiente, contribuiscono attivamente a come comprendiamo e processiamo le informazioni. Per quanto riguarda la scrittura, le ricerche in questo campo si sono focalizzate sul determinare se e quanto le strategie di codifica tradizionale producano effetti diversi rispetto ai metodi digitali (Richardson & Lacroix, 2024).

Secondo Mangen e colleghi (2015) effettivamente esistono differenze fisiologiche, cognitive ed ergonomiche che rendono la scrittura a mano e la digitazione processi distinti. In particolare, quello che rende la scrittura a mano più elaborata a livello cognitivo è che si tratta di un processo più complesso dal punto di vista motorio. Gli Autori lo definiscono un “processo cinestetico”: scrivere a mano implica non solo un’attività mentale ma anche fisica, poiché integra movimenti precisi con la percezione di tali movimenti. Quando si scrive a mano il cervello controlla i movimenti motori fini necessari per tracciare le lettere sulla pagina, tenendo conto di aspetti come la pressione della penna, l’orientamento spaziale delle lettere e la velocità del movimento. Proprio per queste differenze cognitive e sensomotorie tra le due modalità, l’esperienza sensoriale e percettiva nella registrazione e codifica delle informazioni varia significativamente a seconda che si scriva a mano o si digiti. E al di là dell’aspetto meramente fisico, c’è dell’altro.

Cosa succede nel cervello durante la scrittura manuale

C’è da considerare un altro elemento, ovvero il contesto: ambiente, stato emotivo, livello di attenzione. Tutti questi sono elementi, soprattutto in situazioni reali e non in setting di laboratorio, che incidono sulla memoria e sull’apprendimento (Dahlström & Boström, 2017).

Scrivere a mano è un atto generativo e creativo, un processo attivo che comporta la creazione di segni e simboli partendo da zero, dal foglio bianco. La concatenazione di processi mentali, dal richiamo della memoria alla formulazione di un pensiero fino al tradurlo in segni fisici, avviene diversamente dal digitale dove i tasti sono fissi, già “predefiniti” e impostati. Grazie a questa “caratteristica generativa” operazioni mentali come ricordo e riconoscimento di parole sono più facili quando sono scritte a mano piuttosto che visualizzate su uno schermo o digitate su una tastiera (Mangen et al. (2015).
Le azioni richieste per scrivere a mano stimolano più aree percettive, motorie e cognitive superiori e in maniera più vasta rispetto alla digitazione (Dahlström & Boström, 2017). Nel loro studio, Van der Weel e Van der Meer (2024) hanno esaminato la connettività elettrica del cervello tramite l’high-density EEG (elettroencefalogramma ad alta densità) durante la scrittura a mano e la digitazione. Le aree parietali e centrali in specifiche bande di frequenza, che sono associate a meccanismi di attenzione e processi cognitivi visivi e linguistici, mostrano connessioni con la corteccia sensomotoria più forti quando si scrive a mano.

Quindi è meglio scrivere a mano o digitalmente? Dipende.

Analogico vs digitale: l’importante è scrivere

Il processo stesso di apprendimento della scrittura è diverso: imparare a coordinare i movimenti e a riprodurre le forme delle lettere richiede più tempo, costanza e pratica; digitare è più semplice ed immediato perché richiede solo di individuare un tasto o un’icona e toccarlo; è meno frustrante e impegnativo (Richardson & Lacroix, 2024). Ma è proprio questo allenamento a riconoscere, comprendere, riprodurre le lettere e le parole a potenziare la memoria, e questo sia che si tratti di una penna o una matita tradizionale sia di una penna digitale: è proprio l’atto in sé a stimolare circuiti neurali più vasti e complessi (Van der Weel & Van der Meer, 2024).

Chiaramente, non si può pensare di isolarsi in una bolla analogica e bandire gli strumenti digitali. Quello che potrebbe essere utile è utilizzare un approccio misto e continuare ad insegnare sia la scrittura manuale che digitale o adottare nuove tecniche come lo sketchnoting, che consiste nell’utilizzare una combinazione di disegni, simboli, frecce e diversi stili di scrittura per sintetizzare e organizzare i concetti in modo creativo e visivamente dinamico e accattivante (Dahlström & Boström, 2017).

Il vero scopo è lavorare sul miglioramento delle competenze cognitive, rendere l’apprendimento efficace ma anche adeguato ai nostri tempi. Non dobbiamo fare una lotta tra vecchio e nuovo, tradizione e innovazione ma, come diceva il caro vecchio Piaget, navigare tra accomodamento e assimilazione: modificare schemi pre-esistenti per accogliere il nuovo e integrare il nuovo negli schemi pre-esistenti.

Che è ciò che facciamo quando utilizziamo ogni nuova tecnologia.

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