Lo studio di Pongan et al. (2017) ha valutato l’efficacia dell’intervento musicale sul dolore cronico in pazienti con Alzheimer allo stadio di disturbo cognitivo minore o di disturbo cognitivo maggiore lieve.
La malattia di Alzheimer colpisce principalmente gli adulti dai 65 anni in su. I pazienti con Alzheimer presentano spesso comorbidità multiple che possono indurre dolore cronico e, nella fase iniziale, il declino cognitivo è spesso accompagnato da disturbi dell’umore. I farmaci prescritti nella gestione del dolore cronico e dei disturbi dell’umore non sono privi di effetti collaterali: possono aumentare il rischio di confusione, di cadute, di declino cognitivo e possono indurre una dipendenza fisica e psicologica (Arnstein, 2010). Le terapie non farmacologiche possono essere un’interessante strategia di cura complementare per il dolore e i disturbi dell’umore in questi pazienti. Tra le terapie, l’intervento musicale è spesso adoperato sia in pazienti con Alzheimer e demenza sia in pazienti con dolore cronico. È stato dimostrato che le capacità di percepire la musica, le emozioni che ne derivano e di riconoscere brani familiari rimangono conservate anche nelle fasi avanzate dell’Alzheimer (Cuddy & Duffin, 2005). Di conseguenza, l’intervento musicale viene sovente utilizzato negli approcci terapeutici che mirano a migliorare il funzionamento cognitivo, così come l’umore, i disturbi comportamentali e la qualità della vita. Negli adulti anziani sani le attività musicali svolte regolarmente, come cantare o suonare strumenti, possono contribuire a un invecchiamento positivo aumentando il benessere emotivo e riducendo l’isolamento sociale (Hays & Minichiello, 2005).
Malattia di Alzheimer e interventi non farmacologici: uno studio
Lo studio di Pongan et al. (2017) ha valutato l’efficacia dell’intervento musicale sul dolore cronico in pazienti con Alzheimer allo stadio di disturbo cognitivo minore o di disturbo cognitivo maggiore lieve. Gli obiettivi comprendevano misurare l’efficacia dell’intervento musicale su ansia, depressione, qualità della vita, autostima e cognizione. Tra gli interventi è stato scelto quello basato sul canto: questa pratica, infatti, può promuovere l’aumento della produzione di endorfine, che giocano un ruolo significativo nell’inibire la percezione del dolore (Pomorska et al., 2014). Inoltre, il canto ha dimostrato benefici sulle funzioni cognitive in studi precedenti sull’Alzheimer, poiché richiede l’ausilio di processi come la memoria a breve termine, il controllo della pianificazione a lungo termine degli errori e impegna diverse aree della corteccia prefrontale (Simmons-Stern et al., 2010). Come intervento di controllo, è stato selezionato l’intervento di pittura di gruppo, in quanto è simile a quello musicale in diversi punti: entrambi sono piacevoli attività artistiche e di svago, possono essere eseguiti in un ambiente di gruppo e prevedono un progetto finale (concerto e mostra) alla fine delle sessioni.
Sono stati selezionati 54 soggetti ultra sessantenni con problemi cognitivi. I partecipanti sono successivamente stati divisi in due gruppi di 27 persone in base alle attività proposte: attività inerente al canto (SI) e attività inerente alla pittura (PI).
Per definire una baseline (T1), i pazienti sono stati sottoposti ad un’ampia valutazione che comprende: la diagnosi e la fase di Alzheimer, il livello di dolore cronico, i fattori demografici e lo stile di vita, le qualità artistiche e musicali, l’autostima e le qualità neuropsicologiche. I dati sono stati nuovamente raccolti dopo 12 (T2) e 16 settimane (T3). Per misurare il dolore cronico sono stati utilizzati tre test: la Numeric Rating Scale (NRS) (Turk et al., 1993), la Simple Visual Scale (SVS) (Nuevo, 2004) e la Brief Pain Inventory (BPI) (Cleeland & Ryan,1994).
Per misurare i livelli di ansia di stato e di tratto è stata utilizzata la State Trait Anxiety Inventory (STAI) (Spielberger et al., 1983).
Sono stati raccolti anche dati inerenti ai sintomi depressivi che possono esordire in relazione alla demenza, utilizzando la Geriatric Depression Scale (GDS) (Yesavage et al., 1982).
Per valutare la qualità di vita ed i livelli di autostima sono state utilizzate rispettivamente la EuroQol-5 dimensions (EQ-5D) (Rabin & Charro, 2001) e la Rosenberg Self-Esteem Scale (Rosenberg,1979).
Per valutare le funzioni neuropsicologiche è stata proposta una batteria di test composta da: Free and Cued Recall Test (FCRT) (Van der Linden et al., 2004) per valutare la memoria verbale episodica, Trail Making Test (TMT) (Reitan, 1979) per valutare la flessibilità mentale, Digit Symbol test and Digit Span (Wechsler,2008) per la memoria di lavoro, Stroop test (Stroop,1935) per valutare la velocità di immagazzinamento delle informazioni, Letter and Category Fluency tests (Godefroy et al., 2014) per valutare la scioltezza verbale e Frontal Assessment Battery (FAB) (Dubois et al., 2000) per valutare la presenza di sindrome disesecutiva.
Per quanto riguarda l’intervento di tipo musicale (SI), i partecipanti sono stati seguiti da un direttore di coro professionista e da uno psicologo. Come attività sono stati proposti esercizi per scaldare la voce e l’apprendimento ed esecuzione di quattro brani scelti fra le preferenze dei partecipanti.
Per quanto riguarda l’intervento di tipo artistico (PI), un insegnante di disegno ed uno psicologo hanno seguito i partecipanti in una serie di attività fra cui: visione di alcuni dipinti famosi, creazioni di quadri a seconda di temi accordati in gruppo ed esposizione delle opere realizzate.
Malattia di Alzheimer e interventi non farmacologici: i risultati
Dal sopra citato studio, è emerso che i pazienti assegnati ai gruppi di pittura e di canto hanno mostrato un miglioramento significativo nella sfera del dolore, dei disturbi dell’umore, della qualità della vita e dell’autostima. Nei pazienti affetti da Alzheimer con un disturbo neurocognitivo minore, maggiore o lieve si è registrato un miglioramento della cognizione e l’utilizzo della pittura, più del canto, ha avuto un impatto positivo sui sintomi ansiosi e depressivi.
I risultati ottenuti sono in linea con le precedenti ricerche che mostrano come sia possibile migliorare la qualità della vita e l’autostima utilizzando terapie non farmacologiche, facendo dunque leva sui sentimenti di coerenza o appartenenza che derivano dal sentirsi parte di un gruppo e sulla sensazione di sentirsi presi in carico. Dal confronto tra i test pre e post intervento si deduce un miglioramento dei processi di inibizione e un aumento della funzionalità della memoria di lavoro dopo le sessioni di musica e di pittura, ma non sembrano emergere cambiamenti significativi in merito alle prestazioni cognitive con pazienti affetti da Alzheimer in forma grave (Narme et al.,2012). I risultati del presente studio suggeriscono che gli interventi musicali dovrebbero essere più efficaci sulle funzioni cognitive quando si hanno pazienti con Alzheimer in fase iniziale. L’effetto specifico del canto sulla memoria episodica suggerisce come la memorizzazione dei testi insieme alla musica sono in grado di stimolare le reti neurali coinvolte nella memorizzazione verbale in modo maggiore rispetto agli interventi di pittura. In conclusione, i risultati mostrano come il canto e la pittura possono apportare dei miglioramenti che non sono previsti nel corso naturale dell’Alzheimer. È emerso, inoltre, come questi interventi siano facilmente accessibili e non richiedano che i pazienti abbiano delle particolari predisposizioni per trarne benefici.