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Ansia

L’ ansia è un’emozione caratterizzata da sensazioni di tensione, preoccupazione e cambiamenti fisiologici. Quando diventa eccessiva si manifestano i disturbi d'ansia

Aggiornato il 18 ott. 2023

Cos’è l’ansia? Definizione e caratteristiche

L’ ansia è un’emozione caratterizzata da sensazioni di tensione, minaccia, preoccupazione e cambiamenti a livello fisiologico; pur condividendo con la paura aspetti simili dal punto di vista fisiologico, si differenzia perché mentre la paura è una reazione emotiva ad un pericolo reale ed immediato, l’ ansia è una reazione emotiva ad una minaccia futura percepita.

L’American Psychiatric Association (1994) descrive l’ansia come l’anticipazione apprensiva di un pericolo o di un evento negativo futuro, accompagnata da sentimenti di disforia o da sintomi fisici di tensione. Gli elementi esposti al rischio possono appartenere sia al mondo interno che a quello esterno (APA, 1994; cit. in: Franceschina et al., 2004, p. 213) .

L’aspetto di ‘immediatezza’ tipico della paura è in contrasto con l’atto di ‘previsione’ che caratterizza l’ansia, infatti la paura ci permette di mobilitare tutte le nostre risorse per affrontare una minaccia o in alternativa fuggire da essa, l’ansia ci aiuta ad individuare minacce future e a premunirci contro di esse.

Entrambe rivestono un ruolo adattivo: quando una persona si trova in situazioni stressanti o minacciose, scatta automaticamente la risposta di attacco o fuga, una risposta fisiologica che fa parte del corredo biologico degli esseri umani da migliaia di anni e che prepara il corpo a difendersi mediante un intenso sforzo fisico. Terminato lo sforzo fisico, le reazioni fisiologiche scompaiono rapidamente, ma, quando lo sforzo fisico non ha luogo, i cambiamenti fisiologici possono perdurare a lungo ed essere molto disturbanti (Andrews, Creamer, Crino, 2004).

Quindi, sebbene un certo grado di ansia sia funzionale anche in attività che richiedono impegno, concentrazione, attenzione a non sbagliare e quindi, come ci insegna la legge di Yerkes e Dodson (1908), un giusto grado di ansia ci permette di essere più performanti, essa può travalicare dai suoi aspetti adattivi dando origine ai disturbi d’ansia (Andrews, Creamer, Crino, 2004).

Ansia sintomi

L’ansia comprende una costellazione di sintomi cognitivi, emotivi e comportamentali. Vediamoli nel dettaglio.

Ansia sintomi cognitivi

I sintomi cognitivi dell’ansia sono:

  • senso di vuoto mentale
  • sensazione crescente di allarme e pericolo
  • insorgenza di immagini, ricordi e/o pensieri negativi
  • adozione di comportamenti protettivi cognitivi
  • sensazione di essere osservati e/o di essere al centro dell’attenzione altrui.

Ansia sintomi comportamentali

Gli attacchi di ansia sono caratterizzati anche da sintomi comportamentali, tra i più frequenti troviamo l’evitamento, ovvero il tenersi lontani da tutte quelle situazioni che possono provocare ansia. Ciò ha un impatto negativo soprattutto quando l’evitamento riguarda situazioni utili all’individuo (ad es. prendere i mezzi pubblici, parlare in pubblico, sostenere un esame, ecc.). Alle volte, tali limitazioni vengono ovviate tramite il ricorso a un accompagnatore o ad altri tipi di comportamenti protettivi tipo assumere ansiolitici al bisogno. In alcuni casi la persona ansiosa può adottare comportamenti passivi e di sottomissione.

Ansia sintomi fisici

Più noti sono i sintomi fisici dell’ansia, tra cui:

  • tensione
  • tremori
  • sudorazione elevata
  • palpitazioni
  • aumento della frequenza cardiaca
  • vertigini
  • nausea
  • formicolii
  • derealizzazione e/o depersonalizzazione

Alcuni studiosi dividono i sintomi fisici dell’ansia in quattro cluster:

  • Sintomi cardiorespiratori: tachicardia, senso di oppressione al petto, sensazione di affogare, dispnea, ecc.
  • Sintomi gastrointestinali: nausea, vomito, mal di stomaco, tensione e/o dolori addominali, diarrea, ecc.
  • Sintomi vestibolari: sensazione di instabilità, vertigini, sensazione di svenimento, ecc.
  • Sintomi psicosensoriali: disorientamento, derealizzazione, depersonalizzazione, ecc.

Molte delle componenti legate agli attacchi di ansia possono essere comprese quando vengono lette come risposte ad una minaccia in termini evoluzionistici: il respiro si fa più frequente, aumentando la quantità di ossigeno disponibile per i muscoli; il ritmo cardiaco e la pressione del sangue aumentano, in modo da trasportare velocemente l’ossigeno e il nutrimento richiesti dai muscoli; il sangue è dirottato ai muscoli degli arti inferiori, meno sangue affluisce agli organi interni ed anche alla faccia e si può diventare ‘bianchi di paura’; i muscoli si tendono preparandosi a contrarsi velocemente; aumenta la capacità di coagulazione del sangue, cosicché nel caso di ferita si ridurrebbe la perdita di sangue; si comincia a sudare per contrastare il surriscaldamento dovuto all’attività fisica; la mente si concentra su un pensiero dominante: ‘sono davvero in pericolo e, se sì, come posso evitarlo?’; la digestione si ferma, la bocca diventa secca e produce meno saliva, il cibo si ferma nello stomaco e può dar luogo ad una sensazione di nausea o di ‘nodo allo stomaco’; viene liberato nel sangue dello zucchero, che serve a fornire energia; il sistema immunitario rallenta; il corpo per il momento concentra tutti i suoi sforzi nella fuga (Andrews, Creamer, Crino, 2004).

Vediamo nello specifico, alcuni dei sintomi fisici dell’ansia più frequenti.

I sintomi cardiorespiratori dell’ansia: tra palpitazioni, dolore toracico e mancanza di respiro

Le palpitazioni sono spesso il sintomo che allarma di più la persona ansiosa, non è un caso che la persona in preda agli attacchi di ansia si rivolga a volte al proprio medico o al pronto soccorso.

Le palpitazioni assumono anche il nome di cardiopalmo, e indicano la percezione consapevole dei propri battiti cardiaci, spesso avvertiti sul precordio (parte del torace anteriore allo sterno), alla gola o al collo. Le palpitazioni possono dare l’impressione di un’anomalia a carico del cuore; spesso, però, questa manifestazione è transitoria.

La sensazione di fiato corto o mancanza di respiro è molto frequente nei disturbi d’ansia ed è dovuta alla protratta e ripetuta respirazione toracica (pettorale). Il corpo infatti risponde allo stress aumentando la respirazione toracica a discapito di quella addominale. Ciò porta però all’affaticamento dei muscoli intercostali che, sforzandosi, hanno spasmi e causano dolori pettorali che portano alla sensazione di mancanza di respiro.

Tali sintomi cardiorespiratori possono manifestarsi nei periodi di ansia più intensa. Possono avere anche altre cause riconducibili a disturbi gastrointestinali ad esempio. Quando però tali sintomi vengono interpretati catastroficamente, la persona ansiosa può provarli con maggiore intensità e avere una crisi di panico.

I sintomi gastrointestinali dell’ansia: tra nausea e disturbi addominali

Il nostro stomaco si contrae e si rilassa in modo regolare e costante. Quando questo ritmo, per una serie di motivi, è alterato, si presenta la nausea. Le alterazioni sono dovute a diversi fattori tra cui l’ingestione di alcuni cibi o disturbi a carico di alcuni organi.

Alimentazione e digestione sono le prime funzioni corporee a bloccarsi in uno stato di allerta. Può però capitare che la persona ansiosa interpreti la nausea come un segnale di vomito imminente, portando così a un aumento dell’ansia e al panico.

I disturbi vestibolari dell’ansia: tra vertigini e sensazione di svenimento

Le vertigini si possono descrivere come sensazioni di movimento rotatorio, oscillatorio o di sbandamento sperimentate mentre, in realtà, si è fermi. A volte può sembrare che sia l’ambiente intorno a noi a muoversi e oscilllare.

Le vertigini si verificano nel momento in cui le informazioni provenienti dal sistema dell’equilibrio (sistema visivo, somatosensoriale e vestibolare) entrano in conflitto. Ciò può accadere spesso in situazioni stressogene. Tuttavia, prestare notevole attenzione a queste sensazioni di sbandamento (come di frequente accade nelle persone ansiose), può aumentare le vertigini stesse.

I sintomi psicosensoriali dell’ansia: tra derealizzazione o depersonalizzazione

Con il termine depersonalizzazione, nel DSM 5, si descrivono quelle esperienze di irrealtà, distacco, o sensazione di essere un osservatore esterno rispetto al proprio corpo o ai propri pensieri, sentimenti, sensazioni, azioni. Per derealizzazione invece, si intendono quelle esperienze di irrealtà o di distacco rispetto a un ambiente (ad esempio, persone o oggetti sono vissuti come irreali, onirici, senza vita o visivamente distorti).

Queste condizioni possono essere indotte da traumi psicologici, stanchezza, deprivazione di sonno, meditazione o l’uso di droghe o sostanze come l’alcol e le benzodiazepine.

Anche in questo caso, la derealizzazione e la depersonalizzazione possono aumentare quanto più ci si spaventa di starle vivendo: la paura porta a un aumento del respiro e dei livelli di ossigeno che, a loro volta, possono aumentare tali sensazioni di distacco dalla realtà.

La dimensione cognitiva dell’ansia e i pensieri ansiosi

La teoria cognitiva dei disturbi emozionali di Beck (1967, 1976) afferma che l’ansia è accompagnata a distorsioni del pensiero che si manifestano come un flusso di pensieri automatici negativi nell’esperienza cosciente del paziente, che corrispondono ad una preoccupazione relativa al concetto di pericolo e ad una sottovalutazione delle capacità individuali di farvi fronte (Beck, Emery e Greenberg, 1985).

Una volta attivata la valutazione di pericolo, si crea un circolo vizioso che rinforza gli attacchi di ansia. I sintomi dell’ansia possono a loro volta essere interpretati come segnali dell’effettiva esistenza di un pericolo e possono condizionare il comportamento dell’individuo, accrescendo il senso di vulnerabilità e rinforzano l’iniziale reazione ansiosa (Wells, 1999).

Una delle principali componenti dell’ansia è il rimuginio, una forma di pensiero ripetitivo di tipo verbale e astratto che, nel tempo, mantiene e aggrava l’ansia, tipico soprattutto dell’ansia generalizzata. I pensieri che lo costituiscono si focalizzano su contenuti catastrofici di eventi che potrebbero manifestarsi in futuro; rimuginare dà l’illusione di prevenire e controllare la situazione, ma allo stesso tempo questi pensieri sono vissuti come incontrollabili e intrusivi (Borkovec et al., 2004). Alla lunga, chi rimugina si percepisce debole, fragile, insicuro, spaventato e costantemente soggiogato dalla pericolosità del futuro, di conseguenza il rimuginio si cronicizza e diventa disfunzionale e maladattivo (Clark, & Beck, 2010).

Quando il disagio diventa clinicamente rilevante e si struttura il disturbo d’ansia

Stando alle indicazioni fornite nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM–5; American Psychiatric Association, 2013), i disturbi ansiosi differiscono dalla normale paura o ansia evolutive perché l’ansia risulta in questi casi eccessiva o persistente rispetto allo stadio di sviluppo.

Molti disturbi d’ansia si sviluppano in età infantile e tendono a persistere quando non curati. La maggior parte è più comunemente diffusa nella popolazione femminile, con un rapporto di 2:1 rispetto a quella maschile. E’ inoltre bene sottolineare che, secondo i criteri del DSM-5, ogni disturbo d’ansia è diagnosticato solo quando i sintomi non sono attribuibili agli effetti fisiologici di una sostanza/farmaco o a un’altra condizione medica, oppure non sono meglio spiegati da un altro disturbo mentale.

Riportiamo in un breve elenco i disturbi d’ansia categorizzati dal DSM-5:

  • Disturbo d’ansia di separazione
  • Mutismo selettivo
  • Fobia specifica
  • Disturbo d’ansia sociale (o fobia sociale)
  • Disturbo di Panico
  • Agorafobia
  • Disturbo d’ansia generalizzata

Disturbo d’Ansia Sociale

Il Disturbo d’Ansia Sociale si caratterizza per una paura o ansia marcate relative a una o più situazioni sociali nelle quali l’individuo è esposto al possibile esame degli altri. Gli esempi comprendono interazioni sociali (come avere una conversazione, incontrare persone sconosciute), essere osservati (ad esempio mentre si mangia o si beve) ed eseguire una prestazione di fronte ad altri (come fare un discorso) (APA, 2013).

Ciò che realmente teme l’individuo è la possibilità di agire in modo tale da manifestare i suoi sintomi d’ansia, che saranno valutati negativamente, perché imbarazzanti, umilianti, porteranno al rifiuto o risulteranno offensivi per altri. Come in molti disturbi d’ansia, le situazioni ansiogene sono evitate o sopportate con intenso disagio.

Disturbo di Panico

L’ansia si manifesta attraverso cambiamenti di tipo fisiologico che raggiungono la maggiore intensità negli attacchi di panico.

Gli attacchi di panico sono caratterizzati da un’improvvisa e intensa paura in assenza di un reale pericolo, accompagnata da sintomi somatici dovuti all’attivazione del sistema simpatico (tachicardia, sudorazione, tremori, dispnea, sensazione di asfissia, dolore al petto, nausea, vertigini/sensazione di svenimento, brividi, parestesie), e cognitivi (paura di impazzire, paura di perdere il controllo, paura di morire). Raggiungono rapidamente l’apice e sono di breve durata.

Il disturbo di panico consiste in ricorrenti attacchi di panico inaspettati, seguiti da almeno un mese di preoccupazione persistente per l’insorgere di altri attacchi di panico e/o alterazione disadattiva del comportamento correlata agli attacchi.

In associazione al disturbo di panico può essere presente agorafobia, la paura relativa all’utilizzo dei trasporti, al trovarsi in spazi aperti, al trovarsi in spazi chiusi, allo stare in fila o tra la folla oppure all’essere fuori casa da soli; la persona teme o evita queste situazioni oppure le tollera in presenza di un accompagnatore. La diagnosi di agorafobia rimane tuttavia indipendente da quella di disturbo di panico e può presentarsi anche senza di esso.

Psicoterapia dell’ansia

Il trattamento di elezione per i disturbi d’ansia è la psicoterapia cognitivo-comportamentale (CBT). La CBT interviene aiutando i pazienti a incrementare la loro capacità di tollerare, affrontare e accettare l’inevitabile incertezza della quotidianità (Dugas & Robichaud, 2007). L’intervento differisce in base al disturbo, ma è possibile individuare alcune componenti fondamentali: psicoeducazione, ristrutturazione cognitiva, esposizione, rilassamento. La psicoeducazione consiste nel fornire ai pazienti informazioni circa la natura dell’ansia, incrementando così la loro comprensione dell’emozione e dei suoi meccanismi. Le persone con disturbi d’ansia hanno spesso automaticamente pensieri catastrofici nelle situazioni scatenanti; durante il trattamento, i pensieri che precedono o accompagnano i sintomi ansiosi vengono resi consapevoli in modo che la persona possa imparare ad identificarli e a modificarli attraverso la ristrutturazione cognitiva. Infine l’esposizione consiste nell’esporre il soggetto alla situazione temuta e a prevenire l’eventuale risposta di evitamento, mentre gli esercizi di rilassamento permettono di ridurre l’attivazione ed i più utilizzati sono la respirazione profonda e il rilassamento muscolare progressivo (Stein & Sareen, 2011).

In tempi recenti ha acquisito prove di evidenza scientifica anche la terapia metacognitiva (MCT), che si focalizza sui fattori che contribuiscono allo sviluppo e al mantenimento del disturbo. Tra questi le credenze positive e negative sul rimuginio. La MCT si basa sul presupposto che la metacognizione sia di fondamentale importanza riguardo a ciò che crediamo e pensiamo e sia alla base della nostra esperienza cosciente e della sua tonalità emotiva. Pur rientrando all’interno delle terapie cognitive, la MCT si differenzia rispetto alla CBT standard perché attribuisce le cause dei disturbi ad un particolare stile cognitivo, definito CAS (Sindrome Cognitivo-Attentiva), contraddistinto da un eccessivo indugiare su pensieri di tipo verbale sotto forma di rimuginio e/o ruminazione, che si accompagna ad un bias attentivo tale per cui il paziente focalizza l’attenzione sulla minaccia. L’approccio tradizionale afferma come i disturbi psicologici siano determinati dall’interpretazione degli eventi e il paziente necessiti di modificare il contenuto del proprio pensiero. Secondo la MCT invece la difficoltà dei pazienti riguarda il modo di pensare, ricorrente e inflessibile, che si presenta in risposta alla comparsa di pensieri, emozioni, sensazioni e credenze negative; sposta pertanto il focus dal contenuto al processo: l’obiettivo diventa modificare il modo in cui una persona reagisce ad un pensiero, più che il pensiero in sé (Wells, 1999).

Terapia farmacologia dell’ansia

La terapia farmacologica rappresenta una buona opzione per molti pazienti con disturbi d’ansia. Le classi di farmaci con la migliore evidenza scientifica di efficacia sono gli antidepressivi e le benzodiazepine. Gli antidepressivi comprendono gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI), gli inibitori della ricaptazione di serotonina-noradrenalina (SNRI), gli antidepressivi triciclici (TCA) e gli inibitori delle monoamino-ossidasi (MAOI). Gli SSRI sono considerati farmaci di prima linea per i disturbi d’ansia, grazie ai loro livelli complessivi di efficacia, sicurezza d’uso e tollerabilità, ma possono essere presi in considerazione anche gli SNRI. Le benzodiazepine hanno un ampio spettro di efficacia nell’ambito dei disturbi d’ansia, ma possono comportare la tendenza all’abuso; possono però essere prescritte ‘al bisogno’ in particolare per il trattamento dell’ansia prevedibile e limitata a situazioni particolari (Stein & Sareen, 2011).

Ansia nei bambini

I disturbi d’ansia sono tra i disturbi psicologici infantili più diffusi (McLoone, Hudson & Rapee, 2006). L’ansia infatti è uno stato emotivo che non è presente soltanto nell’adulto, ma interessa largamente anche i bambini e gli adolescenti (Spagni, 2018).

Uno dei principali protocolli di trattamento dei disturbi d’ansia nei bambini è il Cool Kids. Si tratta di un trattamento cognitivo-comportamentale adatto specificamente per bambini e adolescenti dai 7 ai 16 anni. Vari sono i suoi punti di forza: il primo è il coinvolgimento «obbligatorio» dei genitori, in quanto studi appositi (Dadds et al., 1992) hanno verificato che detto coinvolgimento accresce l’efficacia dei trattamenti cognitivo-comportamentali con bambini. Altro elemento distintivo è la traduzione dei concetti di psicoterapia dell’adulto in formati adatti ai giovanissimi. I concetti della ristrutturazione cognitiva per combattere i pensieri ansiosi, dell’esposizione alle situazioni temute, della gestione delle prepotenze subite e dell’assertività sono insegnati sia ai bambini che agli adulti, in modo che tutta la famiglia possa cooperare agli stessi obiettivi con i medesimi strumenti. A fine trattamento i bambini dovrebbero essere in grado di gestire meglio la loro ansia e affrontare situazioni in precedenza temute con poco o nessun evitamento, indipendentemente dai genitori o dal terapeuta (Spagni, 2018).

Bilbiografia

  • American Psychiatric Association (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders (5th ed.). Washington, DC: Author.
  • Andrews G., Creamer M., Crino R., a cura di Morosini P., Leveni D., Piacentini D. (2004). Disturbo di panico e agorafobia. Manuale per chi soffre del disturbo. Centro Scientifico Editore.
  • Beck, A. T. (1967). Depression: Causes and Tratment. Philadelphia, PA: University of Pennsylvania Press.
  • Beck, A. T. (1976). Cognitive Therapy and Emotional Disorders. New York: International Universities Press.
  • Braconnier A. (2003) Piccoli o grandi ansiosi? Come trasformare l’ansia in una forza, Raffaello Cortina Editore, Milano.
  • Di Paolo, S. (2016). Gestione dell’ansia: piccolo vademecum. State of Mind.
  • Dugas, M. J., & Robichaud, M. (2007).Cognitive-behavioral treatment for generalized anxiety disorder: From science to practice. New York/London: Routledge.
  • McLoone, J., Hundson, J.L., Rapee R.M. (2006). Treating Anxiety Disorders in a School Setting. Education and Treatment of Children Vol.29, No. 2.
  • Roth e Fonagy (2005). What works for whom. Guilford Press.
  • Sareen, J., Jacobi, F., Cox, B. J., Belik, S. L., Clara, I. & Stein, M. B. (2006). Disability and poor quality of life associated with comorbid anxiety disorders and physical conditions. Archives of Internal Medicine, 166(19), 2109-2116.
  • Spagni, V. (2018). Cool Kids: il programma che insegna ai bambini come gestire l’ansia. State of Mind.
  • Stein, M. B., Sareen, J. (2011). Disturbi d’ansia. Available here.
  • Yerkes RM, Dodson JD (1908). “The relation of strength of stimulus to rapidity of habit-formation”. Journal of Comparative Neurology and Psychology 18: 459–482. doi:10.1002/cne.920180503.
  • Wells, A. (1999). Trattamento cognitivo dei disturbi d’ansia. McGraw-Hill

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