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È timidezza o disturbo d’ansia sociale?

Il disturbo d'ansia sociale e la timidezza sono concetti spesso usati come sinonimi, ma cosa hanno in comune e quali sono invece le differenze?

Di Anna Boccaccio

Pubblicato il 26 Set. 2024

Che cos’è la timidezza?

Secondo l’American Psychological Association, la timidezza è la tendenza a sentirsi a disagio, preoccupati o tesi durante le situazioni sociali, in particolare con persone non familiari. La timidezza può avere le seguenti manifestazioni:

  • a livello fisico, sintomi come arrossire (blushing), iper sudorazione, tachicardia, nausea o mal di stomaco
  • a livello cognitivo, bassa autostima, pensieri negativi e autosvalutanti su se stessi
  • a livello emotivo, preoccupazione per come gli altri ci vedono
  • a livello comportamentale, scarso contatto visivo e tendenza al ritiro dalle interazioni sociali

Un’esperienza soggettiva di disagio nelle situazioni sociali è del tutto fisiologica, infatti la timidezza non è considerata un disturbo. Ad esempio, le farfalle nello stomaco sono una reazione naturale se siamo al nostro primo appuntamento o a una festa con sconosciuti. La timidezza, tuttavia, può non essere una risposta occasionale, diventando così marcata da impedire a chi la sperimenta di interagire con gli altri anche quando lo desidera o ne ha bisogno, interferendo nelle relazioni, negli studi e nel lavoro. In tal caso, può profilarsi un disturbo d’ansia sociale.

Che cos’è il disturbo d’ansia sociale?

Il disturbo d’ansia sociale o fobia sociale è una condizione patologica di ansia intensa associata a quelle situazioni sociali in cui la persona è esposta al giudizio degli altri, come svolgere una conversazione con qualcuno, mangiare o bere davanti agli altri, compiere una prestazione di fronte ad altri (ad esempio, suonare uno strumento o recitare una poesia) e incontrare sconosciuti (APA, 2013). 

È possibile diagnosticare un disturbo d’ansia sociale se la persona manifesta i seguenti sintomi: 

  • timore di agire male o di manifestare l’ansia davanti agli altri, ricevendo un giudizio negativo o un rifiuto;
  • le situazioni sociali provocano quasi sempre paura e ansia intense; l’ansia può essere anticipatoria e precorrere di settimane una situazione sociale futura;
  • i bambini possono reagire con scoppi di pianto o d’ira, immobilizzandosi, aggrappandosi o non riuscendo a parlare nel corso delle interazioni sociali;
  • le situazioni sociali vengono evitate o sopportate con paura e ansia sproporzionate rispetto al reale rischio di essere valutati negativamente o alle conseguenze di una simile valutazione negativa;
  • l’ansia deve essere persistente, con una durata di almeno 6 mesi e avere un impatto negativo significativo su aree importanti della vita come lavoro, scuola e relazioni.

Cosa accomuna timidezza e disturbo d’ansia sociale?

Sentirsi nervosi, o addirittura stressati in situazioni sociali inusuali, o quando si interagisce con nuove persone può rivelarsi un’esperienza comune e diffusa. Tuttavia, ognuno di noi è unico nel suo modo di sentirsi a proprio agio – o a disagio – nei rapporti con gli altri.

Persone timide o socialmente ansiose possono considerare le situazioni sociali eccessivamente fastidiose, stressanti, persino minacciose, sperimentando il desiderio di evitarle.

La loro reazione potrebbe essere la “fuga”, ovvero il ritiro da quella circostanza o l’evitamento della stessa, o il “congelamento”, immobilizzarsi o sentirsi distaccati dal proprio corpo. Per le persone timide o socialmente ansiose, vivere determinate situazioni sociali o anche solo anticiparle può produrre sintomi fisici di stress come sudorazione, blushing, tremore, incremento della frequenza cardiaca e respiratoria.

Gli adolescenti fortemente timidi “reagiscono” a livello neurale allo stesso modo dei loro coetanei con fobia sociale, mostrando un’iper-attivazione cerebrale in situazioni in cui vengono socialmente esclusi o in eventi che segnalano una potenziale esclusione, ad esempio quando colgono feedback sociali ambigui o negativi (Tang et al., 2021).

Cosa differenzia la timidezza dal disturbo d’ansia sociale?

Lo ribadiamo: l’ansia sociale è un disturbo mentale che rientra tra i disturbi d’ansia, con criteri diagnostici ben definiti e condivisi dalla comunità scientifica internazionale. 

Molti adulti con disturbo d’ansia sociale riferiscono di essersi sentiti timidi quando erano bambini (APA, 2013), ma non tutti i bambini timidi diventano adulti socialmente ansiosi. Inoltre, essere timidi non implica soddisfare i criteri per una diagnosi di disturbo d’ansia sociale. La fobia sociale può esordire in seguito a un’esperienza particolarmente stressante o umiliante (come essere vittima di bullismo a scuola, o balbettare durante un discorso in pubblico) oppure in modo lento e insidioso.

L’ansia spesso conduce le persone a schivare le situazioni ritenute a rischio. Qualora l’evitamento non fosse possibile, possono adottare comportamenti di protezione, come ad esempio controllare il cellulare, schermarsi dietro occhiali da sole o preparare a casa una lista di argomenti per conversare.

Le conseguenze dell’ansia sociale possono investire molti ambiti della vita di un individuo: scarsa autostima, rottura di rapporti romantici o di amicizia, difficoltà nel lasciare la casa dei genitori, nel perseguire i propri obiettivi lavorativi e interruzione degli studi. 

Timidezza e ansia sociale: perché è importante fare una distinzione

Il disturbo d’ansia sociale è una patologia che persiste per coloro che non ricevono supporto o trattamento adeguato, conducendo a difficoltà nell’istruzione, nel lavoro, nonché nello sviluppo di relazioni significative (Stein et al., 2017; Aderka et al., 2012).

Ricevere una diagnosi di disturbo d’ansia sociale può rappresentare un sollievo e una risposta per quanti sperimentano un disagio marcato e costante, decisamente più intenso della timidezza. Se la timidezza, infatti, si presenta come situazionale, divampando in alcune circostanze per poi normalizzarsi, consentendo a chi la prova di sentirsi progressivamente a proprio agio, l’ansia sociale persiste prima, durante e dopo l’evento attivante. 

La timidezza, inoltre, non richiede un trattamento. Al contrario, le linee guida per la pratica clinica (NICE, 2013) raccomandano la psicoterapia cognitivo comportamentale come trattamento d’elezione per il disturbo d’ansia sociale

Convivere con l’ansia sociale o con la timidezza può sembrare frustrante e scoraggiante, eppure si tratta di una condizione comune a molte persone adulte e in età evolutiva. Ottenere supporto da parte di un esperto e cercare il trattamento giusto può aiutarci ad aumentare la fiducia nelle nostre risorse e fare la differenza nel modo in cui vediamo noi stessi nei rapporti umani.

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Anna Boccaccio
Anna Boccaccio

Redattrice di State of Mind

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