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Sindrome di Down e malattia di Alzheimer: destini incrociati

Gli individui con sindrome di Down sembrano costituire una popolazione ad alto rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer, scopriamo come e perchè

Di Pina Laffusa

Pubblicato il 05 Apr. 2023

Aggiornato il 07 Apr. 2023 12:57

Stime recenti indicano un rischio di demenza nel corso della vita superiore al 90% nelle persone con sindrome di Down e identificano la demenza di Alzheimer come la principale causa di morte in questa popolazione.

L’invecchiamento nelle persone con sindrome di Down

 La sindrome di Down e la malattia di Alzheimer sono due condizioni che per quanto possano apparire diverse e disconnesse condividono, invece, un destino incrociato.

Un destino che può essere definito infelice o crudele, a cui è difficile rassegnarsi, non solo per l’individuo che lo sperimenta sulla sua pelle, ma anche per la famiglia che viene inevitabilmente coinvolta in questo percorso.

Infatti, sebbene la malattia di Alzheimer si sviluppi, generalmente, dopo i 65 anni di età, diversi studi condotti dall’Università del Connecticut, hanno dimostrato come nei pazienti affetti da sindrome di Down questa patologia insorge precocemente, anche prima dei 30 anni d’età.

L’invecchiamento dei pazienti con sindrome di Down è di recente interesse: oggi, rispetto al passato, circa l’80% degli individui con Sindrome di Down supera l’età di 30 anni ed una percentuale pari al 25% di essi raggiunge l’età di 50 anni.

Questo aumento della longevità ha dato origine ad una popolazione di persone anziane con sindrome di Down mai visto in precedenza.

La longevità di questi pazienti, sebbene sia un traguardo, che pone in risalto i numerosi progressi compiuti in ambito medico e sanitario, d’altra parte porta con sé un’inesorabile realtà: una buona percentuale di soggetti che presentano sindrome di Down presenta segni clinici di demenza in età adulta.

L’invecchiamento, quindi, che si configura come una fase già delicata di per sé, si configura maggiormente delicata per questi soggetti.

Stime recenti indicano un rischio di demenza nel corso della vita superiore al 90% nelle persone con sindrome di Down e identificano la demenza di Alzheimer come la principale causa di morte in questa popolazione.

Diverse ricerche hanno evidenziato come le modificazioni neuropatologiche che avvengono nel sistema nervoso di adulti con Sindrome di Down siano simili a quelli osservati nella malattia di Alzheimer, ponendo in luce lo studio comparativo della malattia di Alzheimer e della sindrome di Down ed evidenziandone una duplice importanza: da una parte risulta necessario identificare metodi diagnostici affidabili e sviluppare servizi adeguati per questa popolazione; e, d’altra parte, una comprensione di questa associazione può dare un’ulteriore spiegazione sulle cause della malattia di Alzheimer.

L’accumulo di beta-amiloide nella malattia di Alzheimer e nella sindrome di Down

La letteratura scientifica ha evidenziato che l’accumulo extracellulare di beta-amiloide, che si configura come il principale elemento costitutivo dei filamenti che compongono le placche senili, nel cervello dei soggetti con sindrome di Down inizia nell’infanzia a partire dagli 8 anni, e aumenta esponenzialmente con il crescere dell’età, presentando degenerazione neurale e un deterioramento cognitivo rapido, aspetti caratteristici della malattia di Alzheimer.

Il peptide beta-amiloide deriva dalla frammentazione di una proteina precursore ovvero l’Amyloid Precursor Protein (APP) e, secondo quanto riportato dall’Alzheimer Association, i geni contenuti all’interno del cromosoma 21 risultano essere più di 400; tra questi ritroviamo anche il gene che codifica la produzione di APP, che se eccessivamente presente nella corteccia cerebrale viene considerata una delle principali cause dell’insorgere dell’Alzheimer.

Gli individui con sindrome di Down costituiscono pertanto una popolazione ad altissimo rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer a causa della trisomia del cromosoma 21, che ospita il gene APP e che si configura come causa di molte malattie neurodegenerative, in particolare come causa della malattia di Alzheimer.

La presenza di tre copie del gene APP ha come conseguenze un’eccessiva produzione e deposito nel cervello della proteina amiloide.

I cambiamenti neuropatologici correlati alla triplicazione della proteina precursore dell’amiloide (APP) contribuiscono principalmente ai primi segni clinici della malattia di Alzheimer in individui con sindrome di Down.

Il gene APOE nella malattia di Alzheimer e nella sindrome di Down

Un’ulteriore relazione riscontrabile nello sviluppo della malattia di Alzheimer nei pazienti con sindrome di Down è caratterizzata dal gene APOE.

L’apolipoproteina E (ApoE) è uno dei geni principali candidati nello sviluppo della malattia di Alzheimer.

L’ApoE esiste in tre forme alleliche denominate APOEɛ2, APOEɛ3 (la più frequente) ed APOEɛ4, che differiscono tra loro solo per pochi amminoacidi che sono, tuttavia, responsabili di un cambiamento sia a livello della struttura che della funzione dell’apolipoproteina, con conseguenze psicologiche.

 L’allele APOEɛ4, a conferma di numerosi studi, sembra favorire maggiormente, rispetto alle altre forme, la precipitazione e l’aggregazione della beta-amiloide, rivestendo un ruolo attivo nella genesi delle alterazioni neuropatologiche della malattia di Alzheimer, ed è frequentemente associato ai sintomi dell’Alzheimer, mentre la forma APOEɛ 2 sembra conferire protezione nei confronti dell’insorgenza del processo dementigeno.

A conferma del ruolo fondamentale dell’allele APOEɛ4 nello sviluppo della malattia di Alzheimer uno studio condotto dall’Università di Cambridge tramite tecniche di neuroimaging su 464 adulti con sindrome di Down, di cui 97 erano portatori dell’allele APOE ɛ4 e 367 non portatori, ha evidenziato che i portatori dell’allele APOEɛ4 presentavano sintomi della malattia di Alzheimer in misura nettamente maggiore rispetto ai non portatori dell’allele.

Inoltre, alla luce dei numerosi studi non è stato confermato che tutti gli individui portatori dell’allele ε4 sviluppino questa malattia e non tutti coloro che sviluppano l’Alzheimer sono portatori dell’allele e pertanto è importante sottolineare che, nonostante la presenza dell’allele ε4 sia un importante predittore dello sviluppo della malattia di Alzheimer, la sola presenza non può fare diagnosi in quanto potrebbe essere presente anche in una piccola percentuale di persone sane.

I grovigli di proteina tau nella malattia di Alzheimer e nella sindrome di Down

Inoltre, la malattia di Alzheimer risulta correlata anche a grovigli neurofibrillari (NFT) costituiti da proteina tau iperfosforilata nella forma di filamenti elicoidali appaiati.

Le conseguenze intracellulari della presenza di grovigli neurofibrillari sono la disintegrazione dei microtubuli e la disfunzione della comunicazione neuronale, per il collasso del sistema di trasporto, che alla fine provoca anche l’attivazione della morte cellulare.

Nei pazienti con sindrome di Down la presenza di grovigli neurofibrillari è fortemente predittiva dello sviluppo della malattia di Alzheimer, sebbene la loro comparsa sia più tardiva rispetto alla presenza di placche amiloidi.

Alterazioni del volume cerebrale nella malattia di Alzheimer e nella sindrome di Down

Ulteriori ricerche hanno evidenziato il ruolo decisivo dell’ippocampo e del corpo calloso in persone con sindrome di Down che convivono con la malattia di Alzheimer.

Questi subiscono cambiamenti patologici precoci manifestando volumi ridotti nelle aree cerebrali colpite dalla malattia di Alzheimer specialmente nell’ippocampo e nel corpo calloso, in associazione con un importante declino cognitivo.

Da questi studi è emerso che le persone con sindrome di Down che presentano anche la malattia di Alzheimer hanno volumi significativamente ridotti in regioni del cervello quali l’ippocampo e ì altre strutture del lobo temporale, le stesse che sono coinvolte anche nei cervelli di persone che presentano l’Alzheimer ma non la sindrome di Down.

Queste riduzioni di volume hanno un’associazione con il declino cognitivo in entrambi i gruppi. Le riduzioni del volume dell’ippocampo e del lobo temporale sono tipiche della malattia di Alzheimer e di persone con sindrome di Down che convivono con demenza.

Gli esami istopatologici mostrano che la struttura dell’ippocampo è una delle prime e più gravemente colpite dalla malattia di Alzheimer.

Nonostante queste somiglianze, sono state riportate differenze sia nella natura che nella manifestazione della patologia di Alzheimer nei soggetti con sindrome di Down rispetto alla popolazione generale.

È stato riscontrato ad esempio che la densità di placche senili nella corteccia temporale delle persone con sindrome di Down era inferiore a quella riscontrata nei pazienti con Alzheimer nella popolazione generale.

Se infatti nella popolazione generale il primo sintomo della malattia di Alzheimer è costituito dalla comparsa di disturbi della memoria, nei pazienti con sindrome di Down che presentano diagnosi di Alzheimer i primi sintomi ad emergere sono quelli a carico delle funzioni mediate dalle aree frontali quali: indifferenza, apatia, irritabilità, modificazioni della personalità e ridotta interazione sociale.

I sintomi comportamentali e psicologici possono essere osservati molto prima rispetto alla diagnosi clinica di demenza e una loro identificazione accurata può fungere da indicatore precoce dei soggetti a rischio, fornendo, dunque, nuove possibilità di trattamento al fine di migliorare la qualità di vita, oltre che offrire un nuovo modo non invasivo per monitorare la progressione verso l’Alzheimer in soggetti con sindrome di Down.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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