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Anosognosia e metacognizione: l’adozione di un nuovo punto di vista sulla malattia di Alzheimer

L’anosognosia, cioè la mancata consapevolezza di malattia, e la metacognizione, cioè il monitoraggio e la regolazione dei processi cognitivi, sono correlate

Di Tatiana Pasino

Pubblicato il 22 Mar. 2022

Aggiornato il 25 Mar. 2022 12:48

L’anosognosia può essere vista come un deficit della conoscenza metacognitiva e dei processi di monitoraggio riguardo alla consapevolezza della propria condizione, con una carenza di riconoscimento a proposito della severità della propria sintomatologia.

 

Nel 2015, l’Alzheimer Disease International evidenziò come 4.8 milioni di persone soffrono di demenza e come tale numero sarà raddoppiato entro il 2030 (Wimo et al., 2006, come citato in Bertrand et al., 2016). Il DSM 5 (APA, 2013, pp. 709-710) riporta il disturbo neurocognitivo maggiore dovuto a malattia di Alzheimer se è presente un’evidenza di una mutazione genetica causativa di tale malattia, dove vi è un chiaro declino della memoria, dell’apprendimento e almeno di un altro dominio cognitivo, costantemente progressivo e graduale nella cognizione, senza plateau estesi, e senza la presenza di altre malattie neurodegenerative e cerebrovascolari che contribuiscono a tale declino. Si parla di un disturbo neurocognitivo lieve invece quando una probabile malattia di Alzheimer viene diagnosticata se vi è o meno una mutazione genetica causativa di tale malattia, e sono richiesti i criteri sopra elencati. La nomenclatura esistente riporta come la durata media di sopravvivenza post diagnosi è di circa 10 anni, mentre le persone che convivono con tale disturbo per 20 anni si ritrovano costrette a letto nella maggior parte dei casi (APA, 2013).

Che cos’è l’anosognosia

L’anosognosia, letteralmente ‘mancanza di conoscenza sulla malattia’, è una caratteristica comune della demenza (Morris & Hannesdottir, 2004, come citati in Bertrand et al., 2016; Mograbi et al., 2012). Un aspetto importante è che l’anosognosia e la metacognizione, riferita al monitoraggio e alla regolazione dei processi cognitivi, sono dei concetti correlati: basandosi sulle teorie metacognitive, l’anosognosia può essere vista come un deficit della conoscenza metacognitiva e dei processi di monitoraggio riguardo alla consapevolezza della propria condizione, con una carenza di riconoscimento a proposito della severità della propria sintomatologia (Babinski, 1914).

Bertrand e colleghi (2016) hanno condotto una revisione della letteratura e hanno visto come diversi studi esplorassero la relazione tra l’inconsapevolezza della malattia e la capacità di pensare al proprio pensiero, osservando l’impatto dell’auto-osservazione e del miglioramento della propria consapevolezza adottando un punto di vista in terza persona: il Cognitive Awareness Model (CAM; Agnew & Morris, 1998, Morris & Hannesdottir, 2004, 2007; Morris & Mograbi, 2013, come citati in Bertrand et al., 2016) permette alla persona di vedersi con un video, suggerendo così l’esistenza di sistemi di memoria distinti per le informazioni su di sé e sugli altri (Bertrand et al., 2016). Besharati e colleghi (2015) hanno suggerito come l’auto-osservazione attraverso una prospettiva in terza persona influenzi positivamente le abilità metacognitive. Gli esperimenti svolti su pazienti affetti da Alzheimer hanno suggerito come i pazienti sono generalmente accurati nel predire le prestazioni dei loro caregiver quando fanno affidamento su una conoscenza obsoleta delle capacità cognitive dei loro parenti, mentre riscontrano difficoltà a predire le loro.

La spiegazione teorica di Morris e Mograbi (2013) ipotizza come i comportamenti manifestati, o evidenti, riflettano l’esistenza di diverse reti incluse nella valutazione di sé o degli altri. Nello specifico i due autori hanno proposto un modello di immagazzinamento mnestico composto da una banca dati personale, contenente rappresentazioni semantiche su di sé, e un sistema di memoria concettuale autobiografico, che contiene informazioni e conoscenze di esperienze di vita e auto-valutazioni sviluppate nel corso dell’apprendimento. Tale sistema mnestico è scisso dal sistema mnestico generico, contenente altri elementi che permettono una valutazione degli altri basandosi su una conoscenza semantica generale.

Correlati neurali dell’anosognosia

A livello neuroscientifico, Ruby e Decety (2001, 2003, 2004) hanno esplorato i correlati neuroanatomici dell’assunzione di prospettiva sui domini motori, emotivi e concettuali. La distinzione tra sé e gli altri è evidente, per tutti e tre i domini, nella corteccia somatosensoriale e parietale inferiore. A favore di tali evidenze, alcune di queste aree cerebrali, come la corteccia orbitofrontale e la giunzione temporoparietale, sono correlate positivamente all’anosognosia nella malattia di Alzheimer (Bertrand et al., 2016). La Default Mode Network (DMN), rete che si attiva quando i soggetti non sono impegnati in un compito specifico, sembra inoltre essere influenzata dal processo neurodegenerativo dell’Alzheimer: Bond e colleghi (2016) hanno osservato come la compromissione della DMN possa spiegare le differenze nelle capacità metacognitive in base alla prospettiva di come le informazioni vengono presentate ad un soggetto.

Implicazioni dell’anosognosia

Le implicazioni a livello clinico potrebbero includere l’adozione di una terapia basata su un punto di vista in terza persona, integrazione utile per malattie neurodegenerative e psicotiche che implicano spesso istituzionalizzazioni precoci e difficoltà nell’aderenza al trattamento (Starkstein et al., 2007, Arlt et al., 2008, Bertrand et al., 2013, Horning et al., 2014, come citati in Bertrand et al., 2016).

Future ricerche potrebbero confermare l’ipotesi secondo cui un miglioramento nella consapevolezza del paziente, attraverso l’utilizzo di un punto di vista in terza persona, può ridurre l’impatto negativo dell’anosognosia (Bertrand et al., 2016).

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • American Psychiatric Association. (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders (5th ed.). Arlington, VA: American Psychiatric Publishing. Ed. ita. (2014). Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Milano: Raffaello Cortina.
  • Babinski, J. (1914). Contribution à l’étude des troubles mentaux dans l’hémiplégie organique cérébrale (anosognosie). Revue Neurologique, 27, 845–848.
  • Besharati, S., Kopelman, M., Avesani, R., Moro, V., and Fotopoulou, A. K. (2015). Another perspective on anosognosia: Self-observation in video replay improves motor awareness. Neuropsychological Rehabilitation, 25, 319–352. doi: 10.1080/09602011.2014.923319
  • Bertrand, E., Landeira-Fernandez, J., & Mograbi, D.C. (2016). Metacognition and Perspective-Taking in Alzheimer’s disease: A mini review. Frontiers in Psychology, 11.
  • Bond, R.L., Downey, L.E., Weston, P.S.J., Slattery, C.F., Clark, C.N., Macpherson, K., et al. (2016). Processing of self-versus non-self in Alzheimer’s Disease. Frontiers in Human Neuroscience, 10, 97. doi: 10.3389/fnhum.2016.00097
  • Mograbi, D.C., Ferri, C.P., Sosa, A.L., Stewart, R., Laks, J., Brown, R., et al. (2012). Unawareness of memory impairment in dementia: A population-based study. International Psychogeriatrics, 24, 931–939. doi: 10.1017/S1041610211002730.
  • Morris, R. G., & Mograbi, D. C. (2013). Anosognosia, autobiographical memory and self-knowledge in Alzheimer’s disease. Cortex, 49, 1553–1565. doi: 10.1016/j.cortex.2012.09.006
  • Ruby, P., & Decety, J. (2001). Effect of subjective perspective taking during simulation of action: A PET investigation of agency. Nature and Neuroscience, 4, 546–550. doi: 10.1038/87510.
  • Ruby, P., & Decety, J. (2003). What you believe versus what you think they believe: A neuroimaging study of conceptual perspective-taking. European Journal of Neuroscience, 17, 2475–2480. doi: 10.1046/j.1460-9568.2003.02673.x
  • Ruby, P., & Decety, J. (2004). How would you feel versus how do you think she would feel? A neuroimaging study of perspective-taking with social emotions. Journal of Cognitive Neuroscience, 16, 988–999. doi: 10.1162/0898929041502661
  • Wimo, A., Jonsson, L., & Winblad, B. (2006). An estimate of the worldwide prevalence and direct costs of dementia in 2003. Dementia Geriatric Cognitive Disorder, 21, 175-181.
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