L’effetto Stroop
L’effetto Stroop trae il nome dallo psicologo statunitense John Ridley Stroop, che nel 1935 elaborò i risultati dei suoi esperimenti e li pubblicò all’interno dell’articolo “Studies of interference in serial verbal reactions“ del Journal of Experimental Psychology. Si riferisce alla difficoltà nel denominare un colore fisicamente osservato mentre si legge il nome di un colore differente.
L’effetto Stroop ha costituito per decenni il “gold standard” delle misure di attenzione (Macleod, 1992) e la base per successive ricerche nel campo della psicologia sperimentale e clinica.
L’esperimento originale dell’effetto Stroop
Nello studio degli anni ‘30, Stroop utilizzò due tipi di materiale stimolo: nomi di colori stampati con inchiostro nero (stimoli congruenti) e nomi di colori stampati con inchiostri di colore diverso da quello indicato dal nome stesso (stimoli incongruenti).
Es:
- ROSSO (stimolo congruente)
- ROSSO (stimolo incongruente)
L’esperimento era composto da due parti: nella prima, il ricercatore chiedeva ai partecipanti di leggere, il più velocemente possibile, le parole riportate con l’inchiostro nero, in seguito chiedeva loro di leggere le parole stampate, indipendentemente dal colore dell’inchiostro; nella seconda parte, domandava ai soggetti di denominare, il più rapidamente possibile, il colore dell’inchiostro invece che le parole scritte. Ad esempio, “ROSSO” poteva essere scritto con inchiostro verde e i partecipanti dovevano identificare il colore verde, anziché leggere la parola.
Stroop riscontrò che i soggetti coinvolti nell’esperimento impiegavano maggiore tempo nel riconoscere il colore dell’inchiostro, piuttosto che nel leggere semplicemente le parole stampate del primo esperimento. Stroop ipotizzò che si fosse verificato un fenomeno di interferenza tra stimoli incongruenti e che tale interferenza avesse ritardato i tempi di risposta dei soggetti.
Il test di Stroop
La scoperta dell’effetto Stroop ha condotto allo sviluppo del Test di Stroop Color-Word. Si tratta di un test neuropsicologico usato per valutare la capacità di inibire l’interferenza cognitiva che si verifica quando l’elaborazione di una caratteristica specifica di uno stimolo impedisce l’elaborazione simultanea di una seconda caratteristica dello stesso stimolo (Scarpina, Tagini, 2017). Scopriamone il funzionamento.
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