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Curare l’insonnia senza farmaci. Metodi di valutazione e intervento cognitivo-comportamentale (2015) di Devoto e Violani – Recensione del libro

La CBT- I è un protocollo breve per il trattamento non farmacologico dell’insonnia primaria e cronica descritto nel libro 'Curare l'insonnia senza farmaci'

Di Denise Pizzo

Pubblicato il 27 Nov. 2020

Curare l’insonnia senza farmaci è uno di quei libri che non deve mancare nella libreria di un professionista della salute mentale.

Pizzo Denise – OPEN SCHOOL Psicoterapia Cognitiva e Ricerca Mestre

 

Edito da Carocci Faber, questo libro scritto a quattro mani da Alessandra Devoto e da Cristiano Violani, entrambi psicologi e docenti, esperti in valutazione e trattamento dei disturbi del sonno, è un manuale specialistico rivolto a psicologi clinici e psicoterapeuti che desiderano una guida valida ed efficace per valutare e trattare l’insonnia, in ottica CBT.

Molto spesso accade che nei nostri studi vengano pazienti che lamentano problematiche legate al sonno. Grazie a questo manuale è possibile comprendere la natura dell’insonnia e in quali casi il trattamento CBT-I è indicato.

La Cognitive Behavioral Therapy for Insomnia (CBT- I) è un protocollo breve indicato per il trattamento non farmacologico dell’insonnia primaria e cronica.

Il volume si articola in sei capitoli, in cui si affrontano in modo chiaro, saliente e ordinato le tematiche relative all’insonnia. Nel testo non vengono esemplificati casi clinici o resoconti di protocolli; il linguaggio è specialistico ma scorrevole.

Nel primo capitolo vengono definiti i criteri etiologici per la valutazione dell’insonnia. Dopo un’attenta e puntuale definizione di ‘insonnia’, secondo le classificazioni internazionali dei disturbi del sonno (ASDA, 1990, 1997, 2005, rispettivamente ICSD, ICSD-R, ICSD-2), curate dall’American Sleep Disorders Association (ASDA), gli autori si apprestano a distinguere i diversi tipi di insonnia; sottolineando l’importanza del trattamento cognitivo- comportamentale per chi lamenta insonnia primaria e cronica. L’insonnia è considerata cronica o persistente quando dura da almeno un mese (DSM- IV- TR, 2000), e, più tipicamente, per sei mesi e oltre (ISCD-R, ASDA, 1997). Vengono ben descritti e quantificati anche i diversi parametri necessari per un’attenta valutazione dell’insonnia. Nello specifico, il Sleep Onset Latency (SOL) o latenza di addormentamento e il Wakefulness After Sleep Onset (WASO) o quantità di veglia intranotturna. L’insonnia con difficoltà di addormentamento e quella con difficoltà di mantenimento del sonno vengono rispettivamente definiti da SOL e/o WASO superiore ai 30 minuti. Il risveglio precoce è definito come tale quando è caratterizzato da: un risveglio anticipato di più di 30 minuti rispetto a quanto desiderato, la presenza di un tempo totale di sonno minore di 6-6,5 ore. La durata del sonno non rientra tra i parametri quantitativi da considerare: in quanto varia fortemente in funzione dell’età e delle differenze individuali. Una misura utile per la valutazione dell’insonnia è l’Indice di Efficienza del Sonno (IES) corrispondente al rapporto tra Tempo Totale di Sonno (TTS) e Tempo Totale di Letto (TTL) moltiplicato per 100. Uno IES inferiore all’85% è considerato indicativo di problemi di insonnia, infatti, tipicamente gli insonni tendono a stare molto tempo a letto, anche se svegli.

Gli autori distinguono poi l’insonnia primaria dall’insonnia secondaria: in quest’ultima il disturbo del sonno è etiologicamente dipendente da un’altra condizione medica o psichiatrica sottostante. Vengono elencate e ben descritte poi le cinque categorie di insonnie primarie, secondo la tassonomia definita dall’ICSD-2 (ASDA, 2005): disturbo da insonnia da adattamento (o insonnia situazionale/transitoria/acuta), insonnia psicofisiologica, insonnia soggettiva (o insonnia paradossale/da mispercezione del sonno o pseudoinsonnia), insonnia da inadeguata igiene del sonno, insonnia idiopatica. Tra le insonnie secondarie, particolare attenzione va data all’insomnia rebound determinata dalla sospensione dei sedativi ipnotici o ansiolitici. In questo caso, il paziente si trova in un vero e proprio ‘vicolo cieco’: con l’uso prolungato del farmaco si sviluppa tolleranza e dunque il paziente sarà portato ad aumentare il dosaggio per ottenere gli effetti terapeutici iniziali; una volta raggiunto il massimo dosaggio, questo non funziona più, perciò il paziente dismetterà il farmaco (ormai inutile) e questo causerà un peggioramento transitorio delle difficoltà di sonno con la conseguenza finale di riassumere il farmaco. È importante rassicurare il paziente circa la natura transitoria degli effetti della sospensione del farmaco.

Nel secondo capitolo vengono descritti minuziosamente i modelli teorici principali che attivano e mantengono l’insonnia. Da cosa dipende l’insonnia? Gli autori descrivono sia i meccanismi patofisiologici che quelli psicologici, andando a offrire una cornice esplicativa integrata dell’insonnia primaria. All’insorgenza dell’insonnia contribuiscono i fattori genetici e familiari: in particolare, dell’insonnia idiopatica, a insorgenza infantile (Hauri, Olmstead, 1980; Bastien, Morin, 2000). Secondo la ricerca empirica, anche l’iperarousal gioca un ruolo importante nella determinazione dell’insonnia primaria. Lo stato di eccessiva attivazione cronica del sistema nervoso centrale e/o del sistema nervoso autonomo causa problematiche relative al sonno (Perlis et al., 1997; Bonnet, Arandt, 1998), manifestandosi come arousal corticale, arousal autonomo e come arousal cognitivo- emotivo. I vari tipi di arousal vengono rilevati con strumentazioni apposite: rispettivamente, misure elettroencefalografiche e di neuroimaging, misure elettrofiologiche e neuroendocrine, self- report.

In questo capitolo, Devoto e Violani illustrano in modo chiaro i fattori omeostatici e circadiani implicati nel sonno, conoscenze fondamentali per una corretta e puntuale valutazione e quindi trattamento dell’insonnia. Dall’inizio degli anni ottanta è ampiamente accettato che il sonno è regolato da due processi (Borbely, 1982). Secondo il Modello del doppio processo di regolazione del sonno, il ciclo sonno- veglia è regolato da due fattori: un fattore di tipo omeostatico (Processi S) e un fattore di tipo circadiano (Processo c). Questi due fattori si combinano nel risultante ciclo sonno- veglia, determinando le soglie dell’addormentamento (H) e del risveglio (L).

Il Modello delle 3P, originariamente proposto da Spielman e collaboratori (Spielman, 1986; Spielman, Glovinsky, 1991) spiega, invece, come il disturbo dell’insonnia si cronicizza. Vi sono alcuni fattori predisponenti (per es., predisposizione all’iperarousal, stile cognitivo ipervigile, presenza di psicopatologia ansioso-depressiva, storia di familiarità per l’insonnia, genere femminile, età avanzata); i fattori precipitanti contribuiscono all’esordio del disturbo (per es., perdite personali, problemi o preoccupazioni familiari e di salute, problemi di lavoro, situazioni di stress cronico); i fattori perpetuanti lo mantengono attivo (per es., assunzione di ipnoinducenti, aumento del tempo trascorso a letto e dei sonnellini diurni).

Gli autori poi riportano tre modelli psicologici che spiegano l’etiologia dell’insonnia primaria. Uno dei primi modelli che integra l’eccesso di arousal è stato quello di Morin (1993) che riconosce l’importanza dei fattori cognitivi e comportamenti che predispongono all’insonnia. Nel modello psicobiologico dell’inibizione proposto da Espie (2002), l’arousal alla base dell’insonnia primaria viene visto come un’inibizione della de-attivazione che normalmente precede il sonno: perché vi sia un sonno normale si assume che vi sia una parallela de-attivazione sia dell’arousal fisiologico sia dell’arousal cognitivo. L’enfasi sui processi cognitivi è presente anche in più recenti modelli psicologici sull’insonnia primaria. In particolare, secondo il modello cognitivo dell’insonnia di Harvey (2002, 2005) l’insonnia primaria è sostenuta da una serie di processi cognitivi attivi sia di notte che di giorno.

Nel terzo capitolo del manuale ci si addentra nella valutazione clinica dell’insonnia, con particolare attenzione all’analisi differenziale. In appendice A vengono riportati i test: intervista strutturata sui disturbi del sonno, diario del sonno (sia verbale che grafico- con calcolo dei parametri del sonno), l’Insomnia Severity Index (ISI; Bastien, Vallières, Morin, 2001) che valuta la gravità percepita dell’insonnia nelle ultime due settimane, il Dysfunctional Beliefs and Attitudes about Sleep- 16 (DBAS-16; Morin, Vallières, Ivers, 2007) che valuta le cognizioni disfunzionali relative al sonno, l’Insomnia Self-efficacy Scale (ISES; Violani, 2009) composto di 12 domande che riguardano cosa il paziente pensa attualmente del suo sonno, il Morningness- Eveningness Questionnaire (MEQ; Violani, Catalani, Cariani, 1992; adattamento italiano da Horne, Ostberg, 1976) che distingue tra ‘tipi mattutini’ e ‘tipi serotonini’ e il Questionario Igiene del Sonno (IS; Violani, 2009) che valuta gli aspetti di gestione del quotidiano (abitudini, routine, comportamenti alimentari e sportivi) che nell’ultimo mese possono aver influenzato il sonno del paziente. Nell’appendice viene suggerito anche il Glasgow Sleep Effort Scale (Broomfield, Espie, 2005) che valuta l’ansia di prestazione rispetto al proprio sonno e viene suggerito dove trovare la versione italiana.

Oltre a riportare il test da somministrare e lo scoring, gli autori presentano dei consigli molto utili per presentarli ai pazienti, incrementando la motivazione al trattamento (secondo il modello transteorico di Prochaska e DiClemente, 1992).

Particolare attenzione viene data anche alla disamina dei principali strumenti usati per rilevare l’andamento obiettivo del sonno: la polisonnografia notturna (PSG) e l’actigrafia. La disamina verte sulla spiegazione di cosa sono e come funzionano e quali sono i parametri monitorati. Interessanti le ricerche riportate in merito all’utilità di tali strumenti. Le ricerche documentano che sia la polisonnografia che l’actigrafia sono utili per la diagnosi di insonnie secondarie e altri disturbi del sonno e per le insonnie soggettive (o paradossali), ma, generalmente, non sono da ritenersi indispensabili per le insonnie psicofisiologiche e per le insonnie primarie.

Di nuovo, gli autori ribadiscono l’importanza di fare diagnosi differenziale, soffermandosi in modo accurato su  quali sono le principali condizioni mediche e psichiatriche che condizionano negativamente il sonno.

Nel quarto capitolo si fa specificamente riferimento al trattamento cognitivo- comportamentale. Il CBT-I è la terapia di elezione per la cura dell’insonnia primaria (Morin et al., 1999; Perlis et al., 2003; Morin et al., 2006). La CBT si basa su un intervento psicologico multicomponenziale, in cui convergono diverse tecniche che mirano ad affrontare l’insieme dei fattori cognitivi e comportamentali alla base dell’insonnia primaria. Tali fattori svolgono un ruolo fondamentale nel mantenere questo disturbo, come descritto da Morin & Espie (2004) e risultano determinanti nel CBT-I. Il protocollo risulta, inoltre, coerente con i modelli psicofisiologici correnti di regolazione del sonno, accuratamente descritti nel capitolo 2 e qui ripresi.

Gli autori specificano la durata del protocollo e la sua articolazione, nel complesso e nella singola seduta.

Vengono quindi descritte, passo passo, le principali tecniche cognitivo- comportamentali utilizzate nel CBT-I: controllo degli stimoli, restrizione del sonno (con anche indicazioni quantitative), igiene del sonno (con regole per una corretta gestione del sonno), tecniche di rilassamento (tra le quali, rilassamento progressivo di Jacobson, tecniche di imagery, training autogeno, meditazione) e tecniche cognitive.

L’uso delle tecniche cognitive per il trattamento dell’insonnia è una componente cruciale del CBT-I. Vi è un generale accordo tra gli studiosi dell’insonnia che sia un disturbo alimentato e perpetuato da fattori cognitivi disfunzionali che aumentano le preoccupazioni, le profezie negative e la perdita di self-efficacy e, a loro volta, sostengono comportamenti disadattavi per il sonno (Edinger, Means, 2005). Le principali categorie cognitive considerate da Morin (1993) sono: aspettative irrealistiche sulle necessità di sonno, valutazioni errate sul disturbo del sonno, attribuzioni erronee rispetto ai deficit diurni, concezioni erronee rispetto alla cause dell’insonnia. Oltre a tali credenze erronee, le persone con insonnia sono soggette ad altri errori cognitivi (Beck, Ermery, Greenberg, 1985) che contribuiscono ad amplificare e a perpetuare il disturbo. Questi comprendono: eccessiva ruminazione o preoccupazioni ossessive per il sonno, pensieri catastrofici, rigidità di pensiero, ricordi selettivi. Identificare le cognizioni disfunzionali riguardo al sonno è il primo passo della terapia cognitiva (per fare questo, oltre al colloquio clinico, si posso usare i diari, il DBAS-16 e l‘ISES). Il secondo passo, consiste nell’incoraggiare il paziente a riconsiderare le sue convinzioni non come le uniche possibili, ma come una delle varie eventualità possibili. Si conclude poi con la ristrutturazione cognitiva, tipica della CBT. Nel capitolo, vengono riportate le tipiche credenze disfunzionali, sostituite da pensieri più utili e adattivi. Gli autori suggeriscono l’impiego di altre tecniche cognitive, quali la tecnica del controllo cognitivo (per es., la worry chair) e la tecnica dell’intenzione paradossale, più di matrice strategica. Una cosa apprezzabile è la discussione in merito all’integrazione di ogni singola tecnica con le altre tecniche previste nel CBT-I.

Nel quinto capitolo vengono riportarti i principali studi che hanno dimostrato l’efficacia del CBT-I rispetto ad altri trattamenti, le indicazioni e le controindicazioni per l’attuazione del CBT, anche grazie all’aiuto di una rappresentazione grafica esemplificativa e immediata (adattata da Smith, Perlis, 2006); infine, viene affrontato il problema della compliance al trattamento.

Nello specifico, vengono riportanti i cambiamenti quantitativi dei parametri del sonno e viene comprovata l’efficacia del trattamento CBT integrato rispetto alle singole tecniche cognitivo- comportamentali e ai trattamenti farmacologici, nelle insonnie primarie. Interessanti le ricerche riguardo la combinazione di CBT e trattamento farmacologico rispetto gli outcome del trattamento.

Nel sesto, si evidenziano le peculiarità del trattamento CBT-I in particolari condizioni mediche e di vita. Alcune malattie a forte impatto fisico ed emotivo tra cui neoplasie, HIV e dolore cronico (come artrite, fibromialgia) determinano spesso problemi di sonno e, per alcune di esse, sono stati sviluppati protocolli CBT specifici per la cura dell’insonnia.

Un paragrafo è dedicato al protocollo CBT per l’insonnia concomitante a patologie psichiatriche. Spesso, pazienti con disturbo di depressione maggiore, disturbo bipolare e disturbi d’ansia lamentano insonnia. La regola generale è quella di trattare il disturbo che il paziente lamenta maggiormente e che risulta più invalidante (e quindi valutare anche la psicoterapia). Sebbene vi siano alcune evidenze del fatto che la CBT per l’insonnia possa essere efficace per i pazienti con concomitanti disturbi psichiatrici (Kuo, Manber, Loewy, 2001; Manber et al., 2008), vi sono pochi dati utili a definire come e se adattare la CBT per l’insonnia con i pazienti con concomitanti disturbi psichiatrici. Interessante il paragrafo sugli effetti dell’alcol sul sonno.

Nel capitolo vengono anche date alcune indicazioni per la valutazione dell’insonnia per pazienti di particolari fasce di età (bambini, adolescenti, anziani). I dati epidemiologici indicano che negli anziani l’insonnia ha una maggiore prevalenza rispetto agli adulti più giovani. Nella valutazione iniziale dell’insonnia, è raccomandata la polisonnografia (PSG) e il CBT-I risulta particolarmente preferibile all’intervento farmacologico. Negli adolescenti si assiste a importanti cambiamenti nel sonno dovuti a mutamenti sociali ed evolutivi. Qui il CBT-I appare molto vantaggioso per l’esordio, in genere recente, che permette l’interruzione (quasi) immediata di comportamenti disfunzionali e la valutazione del disturbo del sonno può rappresentare un’occasione di diagnosi e intervento precoce su eventuali disagi psicologici che possono accompagnare l’insonnia. Con i bambini, si lavora molto sui comportanti dei genitori che fungono da rinforzo all’insonnia infantile.

Il paragrafo finale viene dedicato al sonno nella donna in gravidanza: tipicamente, in questa particolare fase di vita, il sonno subisce delle modificazioni. Il CBT-I risulta indicato qualora non emergano altri disturbi del sonno sottostanti (cioè disturbi respiratori, disturbi motori).

Nelle appendici, utilissime, vengono riportati i test con gli scoring; i centri dei medicina per il sonno, regione per regione; due questionari di screening per la valutazione preclinica delle insonnie;  i principali sedativi ipnoinducenti (benzodiazepine, farmaci ipnoinducenti non benzodiazepinici, antidepressivi, antistaminici, melatonina e prodotti da erboristeria) con meccanismi fisiologici d’azione e principali effetti collaterali.

Consiglio ai colleghi psicologi la lettura di questo manuale. Chiaro, puntuale, non noioso: offre tutti gli strumenti utili atti ad una precisa valutazione e trattamento dell’insonnia primaria che spesso riscontriamo nei pazienti.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Devoto A. & Violani C. (2015). Curare l’insonnia senza farmaci. Metodi di valutazione e intervento cognitivo-comportamentale. Carocci Faber.
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