expand_lessAPRI WIDGET

Curare l’insonnia in carcere con la CBT-I

Si stima che il 61.6% dei detenuti in carcere riferisce sintomi di insonnia. La CBT-I può aiutare i detenuti che ne soffrono

Di Catia Lo Russo

Pubblicato il 08 Apr. 2021

Nonostante una quantità significativa di ricerche focalizzate sullo sviluppo e il trattamento di altre condizioni mentali e fisiche nella popolazione carceraria, c’è una scarsità di letteratura che esamina lo sviluppo e il trattamento dell’insonnia

 

Si stima che il 61.6% dei detenuti in carcere riferisce sintomi di insonnia, con le donne significativamente più propense a riferirla rispetto agli uomini (Dewa, Hassan, Shaw, & Senior, 2017). Le conseguenze dell’insonnia nei detenuti includono l’aggressività, la rabbia, l’impulsività, l’aumento del ricorso all’assistenza sanitaria in carcere (Barker, Ireland, Cu, & Ireland, 2016), l’ideazione suicidaria, i tentativi di suicidio e i suicidi. Se all’insonnia si aggiungono le perturbazioni dell’umore può aumentare la vulnerabilità al suicidio in questa popolazione (Carli et al., 2011). Come tale c’è un bisogno critico di sviluppare interventi e trattamenti efficaci in quest’area.

Nonostante una quantità significativa di ricerche focalizzate sullo sviluppo e il trattamento di altre condizioni mentali e fisiche nella popolazione carceraria, c’è una scarsità di letteratura che esamina lo sviluppo e il trattamento dell’insonnia (Dewa et al., 2015). Questa è di solito perpetuata da diversi fattori, che possono includere un maggiore sforzo per indurre il sonno in risposta all’angoscia per il poco sonno e l’eccitazione condizionata per cui il letto diventa uno spunto di eccitazione piuttosto che di sonno. La reclusione stessa può agire come fattore precipitante iniziale (Elger & Sekera, 2009). Inoltre, uno studio ha dimostrato che l’83% dei detenuti con insonnia ha riportato di avere un pregresso disturbo d’ansia o depressione (Elger, 2004). Altri fattori precipitanti e perpetuanti sono i vincoli dell’ambiente carcerario: la separazione dai propri cari, le routine rigidamente imposte e gli orari sonno-veglia, la limitata attività fisica, lo spazio condiviso per vivere e dormire, la mancanza di privacy, i problemi di sicurezza, l’accesso limitato alla luce del sole e i fattori ambientali (ad esempio, rumore, luce, temperatura, materasso e lenzuola), passare una quantità significativa di tempo in una cella su una branda, che non è usata solo per dormire ma anche per le attività della vita quotidiana (ad esempio, stare seduti, guardare la televisione, leggere, scrivere, mangiare, sonnecchiare). La terapia cognitivo-comportamentale (CBT), un approccio psicoterapeutico che si rivolge alle cognizioni e ai comportamenti che causano e perpetuano un problema, è stata adattata a molti disturbi psichiatrici tra cui l’insonnia (CBT-I).

CBT-I è un efficace trattamento non farmacologico, strutturato, a breve termine, focalizzato sulle abilità, e volto a modificare pensieri, credenze e comportamenti che contribuiscono a insonnia. CBT-I one shot, invece, è stato progettato specificamente da Ellis e colleghi (2012) per trattare l’insonnia nella sua fase più acuta, aggirando la transizione verso quella cronica: prevede un opuscolo di auto-aiuto (che delinea delle strategie, ad esempio di distrazione immaginativa) e una singola sessione di terapia di 60-70 minuti condotta da un terapeuta (JGE, uno psicologo della salute e esperto del sonno con 8 anni di esperienza di CBT-I). Vista la sua efficacia nella riduzione dell’insonnia e della sintomatologia depressiva e ansiosa in una popolazione non carceraria, Randall e colleghi (2018) hanno testato questo tipo di intervento nell’ambiente carcerario per detenuti con insonnia acuta auto-riferita o inviati al Mental Health in Reach Team, apportando i dovuti adattamenti: (a) dove in precedenza le istruzioni di controllo dello stimolo suggerivano che la camera da letto doveva essere usata solo per dormire e per il sesso, il sesso è stato omesso da queste istruzioni, e (b) all’interno delle istruzioni di controllo dello stimolo, i partecipanti non sono stati istruiti a lasciare la camera da letto ma piuttosto a identificare uno spazio “non sonno” nella loro cella e andare lì se non erano in grado di dormire. Sono stati utilizzati i diari del sonno relativi alle precedenti settimane, al fine di impostare e prescrivere un iniziale programma di sonno specifico per i partecipanti (cioè il tempo di andare al letto e uscire dal letto). La prescrizione iniziale si basava sulla media del tempo totale di sonno della settimana precedente, e diventava il tempo a letto da trascorrere la settimana successiva. I partecipanti dovevano prolungare tale prescrizione finché non fossero soddisfatti del loro sonno. Inoltre, durante il primo colloquio, ai pazienti sono stati somministrati tre questionari: l’Insomnia Severity Index (ISI), composto da 7 items, è stato utilizzato per valutare la natura, gravità e impatto dell’insonnia (Morin, 1993); il Patient Health Questionnaire (PHQ), composto da 9 items, ha permesso lo screening, la diagnosi e il monitoraggio della gravità della depressione (Kroenke, Spitzer, & Williams, 2001); infine, sono stati valutati i sintomi dell’ansia attraverso il Generalized Anxiety Disorder (GAD), un questionario a 7 items (Spitzer, Kroenke, Williams, & Löwe, 2006). La valutazione di follow-up era stata fissata a quattro settimane dall’inizio dell’intervento.

Di solito i detenuti restavano in cella tra le 19.30 e le 7.30 del mattino. Alle 8 lasciavano la loro ala, se impiegati in attività, per poi tornare in cella per il pranzo tra le 11.30 e le 13.30. Tra le 14.00 e le 16.00 tornavano a lavoro, e alle 17.00 circa veniva servita la cena. L’opportunità di lasciare la cella per la ricreazione gli veniva lasciata per circa un paio d’ore prima di essere rinchiusi per la notte: durante questo lasso di tempo avevano accesso alla palestra e a un cortile esterno. Tutte le celle erano dotate di un letto singolo, una televisione, una piccola finestra, tende e un bagno. I detenuti avevano il controllo dello spegnimento delle luci, ma non della temperatura o del livello dei rumori.

In particolare, lo scopo del presente studio era quello di determinare l’efficacia di un intervento CBT-I in prigionieri maschi con insonnia acuta. Uno scopo secondario era di determinare se il trattamento riduceva anche i sintomi della depressione e dell’ansia. I risultati hanno evidenziato che i partecipanti hanno sperimentato una riduzione significativa dei sintomi legati all’insonnia (ISI) a distanza di un mese dall’intervento (il 73% dei prigionieri). Riduzioni significative sono state osservate anche per la sintomatologia ansiosa e depressiva. Gli effetti del cambiamento tra il pre e il post intervento sono risultati da moderati a forti, e la conformità (definita come il numero di notti, durante la prima settimana dall’inizio dell’intervento, in cui i partecipanti hanno rispettato il tempo prescritto per andare a letto o per uscire dal letto, con un margine di 15 minuti) è stata del 90%.

Mentre questi risultati sono in linea con la letteratura precedente sull’impatto di un intervento CBT-I one shot per l’insonnia acuta (Boullin et al., 2016; Ellis et al., 2015), essi suggeriscono anche che l’intervento può essere attuato con successo in un ambiente carcerario, con le dovute modifiche. Pertanto, questi risultati dovrebbero essere visti come un primo passo nella gestione dell’insonnia tra i carcerati al fine di ridurre o prevenire la violenza, i tentativi di suicidio e l’utilizzo dell’assistenza sanitaria.

CBT-I one shot, come dimostrano i risultati, è anche in grado di ridurre la sintomatologia ansiosa e depressiva dei partecipanti: ciò anche è importante ai fini preventivi del rischio suicidario in carcere. Gli studi futuri, tuttavia, dovrebbero esaminare l’efficacia del presente intervento sulla riduzione dei pensieri suicidari, intenzioni e azioni o tentativi di suicidio così come altri comportamenti a rischio (automutilazione e tagli, uso di sostanze). È interessante notare che a tutti coloro che hanno preso parte allo studio è stato chiesto quali fossero gli aspetti più benefici dell’intervento: la maggior parte dei commenti ruotava intorno al diario del sonno, che li ha aiutati a identificare i modelli comportamentali che influiscono sul loro sonno, e l’opuscolo, con una speciale enfasi sulle istruzioni per il controllo dello stimolo.

 

Si parla di:
Categorie
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Barker, L. F., Ireland, J. L., Cu, S., & Ireland, C. A. (2016). Sleep and its association with aggression among prisoners. Quantity or Quality? IJLP, 47, 115–121.
  • Boullin, P., Ellwood, C., & Ellis, J. G. (2016). Group vs. Individual treatment for acute insomnia: A pilot study evaluating a “One-Shot” treatment strategy. Brain Sciences, 7(1), 1–11.
  • Carli, V., Roy, A., Bevilacqua, L., Maggi, S., Cesaro, C., & Sarchiapone, M. (2011). Insomnia and suicidal behaviour in prisoners. Psychiatry Research, 185, 141–144.
  • Dewa, L. H., Hassan, L., Shaw, J. J., & Senior, J. (2017). Trouble sleeping inside: A cross-sectional study of the prevalence and associated risk factors of insomnia in adult prison populations in England. Sleep Medicine, 32, 129– 136.
  • Dewa, L. H., Kyle, S. D., Hassan, L., Shaw, J., & Senior, J. (2015). Prevalence, associated factors and management of insomnia in prison populations: An integrative review. Sleep Medicine Reviews, 24, 13–27.
  • Elger, B. S. (2004). Prevalence, types and possible causes of insomnia in a swiss remand prison. European Journal of Epidemiology, 19, 665–677.
  • Elger, B. S., & Sekera, E. (2009). Prospective evaluation of insomnia in prison using the pittsberg sleep quality/index: Which are the factors of predicting insomnia? International Journal of Psychiatry in Clinical Practice, 13, 206–217.
  • Ellis, J. G., Gehrman, P., Espie, C. A., Riemann, D., & Perlis, M. L. (2012). Acute insomnia: Current conceptualizations and future directions. Sleep Medicine Reviews, 16(1), 5–14.
  • Ellis, J. G., Cushing, T., & Germain, A. (2015). Treating acute insomnia: A randomized controlled trial of a “singleshot” of cognitive behavioral therapy for insomnia. Sleep, 38(6), 971–978.
  • Kroenke, K., Spitzer, R. L., & Williams, J. B. (2001). The phq-9. Journal of General Internal Medicine, 16(9), 606–613.
  • Morin, C. M. (1993). Insomnia: Psychological assessment and management. New York, NY: Guilford Press.
  • Randall, C., Nowakowski, S., Ellis, J. G. (2018). Managing Acute Insomnia in Prison: Evaluation of a “One-Shot” Cognitive Behavioral Therapy for Insomnia (CBT-I) Intervention. Behavioral Sleep Medicine, 17 (6), 827-836.
  • Spitzer, R. L., Kroenke, K., Williams, J. B., & Löwe, B. (2006). A brief measure for assessing generalized anxiety disorder: The GAD-7. Archives of Internal Medicine, 166(10), 1092–1097.
CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
Depressione in carcere: l'efficacia della psicoterapia interpersonale
Depressione in carcere: come e perché è importante intervenire

Un nuovo studio mostrerebbe l'efficacia della psicoterapia interpersonale per i detenuti che soffrono di disturbo depressivo maggiore

ARTICOLI CORRELATI
Il disturbo di insonnia e l’intervento psicologico: il trattamento di elezione – Editoriale Cognitivismo Clinico

La CBT-I è un insieme di strategie terapeutiche che in gran parte mirano a modificare i fattori di mantenimento e perpetuanti dell'insonnia

Il trattamento dell’insonnia

Attraverso la modifica di credenze negative e comportamenti inefficaci, la CBT-I rappresenta la terapia di elezione per l'insonnia

WordPress Ads
cancel