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Depression as a psychoanalytic problem di Paolo Azzone – Recensione

Diego Sarracino

 

Recensione del libro:

Depression as a Psychoanalytic Problem

di Paolo Azzone

(2012)

Depression as a psychoanalytic problem- Recensione“Depression as a psychoanalytic problem”. La comprensione teorica e clinica delle esperienze affettive, in particolare di quelle disturbanti e patologiche, rappresenta un fil rouge che attraversa la psicoanalisi sin dalle prime opere di Freud.

Affermava Freud nel saggio Il delirio e i sogni nella “Gradiva” di Wilhelm Jensen: “Ciò che veramente conta nella vita psichica sono i sentimenti, e tutte le forze psichiche sono importanti solo per la loro capacità di risvegliare sentimenti”. Tra i “sentimenti” patologici, l’ansia/angoscia riveste un ruolo fondamentale nella teoria freudiana; spesso, negli scritti del padre della psicoanalisi, l’angoscia rappresenta il concetto fondamentale rispetto al quale viene saggiata l’affidabilità dei vari impianti teorici riferiti ai vissuti affettivi.

Diverso è stato il destino della depressione, rispetto al quale manca negli scritti freudiani una teorizzazione altrettanto complessa e soddisfacente. Freud riteneva che in questo disturbo giocasse un ruolo fondamentale un qualche fattore somatico non chiaramente identificato. Sulla sua scia, molti psicoanalisti e psicoterapeuti di orientamento psicodinamico hanno cercato nella psichiatria biologica e in seguito nelle neuroscienze una possibile spiegazione e cura del disturbo, spesso a discapito di una comprensione più profonda dell’esperienza emotiva delle persone che soffrono di questo male.

GUARDA LA PRESS RELEASE DEL LIBRO

Partendo da queste considerazioni, Paolo Azzone nel libro Depression as a Psychoanalytic Problem attinge alla sua ventennale esperienza di psichiatra e psicoanalista per proporre una nuova interpretazione psicoanalitica del fenomeno della depressione, attenta non solo agli aspetti biologici e somatici ma soprattutto alla storia emozionale del paziente e alle sue relazioni personali e familiari, come prerequisito per comprenderne la profonda sofferenza emotiva.

La prima parte del libro introduce il lettore alla bimillenaria storia della depressione, dalle sorprendentemente accurate descrizioni cliniche dei Greci e dei Romani, alle riflessioni dei filosofi medievali sul rapporto fra tristezza, colpa e peccato, fino alla genesi del pensiero scientifico moderno e contemporaneo sui disturbi depressivi. Viene inoltre proposta un’analisi sociologica del particolare ruolo che la depressione occupa nella nostra società, in aperta contestazione con l’attuale modello medico che vede nei farmaci e nella biologia la risposta a tutti i mali.

Nella seconda parte del libro, che ne rappresenta il fulcro, l’autore analizza clinicamente i sintomi della depressione. Egli cerca di dimostrare che la psicopatologia descrittiva, generalmente associata a una lettura del fenomeno in termini di disfunzione cerebrale, non è incompatibile con l’approccio psicoanalitico. I principali sintomi legati alla depressione vengono interpretati non come “caselle di una check-list”, ma per come sono vissuti dal paziente, in termini cioè di esperienza soggettiva. La realtà clinica rappresenta per l’autore una prospettiva privilegiata per comprendere il fenomeno in maniera direttamente spendibile nella pratica professionale. Quest’approccio è particolarmente evidente nel capitolo 5, che contiene vignette cliniche attinte dal contesto dei servizi di salute mentale, nelle quali l’autore esemplifica l’applicazione nella pratica clinica di alcuni concetti psicoanalitici legati alla tradizione freudiana e kleiniana (oggetto perduto, sadismo, posizione depressiva, narcisismo).

Nella terza parte, infine, Azzone propone un modello psicoanalitico della depressione. L’assunto fondamentale, e coraggioso, dell’autore è che la depressione non richiede necessariamente una spiegazione somatica, come pensava Freud, ma può essere considerato un fenomeno psichico in ogni suo aspetto clinico. Ne deriva, secondo l’autore, che è possibile e utile una comprensione psicoanalitica delle esperienze mentali inconsce all’origine del disturbo e del modo in cui vengono elaborati gli eventi dolorosi.

In conclusione, questo libro propone molti spunti interessanti su un disturbo ancora a tratti sfuggente, e può essere una lettura stimolante non solo per psicoanalisti e psicoterapeuti di orientamento psicodinamico, ma per tutti i lettori interessati all’evoluzione storica, alla descrizione psicopatologica e al trattamento del male oscuro.

LEGGI:

DEPRESSIONE – PSICOANALISISIGMUND FREUD – INCONSCIO

RECENSIONE DI TERAPIA METACOGNITIVA DEI DISTURBI D’ANSIA E DI DEPRESSIONE (WELLS)

BIBLIOGRAFIA: 

Sclerosi multipla: Percezione del sè e femminilità. Psicoterapia

Domenico Mauro.
Psicologo-Psicoterapeuta

 

Percezione del sè e femminilità nella sclerosi multipla

Il Caso di Anna  

 

Sclerosi multipla: Percezione del sè e femminilità. -Immagine: © Andrzej Wilusz - Fotolia.comNon si arrende ma, al contempo, rimane rigidamente ferma sul suo modo di intendere. Proprio la sua tenacia, però, mi suggerisce il metodo ed un obiettivo per cui lavorare: l’Auto-Accettazione.

Questo articolo (estratto della relazione presentata al convegno “Donne oltre la S.M.” del 30/03/2013 organizzato dall’A.I.S.M. di Lamezia Terme) verte sulla descrizione di un caso clinico – donna affetta da Sclerosi Multipla con umore depresso, bassa autostima e difficoltà ad accettare l’immagine di sé – la cui tematica centrale è la percezione del sé e della dimensione corporea. Verranno illustrate le modalità psicoterapiche d’intervento con la spiegazione delle tecniche adottate. Saranno, infine, presentati i risultati conseguiti.

Il lavoro nasce dalla mia esperienza maturata nell’ambito dei disturbi neuromuscolari. Si riscontra, sovente, in particolare nei casi di Sclerosi Multipla, la presenza di umore depresso, bassa autostima e distorsione della percezione dell’immagine corporea. Attraverso il racconto di un caso clinico si è voluto descrivere un vissuto che tipicamente caratterizza la persona portatrice di S.M. L’instaurazione di un’adeguata relazione terapeutica ha permesso di applicare alcune tecniche riconosciute dai principali approcci psicoterapeutici. È stato possibile, quindi, pervenire al cambiamento in termini sia di accettazione del sé, sia di controllo delle manifestazioni depressive.

Metodi

Gli approcci psicoterapici a cui fa riferimento l’intervento sono fondamentalmente di tipo Cognitivo-Comportamentale e Strategico Breve. Attraverso tecniche quali il ricalco (Bandler, R. & Grinder, J., 1981) e il modeling (Galeazzi,  A. & Meazzini, P., 2004) è stato possibile creare un rapporto di fiducia e affinità reciproca – rapport – (Richardson, J., 2002) con la paziente. Tale condizione ha favorito l’alleanza terapeutica (Lingiardi, V., 2000) ed il conseguente successo delle tecniche applicate, quali: Utilizzazione; Training Autogeno (Schultz, J.H., 1999); tecniche immaginative ed esercizi di esplorazione e rappresentazione delle diverse parti del corpo.

Per quanto riguarda il lavoro sull’immagine di sé si è proceduto nel modo seguente: impiego del training autogeno per il raggiungimento di un adeguato stato di rilassamento; con l’utilizzo di tecniche immaginative si è permesso di visualizzare e poi classificare le parti del corpo in deboli e forti proiettate su uno specchio, successivamente si è chiesto di mettere idealmente tali diverse parti le une accanto alle altre ed immaginare una cessione di energia delle parti forti a quelle deboli; per l’aumento della percezione e del controllo dei movimenti, attraverso le stesse tecniche immaginative, la paziente ha potuto visualizzare posture e movimenti del corpo nello spazio intorno a sé (Tesar, n. & al., 2003).

LA FINE DEI SOGNI

Da circa otto anni Anna racchiude il suo dolore in un corpo esile, provato ma combattivo; giovanile, “tradito” solo da qualche sottile ruga che rivela la sua reale età. «A 40  anni» dice quando si presenta per la prima volta nello studio «ho messo fine alle mie ambizioni di donna». Un’espressione tanto forte, quanto profondo è il senso di sconfitta che Anna percepisce.

LA SOLITUDINE

Un matrimonio fallito alle spalle, un lavoro non molto gratificante «ma pur sempre un lavoro», gli amici «da tempo svaniti nel nulla», l’affetto dei genitori e del fratello. Poi la Sclerosi Multipla e con essa la solitudine.

Nonostante il suo forte scoraggiamento iniziale ed il costante pensiero rivolto al suo disagio, tuttavia, Anna si impegna molto. C’è ancora una parte di sé che dice “non è ancora finita”, la stessa che permetterà alla psicoterapia di funzionare.

Quella parte che si sente sola contro tutto e tutti: tutto il “male”, tutte le persone che «non mi capiscono, che pensano che ho qualcosa di strano, come una frattura alle gambe non curata bene, per la quale, ormai, c’è bisogno di un po’ di impegno in più ma per raggiungere solo un risultato parziale e per questo mi guardano con incredulità e pena. Pena per la mia condizione, per la mia disabilità, per il mio corpo».

CORPO E ELEGANZA

Il tema del corpo emerge subito ad impregnare di sé il corso intero della psicoterapia. Un corpo «non più lo stesso, non più uguale a prima», eppure un corpo armonico, espressivo, gradevole, elegante: Anna è elegante anche con la sua tuta blu e bianca, elegante nella gestualità, pur nella fatica dei suoi passi lenti eppure leggeri.

LA PERCEZIONE DI Sé

Questo, però, è ciò che si vede dall’esterno… lei, invece, si percepisce goffa e inadeguata al punto che non si vedrebbe mai più «vicina ad un uomo», «corteggiata da un uomo» e tantomeno «desiderata da un uomo».

Anna si chiude molto e non permette che si attui una delle più efficaci strategie delle moderne psicoterapie: la Ristrutturazione cognitiva.

L’APPROCCIO PSICOTERAPEUTICO

Non mi permette, appunto, di ristrutturare, modificare, ridefinire la percezione distorta di sé: si rattrista e respinge ogni mio tentativo di farle cambiare idea sul suo conto. Non si arrende ma, al contempo, rimane rigidamente ferma sul suo modo di intendere. Proprio la sua tenacia, però, mi suggerisce il metodo ed un obiettivo per cui lavorare: l’Auto-Accettazione.

“Utilizzo” le sue stesse resistenze, servendomi delle modalità di intervento della Psicoterapia Provocativa (Farrelly e Brandsma
,1986) (“assecondando”, inizialmente, il suo modo di percepirsi), per poi stimolarla a ricercare altri elementi per ampliare e completare la percezione di sé.

Passo, quindi, ad un intenso lavoro rivolto alla complessità del corpo: tecniche immaginative ed esercizi di esplorazione e rappresentazione delle diverse parti permettono di modificare la percezione del corpo, per una maggiore consapevolezza e controllo di sé.

IL CAMBIAMENTO

Si profila un lento ma significativo “cambio di rotta” nel suo modo di intendere «non lo avrei mai ammesso, ma sai che riesco a vedere qualcosa di decente nel mio corpo? A volte riesco a intravedere in esso perfino del bello». Anna incomincia a recuperare il senso di integrità: il suo corpo è meno “frammentato” e, avendo acquisito un maggior senso di appartenenza, viene finalmente accettato. Ad un certo punto riesce perfino ad ironizzare sul suo corpo…«quando si decide a funzionare si potrebbe anche metterlo in mostra»… e su quello degli altri…«molto più di quello di qualcuno che conosco». Incomincia ad innescarsi il processo di cambiamento: cambia il proprio modo di percepirsi, diventando meno severa con se stessa. Succede, quindi, ciò che potendo sembrare una “magia” è in realtà la messa in rilievo della grande forza delle sue risorse interiori: Anna è cambiata, si sente meglio con se stessa. Maggiore è la consapevolezza di sé, della sua integrità corporea, migliore appare il suo aspetto. Se da una parte contribuisce lei stessa a tale miglioramento, attraverso il ritrovato gusto di truccarsi e vestirsi in modo più accurato, dall’altra appare più armonica nei movimenti, acquisendo maggiore eleganza.

Il recupero dell’integrità: la “nuova” anna

«Ora potrei addirittura sfilare»… e non abbandonando l’ironia… «se non fosse che i pomodori e le uova marce addosso non mi piacciono affatto».

«Mi sento veramente cambiata» dice durante uno degli ultimi incontri «riesco ad accettare il mio corpo con tutti i suoi difetti che non sono poi così terrificanti come sembravano un tempo» .

L’EPILOGO

Anna conclude l’ultima seduta  con queste parole : «ho capito ciò che prima non riuscivo a comprendere: la sede dei veri valori di una persona si trova oltre il corpo.  Mi piaccio e posso piacere agli altri anche così; sto bene e da me non pretendo più nient’altro»… Naturalmente io non posso che confermare!

L’INSEGNAMENTO

Anna mi ha insegnato tanto. Mi ha dimostrato che ci si può “ritrovare” anche quando si è convinti di essersi ormai “persi”; che è possibile, a tutti i livelli, ricercare e trovare risorse interiori utili per fronteggiare anche uno dei più gravi disagi che può mai affliggere una persona; che si può cambiare.

Mi ha inoltre fatto capire che eleganti si è dentro prima che fuori, e che la femminilità, con tutto il suo carico di umanità, non può essere certo “oscurata” da nessuna forma di malattia.

Risultati

Grazie alle tecniche impiegate ed al lavoro svolto sull’immagine del sé, cambia il modo di percepirsi della paziente: aumentata la consapevolezza di sé; diventa meno severa con se stessa e si accetta. La paziente riconosce le proprie debolezze e, soprattutto, i suoi veri valori che vanno al di la della corporeità. Tale nuova consapevolezza produce effetti positivi sull’umore: la paziente appare meno scoraggiata, più propositiva e motivata e raggiunge una buona stabilità emozionale.

LEGGI ANCHE:

ACCETTAZIONE DELLA MALATTIADEPRESSIONE 

 

BIBLIOGRAFIA

 

Obesità: si perde peso ma si perde anche il senso della sazietà

 

La Redazione di State of Mind consiglia la lettura di questo contenuto:

 

Un nuovo studio svolto presso l’università di Adelaide conferma i nostri sospetti! La difficoltà non è la dieta ma il mantenimento del peso perso. In questo studio, pubblicato sul International Journal of Obesity,gli studiosi australiani sottolineano come solo il 5% del campione riesce a mantenere il peso perso.

Ma come mai gli ex obesi non riescono a controllarsi? Sembra che il responsabie della ripresa della sovra alimentazione sia la leptina, ormone che regola l’assunzione del cibo  e può anche cambiare la sensibilità dei nervi dello stomaco,  infatti succede proprio questo, secondo gli studiosi, quello che comporta la sovra alimentazione dopo una grande perdita di peso, è questo difetto nella leptina che comporta la perdita del senso di sazietà.

 

 

 

“Un ormone del corpo, la leptina, noto per regolare l’assunzione di cibo, può anche cambiare la sensibilità dei nervi dello stomaco che segnalano la sazietà”, spiega Amanda Page, autore principale dello studio pubblicato sull’International Journal of Obesity. “In condizioni normali la leptina agisce per fermare l’assunzione di cibo. Però, nello stomaco di una persona resa obesa da una dieta ricca di grassi, la leptina fa perdere sensibilità ai nervi che rilevano la sazietà”.

 

Obesità: stomaco mai sazio, nemmeno dopo la dietaConsigliato dalla Redazione

Una dieta ricca di grassi manda in tilt i nervi dello stomaco che trasmettono il senso di pienezza. E si continua a mangiare troppo anche dopo una dieta (…)

Tratto da: Panorama

 

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LEGGI ANCHE: L’abbuffata natalizia e i cannabinoidi endogeni.


La mindfulness migliora l’attenzione anche nei bambini – Psicologia & Meditazione

– FLASH NEWS-

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche

Secondo un nuovo studio condotto presso l’Università di Cambridge un breve corso di mindfulness migliorerebbe la capacità dei bambini di allontanare le distrazioni e di concentrarsi su un compito.

I ricercatori hanno reclutato una trentina di bambini (maschi e femmine di età compresa tra i 10 -11 anni) al fine di partecipare ad un corso di mindfulness come parte del loro curriculum scolastico.

I ricercatori hanno misurato sia le capacità di mindfulness mediante questionari che la capacità di attenzione mediante un apposito compito computerizzato.

Le valutazioni sono state effettuate per tre volte a intervalli di tre mesi, in modo da poter valutare regolarmente i cambiamenti nei mesi successivi al termine del training di mindfulness.

I risultati indicano che un miglioramento della capacità dei bambini di concentrarsi e ignorare le distrazioni è di fatto associato alla frequenza del corso di mindfulness.

Questi risultati sugli effetti della midfulness in termini attentivi nell’età evolutiva sono stati presentati il 6 settembre scorso presso la British Psychological Society’s Cognitive Developmental Psychology Annual Conference svoltasi presso la University of Reading.

 

 

LEGGI:

BAMBINIMINDFULNESSATTENZIONE

 MINDFULNESS: EFFETTI DEL PROGRAMMA DI PRATICA PER LA SCUOLA

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

I nostri articoli sull'argomento: MINDFULNESS
Mindfulness in azienda: una pratica per promuovere il benessere psicologico e ridurre lo stress
La mindfulness è una pratica utile per ridurre lo stress e il burnout sul lavoro favorendo il benessere mentale
Imparare a lasciare andare. Baricco, tra mindfulness e accettazione.
Nella sua intervista a Che tempo che fa, Baricco riflette sull'importanza di lasciare andare ciò che si perde, accettando l'incertezza della vita
L’uso della mindfulness per la gestione dell’ansia
La mindfulness ha guadagnato crescente attenzione come strumento per la gestione dell'ansia contribuendo al benessere psicologico
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Una recente ricerca ha descritto in che modo la mindfulness e la speranza influenzano la resilienza lavorativa e l’impegno professionale
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Sebbene esistano evidenze sugli effetti positivi della meditazione, negli ultimi anni la ricerca ha iniziato a portare alla luce alcuni possibili rischi
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Interventi brevi di mindfulness possono migliorare l'apprendimento e il processo decisionale nella vita quotidiana
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Amedeo Balbi: La minaccia (fantasma) dello scientismo

La Redazione di State of Mind consiglia la lettura di questo contenuto:

In poche discipline l’adozione di un approccio scientifico suscita tanti dibattiti quanto nel campo della psicologia e della psicoterapia. L’oggetto di studio, la mente e il comportamento, è un area contesa tra gli ideologi della cultura umanistica, in una parola psicosofi, e gli scienziati che scelgono di sottoporre le proprie intuizioni all’evidenza empirica. I primi proclamano il grave rischio di cadere nello scientismo. Ma cosa è questo scientismo? Uno dei grandi giovani ricercatori italiani lo presenta in questa acuta e piacevole ricerca personale.

Ho un problema con la parola “scientismo”. Non capisco bene cosa significhi, ma ho da tempo il sospetto che abbia molto in comune con la parola “buonismo”: siccome pare brutto attaccare direttamente la scienza (o la bontà), ci si inventa un bersaglio di comodo da colpire più facilmente. (Poi ci sono anche quelli che randellano scienza e bontà senza problemi, ma questo è un altro discorso.)

Pensavo che la difficoltà fosse solo mia, ma questa estate, dopo aver letto un lungo articolo del neuroscienziato Steven Pinker apparso su New Republic, ho capito di non essere il solo. Pinker ammette anche lui di non sapere cosa sia lo scientismo, ma fa una proposta: adottiamo la parola, togliamogli il significato peggiorativo e trasformiamola in un marchio positivo. Il resto dell’articolo è però semplicemente una lunga e appassionata difesa della scienza, quindi forse potremmo continuare a chiamare le cose col nome che hanno. Ma capisco la provocazione.

La minaccia (fantasma) dello scientismoConsigliato dalla Redazione

Ho un problema con la parola “scientismo”. Non capisco bene cosa significhi, ma ho da tempo il sospetto che abbia molto in comune con la parola “buonismo”: siccome pare brutto attaccare direttamente la scienza (o la bontà), ci si inventa … [Continua] (…)

Tratto da: Amedeo Balbi

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La Sindrome di Diogene e il museo del Pope

 

Sindrome_Diogene

La sillogomania, insieme al ritiro sociale e a una certa trascuratezza della persona e della casa (il cosiddetto “squallore domestico”) caratterizza una patologia neurologico-psichiatrica che prende il nome di Sindrome di Diogene.

Quest’estate, durante un viaggio a Creta, mi sono imbattuto in uno strano museo allestito nell’abitazione di un pope ortodosso, deceduto alcuni anni fa e ora gestito dai figli. Il museo conteneva una serie di oggetti che il pope collezionava e raccoglieva in giro per la Grecia.

C’erano macchine da scrivere, penne, icone e paramenti sacri, armi, telefoni, fotografie, animali imbalsamati etc. Non c’era un criterio preciso dietro la raccolta, ma sembrava piuttosto una sorta di passione per l’accumulo di “cose”.

Per certi versi mi ha ricordato la buonanima di mio nonno paterno, che accumulava in granaio tutte le copie del quotidiano che acquistava ogni mattina, vestiti dismessi, mobili, biciclette rotte, etc. Quando è venuto a mancare, qualche anno fa, i miei parenti hanno buttato via camionate di roba (in modenese i cosiddetti zavai), organizzando una task force da grandi manovre.

Il bisogno di accumulare oggetti prende il nome di sillogomania o disposofobia e si può ritrovare in persone affette da demenza, autismo, ritardo mentale, psicosi e disturbo ossessivo compulsivo

Gli accumuli patologici possono comprendere rifiuti e persino animali (animal hoarding o Sindrome dell’Arca di Noè), che chiaramente vengono trascurati.

La sillogomania, insieme al ritiro sociale e a una certa trascuratezza della persona e della casa (il cosiddetto “squallore domestico”) caratterizza una patologia neurologico-psichiatrica che prende il nome di Sindrome di Diogene (SdD), in onore dell’omonimo filosofo greco del IV secolo a.C., che abitava in una botte e predicava il ritorno a una vita semplice, senza beni materiali.

La Sindrome di Diogene (Zuliani et al., 2013) è un disturbo acquisito del comportamento che si presenta più spesso nel soggetto anziano, ma può colpire tutte le età. L’eziopatogenesi è multifattoriale. I geriatri hanno notato in questi pazienti una forte associazione con i disturbi cognitivi e le indagini strumentali hanno evidenziato danni degenerativi a livello dei lobi frontali.

Eventi stressanti (socio-economici, fisici, psicologici o affettivi) potrebbero far precipitare il quadro clinico di ritiro dalla vita sociale e di negazione del bisogno, come meccanismo di difesa. Secondo alcuni studiosi una personalità premorbosa propensa al collezionismo potrebbe essere un fattore di rischio (Montero-Odasso et al., 2005).

I soggetti affetti da SdD non hanno coscienza di malattia, solitamente rifiutano ogni aiuto e non sanno spiegare la finalità delle proprie attività di accumulo. I casi di solito vengono segnalati agli operatori sanitari da parenti o vicini. Tra le complicanze mediche possono manifestarsi malnutrizione, disidratazione e malattie cutanee come pediculosi e scabbia. Può emergere in questi pazienti la convinzione “immaginaria” di essere in una condizione di estrema povertà (delirio di rovina), nonostante possa capitare che accumulino grandi quantità di denaro senza accorgersene, magari nascondendoli sotto il materasso.

L’altro giorno ho fatto le pulizie di casa e ho buttato via un sacco di roba inutile. Tra la sera e la mattina ho visto ben due persone che rovistavano nel pattume di fronte a casa mia e prendevano la roba che avevo buttato.

Considerato che la SdD ha un’incidenza del 0,5 per mille mi è sembrato abbastanza improbabile che ben due soggetti vivessero nel mio quartiere ne soffrissero. Si trattava probabilmente di persone povere, più che malate; il rovistare nei cassonetti è infatti un tipo di attività che può aumentare in periodi di crisi economica nei paesi occidentali. Fateci caso.

D’altra parte se andiamo avanti così la tendenza anticonsumistica all’accumulo delle “cose” potrebbe diventare funzionale dal punto di vista evoluzionistico darwiniano, con un conseguente aumento di diagnosi (errate) di Sindromi di Diogene.

LEGGI:

TERZA ETA’DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO  OSSESSIONI

QUANDO LA RELIGIONE DIVENTA UN’OSSESSIONE: LA SCRUPOLOSITA’

 

 

BIBLIOGRAFIA:

  • Zuliani A, Danese P, Milani P, Gatti M. Sindrome di Diogene: descrizione di quattro casi clinici e revisione della letteratura. Giornale di Gerontologia, 2013; 61:50-57.
  • Montero-Odasso M, Schapira M, Duque G, Chercovsky M, Fernández-Otero L, Kaplan R, Camera LA. Is collectionism a diagnostic clue for Diogenes syndrome. Int J Geriatr Psychiatry. 2005 Aug;20(8):709-11.

Heart Rate Variability (HRV) – La variabilità interbattito

LE DEFINIZIONI DI PSICOPEDIA

Psicopedia - Immagine: © 2011-2012 State of Mind. Riproduzione riservataLa variabilità interbattito (Heart Rate Variability, HRV) è ormai considerata un buon indicatore del livello di efficienza nell’auto-regolazione emotiva dell’organismo e di un buon adattamento agli stimoli ambientali.

Si tratta di un indice che misura l’effetto del tono vagale sul balance simpato-vagale, ovvero sulla capacità del tono vagale di ridurre l’attività del sistema nervoso autonomo, qualora eccessivo e/o prolungato nel tempo, in condizioni di stress.

Le linee guida internazionali per la quantificazione di questo indice (Task Force of the European Society of Cardiology and the North American Society of Pacing and Electrophysiology, 1996) prevedono un’analisi specifica del tracciato elettrocardiografico: i segnali di alta frequenza (High Frequency; HF-HRV) vengono utilizzati come indicatori dell’attivazione del sistema nervoso parasimpatico, mentre i valori delle basse frequenze (Low Frequency; LF-HRV) sono considerati marker della simultanea presenza di una modulazione da parte di entrambe le branche del sistema nervoso autonomo.

La procedura standardizzata in letteratura e comunemente utilizzata, permette di ottenere una stima del balance simpato-vagale attraverso il calcolo del rapporto tra i segnali a bassa frequenza e i segnali ad alta frequenza (LF/HF-HRV) e di individuare l’eventuale riduzione della variabilità interbattito; l’HRV è infatti comunemente associata da un lato ad un aumentato rischio di ipertensione, malattie cardiovascolari e mortalità in genere, dall’altro alla presenza di diverse forme di psicopatologia quali, ad esempio, ansia e depressione (Brosschot & Thayer, 2003).

 

 LE DEFINIZIONI DI PSICOPEDIA

LEGGI:

STRESS – ANSIADEPRESSIONE 

IL RILASSAMENTO MODIFICA L’ESPRESSIONE GENICA

 

BIBLIOGRAFIA:

 

 

Il canto corale sincronizza… i cuori! – Musica & Psicologia

 

Il canto corale sincronizza..i cuori!. - Immagine: © ivook - Fotolia.com

Una recente ricerca si è occupata di portare alla luce gli effetti positivi del canto corale sul corpo, e in particolare sul cuore, grazie alla capacità di stimolare la comunicazione neurobiologica tra gli esseri umani.

Moltissime sono le manifestazioni di “canto corale” volte ad incrementare la comunione, la solidarietà e l’appartenenza: gli inni, i rituali e i canti religiosi, i mantra e il celebre “Om” della pratiche yoga.

Per chi non avesse avuto la fortuna di  provare una qualunque di queste esperienze, ora abbiamo la conferma che è giunta l’ora di buttarsi!

Una recente ricerca condotta in Svezia (Björn Vickhoff, 2013) si è occupata infatti di portare alla luce gli effetti positivi del canto corale sul corpo, e in particolare sul cuore, grazie alla capacità di stimolare la comunicazione neurobiologica tra gli esseri umani: uno studio da “nerd dell’evoluzionismo”…..che offre tuttavia una spiegazione biologica a moltissime esperienze umane, già presenti in tutte le culture dalla notte dei tempi! 

Esiste a questo proposito un filone di ricerche storicamente interessato a questi aspetti del comportamento umano, definiti come joint action (Sebanz et al., 2006) che sottolinea come, in sintesi, azioni di gruppo esterne e visibili corrispondano ad azioni interne e biologiche precise, regolando dunque il comportamento umano in modo profondo e in alcuni casi completamente automatico.

I ricercatori dell’Università di Göteborg si sono occupati in particolare di approfondire gli effetti del cantare in coro sul cuore, partendo proprio dal monitoraggio di alcuni indici fisiologici correlati all’attività cardiaca e alla regolazione delle emozioni. La frequenza cardiaca nell’uomo è in costante mutamento nell’arco della giornata, può accelerare o rallentare in base alle esigenze del momento e ciò ci rende capaci di un buon adattamento in molte e diverse situazioni.

Il rapporto tra cuore e canto è mediato principalmente dalla respirazione, o meglio dalla sincronizzazione di variabilità interbattito (HRV) e respirazione, che in letteratura è chiamata Respiratory Sinus Arrhythmia (RSA): la respirazione lenta produrrebbe una maggiore ampiezza della variabilità interbattito, per via della sua influenza sull’attività del sistema nervoso autonomo (SNA), e dunque una maggior regolarità del cuore.

In sintesi, quando espiriamo il SNA produce una risposta vagale (parasimpatico) che rallenta il battito, intervenendo direttamente sul’attività delle cellule del principale pacemaker  del cuore (il nodo sinoatriale), al contrario quando inspiriamo viene bloccata l’attività del vago (vagal break) e il nostro battito cardiaco aumenta (simpatico). L’RSA è il risultato di questa attività on-off del vago: più questa attività è regolare e sincronizzata al respiro, maggiori sono i benefici per il nostro sistema cardiocircolatorio (Porges, 2011).

Per intenderci: la meditazione, lo yoga, la respirazione guidata, la pratica mindfulness … agiscono tutte su questo meccanismo. Ma ora torniamo al canto!

I ricercatori hanno scelto di indagare tre forme di canto al fine di identificare la più efficace nell’aumentare RSA e dunque il benessere generale: un suono monotono (humming), un inno e un mantra. In tutti e tre i casi è stata valutata la struttura ritmica dei brani, la coordinazione tra questa e il respiro dei partecipanti e alcuni indici fisiologici (HRV, conduttanza cutanea, temperatura del dito, respirazione).

I risultati hanno mostrato come cantare all’unisono brani dalla struttura ritmica regolare, porti alla sincronizzazione del battito cardiaco e della respirazione dei partecipanti: l’effetto maggiore sull’ampiezza dell’HRV si è ottenuto per il mantra e per l’humming, mentre meno significativo è risultato l’inno.

Quel che è importante è che dopo una sessione di canto, i cuori dei cantanti “imparano” ad accelerare e rallentare simultaneamente, producendo una sintonizzazione emotiva e contemporaneamente fisiologica molto benefiche per l’uomo.

Se pensiamo infine che il nervo vago arriva a regolare anche l’attività dei muscoli della laringe, producendo quella che viene definita “prosodia emozionale”…..ecco che la voce e la sua espressione attraverso il canto assumono un ruolo comunicativo evolutivamente fondamentale.

I risultati della ricerca spiegherebbero, potenzialmente, il ruolo del canto collettivo nella creazione di una prospettiva congiunta e dunque di un’azione congiunta..

LEGGI:

MEDITAZIONE – MUSICA 

LEGGI LA DEFINIZIONE DI PSICOPEDIA DI HEART RATE VARIABILITY  (HRV) – LA VARIABILITA’ INTERBATTITO

LA TERAPIA DE ANDRE’ – INTERVISTA ALL’AUTORE – PSICOLOGIA E MUSICA

 

 

BIBLIOGRAFIA:

 

Farmacoterapia vs. Psicoterapia i risultati di una nuova meta analisi

– FLASH NEWS-

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche

Secondo una nuova meta-analisi che ha analizzato il trend attuale nel mondo anglosassone la maggior parte dei pazienti se posti di fronte a una scelta – farmacoterapia o psicoterapia – preferirebbe l’intervento psicoterapico rispetto alla sola assunzione di farmaci.

Lo studio ha preso in considerazione 34 ricerche  con campioni principalmente composti da pazienti con diagnosi di depressione e disturbi d’ansia.

In generale, il 75% dei soggetti coinvolti ha affermato la propria preferenza per la psicoterapia rispetto al puro trattamento farmacologico. Interessante anche il dato secondo cui tale tendenza sia ancora più marcata nelle donne e nei ragazzi giovani.

D’altro canto però la meta analisi pone la questione in termini semplicistici e dicotomici: nessun accenno all’atteggiamento verso un trattamento integrato farmaco-psicoterapico, né distinzioni più specifiche relativamente alla gravità sintomatologica.

Certamente, come ci aspettiamo da una meta-analisi rimangono anche implicite e non approfondite le motivazioni alla base di tale preferenza: il peso dello stigma legato all’assunzione dei cosiddetti “ psicofarmaci”? La paura e gli stereotipi di dipendenze o effetti non desiderati e non controllabili?

 

LEGGI:

PSICOFARMACOLOGIA – STIGMADIPENDENZE

ANTIDEPRESSIVI E GRAVIDANZA: SI PUO’?

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

La Cartella Clinica Umana: al centro la comunicazione tra medico e paziente

La Redazione di State of Mind consiglia la lettura di questo contenuto:

Segnaliamo questo interessante articolo che racconta dell’iniziativa di Rosalba Panzieri, scrittrice, e del concetto di Cartella Clinica Umana.

Riportare a un ruolo di centralità i rapporti umani tra medico e paziente è un argomento molto attuale.
A tal proposito segnaliamo il congresso LA RELAZIONE CHE CURA Congresso Nazionale SIPNEI che si terrà a Torino il 23 novembre 2013.

Scusi, che cosa è, concretamente, la “cartella umana”?
«È un modulo narrativo attraverso cui il paziente racconta come percepisce la malattia, le sue preoccupazioni, il futuro, e che affianca in cartella i dati clinici e diagnostici. Sembra una banalità, invece è uno strumento di grande importanza perché non solo ridà valore alla persona, ma traduce nella pratica il concetto di accoglienza del paziente e quello di alleanza tra lui e il medico,  per garantire un rapporto terapeutico migliore».

Rosalba Panzieri e la “cartella clinica umana”Consigliato dalla Redazione

Rosalba Panzieri non è un medico, è una scrittrice e attrice. Ma ha avuto un’idea che aiuta a curare meglio: far raccontare ai pazienti la loro storia, i loro desideri. Sperimentata a Roma, è pronta per essere replicata in tutta Italia (…)

Tratto da: Donna Moderna

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Anoressia: le ricerche indagano su Genetica & livelli di Colesterolo

 

La Redazione di State of Mind consiglia la lettura di questo contenuto:

La  ricerca è partita dal professor Nicholas J. Schork del Scripps Insitute Research , in California e ha coinvolto 1200 ragazze con un problema di anoressia. Una delle ricerche più grandi svolte nell’ambito di questa patologia, ha richiesto la collaborazione di 20 istituti di ricerca internazionali.

Lo scopo era quello di analizzare i geni al fine di capire se ce ne fossero alcuni o uno associato alla malattia.

In definitiva hanno scoperto il coinvolgimento del colesterolo o meglio di un enzima che regola il metabolismo del colesterolo. Infatti la maggioranza delle ragazze con anoressia riportavano elevati livelli di EPHX2 e di colesterolo nel sangue per essendo iponutrite.

Ora rimane da chiarire il coinvolgimento di questo enzima nella patologia per trovare una possibile risposta o cura.

Ancora

L’umore e il normale comportamento alimentare verrebbero quindi disturbati da alcune varianti di un gene che codifica l’enzima preposto alla regolazione del metabolismo del colesterolo.

 

 

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Sull’ingiustizia di Amartya Sen (2013) – Recensione

RECENSIONE DEL LIBRO:

Sull’ingiustizia

di Amartya Sen

(2013)

LEGGI TUTTE LE RECENSIONI DI STATE OF MIND

 

Sull’ingiustizia di Amartya Sen - Recensione

Sì, la politica ha bisogno di emozionarsi, o usando i termini di Sen ha bisogno di “idillio”, al punto da riuscire a ridurre le condizioni che generano ingiustizia partendo dal ragionamento e dall’indignazione, che significano cambiamento.

L’attuale crisi economica che ci sta attanagliando ha drammaticamente acuito le diseguaglianze fino a obbligarci a porre l’attenzione sul concetto di giustizia sociale. Insomma, come costruire uno stato “giusto”? La soluzione potrebbe essere il non perseguire un chimerico sogno di giustizia, ma prevenire ed eliminare le ingiustizie gravi e manifeste partendo dai bisogni del singolo e poi della società.

Tutto questo, arricchito da molte teorie e postulati che partono da Hobbes, Locke, Rousseau, e Kant per arrivare a Smith , Mill, Bentham e Marx, è quanto lega i concetti sviluppati e sviscerati nel saggio Sull’ingiustizia (Erickson, 2013 a cura di Yong-June Park) di Amartya Sen, economista e filosofo indiano di fama internazionale e premio Nobel per l’economia nel 1998.

Nulla è mai tanto acutamente percepito e sentito quanto l’ingiustizia”, si legge nel saggio citando  Dickens, soprattutto in questi giorni in cui la moneta sembra muovere la felicità della gente. Ed è proprio l’emozione che manca ai più e alla politica. Sì, la politica ha bisogno di emozionarsi, o usando i termini di Sen ha bisogno di “idillio”, al punto da riuscire a ridurre le condizioni che generano ingiustizia partendo dal ragionamento e dall’indignazione, che significano cambiamento.

Infatti, proprio dalla discussione politica possono emergere delle soluzioni relative ai modi in cui la giustizia può essere migliorata, muovendo da una realtà concreta e centrata sulle persone per ottenere scelte collettive giuste, o meno ingiuste, avvalendosi dell’esperienza e dell’osservazione. Questo cambiamento di prospettiva renderebbe possibile affrontare anche problemi di grande portata come le crisi economiche globali, lo sviluppo sostenibile, il terrorismo, le pandemie, i diritti umani.

Si cerca di ottenere una giustizia comparativa e non astratta dove la dimensione relazionale ha la meglio sull’utilitarismo, dove sono valorizzate le preferenze individuali e la loro pluralità, eleggendo il confronto pubblico come loro spazio di dialogo.

Possiamo comprendere la gravità della crisi globale in corso solo se esaminiamo quel che sta accadendo alla vita reale degli esseri umani, specialmente alle persone meno privilegiate, al loro benessere e alla loro libertà di vivere vite umane dignitose. Non possiamo cogliere la gravità dei problemi che si trovano ad affrontare limitandoci a considerare il PIL e altri indicatori che descrivono le condizioni economiche della libertà umana invece della libertà umana in se stessa: la sua portata e tangibilità, e naturalmente la sua deprivazione e il suo declino”.

L’innovazione, dunque, consiste nel procedere dal singolo per arrivare al globale, partire dalla base, dalle fondamenta, per ri-costruire la società. Il ruolo del ragionamento pubblico globale è sempre più importante nel nostro mondo così interdipendente, ed è fondamentale per la costruzione di una democrazia globale, anche se non si riesce sempre a riconoscerne l’importanza e la rilevanza, ma sono concetti che possono fare la differenza.

LEGGI:

SOCIETA’ & ANTROPOLOGIA – LETTERATURAFILOSOFIA & PSICOLOGIA

LEGGI TUTTE LE RECENSIONI DI STATE OF MIND

THE SELF ILLUSION: SIAMO DAVVERO SOLO UNA MASSA DI ATOMI?

 

 

BIBLIOGRAFIA:

 

 

 

Niente sesso dopo l’arrivo del bebè?

Giulia Giorgi

Niente sesso dopo l'arrivo di un bebè . - Immagine: © LanaK - Fotolia.comNiente sesso dopo la nascita di un bebè”! E’ una delle principali lamentele dei partner alle prese con una compagna che, impegnata com’è a prendersi cura del nuovo nato, sembra non avere più interesse per l’intimità.

La maternità, come la paternità, e’ un’esperienza coinvolgente e sconvolgente che mette a dura prova l’equilibrio di coppia, dal punto di vista fisico, psicologico e sociale.

Le abitudini della coppia sono completamente stravolte, il tempo a disposizione si riduce enormemente e così ogni uomo e donna modifica drasticamente le abitudini di vita. Hobbies, passioni, relax, sport passano in secondo piano rispetto alle esigenze del nuovo arrivato.

Niente sesso dopo la nascita di un bebè”! E’ una delle principali lamentele dei partner alle prese con una compagna che, impegnata com’è a prendersi cura del nuovo nato, sembra non avere più interesse per l’intimità. Ma in realtà non sono solo gli ormoni ‘impazziti’ o altri fattori biologici legati al parto la causa principale di questo ‘stop’ sotto le lenzuola. La coppia, infatti, si ‘raffredda’ anche per colpa del partner e dell’altrettanto tesa situazione mentale che sta vivendo.

Fino ad ora le ricerche condotte sulla sessualità post-parto si sono tipicamente concentrate sulla biologia femminile dopo la nascita di un bebè, analizzando, ad esempio, come i cambiamenti ormonali che accompagnano la gravidanza, il parto e l’allattamento al seno influenzino il desiderio e l’attività sessuale. Pochi studi avevano finora esaminato la sessualità nei partner. Ci hanno pensato Sari Van Anders della University of Michigan e i suoi colleghi, in una ricerca pubblicata di recente presso il Journal of Sexual Medicine (Sari M. Van Anders, Hipp E.L, and Kane L. Low., 2013. Exploring co-parent experiences of sexuality in the first 3 months after).

Questo gruppo di ricerca ha progettato un’indagine mirata proprio a considerare la sessualità dopo il parto come un processo sociale e relazionale, con particolare attenzione a entrambi i neo-genitori. Sono state intervistati un totale di 114 soggetti (95 uomini e 19 donne) per indagare la loro sessualità durante i tre mesi successivi alla nascita del figlio più piccolo.

I risultati hanno tenuto in considerazione esperienze fisiche, sociali, psicologiche e relazionali e avrebbero indicato come anche i padri sperimenterebbero cambiamenti nell’esperire la loro sessualità di coppia. Si tratterebbe di modificazioni piuttosto legate a processi relazionali e sociali, non solo fattori biologici o medici.

Per esempio, il calo del desiderio nel partner è stato in gran parte influenzato da fattori legati alla cura di un nuovo bambino (come ad esempio la stanchezza e lo stress) piuttosto che da fattori legati alla nascita e/o il parto della madre, come più tipicamente presunto in gran parte delle precedenti ricerche sul tema.

In conclusione dunque, i risultati di questa ricerca sembrerebbero dirci come la “salute sessuale” di un partner potrebbe essere influenzata da quella del compagno o dalla compagna indipendentemente da variabili fisiche o biologiche.

Ma dunque la vita sessule di una coppia dovrebbe finire con la nascita di un bimbo? Assolutamente no! Anche l’APA (American Psycholigist Associacion) sottolinea come uno tra i segreti per il benessere di un matrimonio sia preservare la vita sessuale, lontano da figli, lavoro, mondo esterno.

Non dimentichiamoci dunque, come il calo del desiderio sessuale dopo una nascita, non derivi necessariamente da una mancanza d’amore, ma da una serie di ragioni fisiche e psicologiche che colpiscono naturalmente la donna, la coppia.

LEGGI:

GRAVIDANZA E GENITORIALITA’ – SESSO – SESSUALITA’

L’ATTESA. IL PERCORSO EMOTIVO DELLA GRAVIDANZA. DI A. PELLAI (2013) – RECENSIONE

 

BIBLIOGRAFIA:

 

Musica, Comportamento e capacità di Problem Solving nei bambini

– FLASH NEWS-

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche

Fare musica sin dai primi anni: questo sembra essere un fattore in grado di migliorare sia il comportamento prosociale e la capacità di problem-solving dei bambini.

Basandosi su ricerche già esistenti (Kirschner e Tomasello in 2010), un nuovo studio dell’Universita di West London ha indagato non solo gli effetti del fare musica (cantare o suonare uno strumento) sulla prosocialità , ma anche sulla capacità di risoluzione di problemi nei bambini di quattro anni di età.

La ricerca ha previsto la randomizzazione dei soggetti in due gruppi: il gruppo ‘Musica’ e il gruppo  ‘Non Musica’.

I bambini del gruppo Musica sono stati impegnati in attività di canto e suono delle percussioni, mentre i bambini del secondo gruppo sono stati coinvolti nell’ ascolto di una storia.

A seguito di queste attività, ai bimbi sono stati proposti un gioco sulla cooperazione e uno sull’aiuto dell’altro per valutare le capacità prosociali e di problem-solving.

Dai risultati è emerso che i bambini del gruppo “musica” presentavano una probabilità significativamente maggiore di aiutare i propri pari e di cooperare rispetto ai bimbi del gruppo “Non musica”.

E’ stata riscontrata anche una differenza significativa – anche se di minore portata rispetto agli effetti sulla prosocialità- nella capacità di problem solving.

Quindi fare musica fin dalla tenera età, non solo svago e cultura ma anche promotore di abilità cognitive e sociali.

 

 

LEGGI:

MUSICABAMBINIRAPPORTI INTERPERSONALI

 EFFETTO MOZART: PUO’ LA MUSICA RENDERCI PIù INTELLIGENTI?

BIBLIOGRAFIA:

 

Procrastinazione: come perdere tempo finchè non è troppo tardi!

 

 

Il fenomeno psicologico della Procrastinazione deve essere evidentemente molto legato al mondo del web vista la mole di materiale che è stata prodotta sul tema. Vi proponiamo 3 “infografiche” sulla procrastinazione per sorridere un momento di questo loop mentale che moltissimi di noi hanno provato prima o poi nella vita:

 

1 I DIVERSI TIPI DI PROCRASTINATORI: (Fonte: twenty pixels)

A Field Guide to Procrastinators. - Immagine: Copyright ©2013 - 20px – Twenty Pixels

 

2 PROCRASTINATION FLOW CHART 1: (Fonte: thelaughinghousewife.wordpress.com)

Procrastination Flow Chart (1). Source: http://thelaughinghousewife.wordpress.com

3 PROCRASTINATION FLOW CHART 2: (Fonte: http://nzblokes.co.nz)

Procrastination Flow Chart (2). - Immagine: http://nzblokes.co.nz

 

Tutti gli articoli su: Procrastinazione
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Procrastinazione: Differenze di Genere e Educazione. Una forma di fallimento autoregolato connesso a più bassi livelli di autostima, salute e benessere.
Dal malessere al benessere
Dal malessere al benessere – Recensione
Dal malessere al benessere si occupa di malessere psicologico non classificabile in categorie diagnostiche ma che porta il paziente in terapia.
Procrastinazione: come perdere tempo finchè non è troppo tardi!
3 "infografiche" sulla Procrastinazione per sorridere di questo tipico loop mentale che moltissimi di noi hanno provato prima o poi nella vita...
Procrastinare: Tribolazioni pt. 15 – Psicopatologia della vita quotidiana
Il procrastinatore ha vinto il tempo, ne ignora il potere. Inizia a fare le cose nel momento in cui dovrebbe averle concluse.
Flash News - stateofmind
Impulsività e procrastinazione fanno parte della stessa famiglia? – Psicologia
Impulsività e Procrastinazione sono due tratti che convivono nel nostro percorso evolutivo, da cosa dipendono le capacità di scelta e previsione? Psicologia
State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicoogiche - Flash News
Procrastinazione: dipende dalla nostra percezione del tempo
Lo studio mostra che abbiamo più possibilità di rimandare un compito se questo ci sembra parte del futuro rispetto a quando lo percepiamo parte del presente
State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicoogiche - Flash News
Procrastinazione: è influenzata da fattori genetici
Uno studio ha scoperto che la tendenza a procrastinare è influenzata da fattori genetici, che sono anche legati ad una propensione all'impulsività
Lo faccio domani: capire le emozioni di chi procrastina
Nuove ricerche suggeriscono che procrastinare è un modo per gestire stress e ansia: l'intervento terapeutico va focalizzato sulle emozioni del paziente.
Psicopedia - Immagine: © 2011-2012 State of Mind. Riproduzione riservata
La procrastinazione – Definizione di Psicopedia
Una persona che procrastina mette in atto una forma di evitamento che gli permette di non entrare in contatto con le proprie insicurezze, paure e limiti
Procrastinazione: esiste una componente genetica che ci spinge a rimandare a domani? - Immagine: 59604544
Procrastinazione: esiste una componente genetica che ci spinge a rimandare a domani?
Un nuovo studio si è posto l’obiettivo di comprendere perché alcuni di noi cedono alla procrastinazione rispetto ad altri: vi è una componente genetica?
Precrastinazione: quando si completano sempre le attività in anticipo
Lo faccio adesso! Il fenomeno della precrastinazione è peggio della procrastinazione?
A differenza della procrastinazione, la precrastinazione consiste nel completare le attività il prima possibile anche se questo richiede uno sforzo maggiore
Procrastinazione natalizia: caratteristiche e fattori del fenomeno -Psicologia
Oh oh oh.. anche quest’anno sono in ritardo coi regali di Natale. Perché procrastiniamo anche a Natale?
Il fenomeno della procrastinazione non svanisce nemmeno a Natale ma, secondo alcune ricerche psicologiche, non è immune dallo spirito natalizio
Procastinazione e Stress lavorativo: fattori personali e contestuali
Psicologia della procrastinazione: dalle variabili personali ai fattori contestuali
La procrastinazione è un processo diffuso soprattutto in ambito lavorativo ed è imputabile a più fattori, personali e contestuali.
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Fare ACT – workshop avanzato – MILANO

Fare ACT – workshop avanzato

MILANO 30 Novembre – 1 Dicembre 2013 

ACT Italia presenta 2 giornate di workshop workshop pratico ed esperienziale per apprendere i principi dell’Acceptance and Commitment Therapy e per acquisire strumenti concreti per la quotidianità clinica.

L’ACT è una delle terapie più interessanti sul panorama scientifico internazionale. L’adattamento alla lingua e al contesto italiano di questo modello ha richiesto una grande collaborazione con la comunità internazionale, ricerca, lavoro ed esperienza di molti clinici.

Questo workshop è il risultato di questi anni di lavoro: la possibilità di apprendere e utilizzare l’ACT nel nostro contesto.
È probabile che di fronte ai principi letti nei libri tu ti sia posto domande come “sì ma come faccio con…”, “ma può funzionare per…”, “bello scritto così ma nel mio ambulatorio?…” “…in italiano non funziona così bene…”. Molti libri sull’ACT (e l’approccio stesso) forniscono in realtà buone guide pratiche, ma spesso rimangono interrogativi e difficoltà nell’applicazione dei principi.

Questo workshop si propone di fornirti risposte semplici e concrete alla domanda “COME?”

Obiettivi di apprendimento:
•    concettualizzazione del caso in chiava ACT;
•    utilizzo di tecniche ACT (metafore, paradossi, esercizi esperienziali) per favorire i processi fondamentali della flessibilità psicologica;
•    apprendimento delle competenze pratiche tipiche dell’ACT per potenziare la connessione e il coinvolgimento nella relazione terapeutica;
•    potenziamento del tradizionale approccio cognitivo-comportamentale attraverso l’ACT
•    utilizzo dell’ACT, non dal giorno dopo ma a partire dal giorno stesso!

Il workshop sarà prevalentemente esperienziale (esercizi di mindfulness ed esperienziali a coppie o in piccoli gruppi) e pratico. È utile un precedente apprendimento dei principi dell’ACT (attraverso altri workshop o letture).

Letture consigliate:
•    Harris, R. (2011) Fare ACT. Milano: Franco Angeli.
•    Harris, R. (2009) La trappola della felicità. Trento: Edizioni Erickson.
•    Hayes, S. (2010) Smetti di soffrire inizia a vivere. Milano: Franco Angeli.
•    Harris, R. (2010) Se la coppia è in crisi…Milano: Franco Angeli.

Destinatari
Medici, Psicologi e psicoterapeuti.

Docenti
Giovanni Miselli, PhD
Psicologo – Psicoterapeuta,
Analista del Comportamento
Socio IESCUM
Socio fondatore ACT-Italia – ACBS Italian Chapter
Presidente uscente di ACT-Italia – ACBS Italian Chapter

Giovanni Zucchi
Psicologo – Psicoterapeuta
Socio IESCUM
Socio Fondatore ACT-Italia – ACBS Italian Chapter
Presidente di ACT-Italia – ACBS Italian Chapter

Data e luogo
30 novembre- 1 dicembre 2013 (l’iscrizione e la partecipazione a entrambe le giornate è considerata obbligatoria per ottenere il certificato di frequenza all’evento)
Orario 9.30-18.00
MILANO – Hotel Mercure Milano Centro, Piazza Oberdan 12, 20129 MILANO (a pochi metri dalla fermata della METRO ROSSA – PORTA VENEZIA)

Tutte le informazioni per iscriversi ed effettuare il pagamento sono disponibili alla pagina Iscrizione ai workshop

Il costo di iscrizione è:
•    250 € per i professionisti
•    170 € per i professionisti soci ACT- Italia
•    100 € per gli studenti

Informazioni
Per ogni ulteriore informazione è possibile contattare l’indirizzo [email protected]

DISTURBO BIPOLARE NELL’INFANZIA E NELL’ADOLESCENZA: FOCUS SULLA CLINICA E LA TERAPIA

PAVIA 20 Settembre 2012 

 

Conference venue

Collegio Nuovo – Fondazione Sandra e Enea Mattei
Aula Magna
Via Abbiategrasso, 404 – 27100 Pavia

Getting to the Conference venue

IN TRENO 
Stazione ferroviaria di Pavia: autobus n. 6 da via Brichetti (uscita posteriore della stazione, subito a destra) in direzione Cascina Pelizza – Tibaldi fino al Collegio (fermata Ist. Volta).

IN AUTO
Autostrada A4 Milano-Genova
Dall’uscita di Bereguardo proseguire lungo il raccordo autostradale per circa 8 km, fino a imboccare l’uscita Via Riviera; all’uscita, svoltare subito a sinistra in Via Adda; proseguire per circa 400 metri fino alla seconda rotonda e girare a destra: state già costeggiando il Collegio (sulla vostra destra).
Autostrada A21 Torino-Piacenza
Dall’uscita di Casteggio proseguire sempre dritto sulla statale per circa 15 km e imboccare la tangenziale di Pavia; seguire le indicazioni per l’autostrada Milano-Genova; alla rotonda, seguire ancora le indicazioni per l’autostrada Milano-Genova; subito dopo la rotonda prendere la prima uscita (Via Riviera); all’uscita, svoltare a sinistra; alla rotonda girare a destra: state già costeggiando il Collegio (sulla vostra destra).

Parcheggio gratuito.

Participant max number

La partecipazione ai lavori è limitata ad un numero massimo di 180 iscritti

Payment

Quote di iscrizione
Il Convegno è aperto a 180 partecipanti.
Le quote d’iscrizione sono:
• € 60,50 (€ 50,00 + IVA21%)
• € 30,25 (€ 25,00 + IVA21%) per Studenti, Specializzandi, Dottorandi “esterni” (allegare certificato)
• GRATUITA entro e non oltre il 31 luglio per il personale dell’Istituto Neurologico Nazionale
“C. Mondino” e dell’A.O. Provincia di Pavia (dipendenti, studenti, specializzandi e dottorandi) e per i partecipanti al progetto regionale.

L’iscrizione dà diritto a: kit congressuale, attestato di partecipazione, certificato crediti ECM/CPD, coffee break e colazione di lavoro.

Tutti i partecipanti ai lavori sono pregati di iscriversi tramite il ‘form on line’ che si trova sul sito web www.bquadro-congressi.it ed effettuare il pagamento (al netto delle spese bancarie) tramite bonifico bancario sul conto corrente intestato a

Bquadro Congressi srl
IBAN: IT07 H 02008 11301 00010 2482 188
nella causale indicare:
nome, cognome e la dicitura “Iscrizione 13 PPR 17″

Iscrizioni telefoniche e iscrizioni ricevute senza i dettagli del pagamento non saranno prese in considerazione.

Istruzioni on-line e procedura di iscrizione per nuovi utenti:
1) compilando la tabella dei dati personali e la password si è registrati al portale Bquadro;
una mail di conferma comprensiva di USERNAME e PASSWORD verrà generata in automatico dal sito e consentirà di passare al modulo successivo.
2) inserire USERNAME e PASSWORD nell’area riservata in blu e accedere alla sezione “calendario eventi”. Selezionando il mese, l’evento desiderato, quindi “Iscrizione on line” in automatico verranno riproposti i dati personali. Si prega di confermarli selezionando invio. Una mail di effettuata pre-ISCRIZIONE all’evento verrà generata in automatico dal sito.

La conferma dell’iscrizione sarà inviata una volta verificato il pagamento.
La fattura in formato .pdf sarà scaricabile dal sito previo avviso mediante mail all’indirizzo di posta elettronica digitato al momento della registrazione.
Il certificato dei crediti formativi ECM/CPD sarà inviato dall’ Istituto Mondino, Provider dell’evento

Esenzione IVA:
per averne diritto, è obbligatorio inviare una mail con la dichiarazione di esenzione da parte dell’Azienda Ospedaliera di appartenenza.
Nessun rimborso dell’IVA verrà fatto a posteriori.

Condizioni di annullamento e rimborso
In caso di rinuncia alla partecipazione al Convegno, la disdetta dovrà essere inoltrata alla Segreteria Bquadro entro il 6 Settembretramite fax 0382 27697, o e-mail all’indirizzo [email protected] .
Oltre tale data non sarà più possibile ottenere alcun rimborso.
I rimborsi saranno effettuati dopo il Convegno.
Si ricorda di indicare nella comunicazione: Nome e Cognome dell’intestatraio del conto e IBAN.

mail: [email protected]

sito web: www.bquadro-congressi.it

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To whom it may concern

E’ in atto la pratica di accreditamento per la certificazione dell’evento finalizzata all’attribuzione di Crediti Formativi Regionali Lombardi ECM/CPD, secondo il programma Educazione Continua in Medicina per le seguenti figure professionali:
Medico chirurgo (Neurologia, Neuropsichiatria Infantile, Pediatria, Psichiatria).
Educatore Professionale
Infermiere
Infermiere Pediatrico
Psicologo (psicologia, psicoterapia)
Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’età evolutiva

Credits

Si fa presente che i CREDITI REGIONALI, sulla base dell’accordo – in materia di programma di Formazione Continua – sancito dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano (D.G.R. VII/18576 del 5.08.2004 e del 20.05.04), hanno valenza su tutto il territorio nazionale.

L’assegnazione dei crediti è subordinata all’effettiva partecipazione al programma formativo.
Sono stati preassegnati N° 6 crediti ECM-CPD.
Il certificato dei crediti ECM/CPD verrà inviato direttamente dal Provider in f.to pdf, all’indirizzo di posta elettronica digitato al momento della registrazione al portale.

Certificate of attendance

A tutti i partecipanti, verrà rilasciato un Attestato di Partecipazione.

Provider dell’evento è l ’Istituto Neurologico Nazionale “C. Mondino”
L’Attestazione dei crediti attribuiti verrà inviata dopo il congresso, previa verifica dei requisiti richiesti dal Provider: partecipazione a tutte le sessioni (100% dell’effettiva presenza ai lavori), compilazione e consegna del Dossier ECM.

Scientific committee

Prof. Umberto Balottin
Università degli Studi di Pavia
I.R.C.C.S. Fondazione “Istituto Neurologico Nazionale C. Mondino”
Emma Bettaglio
A.O. Provincia di Pavia
Matteo Chiappedi
I.R.C.C.S. Fondazione “Istituto Neurologico Nazionale C. Mondino”
Paolo Fusar Poli
King’s College, University of London
Giorgio Rossi 
Ospedale Filippo Del Ponte, A.O. Ospedale di Circolo, Varese
Università degli Studi di Pavia
Pierangelo Veggiotti
Università degli Studi di Pavia
I.R.C.C.S. Fondazione “Istituto Neurologico Nazionale C. Mondino”

Organizing secretariat

Bquadro congressi srl
Via San Giovanni in Borgo, 4
27100 PAVIA
tel. 0382 302859 – fax 0382 27697
mail: [email protected]
sito web: www.bquadro-congressi.it

Changes

La Segreteria Scientifica e la Segreteria Organizzativa si riservano il diritto di apportare al programma tutte le variazioni ritenute necessarie per ragioni tecniche e/o scientifiche.

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