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Poor Things (2024): una storia eversiva sul progresso umano – Recensione

Poor Things esplora un bagaglio denso di nozioni riconducibili alle scienze filosofiche e sociali e affronta diversi temi psicologici

Di Angelo Valente

Pubblicato il 09 Feb. 2024

La trama di “Poor Things”

>>> Attenzione! L’articolo può contenere spoiler <<<

Godwin Baxter, un rinomato medico accademico, si trova alle prese con colei che rappresenta il più grande esperimento scientifico della sua intera carriera, ma per le sue aspettative iniziali ancora non se ne rende pienamente conto. Una sera come tante, in una Londra vittoriana dai connotati ucronici, si troverà infatti a recuperare casualmente il corpo di una giovane suicida in attesa di un bambino. Da lì, la fulminea intuizione: una volta accertatosi dell’esiguo potenziale biologico del corpo, decide di sostituire il cervello della donna con quello del feto, portandola in rianimazione in perfetto stile Frankestein. Da quel momento, l’avventura del Dr. Baxter si sposterà prevalentemente sullo studio a lungo termine di Bella, la sua nuova creatura dai comportamenti fanciulleschi per cui assolverà per la prima volta in vita sua le veci paterne. Ad accompagnarlo in questo lungo compito parteciperà Max McCandles, uno dei suoi fidati discepoli. In tempi molto rapidi, Bella comincerà ad affrontare ogni singola tappa dello sviluppo umano, sia in termini fisici che cognitivi, fino al punto in cui deciderà di sua spontanea volontà di esplorare il mondo esterno contro ogni aspettativa del padre, da cui farà ritorno munita di una consapevolezza nuova, nonché completamente diversa da quella della sua precedente vita.

Analisi interpretativa di “Poor Things”

L’ultimo film di Yorgos Lanthimos riprende in parte alcune dinamiche peculiari delle sue opere precedenti, in cui personaggi dal tono ingenuo e fiabesco si ritrovano a interagire tra loro costruendo episodi contrassegnati da movenze apparentemente bizzarre, ma che trasmettono una profonda matrice simbolica in merito a differenti tematiche, concernenti soprattutto il ruolo dell’essere umano all’interno di assetti socioculturali che sembra strizzino l’occhio alle società occidentali. Il regista greco, all’interno del suo curriculum cinematografico, ha sempre curiosamente inscenato vicende consumate all’interno di luoghi chiusi, o comunque privi di qualunque parvenza di traccia veritativa proveniente dal mondo esterno. I suoi protagonisti sono sempre dipinti come esseri inizialmente ingenui, se non addirittura servili e assoggettati dai dettami stringenti dei piccoli consorzi umani in cui si trovano a vivere, dove la sola forma di equilibrio tra persone si instaura in oscillanti rapporti di potere e sopraffazione a ruoli invertiti. 

“Poor Things” e il ruolo dell’apprendimento come scoperta di sé

Nel caso di “Poor Things”, in italiano “Povere Creature”, il binomio dominio-sottomissione sembra apparire in maniera molto più sottile: i personaggi principali impongono a Bella dei vincoli basati perlopiù su un bagaglio di esperienze ampiamente consolidato. Nel caso del Dr. Baxter possono essere i principi della metodologia scientifica che ha sempre osservato sin da quando ne ha memoria, mentre per l’avvocato Wedderburn derivano prevalentemente dai privilegi e dal buon costume concessi dallo status della sua professione. Il fenomeno di sovversione avviene in modo lento e quasi impercettibile: con il tempo e l’accumularsi di esperienze, la donna acquisisce le facoltà cognitive che le permettono di riflettere più profondamente sul suo ruolo nel mondo, senza però subire la pressione implicata dal rigore morale delle convenzioni sociali dell’epoca. Bella, affrontando la vita come una tabula rasa, è comunque capace di esprimere ogni suo atto di volontà senza incontrare eccessivi ostacoli, soprattutto agli occhi di uomini che, pur avendo i mezzi per decidere delle sue sorti, provano una fatica immane a sottrarsi alle risolutezze infantili collocate in un corpo munito di piena forza biologica. Così come il suo vecchio padre non riesce a contenere il suo libero arbitrio sotto la lente scientifica, anche figure come Wedderburn non riescono a sottrarsi alla spinta incontenibile dell’esplorazione fanciullesca (un concetto che ricorda molto i principali postulati dell’apprendimento di Piaget).

Di primo acchito, questa mancanza di controllo suscita grande contrarietà, quasi posta come sintomo di inosservanza delle leggi morali imposte da un retaggio culturale di stampo patriarcale. Dalla sua, la protagonista si trova munita di un potere ulteriormente conferitole dalla propria genitalità, ottemperando a una visione di scoperta di sé e dell’altro alquanto riconducibile al principio di piacere freudiano, in cui l’agire verso il mondo sarebbe massimizzato dalla ricerca della gratificazione sessuale. Non a caso, già nelle prime fasi dell’opera, anche questo tipo di condotta contribuisce a direzionare le volontà di Bella in maniera irrefrenabile, tanto da causare nello spasimante avvocato un pesante tracollo psicologico per il solo fatto di non aver aderito al suo personale principio di realtà basato sul controllo e l’imposizione di un modello coniugale monogamico atto a elevare l’appetibilità dell’altolocazione maschile. Non è una coincidenza se la maggior parte degli attriti durante il film scaturiscono proprio in relazione a delle figure che godono di potere e alto rango. 

“Poor Things”, il progresso scientifico e il progresso umano

Gli spunti offerti da Lanthimos sono tanti e differenziati, che quasi sembrano contribuire alla sua visione di libertà. Nel realizzarla, sono stati presi in considerazione diversi elementi, tra cui il ruolo imprescindibile del progresso scientifico. Similmente, già Michel Houellebecq nel suo romanzo “Le particelle elementari” delinea delle ipotesi prospettiche di tale stampo, mirate a porre in risalto il potenziale progresso dell’umanità nella misura in cui quest’ultima sarà un giorno capace di evolversi per autosostituzione. Attraverso questa visione, il cineasta ateniese offre una personalissima rappresentazione che vuole mettere in primo piano il ruolo imprescindibile delle relazioni umane come opportunità di crescita personale, al contempo concepite come il fine ultimo di ogni persona che desidera trovare un senso alla propria esistenza imparando a costruire dei modelli alternativi di convivenza. In una scena del film è proprio Max McCandles a regalare questa intuizione, e lo fa nel momento in cui notifica come la vera risorsa per diventare persone migliori sia niente meno che il tempo trascorso a conoscersi vicendevolmente, consci del fatto che ogni tipo di esperienza collezionata al di fuori di una coppia o di un gruppo può fungere da ulteriore stimolo capace di mantenere vivi tutti i legami scevri da norme sociali basate sull’esclusivismo, dove il sesso e la conoscenza vengono visti come strumenti dall’alto potenziale emancipatorio.

Tutte queste peculiarità paiono rifarsi in particolare anche all’ultima fase delle tre metamorfosi dello spirito di Nietszche, incarnate rispettivamente da cammello, leone e fanciullo. Secondo il filosofo, l’incarnazione di quest’ultimo permetterebbe all’essere umano di rappresentare una personale rinascita definita da nuovi valori, esattamente come ha avuto modo di sperimentare Bella nel suo viaggio in giro per il mondo, senza alcuna consapevolezza degli standard originari della sua vita passata, che hanno portato a esprimere la propria essenza in modo autentico e svincolato dalle limitazioni apprese comunemente dal tipo di educazione impartita durante il periodo infantile, mettendo il proprio volere davanti a ogni altra cosa, persino alla più banale necessità di approvazione altrui.  

“Povere creature” si pone come un film complesso ma privo di angosce. Al contrario, assume molto di più i connotati di un viaggio avventuroso che culmina con l’espiazione della protagonista, ridimensionando i ruoli di tutte le persone che la circondano secondo l’idealizzato modello interazionistico di Lanthimos per la sua concezione di nuova umanità. Altamente consigliato agli amanti del cinema simbolico che abbia come argomento principale di disquisizione la matrice del ruolo umano come punto di svolta all’interno delle società.

Il trailer di “Poor Things”

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