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SFU Milano: Presentazione Corso di Laurea in Psicologia 2013-2014 – Programma

La Sigmund Freud University, con sedi a Vienna, Parigi, Berlino e Linz, presenta la sua nuova sede di Milano, con il primo corso di Laurea in Psicologia che inizierà a dicembre.

In occasione della presentazione, verranno illustrati ai presenti non solo gli argomenti d’esame, ma anche il particolare approccio allo studio e alla formazione che SFU propone ai suoi studenti: classi piccole, tutoraggio individuale, molta pratica e un periodo di studi da svolgere all’estero.

Interverrà alla presentazione il rettore della Sigmund Freud Privat Universitat Wien e il corpo docenti della SFU Milano.

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Ricerca scientifica: il problema delle riviste open access e il controllo della qualità

 

La Redazione di State of Mind consiglia la lettura di questo contenuto:


 

Scienza web, c’è una fabbrica delle “bufale” a pagamentoConsigliato dalla Redazione

Una clamorosa inchiesta di Science porta alla luce i fumosi meccanismi che si nascondono dietro alla selva delle riviste accademico-scientifiche open access : uno studio privo di fondamento, realizzato ad hoc e riempito di errori elementari, è stato accettato nel 60% dei casi. Basta saldare il bonifico di SIMONE COSIMI (…)

Tratto da: La Repubblica

 

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Genesi e risoluzione dell’Attaccamento materno–infantile – PARTE I

Elena Commodari, Maria Tiziana Maricchiolo

“L’attaccamento è parte integrante del comportamento umano dalla culla alla tomba”.

J. Bowlby

 

LEGGI: PARTE 1 – PARTE 2 – PARTE 3 – PARTE 4 – PARTE 5

Genesi e risoluzione dell’attaccamento materno–infantile - PARTE I. -Immagine: © Andres Rodriguez - Fotolia.comCompito biologico, psicologico e sociale della figura d’attaccamento, è quello di rappresentare per il bambino una base sicura da cui si possa affacciare per esplorare il mondo «in sostanza questo ruolo consiste nell’essere disponibili, pronti a rispondere quando chiamati in causa, ma intervenendo solo quando è chiaramente necessario» (Bowlby, 1989).

La teoria dell’attaccamento ha messo in evidenza la predisposizione innata dell’essere umano ad instaurare relazioni affettive con una figura di riferimento, rappresentata solitamente dalla madre, che assicuri la continuità degli accudimenti indispensabili per la sopravvivenza psicofisica, e che svolga la funzione di proteggere la persona in situazioni di pericolo (Bowlby, 1969).

La forte accelerazione tecnologica, i cambiamenti economici e sociali dei giorni nostri, hanno profondamente modificato la famiglia e il rapporto madre figlio.
Oggi i bambini molto piccoli sono più vulnerabili nella primissima fase della loro vita in quanto la figura materna ha più carichi di lavoro e di conseguenza meno possibilità di vivere la fase simbiotica.

La teoria dell’attaccamento di John Bowlby e dei suoi prosecutori rappresenta l’anello di congiunzione fra differenti orientamenti teorici e operativi.

Compito biologico, psicologico e sociale della figura d’attaccamento, è quello di rappresentare per il bambino una base sicura da cui si possa affacciare per esplorare il mondo «in sostanza questo ruolo consiste nell’essere disponibili, pronti a rispondere quando chiamati in causa, ma intervenendo solo quando è chiaramente necessario» (Bowlby, 1989).

A Mary Ainsworth, si deve l’ideazione dello strumento di indagine  denominato Strange Situation (Ainsworth, Blehar, Waters, Wall, 1978) nel quale distingueva gli stili di attaccamento in sicuro, insicuro-evitante ed insicuro ansioso-ambivalente, al fine di identificare le differenti modalità con cui si esplica il comportamento di attaccamento del bambino con il caregiver. Successivamente Main e Salomon (1990) elaborarono un quarto stile, il “disorientato/disorganizzato”, per descrivere la diversa gamma di comportamenti spaventati, strani, disorganizzati e apertamente in conflitto.

Lo stile di attaccamento dunque, prende forma in gran misura dal modo in cui i genitori o altre figure significative interagiscono con il bambino.

Considerato che la metodologia della Strange Situation può essere impiegata solo con bambini,  per i soggetti adolescenti ed adulti sono stati creati altri strumenti, di cui il più noto ed autorevole è sicuramente la Adult Attachment Interview (Crittenden, 1999). Questo dispositivo classifica lo stato mentale di un adulto in relazione alla sua storia di attaccamento, valutando in particolare la coerenza fra emozioni e pensieri. 

La Strange Situation e la Adult Attachment Interview individuano patterns omologhi, laddove quelli presenti nell’infanzia tenderebbero a traslare in quelli strutturalmente identici dell’età adulta. Si tratta quindi di modelli di attaccamento che, mutando progressivamente le modalità espressive, sono presenti lungo tutto l’arco della vita.

LEGGI ANCHE:

TEORIA DELL’ATTACCAMENTOATTACCAMENTO GRAVIDANZA & GENITORIALITA’ – BAMBINI

 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Procrastinare: Tribolazioni pt. 15 – Psicopatologia della vita quotidiana

Tecnostress: quando nella coppia si è in 3 – Psicologia

 

La Redazione di State of Mind consiglia la lettura di questo contenuto:

 

Essere una coppia 2.0 è sempre più difficile. Sembra infatti che la tecnologia influenzi la vita di coppia ma in senso negativo.

Quello che emerge dalle ultime indagini effettuate su centinaia di manager ICT, è un calo del desiderio, la mancanza quasi totale, se non totale, di rapporti sessuali nella coppia. La coppia 2.0 si astiene.

Si suppone che l’essere troppo social incida e abbatta la libido

Questo viene anche confermato da studi americani in cui emerge che il 16% degli uomini soffrono di totale assenza di stimoli sessuali nei confronti della partner a causa di un utilizzo troppo intenso o prolungato sui social.

Arrivano però anche consigli del dott. Molinari, dell’Ospedale San Camillo di Roma, su come alimentare il desiderio e risvegliare l’uomo per farlo uscire dal letargo sessuale.

Come prevenire il Tecnostress  e le complicanze legate al benessere sessuale della coppia? Risponde Carlo Molinari, urologo Ospedale San Camillo di Roma: Dialogo con il partner, una maggiore socialità, un po’ di coccole e massaggi per risvegliare i sensi assopiti.

 

 

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Afasia: i vantaggi del bilinguismo – Linguaggio & Comunicazione

– FLASH NEWS-

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche

Il bilinguismo sarebbe un vantaggio – e non un ostacolo – al processo di recupero e riabilitazione dell’afasia.

Nell’era della globalizzazione , il bilinguismo sta diventando sempre più frequente e comprensibilmente è spesso considerato un plus. Ma cosa accade quando insorge una condizione di afasia?

Secondo alcuni ricercatori dell’ Institut universitaire de gériatrie de Montréal (IUGM) , il bilinguismo sarebbe essere un vantaggio – e non un ostacolo – al processo di recupero e riabilitazione dell’afasia.

Dalla metanalisi di diversi studi emerge che il training della lingua in cui il bilingue è meno competente, e non la lingua dominante, avrebbe effetti di generalizzazione e trasferimento dei riapprendimenti sulla lingua non ancora trattata.

Inoltre le somiglianze tra le due lingue, a livello di sintassi, fonologia e vocabolario, faciliterebbero questo effetto di trasferimento dei riapprendimenti: ad esempio, stimolare la parola tavolo in francese faciliterebbe il recupero della parola table in inglese.

In generale, negli approcci semantici, basati sulla stimolazione dei significati delle parole, il trasfert cross-linguistico si fonda sulle proprietà semantiche di una parola che attraverso associazioni mentali richiamerebbero con più facilità vocaboli semanticamente collegati anche nella lingua non direttamente trattata.

In passato i terapisti del linguaggio avrebbero probabilmente chiesto ai pazienti bilingue di reprimere una delle loro due lingue , e concentrarsi su una sola lingua target. Oggi una visione diversa consente di utilizzare entrambe le lingue in un ottica di ottimizzazione degli effetti riabilitativi.

 

LEGGI ANCHE:

COMUNICAZIONE & LINGUAGGIO – BILINGUISMO

 

BIBLIOGRAFIA: 

 

Sempre più modelle contro l’anoressia

La Redazione di State of Mind consiglia la lettura di questo contenuto:

Questa volta tocca a Georgina Wilkin a raccontare il suo percorso dentro la malattia dell’anoressia.

Georgina è entrata nella malattia spinta dal timore di non prendere ingaggi come modella o meglio spinta dalla pressione di avere tutti gli ingaggi, la pressione per di voler essere la nuova “Kate Moss.” L’unico modo per riuscirci era essere magra, magrissima.

In questo caso le accuse che spesso vengono indirizzate alla moda, ai grandi marchi sono reali. La moda ha avuto il suo peso. Georgina ha fatto diversi ricoveri, terapia e stava cos’ male che è dovuta arrivare al sondino.

Ora sta meglio e vuole raccontare la sua esperienza così da avvertire le altre ragazze di non sottovalutare il problema, la malattie e soprattutto il loro peso e il loro valore.

‘My lips and fingers were blue because I was so thin that my heart was struggling to pump blood around my body.

‘The make-up artists would have to disguise it with concealer.

Teen model Georgina got so thin her organs were failing. But still fasConsigliato dalla Redazione

BANDO SELEZIONE PSICOLOGI
The agent took one look at 16-year-old Georgina\’s skinny frame and declared: \’Georgina, whatever you are doing, keep doing it.\’ (…)

Tratto da: Mail Online

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Il bambino autistico e i suoi giochi preferiti – Psicologia – Autismo

 

I giochi preferiti dei bambini autistici. -Immagine: www.exploreandmore.orgIl gioco è da sempre riconosciuto come lo strumento di libera espressione per eccellenza ed è per questo che il rispetto della diversità del bambino autistico deve partire proprio dall’abbandono di ogni pretesa di adeguamento al gioco tipico in favore di una valorizzazione degli interessi personali che non sono nemici della socializzazione ma indispensabili intermediari nella relazione con l’altro.

Come ho già avuto modo di sottolineare in altri post, è di fondamentale importanza che il bambino autistico venga riconosciuto e rispettato nella sua neurodiversità. Qualsiasi rapporto umano, a maggior ragione se mira ad essere terapeutico, che non tenga conto della specificità dell’individuo che ha davanti e pretenda da parte dell’interlocutore un adeguamento unilaterale ai propri canali espressivi, è per me gesto di violenza e, passatemi il termine, di razzismo.

Il gioco è da sempre riconosciuto come lo strumento di libera espressione per eccellenza ed è per questo che il rispetto della diversità del bambino autistico deve partire proprio dall’abbandono di ogni pretesa di adeguamento al gioco tipico in favore di una valorizzazione degli interessi personali che non sono nemici della socializzazione ma indispensabili intermediari nella relazione con l’altro.

Uno studio pubblicato di recente sul North American Journal Of Medicine And Science ha evidenziato che bambini con un disturbo dello spettro autistico (DSA) prediligono giochi che stimolano i sensi e generano movimento.

In occasione di un evento tenutosi all’interno del museo per bambini Explore and More nello stato di New York, si è potuto osservare come i bambini autistici, lasciati liberi di scegliere i giochi con cui intrattenersi, si sono indirizzati verso esperienze in grado di offrire un consistente feedback sensoriale, in cui fosse evidente un principio di causa-effetto e che presentassero movimenti ripetuti.

L’attività che ha riscosso più successo è stata la Climbing Stairs, una piccola scala su cui arrampicarsi per poi lanciare una palla e osservarla cadere. Molto apprezzati anche i mulini  azionabili dai bambini e il tavolo colmo di riso in cui tuffare le mani.

Questi tre giochi hanno in comune la tipologia di gratificazione che deriva dal loro utilizzo: il piacere di muoversi, di osservare gli oggetti in movimento, di partecipare a eventi chiaramente connotati da un principio di causa-effetto, di verificare la ripetitività degli avvenimenti. Altra caratteristica comune alle attività predilette è il coinvolgimento del sistema vestibolare, deputato a mantenerci in equilibrio, e della propriocezione, attinente anch’essa alla percezione della posizione del nostro corpo nello spazio e in grado di informarci circa lo stato di tensione dei nostri muscoli.

Le stereotipie motorie, manifestate da molti autistici, sembrerebbero aver lo scopo di soddisfare proprio questo desiderio di continua stimolazione sensoriale. Offrire dunque al bambino un oggetto che lo soddisfi nella stessa misura, potrebbe contribuire ad attenuare i movimenti non finalizzati, come per esempio lo sfarfallio delle mani.

Comprendere cosa piace ai bambini autistici è utile anche in ambito terapeutico poichè solo con tale informazione si possono offrire rinforzi positivi che vengano realmente percepiti tali e solo attraverso la condivisione di un’attività davvero gratificante per tutti si può ambire ad incrementare le capacità di stare in relazione di questi bambini.

Anche i genitori dovrebbero dar spazio alle passioni dei figli, mettendo da parte, almeno per quanto riguarda l’ambito ludico, il pericoloso desiderio di omologarli ai coetanei tipici così da poter promuovere in loro l’autonomia e il senso di efficacia personale.

Ricordo infine quanto sancito dall’articolo 31 della Convenzione Internazionale Sui Diritti Dell’Infanzia: “ Gli Stati parti rispettano e favoriscono il diritto del fanciullo di partecipare pienamente alla vita culturale e artistica e incoraggiano l’organizzazione, in condizioni di uguaglianza, di mezzi appropriati di divertimento e di attività ricreative, artistiche e culturali.

Lasciamo però anche agli autistici il diritto di scegliere il gioco più appropriato per loro.

LEGGI ANCHE:

BAMBINI DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO-AUTISMO

 

 

BIBLIOGRAFIA:

Leadership negli sport di squadra #7: Relazioni leader/squadra

Leadership negli Sport di Squadra #7:

Relazioni leader/squadra

LEADERSHIP NEGLI SPORT DI SQUADRA – PSICOLOGIA DELLO SPORT – MONOGRAFIA

Leadership negli sport di squadra #7 . - Immagine: ©-Monkey-Business-Fotolia.com_.jpg Per quanto riguarda l’allenatore (leader istituzionale), vi sono  alcuni comportamenti generali che deve preoccuparsi di assumere o di evitare nel costruire una relazione con i giocatori.

Rivestendo una posizione diversa all’interno della squadra le due categorie di leader analizzate sviluppano particolari rapporti con gli altri atleti.

Per quanto riguarda l’allenatore (leader istituzionale), nonostante sia ormai chiaro che la caratteristica principale che deve possedere sia quella di essere versatile e cioè di utilizzare le proprie abilità in relazione alle richieste della situazione e dei membri, vi sono comunque alcuni comportamenti generali che deve preoccuparsi di assumere o di evitare nel costruire una relazione con i giocatori. Secondo Mazzali [1995] l’allenatore, in particolar modo, deve:

  • sapersi imporre dato che la forza che impiega nella preparazione diventa la forza stessa dei giocatori al momento della prestazione,
  • far valere le sue idee ai giocatori poiché spetta a lui il compito direttivo,
  • far riconoscere la sua buona fede ai giocatori, così da generare una sorta di fiducia (simile all’idea di credito idiosincratico di Hollander) che gli permetta di non dover spiegare ogni minima decisione,
  • deve mantenere una certa apertura di base nei confronti delle opinioni dei giocatori ed essere disposto ad apprendere da loro,
  • deve rendere chiaro ai giocatori (in quello che può essere considerato il patto allenatore-atleta) che lui possiede funzioni e responsabilità diverse dalle loro e che ogni sua azione deve comunque tener conto anche di queste,
  • non deve mai ritenersi superiore agli altri membri della squadra e arrivare a comportarsi con tirannia,
  • deve essere pronto dal punto di vista affettivo ad affrontare i problemi e le responsabilità che i giocatori caricheranno inevitabilmente su di lui ma deve evitare di scaricare i propri problemi sociali o interiori (come ansie o tensioni) sui giocatori onde evitare di intaccarne la prestazione,
  • non deve identificare nella squadra un mezzo per raggiungere i propri fini personali ma deve cercare di perseguire i suoi e quelli individuali degli altri giocatori (dei quali, come sappiamo, deve essere consapevole) indirettamente ponendo prima di essi gli obiettivi della squadra,
  • deve essere in grado di superare il senso di possesso della squadra che porta a ritenere il gruppo come una proprietà conferitagli dal destino.

Questo elenco di comportamenti a cui l’allenatore deve prestare attenzione dimostra come, in realtà, nel rapporto con altre persone esistano dei limiti invalicabili, o meglio, degli ammonimenti universali che non possono essere oltrepassati indipendentemente dalle caratteristiche della situazione e dal potere legittimo che si possiede. La maggior parte di questi possono essere ricondotti a un eccessivo orientamento verso i poli autocratico e partecipativo dello stile decisionale del leader.

Uno dei modelli che è stato costruito con l’intento di analizzare e descrivere le dinamiche del rapporto tra l’allenatore e il giocatore è quello elaborato da Smoll e Smith [1989] che si basa sull’idea che ad ogni comportamento dell’allenatore corrisponde una reazione valutativa dell’atleta che è mediata dal modo in cui l’atleta percepisce l’azione. L’interpretazione dell’azione da parte del giocatore si basa su tre categorie di variabili:

  1. Fattori situazionali: quali possono essere la disciplina sportiva, il livello agonistico, il contesto, successi o insuccessi antecedenti, il rendimento ecc…
  2. Fattori individuali: che si dividono a loro volta in variabili dipendenti dall’allenatore e variabili dipendenti dall’atleta.
  3. Percezioni dell’allenatore in merito alle attitudini degli atleti.

Partendo da questi tre ordini di fattori, ciascuno dei quali è interrelato con tutti gli altri, gli autori hanno costruito un metodo di classificazione del comportamento dell’allenatore basato, principalmente, sull’osservazione. Questo sistema, denominato Coaching Behavior Assessment System (CBAS) ha rappresentato il primo passo per l’ideazione di un metodo di formazione degli allenatori orientato a coloro che hanno il compito di gestire attività sportive giovanili. Le caratteristiche della relazione che l’allenatore è in grado di instaurare a diversi livelli con l’atleta diventa importante per il supporto e l’insegnamento che fornisce a quest’ultimo, influenzando positivamente la coesione del gruppo e anche la soddisfazione personale dei membri del team. Questo metodo di formazione ha le sue basi, quindi, nelle informazioni derivate dal CBAS e ha prodotto risultati estremamente efficaci. Cei [1998] elenca alcuni dei più significativi:

– gli allenatori, addestrati a enfatizzare comportamenti maggiormente positivi, sono percepiti dai loro atleti come più incoraggianti, esperti in materia e migliori insegnanti,

– gli allenatori che, al contrario, non avevano seguito il programma di formazione erano percepiti come punitivi e indifferenti ai risultati positivi ottenuti dai giocatori,

– il livello di soddisfazione degli atleti risulta essere significativamente superiore ed aumenta anche il desiderio e la motivazione a continuare la pratica sportiva con quell’allenatore,

– allo stesso modo risulta maggiore il senso di appartenenza al gruppo, probabilmente in quanto i comportamenti positivi dell’allenatore sono in grado di aumentare la caratterizzazione positiva percepita dagli atleti riguardo la propria identità di ruolo,

– anche il livello di autostima tende a essere maggiore e ad aumentare nel corso della stagione sportiva.

Il raggiungimento di questi risultati è stato possibile, seguendo il pensiero di Cei, grazie ai due assunti principali alla base del progetto di formazione di Smith e Smoll. Il primo si riferisce alla concezione di successo più come massimo impegno attuabile che come semplice sommatoria di vittorie e sconfitte mentre il secondo riguarda l’approccio positivo ai rapporti sociali che predilige l’incoraggiamento e i rinforzi alle punizioni e alle critiche distruttive.

A questi assunti si affianca l’obiettivo di preparare gli allenatori a non rispondere negativamente ai singoli errori degli atleti, evitando così che si sviluppi la paura della competizione e favorendo al contrario la capacità di prendere decisioni e saper correre rischi. Per fare in modo che questi assunti possano essere rispettati è basilare che l’allenatore sia consapevole delle conseguenze che il proprio comportamento può avere sulla relazione con ciascun atleta. A questo proposito gli autori consigliano sia di lavorare, quando possibile, insieme ai loro collaboratori al fine di scambiarsi opinioni sui rispettivi modi di agire, sia di sviluppare una capacità di automonitoraggio per poter riflettere sulle proprie azioni e sulle loro conseguenze.

Come abbiamo visto in una squadra esiste anche un leader intimo, i cui rapporti affettivi con i compagni appaiono spesso più profondi di quelli permessi al leader istituzionale, questo perché tende, in quanto eletto dal gruppo, a mantenere uno stile di comportamento più legato all’aspetto relazionale che a quello tecnico. In particolare all’interno di ogni squadra si possono individuare alcuni ruoli caratterizzati da particolari e stereotipati rapporti con la figura del capitano. Nella classificazione di Mazzali possono essere distinti:

 – vicecapo: che esercita un ruolo tecnico spesso vicino a quello del leader tanto da poter essere spesso confuso con quest’ultimo. Spesso si trova in uno stato di sudditanza psicologica volontaria rispetto al leader e sicuramente rappresenta uno dei suoi sostenitori più fidati.

I gregari: rappresentano tutti i membri della squadra che hanno contribuito ad eleggere il leader intimo sia per bisogno di dipendenza e di deresponsabilizzazione che per il riconoscimento delle sue reali capacità. All’interno delle dinamiche affettive del gruppo tendenzialmente preferiscono mantenere, per le stesse motivazioni, un comportamento in linea con le direttivi del capitano, ricavandone soddisfazione a meno che non rientrino in un rapporto di sudditanza.

Il mistico: rappresenta una figura abbastanza distante affettivamente dal gruppo ma considerato punto di riferimento e fonte di conoscenza tecnica. Spesso in tacito appoggio al leader, sviluppa con esso una relazione di formale collaborazione.

Gli outsider: sono i membri che si mantengono a una certa distanza dalle dinamiche relazionali interne al gruppo, come se non fossero in sintonia emotiva con il resto della squadra. Data la loro posizione tendono a non riconoscere il potere del leader, proprio perché non ha una valenza istituzionale, e a considerare eccessivo il suo comportamento direttivo. Per questo non è difficile che esploda qualche conflitto tra l’outsider e il capitano le cui conseguenze possono portare a riconfermare lo status del primo o ad abbatterlo ma, in ogni caso, mina la stabilità del gruppo.

Il sindacalista: una sorta di rappresentante dell’opposizione al leader, che guida le critiche al potere di quest’ultimo al fine di rovesciarne la status per abbattere la sudditanza psicologica e la dipendenza che genera. Il conflitto tra il leader intimo e il sindacalista all’interno dello spogliatoio è molto frequente ma altrettanto aperta a possibili conclusioni positive che rendono plausibile una convivenza comune nel momento in cui si giunge a un accordo su quali siano gli obiettivi della squadra e sulla loro relativa importanza. Questo anche perché il sindacalista solitamente non ha le capacità di sostituire il leader ed è in grado comunque di riconoscerne le abilità rispetto al ruolo che riveste. La situazione opposta, quella di un conflitto aperto tra due leader supportati da sottogruppi diversi della squadra è ben più difficile da risolvere positivamente.

Il capro espiatorio: è la persona che riveste il ruolo di fonte di scarica nei momenti in cui i livelli di tensione sono troppo bassi. Sono soliti subire le angherie del gruppo ma in linea di massima mantengono un rapporto positivo con tutti e in particolar modo con il leader intimo che ne riconosce l’utilità per mantenere sereno il clima della squadra.

Il buffone del gruppo: un personaggio quasi costante in tutti i gruppi sportivi, permette di sdrammatizzare i momenti critici, di diminuire la tensione del gruppo, di promuovere una maggior accettazione dei propri difetti, di utilizzare l’autocritica in modo più frequente, di favorire una maggior cordialità dei rapporti e aumentare la comunicazione spontanea attraverso provocazioni umoristiche che spesso hanno come obiettivo proprio il leader anche se non devono superare i limiti del rispetto e del buongusto. Questo rapporto, al contrario di quanto possa sembrare, è facilmente tollerato dal leader che ne riconosce i vantaggi sia per l’atmosfera che circonda il gruppo sia per l’importanza delle critiche costruttive.

Al contrario che con il potere del leader istituzionale il sentimento di dipendenza si genera quindi dall’interno del gruppo (principalmente dai gregari) che, in un certo senso, conferisce al leader la possibilità di intervenire attivamente e con una rilevante influenza sulle caratteristiche della relazione che li lega. Un leader di questo tipo che appaia in grado di stimolare e gestire la squadra e che appaia saldo nella sua posizione risulta essere di per sé la fonte di un sentimento di soddisfazione dettato, come già accennato, dalla necessità di deresponsabilizzazione e dipendenza che li caratterizza. E’ naturale che questa soddisfazione di base che può vantare rispetto all’allenatore dovuta all’origine dell’assegnazione del proprio ruolo, deve poi essere coltivata come se fosse un credito idiosincratico da non deludere. Per fare ciò il capitano deve saldare ciò che già c’è e che l’allenatore-leader, con maggior difficoltà, cerca di costruire dall’esterno.

Non con tutti i membri del gruppo il rapporto può essere socievole e connotato positivamente. In particolar modo, i problemi sorgono con chi riveste un ruolo marginale all’interno delle dinamiche dello spogliatoio (gli outsider) e con chi si erge come rappresentante della minoranza del gruppo (il sindacalista) oppure ancora con altri leader, supportati spesso da una parte della squadra. Queste condizioni di conflitto, se tenute sotto controllo dalle capacità diplomatiche, gestionali ed empatiche del leader non arrivano a causare problemi seri al gruppo. L’associazione, al contrario di variabili ambientali con un’incapacità del leader, si sviluppa un conflitto aperto che riduce la soddisfazione sia direttamente che indirettamente attraverso la sua influenza sull’atmosfera del gruppo, sulla relazione con i compagni e sulla prestazione dell’intera squadra.

 

LEGGI:

PSICOLOGIA DELLO SPORT – RAPPORTI INTERPERSONALI –  LEADERSHIP NELLO SPORT

LEADERSHIP NEGLI SPORT DI SQUADRA – PSICOLOGIA DELLO SPORT – MONOGRAFIA

 

 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

EABCT 2013 – Report dal congresso di Marrakesh. Di Michele Procacci

Michele Procacci

EABCT 2013 MARRAKESH

EABCT 2013 – Report dal congresso

 

EABCT 2013 MarrakeshDal 25 al 28 settembre 2013 si è svolto a Marrakesh il congresso della European Association for Behavioural and Cognitive Therapies (EABCT), una delle principali società scientifiche della terapia cognitiva.

Pubblichiamo con piacere l’istruttiva mail del dott. Michele Procacci, che ha partecipato al congresso.

Si è concluso da pochi giorni il congresso 2013 dell’EABCT, la European Association for Behavioural and Cognitive Therapies. Notevole l’afflusso, più di 1200 partecipanti, provenienti da 60 diversi paesi, inclusi i paesi del nordafrica, del medio oriente, e un gruppo di canadesi e di nordamericani. Buona quindi idea di scegliere come sede 2013 Marrakesh in Marocco. Philip Tata e il Board EABCT hanno affrontato un impegnativo lavoro di organizzazione degli spazi dei simposi in parallelo (fino a 15 per sessione), letture in plenaria, sessioni poster e 43 workshop pre- e intra- congresso.

Era presente la ricerca di base applicata alla clinica, la classica ricerca di efficacia sui protocolli cognitivi comportamentali standard per i disturbi emotivi, e dati preliminari su nuovi interventi di tipo processuale su worry, rimuginio, errori di ragionamento, social ranking processes, processi di regolazione emotiva, e così via.

La CBT si apre a forme di parziale superamento dei trattamenti standard: Schema Therapy per disturbi di personalità, terapia dell’accettazione e impegno (Acceptance and Committment Therapy) per i disturbi depressivi, terapie centrate sulla mindfulness (MBCT, mindfulness based cognitive therapy, e MBSR, mindfulness based stress reduction) e terapie metacognitive varie.

Antonio Pinto ha presentato un programma di simposi di otto Special Interest Group che ha visto alcuni ricercatori italiani tra i promotori, un modo di mettere in rete esperienze cliniche e di ricerca tra colleghi di diversi paesi, appartenenti a società affiliate alla EABCT, una novità di questo congresso. Non sono mancati alcuni relatori di spicco nella EABCT: Arntz ha parlato di tecniche di imagery per il trauma, Rapee del suo modello di trattamento per l’ansia infantile e adolescenziale, Gilbert del sua Compassion Therapy, Cottraux di personalità, Purdon di ossessività, Pinto-Guveia, Sungur ha esposto il modello metacognivo di Wells, e così via.

L’abbondanza degli interventi in parallelo ha fornito un programma articolato e anche inevitabili sovrapposizioni di sessioni, creando talvolta l’imbarazzo nella scelta. Le sessioni dei simposi e dei poster hanno fornito interessanti lavori, con una generazione di clinici e ricercatori giovani agguerriti e preparati.

La sede del convegno era un palazzo dei congressi e strutture alberghiere in un palmeto a circa 10 chilometri dal centro della città. L’atmosfera di Marrakesh ha fatto da splendida cornice al congresso. Di sera è stato piacevole recarsi nella Medina e confondersi nella folla di venditori e spettacoli in strada musicali e con animali. Marrakesh antica porta verso le montagne dell’ Atlante e verso il deserto, ha mantenuto l’atmosfera del vicino oriente mescolata ad una gioventù  che ha familiarizzato con i costumi europei. Porteremo negli occhi e nelle orecchie colori e suoni di questa città.

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EABCT – EUROPEAN ASSOCIATION FOR BEHAVIOURAL AND COGNITIVE THERAPIES – RIMUGINIO (WORRY) E RUMINAZIONE (RUMINATION)

 ARTICOLI SUI CONGRESSI EABCT

Le Cellule BNST quanto interferiscono con la sensazione di fame?

– FLASH NEWS-

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche

Lo studio suggerisce che una disfunzionalità sinaptica nelle cellule BNST potrebbe interferire con la fame o la sazietà e potrebbe contribuire alla costruzione di modelli teorici e di trattamento integrati e interdipendenti – ma non esclusivamente biologicamente riduttivi -sui disturbi del comportamento alimentare.

Sessanta anni fa, gli scienziati stimolavano elettricamente una regione del cervello dei topo, con il risultato di indurre il topo ad alimentarsi indipendentemente dalla sensazione di fame. Ora i ricercatori UNC School of Medicine hanno individuato le connessioni cellulari responsabili di indurre quel comportamento alimentare. La scoperta  è stata pubblicata il 27 settembre su Science.

Lo studio si è focalizzato su un tipo di cellula – i neuroni GABA nel nucleo della stria terminale (o BNST) che costituisce un ponte tra l’amigdala (essenziale nella regolazione emotiva) e l’ ipotalamo laterale, la regione del cervello che guida alcune funzioni primarie come il mangiare, il comportamento sessuale e l’aggressività .

Il team di ricerca ha stimolato le sinapsi delle cellule di questa area cerebrale mediante una complessa tecnica di stimolazione attraverso la luce.

Non appena le sinapsi di quest’area BNST sono state stimolate i topi hanno iniziato a mangiare voracemente, anche se erano già stati precedentemente ben nutriti. Inoltre, i topi hanno mostrato una forte preferenza per i cibi molto grassi. Il rovescio della medaglia è che ostacolando le sinapsi dell’area BNST i topi hanno mostrato poco interesse per mangiare, anche in condizione di privazione ​​di cibo .

Lo studio suggerisce che una disfunzionalità sinaptica nelle cellule BNST potrebbe interferire con la fame o la sazietà e potrebbe contribuire alla costruzione di modelli teorici e di trattamento integrati e interdipendenti – ma non esclusivamente biologicamente riduttivi -sui disturbi del comportamento alimentare.

LEGGI ANCHE:

NEUROPSICOLOGIA – ALIMENTAZIONE

 

BIBLIOGRAFIA: 

 

Sei più intelligente dello scimpanzé? – Psicologia Comparativa

Ogni anno la British Psychological Society promuove con dei bandi la divulgazione scientifica della ricerca evidence-based nel campo della psicologia.

Nel 2012 Katie Slocombe (dell’Università di York) e Bridget Waller (Università di Portsmouth) hanno vinto una borsa per sviluppare un progetto di installazioni interattive per promuovere la psicologia comparativa negli zoo. Questi videogiochi interattivi sono stati proposti negli zoo delle città di Edimburgo e Marwell e sono ora disponibili online.

 

SEI IL PIÙ INTELLIGENTE TRA I PRIMATI?

Questo gioco vi permette di mettere a confronto le vostre abilità mentali con quelle di altri primati. Provate questi 5 esperimenti per verificare se siete più bravi di scimmie o scimpanzé in certe determinate operazioni. Potreste rimanere stupiti!

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Scoprite cosa vuol dire studiare i primati nel loro ambiente naturale: la foresta tropicale! navigate nella mappa e collezionate i vari badges. Siete pronti per lavorare nella giungla?

 

ARTICOLI SUL MONDO ANIMALE
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Konrad Lorenz ha spalancato le porte alla comprensione del comportamento degli animali e dell’essere umano
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Un testo che racchiude una riflessione sul comportamento naturalistico degli uccelli, tracciando un parallelo con la specie umana.
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Educazione dei figli: urlare non serve e può danneggiare gli adolescenti – Psicologia

La Redazione di State of Mind consiglia la lettura di questo contenuto:

L’impatto psicologico di una dura disciplina verbale è molto simile all’uso della violenza con i figli. Uno studio della University of Pittsburgh su un periodo di 2 anni.

“From that we can infer that these results will last the same way that the effects of physical discipline do because the immediate-to-two-year effects of verbal discipline were about the same as for physical discipline,” Wang said. Based on the literature studying the effects of physical discipline, Wang and Kenny anticipate similar long-term results for adolescents subjected to harsh verbal discipline.

Yelling Doesn’t Help, May Harm Adolescents, Pitt-Led Study Finds | University of Pittsburgh NewsConsigliato dalla Redazione

State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche. Twitter: @stateofmindwj - State of Mind's Tweets Cover Image © 2011-2012 State of Mind. Riproduzione riservata
PITTSBURGH—Most parents who yell at their adolescent children wouldn’t dream of physically punishing their teens. Yet their use of harsh verbal discipline—defined as shouting, cursing, or using insults—may be just as detrimental to the long-term well-being of adolescents. (…)

Per continuare la lettura sarete reindirizzati all’articolo originale … Continua  >>

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Sinead O’Connor & Miley Cyrus – La predica materna di una rockstar

 

LEGGI L’INTERVISTA DI STATE OF MIND A SINEAD O’CONNOR

 

La predica materna di una rockstarLa nostra amica rockstar Sinead O’Connor ha recentemente scritto una lettera aperta alla collega ventenne Myley Cyrus, la quale avrebbe dichiarato di essersi ispirata al celeberrimo video di Nothing compares 2 U della cantautrice irlandese, per quello della sua hit Wrecking Ball.

Vergognandomi un po’ del mio scarso grado di aggiornamento in fatto di nuovi ingressi nello showbiz, sono andato a vedere il suddetto video di questa Myley per verificare le analogie. In effetti, all’inizio ci sono un paio di primi piani, con occhioni blu lacrimosi che accomunano i due video, ma successivamente quello della giovane prende una direzione decisamente più erotica e in grado di risvegliare pulsioni sessuali anche nei casi di andropausa più grave. Tra le scene che mi sono rimaste impresse, c’è quella dove la ninfetta Myley si dondola nuda, tra le macerie di un edifico, su una palla da demolizione, e quella in cui lecca un martellone da fabbro.

Di fronte a cotanto ardore artistico, forse ripensando anche al passato di Myley che aveva cominciato cantando per la Walt Dysney, Sinead, con autentico istinto materno protettivo, ha messo in guardia la ragazza rispetto alle possibili conseguenze future di questo tipo di esibizionismi.

Il music business se ne fotte di te e di tutti noi. Ti fanno prostituire finchè ne vale la pena e furbescamente ti fanno pensare che è quello che TU vuoi…e quando poi finirai ricoverata in qualche clinica psichiatrica, come risultato di esserti prostituita, loro saranno a godersela al sole sui loro yacht ad Antigua, comprati vendendo il tuo corpo e la tua anima e tu ti sentirai molto sola” scrive sapientemente la O’Connor, che a quarantasette anni ha già dei figli adolescenti e ne ha viste non poche nella sua vita tumultuosa, in cui lotta quotidianamente con un disturbo affettivo bipolare (vedi intervista).

Il tono della lettera mi sembra sincero e anche i consigli “morali” acquistano un valore superiore, se provengono, come in questo caso, da una persona che ha conosciuto il successo da vicino e ne è sopravvissuta, non risparmiando quasi mai provocazioni al sistema. Sinead accenna inoltre alle responsabilità delle donne famose, che spesso vengono prese come modello soprattutto dalle ragazzine e che debbono essere estremamente attente ai messaggi che trasmettono.

Avvicinandosi alla mezza età, l’ex ragazzaccia sembra davvero diventata saggia…

 

LEGGI L’INTERVISTA DI STATE OF MIND A SINEAD O’CONNOR

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MUSICA CRONACA & ATTUALITA’

 

 EDIT (Di redazione)

Miley Cyrus (o chi per lei) ha preferito rispondere attraverso twitter dimostrando (a parere della redazione) una certa mancanza di stile:

miley ray -twittermiley ray- twittermiley ray - twitter

 

LEGGI LE ULTIME NOTIZIE SULL’ARGOMENTO

BIBLIOGRAFIA:

Terapia Metacognitiva: Adrian Wells al Congresso Nazionale di Rimini

DETTAGLI EVENTO: Metacognizione e Intervento Clinico – Congresso Nazionale – Rimini 2013

Congresso nazionale Rimini 2013 Metacognizione e intervento clinico Il primo congresso nazionale sulla Metacognizione, dedicato al confronto tra i diversi modelli teorici che trattano l’argomento, si è concluso con la lettura magistrale di Adrian Wells, noto autore della Terapia Metacognitiva (MCT).

L’intervento ha anticipato i contenuti delle due giornate successive, interamente dedicate al workshop sul suo modello (Wells, 2011).

Adrian Wells ha aperto il workshop con il concetto di “disturbo” secondo la MCT.

La nostra mente produce in maniera automatica circa 3.000 pensieri al giorno, di qualsiasi natura. Un pensiero arriva spontaneamente e va via velocemente, lasciando spazio in maniera naturale a quello successivo.. e così il susseguirsi di pensieri dà vita ad un flusso di coscienza armonico e sano

Patologia”, è quando l’attenzione si blocca su uno di questi pensieri e arresta il “flusso”, dirigendo tutte le energie solo su uno di questi, dal quale poi originano una serie di interrogativi finalizzati ad un’indagine accorta e minuziosa di quel pensiero “minaccioso”.

E a questo punto il Prof. Wells introduce la definizione di Sindrome Cognitivo-Attentiva (CAS), responsabile dello sviluppo di disturbi di natura psicologica.

La CAS è costituita da:

1-         Orientamento dell’attenzione verso stimoli minacciosi (pensiero negativo e elementi dell’ambiente che confermano quel pensiero)

2-         Sensazione soggettiva di perdita di controllo e altre convinzioni positive e/o negative sul proprio funzionamento cognitivo

3-         Strategie di coping cognitive e comportamentali in risposta al pensiero negativo (rimuginio, ruminazione, soppressione dei pensieri …)

Iniziano i filmati e le esercitazioni sulle tecniche del colloquio del terapeuta MCT a confronto con quello CBT.  Il Professore  consegna una vignetta: il paziente fobico sociale con il pensiero negativo “Sono Noioso”.  I terapeuti si confrontano in role-playing e le differenze tra le 2 tecniche sono subito visibili:

 

Per il terapeuta MCT il contenuto del pensiero non è importante, non lo indaga cercando di disconfermarlo, ma invita il paziente a concentrarsi sul suo stile di pensiero, sulla sua utilità e sui suoi svantaggi. Addirittura in alcuni casi, continuare a rimanere concentrati in seduta sull’evento problematico, sul pensiero “minaccioso” potrebbe essere controproducente in ottica MCT perché potrebbe continuare a favorire i contenuti emotivi negativi indotti da quei pensieri, invece di ridurli insegnando al paziente modalità più funzionali.

A questo punto il Prof. Wells introduce le tecniche di intervento della MCT che sono sostanzialmente di 2 tipi:

1-         Esperienziali, finalizzate a far esperire direttamente al paziente nuove forme di pensiero più funzionali. Tra queste vediamo il Training Attentivo, la Detached Mindfullness, le Associazioni Libere

2-        Basate sulle informazioni, finalizzate alla modifica delle credenze metacognitive positive e negative che rinforzano e regolano l’utilizzo di stili di pensiero maladattivi.

Il workshop si conclude con la presentazione dei dati di efficacia del modello, ad oggi studiato su diversi disturbi di Asse I, ma il Prof. Wells sembra molto ottimista rispetto ad ampliarlo anche per quelli di Asse II.  Per il momento non aggiunge dettagli e non presenta dati a riguardo, ma ci informa di un trial clinico in corso in Norvegia, condotto su pazienti Borderline (Nordahl et al. 2013).

Il modello di Wells sembra convincente e ben studiato, ma un quesito rimane inesplorato. Perché il paziente sceglie proprio 1 di quei 3.000 pensieri che scorrono nella nostra mente? Perché l’attenzione si arresta su uno di quelli e la CAS si sviluppa proprio intorno a quello? Lo stile di pensiero disfunzionale del paziente è riferito solo ad un pensiero negativo (che lui stesso sceglie) mentre gli altri invece passano in maniera neutra..

Per il terapeuta MCT capire il significato che il paziente attribuisce a quel pensiero non sembra essere utile.

L’aula ascolta attenta, ma un po’ dubbiosa. Tanti chiarimenti vengono richiesti e la difficoltà maggiore dei terapeuti sembra proprio quella di cambiare lo stile di ragionamento che si ha in seduta con il paziente. Non si indagano più i contenuti dei pensieri, ma ci si concentra sulla forma del pensiero, promuovendo il cambiamento non attraverso l’insegnamento di un’abilità deficitaria, ma attraverso l’esperienza di nuovi stili di pensiero più funzionali.

Il cambiamento di prospettiva non sembra semplice neanche per i terapeuti più esperti…

Insomma sembra quasi che un training attentivo che ci alleni a spostare l’attenzione dai contenuti dei pensieri del paziente al suo stile di pensiero serva anche a noi terapeuti ancora “troppo” focalizzati sui significati!

Salutiamo Adrian Wells che con fermezza e rigore ha risposto instancabilmente ai molteplici, e a tratti un po’ provocatori, commenti dell’uditorio italiano.

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METACOGNIZIONE E INTERVENTO CLINICO – CONGRESSO NAZIONALE RIMINI 2013

METACOGNIZIONE – TERAPIA METACOGNITIVA – COLLOQUIO PSICOLOGICO – CREDENZE – BELIEFS

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LE MOLTE ANIME DELLA METACOGNIZIONE: REPORT DAL CONGRESSO NAZIONALE DI RIMINI

 

 

BIBLIOGRAFIA:

  • Nordahl HM. (2013) Principles and effects of metacognitive therapy in patients with borderline personality disorders. Second International conference of metacognitive therapy – Manchester 2013, April 24-26
  • Wells A. (2011) Terapia Metacognitiva dei disturbi d’Ansia e della Depressione. Ed. it. a cura di: Gabriele Melli. 2012 Eclipsi Editore

Report dal convegno – La grave obesità: dal corpo alla mente

Report dal convegno:

La grave obesità: dal corpo alla mente

Aspetti clinici psicopatologici e approcci terapeutici integrati in equipe multidisciplinareReport dal convegno:  La grave obesità:dal corpo alla mente - LOCANDINA

Ciò che si riscontra nel soggetto obeso è una scarsa conoscenza del proprio vissuto emotivo, una forte insoddisfazione per il proprio corpo associata a senso di inadeguatezza, sensibilità al giudizio e alle critiche e tendenza ad attribuire alla mancanza di volontà i numerosi fallimenti dietologici affrontati nel corso della vita.

Quando si parla di obesità si fa riferimento ad una patologia cronica che ha grande incidenza sulla qualità della vità delle persone.

E’ un fenomeno la cui etiopatogenesi è complessa e per la quale ad oggi non è stata ancora indiviuta una strategia unidirezionale efficace nel lungo termine. E’ un fenomeno in continua crescita e, da stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, è emerso che l’eccesso ponderale sia, attualmente, il quinto dei fattori di rischio per i decessi che si verificano in tutto il mondo.

A questo si aggiungono i dati di impatto sui costi della salute pubblica; in italia risulta infatti che il 6,7% della spesa sanitaria pubblica  è volto alla problematica dell’obesità. Dal 1980 ad oggi la popolazione che soffre di Obesità risulta essere raddopiata, 1,5 miliardi le persone che, a livello mondiale, sono in sovrappeso di cui 300 milioni i soggeti di sesso maschile e 200 milioni quelli di sesso femminile (OMS).  Ma se guardiamo alle stime fatte per il futuro ci troviamo di fronte ad una previsione tutt’altro che rosea, dai calcoli dell’OMS emerge infatti che entro il 2015 circa 2,5 miliardi di adulti saranno in sovrappeso e 700 milioni obesi.

Un altro importantissimo dato che costituisce un campanello d’allarme riguarda la continua crescita della popolazione infantile in sovrappeso. In particolare nei paesi occidentali l’obesità infantile rappresenta un problema in rapido aumento con notevoli costi a livello sociale e sanitario. Dati provenienti dal Ministero della Salute stimano che in Italia 1 milione e 100 mila bambini, di età compresa tra i 6 e gli 11 anni,  si trovano in una situazione di eccesso ponderale. Più di un bambino su tre ha un peso maggiore di quello ideale per la sua età, ed in particolare il 12% dei bambini risulta essere obeso mentre il 24% è in sovrappeso.

Le percentuali più elevate di obesità infantile si riscontrano nelle regioni del centro sud, è inoltre emerso che le maggiori difficoltà economiche così come una scolarità inferiore delle figura materna siano positivamente correlati con il sovrappeso infantile. Una scorretta educazione alimentare associata ad inattività fisica e comportamenti sedentari favoriscono il rischio di sovrappeso nei bambini. La letteratura scientifica conferma l’allarme che l’eccesso ponderale infatile suscita evdidenziando l’esistenza di una relazione positiva e consolidata fra sovrappeso in età infantile e obesità in età adulta (Sandhu et al., 2006; Dietz et al., 1998). Questo significa,nel lungo termine, che il giovane in sovrappeso ha maggiore probabilità di sviluppare precocemente fattori di rischio di natura cardiovascolare (ipertensione, malattie coronariche, tendenza all’infarto) e condizioni di alterato metabolismo, come il diabete di tipo 2 o valori elevati di colesterolo nel sangue (ipercolesterolemia).

L’obesità e le patologie obesità correlate sono responsabili del 2-8% dei costi sanitari e del 10-13% dei decessi in diverse parti  della Regione Europea (Rapporto OMS 2012); su base annuale assorbono il 44% di risorse in più dei malati con peso normale  (Seidell 1998). Da qui l’importanza non solo di combattere questo fenomeno ma anche di prevenirlo fornendo al soggetto gli strumenti per affontare una sana alimentazione, associata ad una corretta attività fisica e soprattuto gli strumenti per conoscere il proprio mondo emotivo e psichico.

Nonostante l’obesità sia classificata tra le problematiche in area endorcino metabolica molti soggetti obesi mostrano una vera e propria dipendenza da cibo, fattore che assieme alla lunga durata e alle notevoli complicanze la accomuna al disturbo dell’alimentazione incontrollata (Binge Eating Disorder) classificato fra i disturbi psichici nel DSM-V. Il BED è caratterizzato dall’introdurre all’interno del proprio corpo una quantità di cibo nettamente superiore rispetto a quella che un soggetto che non ne soffre riuscirebbe a fare. 

Questo comportamento è accompagnato da un sensazione di perdita di controllo, il soggetto mangia molto più velocemente del normale e continua finchè non prova una sensazione di disagio legata alla pienezza, non è capace di riconoscere dal punto di vista fisico gli stimoli legati alla fame e per tanto tenderà a mangiare anche quando il corpo non lo richiede.

A questi aspetti comportamentali è legato un vissuto emotivo di forte imbarazzo che spinge la persona a mangiare di nascosto quando gli altri non possono vedere, il soggetto prova disgusto per se stesso, cui si associa un forte stato di tristezza, depressione e senso di colpa. Questi aspetti emotivi sono spesso riscontrabili nei soggetti affetti da obesità.

Ansia e depressione sono fattori spesso presenti in questi soggetti, difficile è stabilire se siano una fattore predisponente allo sviluppo del disturbo o viceversa conseguente. Ciò che si riscontra nel soggetto obeso è una scarsa conoscenza del proprio vissuto emotivo, una forte insoddisfazione per il proprio corpo associata a senso di inadeguatezza, sensibilità al giudizio e alle critiche e tendenza ad attribuire alla mancanza di volontà i numerosi fallimenti dietologici affrontati nel corso della vita. La persona è come se fosse scissa in due, da una parte il corpo e dall’altra il Sé. Corpo che rappresenta anche il mezzo attraverso il quale il soggetto si presenta, e che differisce notevolmente dall’ideale offerto dalla società odierna, implicito in questo è il vissuto di fallimento.

Con questa sofferenza interna che accompagna il soggetto per lungo tempo è chiaro il bisogno di un intervento multidisciplinare per la cura dell’obesità. Associare alle figure medico internistiche e agli esperti di scienze dell’alimentazione una figura che si occupi della valutazione, e del trammento della sfera psicologica dell’indivuo si dimostra quanto mai fondamentale.

Lavorare sulla motivazione, sul senso di inefficacia, sulle emozioni che non vengono lette ma scambiate spesso per fame, affrontare il tema del “piacere” del cibo, piacere demonizzato e incomunicabile vissuto come causa del fallimento che il proprio corpo riveste agli occhi della società, si rivela utile per il processo di cura.

Il fenomeno del drop-out che si verifica durante questi percorsi risente spesso della relazione che si va instaurando con le figure professionali di riferimento. Il soggetto che soffre di obesità si mostra spesso come compiacente nei confronti della figura medica o psicologica e porta anche in questa relazione la spada di damocle del fallimento e del senso di colpa, è per tanto fondamentale parlare non solo del percorso terapeutico ma anche della relazione terapeutica.

Uno degli interventi di cura per l’obesità è rappresentato dall’Intervento con la I mauiscola ossia l’intervento di chirurgia bariatrica. Risulta l’unico intervento attualmente capace di detreminare una perdita di peso significativa nel lungo termine. Tuttavia dobbiamo tenere in considerazione che molto spesso il cibo ha rappresenato per la persona la soluzione ad uno stato di sofferenza, soluzione applicata ripetutamente nel tempo e divenuta parte integrante del proprio vissuto, l’intervento chirurgico può rappresentare una soluzione ma solo se accompagnato dalla determinazione e dalla certezza di voler cambiare totalmente la propria vita ed il proprio modo di affrontarla.

Ritorna di nuovo la necessità di collaborare con un esperto del mondo psichico e del vissuto del paziente che valuti l’idoneità per l’intervento. Affinchè infatti si possa procedere con la chirurgia bariatrica è necessario fare una valutazione psicologica del paziente dalla quale non emergano disordini psicotici, depressione e  disturbi di personalità, fattori che insieme ad altri non consentono l’avvio dell’intervento.

Va tuttavia sottolineato che fra i soggetti  che hanno affrontato un intervento di chirurgia bariatrica una percentuale che va dal 10 al 50% soffre di BED e per tanto dopo l’intervento tende a ripresentarsi l’attegiamento che li ha accompagnati fino al giorno dell’intervento. Da qui l’importanza di un follow-up non solo dietetico ma psicologico che accompagni il paziente e gli dia gli strumenti per consolidare un modo differente e corretto per affrontare questo nuovo percorso di vita.

 LEGGI ANCHE:

ALIMENTAZIONEDISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE (ED) BINGE EATING DISORDER (BED)

CONGRESSI

 

 

BIBLIOGRAFIA:

 

Un nuovo Serious Game per l’apprendimento di abilità matematiche

– FLASH NEWS-

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche

Una piattaforma di apprendimento ludico digitale si propone di aiutare i ragazzi a scoprire il valore intrinseco e  divertente di fare matematica.

Un nuovo progetto presso la Florida State University College of Education ha come obiettivo la creazione di quello si può definire un Serious Game, ovvero un gioco digitale con la finalità  “seria” didattica di  facilitare l’apprendimento della geometria e di altre abilità matematiche.

In particolare gli studenti  “giocatori” avranno il compito di ricostruire un villaggio virtuale distrutto a seguito ad un terremoto, prendendo spunto dal già esistente videogame Lego Minecraft (avente però quest’ultimo pure finalità ludiche di intrattenimento). Impegnati nelle attività di gioco, gli utenti saranno parimenti chiamati a considerare i principi architettonici di simmetria ed equilibrio, fare scelte artistiche sul colore, monitorare budget e spese.

Il gioco sarà rivolto agli studenti delle scuole medie, con una trama coinvolgente e sarà altamente personalizzabile: i giocatori potranno scegliere a loro preferenza di ricostruire virtualmente le città di tutto il mondo.

Ma i ricercatori sottolineano che divertirsi non significa nascondere ai giocatori che stanno imparando, esplicitando la vera finalità didattica educativa insita nell’esperienza di gioco.

Questa piattaforma di apprendimento ludico digitale si propone infatti di aiutare i ragazzi a scoprire il valore intrinseco e  divertente di “fare matematica” contestualmente e non soltanto di sentirla spiegare alla lavagna.

Il processo di progettazione, realizzazione e testing del Serious Game si articolerà su tre anni (fine prevista per luglio 2016): al termine del progetto il gioco Earthquake Rebuild sarà una piattaforma open source, disponibile gratuitamente per chiunque voglia giocare per apprendere.

 

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BIBLIOGRAFIA: 

 

Mind Wandering: nuove prospettive al di là dell’attenzione esecutiva: l’Intelligenza Personale

 

La Redazione di State of Mind consiglia la lettura di questo contenuto:

 

Un interessante articolo che guarda da una diversa prospettiva al mind wandering e al default mode network.
Non tutto il nostro fantasticare e girovagare con la mente fuori contesto viene per nuocere! anzi…

Some recent studies (Baird et al., 2011, 2012; Smallwood et al., 2011b; Immordino-Yang etal., 2012) have provided glimpses of how mind wandering or “constructive, internal reflection” (Immordino-Yangetal.,2012) might benefit the individual, but we are just beginning to scratch the surface. To gain a fuller understanding of the benefits of positive constructive daydreaming we need to apply tools and metrics (as in Klinger et al., 1980; Hoelscher et al., 1981; Nikles et al., 1998; Cox and Klinger, 2011; Klinger and Cox, 2011) that enable us identify the personally meaningful goals, aspirations, and dreams of individuals and determine how mind wandering supports or undermines those goals. Given the highly personal nature of mind wandering, we need a new focus and new metrics.

 

Mind Wandering: A New Personal Intelligence Perspective | Beautiful Minds, Scientific American Blog NetworkConsigliato dalla Redazione

mind wandering
Once accused of being absent-minded, the founder of American Psychology, William James, quipped that he was really just present-minded to his own thoughts.Most recent studies depict … (…)

 

Per continuare la lettura sarete reindirizzati all’articolo originale … Continua  >>

 


Articoli sul Mind Wandering
Vagare con la mente e comportamenti sociali – PARTECIPA ALLA RICERCA
Una ricerca indaga la percezione di come la mente vaga, la tendenza al ritiro sociale ed evitare i contesti sociali nella vita quotidiana dei giovani adulti
Il ruolo difensivo delle fantasie e la relazione tra il narcisismo e il maladaptive daydreaming
Come la narcisistica tendenza alla fantasia può sfociare nel disturbo da fantasia compulsiva all’aumentare del sentimento di vergogna
Maladaptive daydreaming: sognare comuplsivamente ad occhi aperti
Sognare compulsivamente ad occhi aperti: il maladaptive daydreaming, un disturbo poco conosciuto – PARTECIPA ALLA RICERCA
Il maladaptive daydreaming porta gli individui a creare fantasie complesse che arrivano a interferire con la vita della persona - PARTECIPA ALLA RICERCA
Immaginazione come cura le risposte di Neuroscienze e Psicoanalisi
L’immaginazione come cura. Le risposte delle Neuroscienze e della Psicoanalisi
L’immaginazione è un’attività del pensiero che produce scenari distanti o comunque diversi dal qui ed ora e può divenire un utile strumento in psicoterapia
Mind wandering e creativita un possibile legame tra i due processi
Mind wandering: vagabondare con la mente rende più creativi?
Il mind wandering e il pensiero creativo sembrano essere accomunati dello sfruttare la capacità di immaginare attraverso il cosiddetto occhio della mente
Musica: legame con emozioni e mind wandering - Psicologia
“Aspetta.. ho preso le cuffie?”: musica, emozioni e mente che vaga
Nonostante le numerose informazioni su quanto la musica moduli l’attività di strutture cerebrali coinvolte nelle emozioni, il meccanismo non è ancora noto
Mind wandering: il legame con rimuginio, attenzione e sonno REM
Stati e reti: mente vagabonda, rimuginio e REM
Il mind wandering, o pensiero vagabondo, è un'esperienza universale, ma quale legame esiste tra questo e il rimuginio, l'attenzione e il sonno REM?
Mind wandering: gli effetti dei diversi stili musicali sul contenuto dei pensieri
Mind-wandering e musica eroica: quali pensieri emergono?
La musica sembra avere un impatto significativo sulla valenza dei contenuti dei pensieri evocati durante il mind wandering.
Evitamento: una strategia disfunzionale nell'elaborazione del lutto
Non pensarci, pensa ad altro! La strategia di soppressione e controllo dei pensieri a seguito di un lutto 
L'evitamento è una strategia di gestione del dolore che può sembrare molto utile ma che in realtà ha numerosi costi per chi la mette in atto.
Mind wandering e ippocampo danneggiato le scoperte di C. McCormick
Mind wandering nelle persone con ippocampo danneggiato
Il team di ricerca guidato da C. McCormick ha cercato di capire se e come sia possibile, per le persone con ippocampo danneggiato, il mind wandering.
Mind-wandering la tendenza della mente a distrarsi, vantaggi e costi
Una mente errante: il fenomeno del mind-wandering
Il fenomeno del mind-wandering indica la tendenza della mente a vagare e a spostare l'attenzione su altro e questo ha dei costi ma anche vantaggi.
Distrarsi sognando ad occhi aperti alla guida quanto è pericoloso?
Vagare con la mente quando guidiamo, quanto è pericoloso?
Uno studio ha identificato i cambiamenti cerebrali che avvengono quando ci si distrae alla guida vagando altrove con la mente.
Con la testa tra le nuvole: il vagare della mente tra creatività e rimuginio
Il vagare con la mente ha due facce: fornire un basamento della creatività o fomentare la tendenza al rimuginio, aggrovigliandosi sulle preoccupazioni
I sogni segreti di Walter Mitty
Mind Wandering: I sogni segreti di Walter Mitty (2013), di Ben Stiller
Walter è un evitante, preferisce non affrontare i conflitti e nutre la sua fragile autostima con lunghi momenti di mind wandering, di sogni ad occhi aperti.
Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche
Cosa farei se vincessi alla lotteria? Sognare ad occhi aperti – Mind Wandering
Psicologia: Cosa farei se vincessi alla lotteria? Tutti almeno una volta se lo sono chiesti: la ricerca dice che dovremmo sognare ad occhi aperti più spesso
Mind wandering. I pensieri inutili ci rendono intelligenti . - Immagine: ©-Konstantin-Yuganov-Fotolia.com
Mind wandering: i pensieri inutili che ci rendono intelligenti!
Idea di un gruppo di ricercatori guidati da Kaufman che ha pubblicato una review sul mind wandering e sul suo ruolo nel determinare l’intelligenza umana
Differenze di genere: genitori e figli . - ©-Vojtech-Vlk-Fotolia.com_.jpg
La Risposta Neurale al pianto dei neonati. Neuroscienze & Gender Studies
Uno studio di Neuroimaging funzionale per indagare le differenze di genere (in stato di mind wandering) in risposta al pianto dei neonati. #Neuroscienze
Fantasticare ad occhi aperti..che stress!
Fantasticare ad occhi aperti…che stress!!
Fantasticare: attività piacevole e comune; si fantastica su persone, eventi e situazioni; ma l'eccesso nel fantasticare genera conseguenze molto negative
Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche
Mindfulness e Memoria di Lavoro
Mindfulness: Secondo una nuova ricerca la memoria di lavoro può funzionare meglio a seguito di un training di mindfulness.
Come si misurano i processi cognitivi legati al wandering?. - Immagine: © auremar - Fotolia.com
Mind Wandering: come si misurano i processi cognitivi?
Come l’attenzione viene rapita e trascinata verso stimoli interni e scollegati dal contesto percepito in quel momento? il mind wandering.
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