La musica è un fenomeno ubiquitario nella cultura umana, in quanto in grado di evocare e regolare le emozioni (Taruffi et al., 2017).
A livello cross culturale, le emozioni maggiormente suscitate dalla musica sono la felicità e la tristezza (Bowling et al., 2012). La musica “triste e felice” esiste fin dall’antichità, come testimoniato dal sistema musicale greco (VI secolo a.C; Taruffi et al., 2017) che attribuiva alcune qualità emotive al suono unico delle modalità musicali. Negli ultimi dieci anni, le neuroscienze hanno fornito numerose informazioni su quanto un tipo di musica allegra o triste riesca a modulare l’attività delle strutture cerebrali coinvolte nelle emozioni. Nonostante tali informazioni, gli effetti musicali che evocano diverse esperienze emotive, come felicità o tristezza, sono sconosciuti (Taruffi et al., 2017).
La mente vagabonda (Mind Wandering) è una forma di auto generazione del pensiero che porta al superamento del momento presente, del “qui e ora”, per immergersi nel proprio flusso di coscienza (James, 1890; Taruffi et al., 2017). Le persone trascorrono molto tempo a vagabondare con la mente, tendenzialmente su fattori personali (Smallwood et al., 2011), sociali (Mar, Mason e Litvack, 2012), ricordi autobiografici (Smallwood e O’Connor, 2011) e pianificazione futura (Baird, Smallwood e Schooler, 2011). Il mind wandering è associato a diversi vantaggi, come la creatività nella risoluzione dei problemi (Baird et al., 2012) e il ritardare la gratificazione (Smallwood, Ruby e Singer, 2013). D’altro canto, uno dei principali costi legato al mind wandering è l’interruzione delle prestazioni e delle attività in corso (Franklin, Smallwood e Schooler, 2011). Recenti ricerche evidenziano come i processi affettivi abbiano un notevole impatto sui pensieri spontanei: sebbene vi siano prove evidenti di un’associazione tra mind wandering e affetti negativi in persone sane (Killingsworth e Gilbert, 2010) e in persone depresse (Smallwood et al., 2007), è anche vero che questa relazione viene mediata dal contenuto dei pensieri. Nello specifico, i pensieri passati sono correlati ad alti livelli di infelicità negli individui (Smallwood e O’Connor, 2011; Ruby et al., 2013). Il mind wandering è supportato da un insieme di regioni nel cervello che tipicamente sono attive durante il periodo di riposo, regioni denominate come rete di default (Default Mode Network, DMN). Le zone coinvolte sono la corteccia prefrontale mediale (nello specifico, la corteccia prefrontale dorsomediale e ventromediale; dmPFC e vmPFC), la corteccia parietale mediale (PCC e PCu) e la corteccia parietale laterale (lobulo parietale inferiore posteriore; pIPL).
Attraverso la risonanza magnetica funzionale (fMRI), Taruffi e colleghi (2017) hanno indagato l’influenza della musica triste e felice in relazione alla mente vagabonda e ai suoi meccanismi neuronali sottostanti. Gli autori hanno condotto due esperimenti: nel primo sono stati reclutati 364 partecipanti online in due step (224 nel primo, 140 nel secondo). Nel secondo esperimento sono stati reclutati 24 partecipanti destrimani in salute (12 donne) e sono stati esposti a degli stimoli musicali (quattro brani “felici” e quattro brani “tristi”). I risultati ottenuti dagli esperimenti indicano come gli effetti musicali tristi sono correlati ad un tipo di mind wandering più intenso rispetto agli effetti musicali allegri. Inoltre, viene evidenziata una maggiore centralità dei nodi all’interno della rete di default (DMN). Tali risultati suggeriscono come l’attività della DMN possa essere modulata attraverso l’ascolto di canzoni che evocano tristezza o felicità (Taruffi et al., 2017).
Tali risultati richiedono un’indagine sistematica della relazione tra la musica e il pensiero, con vaste implicazioni per l’uso della musica in ambito educativo e clinico (Taruffi et al., 2017).