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Trattare l’ ansia infantile con il computer: si può!

Il tema dell' ansia infantile meriterebbe maggiore approfondimento. Infatti, i dati indicano che un bambino su otto ne soffre.

Di Antonio Ascolese

Pubblicato il 20 Feb. 2013

di Antonio Ascolese

Trattare l’ansia infantile con il computer: Si può!. - Immagine: © sunabesyou - Fotolia.com

Il tema dell’ ansia infantile meriterebbe maggiore approfondimento. Infatti, i dati indicano che un bambino su otto ne soffre.

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Quello con pazienti pediatrici affetti da disturbi d’ansia (ansia infantile), è un trattamento che meriterebbe maggiore approfondimento nell’ambito della ricerca clinica. Infatti, stando ai dati dell’ “Anxiety and Depression Association of America”, un bambino su otto soffre di ansia infantile.

Spesso, inoltre, questi disturbi perdurano anche durante l’età adulta e, un intervento precoce, permetterebbe una riduzione di tali sviluppi. Per evitare le terapie a base farmacologica con i bambini, inoltre, la ricerca di trattamenti alternativi si fa sempre più urgente.

Cercando di andare incontro a queste esigenze, il team dell’università di Tel Aviv, guidato dal professor Yair Bar-Haim, ha condotto un’interessante ricerca per testare e verificare la validità di un nuovo trattamento.

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In realtà si tratta di un trattamento già presentato in letteratura e già utilizzato nella pratica clinica, anche se limitatamente ai soli pazienti adulti: si tratta della tecnica ABM (Attention Bias Modification), basata sull’uso di un programma al computer. Per la prima volta, i ricercatori di Tel Aviv hanno provato questo programma per allontanare i bambini dalla loro tendenza a soffermarsi sulle possibili minacce e per intervenire sui loro modelli di pensiero. 

L’intento del professor Bar-Haim è quello di validare un sistema di cura alternativo, che sfrutti la familiarità dei bambini all’utilizzo del computer, evitando loro i possibili effetti negativi dovuti all’uso di medicinali e riducendo la necessità di personale altamente formato per la cura.

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Alla base di questo metodo c’è il tentativo di trasformare il test dot-probe in una terapia. Questo test richiede al soggetto di dirigere l’attenzione verso un punto che compare in una determinata posizione sullo schermo di un computer. Questi punti appaiono immediatamente dopo uno stimolo (parole o immagini) dal contenuto minaccioso o neutro. I bias attentivi sono valutati misurando la velocità di risposta, mediante la pressione di un tasto, all’apparizione del punto nella posizione occupata da uno stimolo.

I risultati di questo test confermano che i soggetti con ansia infantile dirigono costantemente la loro attenzione verso gli stimoli a contenuto minaccioso, mentre i soggetti di controllo, tendono a volgere l’attenzione lontano da tali parole. Tutte le persone ansiose, infatti, hanno una forte sensibilità nella percezione delle minacce: è proprio questa sensibilità che genera e mantiene l’ansia.

 Per trasformare il test dot-probe in terapia, la posizione in cui appaiono i punti viene manipolata, in modo che questi appaiano più frequentemente nella posizione delle parole neutrali. Gradualmente, il paziente inizia a soffermarsi su queste parole, riuscendo così a normalizzare il bias attentivo e riducendo la propria ansia.

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La ricerca del gruppo del professor Bar-Haim ha testato questo trattamento su un campione di 40 pazienti pediatrici con disturbi d’ansia in corso, divisi in tre gruppi sperimentali: il primo ha ricevuto il trattamento ABM, il secondo è un gruppo placebo, dove il punto è apparso in maniera bilanciata tra immagini minacciose e neutre, il terzo è un altro gruppo di controllo, in cui ai pazienti sono stati mostrati solo stimoli neutri. Il trattamento prevedeva una seduta a settimana per quattro settimane consecutive, per un totale di 480 prove per ogni paziente.

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Il livello di ansia nei bambini è stato misurato prima e dopo il trattamento, tramite interviste e questionari. Nei due gruppi di controllo non sono stati rilevati cambiamenti significativi nel bias dei pazienti. Nel gruppo che ha seguito il trattamento ABM, invece, sono state rilevate molteplici differenze significative nel bias attentivo dei partecipanti: circa il 33 per cento dei pazienti di questo gruppo, infatti, non ha più presentato alcun criterio diagnostico del disturbo d’ansia.

Questi risultati, a supporto delle ipotesi dei ricercatori, hanno attirato l’attenzione verso questo trattamento, giustificando la necessità di nuove indagini, per meglio approfondire l’ABM utilizzato con pazienti pediatrici: al momento, oltre 20 centri in tutto il mondo stanno sperimentando questa tecnica che richiede l’uso del computer da parte dei pazienti.

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