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Mind Wandering: I sogni segreti di Walter Mitty (2013), di Ben Stiller

Walter è un evitante, preferisce non affrontare i conflitti e nutre la sua fragile autostima con lunghi momenti di mind wandering, di sogni ad occhi aperti.

Di Camilla Marzocchi

Pubblicato il 22 Gen. 2014

I sogni segreti di Walter Mitty

di Ben Stiller (2013)

 

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I sogni segreti di Walter MittyI sogni segreti di Walter Mitty: Walter Mitty lavora da molti anni come archivista di pellicole per la più importante rivista fotografica americana, Life. E’ un lavoratore appassionato, umile e silenzioso, molto responsabile e attento.

Lavora nel piano terra di una grande edificio, lontano dai piani alti in cui sfrecciano eccentrici creativi, esperti della comunicazione, manager arrivisti e giovani headhunters con poche idee e molto narcisismo da sfoggiare.

Walter vive nell’ombra, ma il suo ruolo è fondamentale: conservare tutti i preziosi negativi che da circa 20 anni sono passati tra le sue mani e che sono il simbolo e la forza di quella rivista. Inconsapevole della centralità del suo lavoro, vive indisturbato in una piatta ma tranquilla quotidianità. E’ single, segretamente innamorato di una sua collega che cerca di contattare tramite un sito di incontri pur incontrandola tutti i giorni a lavoro, si occupa della madre e della sorella con affetto e grande senso del dovere e sopporta con stoica determinazione ed autocontrollo le sbruffonate dei suoi colleghi.

Come riesce a non esplodere??

Fantastica di volare tra un palazzo e l’altro per salvare la sua bella , di rispondere con battute sarcastiche e taglienti all’ennesimo sopruso subito, di ricevere dichiarazioni d’amore plateali mentre compie imprese titaniche. Nei momenti in cui immagina tali scenari, gli capita tuttavia di perdere il senso del tempo, appare “assopito” e questo alimenta la derisione dei colleghi, il suo essere bizzarro agli occhi degli altri, diverso.

Se solo gli altri potessero vedere il contenuto dei suoi sogni, capirebbero che proprio quel vagare della mente è per Walter linfa vitale, energia pura, necessaria a ricaricarsi per andare avanti.

La rottura della routine arriva con l’annuncio della chiusura della rivista e della sua trasformazione in una testata online, così la copertina dell’ultimo numero di Life sarà al centro del bizzarro viaggio di formazione che condurrà Walter a scoprirsi protagonista del proprio destino.

Tra immagini visionarie, situazioni drammatiche e un’assurda comicità, Ben Stiller riesce a creare momenti di grande condivisione con Walter, che conducono lentamente il pubblico quasi a fare il tifo per lui a mano a mano che la sua impresa va avanti e assume, non a caso, connotati epici da supereroe!

Alla regia, più che alla storia in sé, va forse il merito più grande, ma lascerei le analisi ai cineasti.

Dal punto di vista psicologico risulta invece eccellente e ricchissima la rappresentazione di Walter, dei suoi modi di combattere un profondo senso di inadeguatezza e di muoversi nel “mantello di invisibilità” che si è costruito con estrema dedizione.

Walter è un evitante, preferisce non affrontare i conflitti e in generale il confronto con gli altri, non si sente parte delle situazioni in cui si muove e non riesce a vivere una reale intimità nelle relazioni. Fatica nel riconoscersi meriti e qualità, mentre nutre la sua fragile autostima con lunghi momenti di wandering, di sogni ad occhi aperti.

La lettura che offre Stiller è tuttavia diversa da quella di tanti altri personaggi evitanti e sognatori: l’immaginazione non è soltanto fuga dalla realtà, ma diventa fonte di inspirazione per modificare l’agire nella vita vera, proprio come se nel sogno si potessero sperimentare ed allenare alcune parti di sé che – effetti speciali a parte – potranno trovare spazio per apparire nella vita quotidiana. Il wandering non è un sintomo, non è cioè espressione di una patologia, ma sembra avere le caratteristiche di un vera e propria mastery adattiva e funzionale a tollerare emozioni di vergogna, di paura, di impotenza e di rabbia.

Sognare ad occhi aperti non gli impedisce insomma di vivere, come succede ad Amelie (ne Il meraviglioso mondo di Amelie), ma al contrario gli permette di prendersi la sua rivincita, di trovare soluzioni e azioni utili a perseguire i suoi obiettivi, di sperimentarsi finalmente coraggioso e determinato. La lettura del regista sembra quindi allinearsi, forse inconsapevolmente, ai più recenti contributi delle neuroscienze sul wandering e sul suo ruolo nel funzionamento cognitivo generale e sulle capacità di elaborare informazioni emotive determinanti per la nostra vita.

Il confine tra realtà e immaginazione si assottiglia lentamente nel corso del viaggio, il contenuto del wandering diventa più realistico, più vicino all’effettivo potere d’azione di Walter, senza mai sovrapporsi completamente alla realtà, mentre a poco a poco l’immagine che Walter ha di sé cambia, in uno scenario surreale e fantastico da tenere fino alla fine lo spettatore nell’incertezza di come andrà a finire ….

Certo, qualche pezzo di realtà si perde nei lunghi secondi di “assenza” e forse la sua interpretazione rischia di essere talvolta distorta, ma del resto senza la capacità di sognare ad occhi aperti quei pezzi sarebbero forse persi per sempre. Lunga vita ai sognatori, bravo Ben Stiller!

 

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