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“Scusami, Snoopy, se non riesco a prendermi cura di te”. Affrontare il tumore al seno quando si ha un animale domestico

La diagnosi di tumore al seno sconvolge la propria vita e avere accanto un animale domestico può essere d'aiuto per affrontare la malattia

Di Valentina Davi

Pubblicato il 06 Dic. 2023

La vita con un animale domestico

Chi non ha avuto un cane non sa cosa significhi essere amato. (Arthur Schopenauer)

Quale dono più grande dell’amore di un gatto? (Charles Dickens)

Ogni mattina nel mondo milioni di umani sono svegliati da palle di pelo miagolanti: una zampetta insistente ricorda loro che è ora di colazione (nonostante siano solo le 6 del mattino). 

Ogni sera milioni di umani quando tornano a casa sono accolti con più entusiasmo da un cane scodinzolante che dal proprio partner.

C’è chi considera l’animale domestico un vero e proprio figlio, chi il compagno di una vita, chi l’antidepressivo che lo ha riportato a sorridere.

Un gatto o un cane possono diventare parte della famiglia e restarci accanto, se siamo fortunati, quasi 15 anni (più della durata media di molte relazioni…).

In 15 anni si condividono tantissime esperienze, purtroppo non sempre positive.

L’effetto domino del “Mi dispiace, ha un tumore al seno.”

Nel 2022 circa 55.700 donne in Italia hanno ricevuto una diagnosi di tumore al seno: una prognosi potenzialmente mortale, fortunatamente non più infausta come in passato (l’88% sopravvive a distanza di 5 anni dalla diagnosi), ma che dà inizio a un incubo costellato, a seconda dei casi, di chemioterapia, radioterapia, procedure ambulatoriali, operazioni chirurgiche, recupero post operatorio, esami, visite, prenotazioni e scartoffie burocratiche assicurative e non, sbattimenti logistici e organizzativi, paure, angosce, preoccupazioni, dolore fisico, malessere, bisogno di supporto emotivo, fisico e psicologico; un elenco non esaustivo che chiunque abbia vissuto questo inferno potrebbe contribuire ad allungare probabilmente all’infinito. 

Ha un tumore al seno è una frase che dà il via a un effetto domino che stravolge non solo la vita di chi riceve la diagnosi, ma il suo intero sistema familiare. 

Una famiglia in cui è la donna a gestire il menage domestico (dalla spesa ai figli, dalle scadenze da ricordare alle faccende domestiche) deve necessariamente riorganizzarsi per poter andare avanti. 

Ma se vivi sola, o con un supporto minimo, devi affrontare problematiche maggiori: per esempio, evitare di sollevare pesi dopo l’intervento chirurgico al seno oppure farti da mangiare quando la chemio ti mette ko sono imprese ai limiti dell’impossibile tanto quanto la cura personale.

Avere un cane o un gatto migliora la qualità di vita

Diversi studi hanno dimostrato gli effetti positivi dell’avere animali in casa: migliorano l’umore e il benessere di chi si prende cura di loro, fanno compagnia, attenuano il senso di solitudine, obbligano all’attività fisica chi ha uno stile di vita sedentario (soprattutto i cani, che richiedono che di alzarsi più volte dal divano per portarli a fare una passeggiata); sono un ottimo antistress, tra fusa e musetti che ti si strusciano addosso: riducono i livelli di cortisolo e aumentano le concentrazioni di ossitocina; aumentano la probabilità di interazioni positive (i cani, ovviamente, a meno che non abbiate un gatto socievole da portare a spasso al parco).

Affrontare un tumore al seno quando si ha un animale domestico

Chi riceve una diagnosi di cancro deve affrontare ulteriori sfide nel prendersi cura del proprio cucciolo. Portare a spasso il cane, pulire la lettiera, trasportare il cibo o persino giocare, può essere difficile durante il trattamento oncologico e la fase di recupero. 

Avere un cane o un gatto a cui badare è un buffer emotivo o al contrario rappresenta un ulteriore fattore di stress? 

La capacità di soddisfare i bisogni del proprio animale influisce sul benessere personale?

Un recente studio pubblicato su BMC Womens Health (Cook et Al., 2023) ha cercato di rispondere a queste domande. Gli autori dello studio hanno intervistato 211 donne con diagnosi di cancro al seno di stadio 0 (in situ) – IV che avevano un cane o un gatto da almeno 6 mesi ed erano le principali in casa a occuparsene.

Per fortuna che ci sei tu, Snoopy!

Chi non ha figli ha riportato un maggior attaccamento al proprio animale rispetto a chi li ha e maggiore è l’attaccamento, più la persona sente di ricevere supporto psicologico, emotivo e sociale dal proprio quattrozampe: chi ha un cane o un gatto si sente amata, necessaria. L’animale è una presenza positiva in casa, diventa il silenzioso confidente di paure e preoccupazioni; un fedele compagno con cui rilassarsi o svolgere attività quotidiane.

È la presenza silenziosa che veglia ai piedi del letto o la ciambella accoccolata sul piumone quando ti riposi dopo il ciclo di chemio.

Rischio zoonosi? Parliamone!

Il 50% delle intervistate ha rivelato che l’oncologo o il veterinario non ha espresso parere favorevole alla relazione tra la paziente e il suo animale domestico, probabilmente per la paura che la paziente potesse contrarre qualche malattia dall’amico quattrozampe durante il trattamento oncologico, quando le difese immunitarie sono compromesse. 

Tuttavia il rischio di zoonosi è basso (a meno che non limonate con il vostro cane o pulite la lettiera del gatto a mani nude), sembrerebbe pari a quello della popolazione generale e i benefici di avere accanto a sé un cane o un gatto durante il trattamento oncologico sembrano superare i rischi. Quindi sarebbe più opportuno che oncologi e veterinari dessero consigli alle pazienti per poter vivere la relazione con il proprio animale con serenità e in sicurezza durante un percorso che si prospetta infernale e in cui cani e gatti possono essere un prezioso supporto.

Preoccupazioni…

“Se muoio, chi si prenderà cura del mio cane?” oppure “Se muoio, non ci sarà nessuno a prendersi cura del mio gatto” sono tra le principali preoccupazioni emerse dallo studio assieme alla constatazione che la malattia ha un impatto pratico anche sulla vita del proprio animale: ne altera la routine giornaliera e impedisce a chi è ammalato di trascorrere con lui tutto il tempo che vorrebbe a causa degli impegni richiesti dal percorso di cura e degli effetti collaterali del trattamento.

…e senso di colpa

La preoccupazione può trasformarsi in senso di colpa, con ripercussioni negative sulla salute psicologica come lo sviluppo di ansia e depressione.

Molte pazienti hanno riferito di sentirsi in colpa per non riuscire a prendersi cura del proprio cane o gatto a causa del tumore, di non avere energie per interagire con lui, di sentirsi male perché non possono trascorrere più tempo con lui o perché in alcuni momenti devono anteporre i propri bisogni ai suoi.

Operatori sanitari, attenti al cane!

Ricevere diagnosi di tumore al seno è un evento che sconvolge la propria vita e avere accanto un cane o un gatto a cui si è molto affezionati può essere di grande aiuto per affrontare la malattia. Tuttavia la difficoltà nel prendersene cura a causa del tumore può creare disagio e stress e portare a sviluppare ansia e depressione.

Durante i colloqui è quindi importante che gli operatori sanitari indaghino la presenza di animali domestici, discutano e accolgano le preoccupazioni delle pazienti, normalizzando eventuali sentimenti di colpa. 

Il percorso oncologico richiede tutto il supporto possibile e se il sostegno arriva scodinzolando, non vale di certo meno.

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Valentina Davi
Valentina Davi

Coordinatrice di redazione di State of Mind

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