L’ ossitocina è un ormone peptidico composto da 9 aminoacidi, prodotto dai nuclei ipotalamici, sopraottico e paraventricolare, e dalla ghiandola pituitaria posteriore (neuroipofisi).
Questo ormone gioca un ruolo centrale durante il travaglio e il parto e successivamente nel processo di allattamento. Più recentemente è stato anche indicato come elemento chiave nelle interazioni sociali e nelle reazioni sentimentali, da questo il soprannome di “ormone dell’amore”.
L’ ossitocina infatti è coinvolta in una serie di importanti funzioni fisiologiche e psicologiche. Per esempio, promuove l’attaccamento materno, la lattazione, il legame fra partner, e la coesione del gruppo.
L’ ossitocina difatti aumenta i comportamenti pro-sociali come altruismo, generosità ed empatia e ci porta ad essere più propensi a fidarci degli altri. I risultati sperimentali dimostrano anche che la somministrazione nasale (con uno spray) di ossitocina, rende le persone più disponibili a occuparsi degli altri e più brave a riconoscere le emozioni. Questi effetti socio-cognitivi emergono in conseguenza della soppressione dell’azione dei circuiti prefontale e cortico-limbico, con conseguente abbassamento dei freni inibitori sociali come la paura, l’ansia e lo stress.
Ossitocina e relazioni sociali
L’influenza dell’ ossitocina sulla percezione dei volti, delle emozioni e di altre informazioni sociali è stata ampiamente studiata negli ultimi anni mediante la somministrazione dell’ormone per via nasale.
Negli ultimi anni sono stati numerosi gli studi che hanno cercato di indagare tale fenomeno. I risultati hanno dimostrato, ad esempio, che la somministrazione intranasale di ossitocina può aumentare il riconoscimento delle emozioni e l’attività cerebrale durante la percezione di un volto. L’ormone in questione, quindi, sembra giocare un ruolo significativo nell’elaborazione delle informazioni interpersonali e nel mantenimento dei legami sociali.
Sembra che sotto l’effetto dell’ ossitocina ci si senta più estroversi, più aperti a nuove idee e più fiduciosi.
Uno studio ha messo a confronto due gruppi di soggetti, un gruppo ha inalato ossitocina e l’altro del placebo; i soggetti di entrambi i gruppi non dovevano avere assunto farmaci, soffrire di un disturbo mentale attuale o pregresso, fare uso di droghe o essere fumatori; 90 minuti dopo l’assunzione dell’ ossitocina o del placebo tutti i partecipanti alla ricerca sono stati testati con scale per il nevroticismo, l’estroversione, l’apertura a nuove esperienze, l’amabilità e la coscienziosità. I risultati rivelano che chi aveva inalato ossitocina ha poi ottenuto punteggi maggiori nelle scale di estroversione e apertura alle esperienze rispetto a coloro che avevano assunto un placebo, in particolare l’assunzione di questo ormone ha amplificato alcuni tratti della personalità come il calore, la fiducia, l’altruismo e l’apertura verso l’esterno.
Alcuni studi hanno mostrato che l’ ossitocina (che agisce come ormone ma anche come neurotrasmettitore) ha un ruolo nel facilitare la percezione delle emozioni nelle espressioni del viso altrui. Uno studio Internazionale condotto da Sebastian Korb (ricercatore nell’area di neuroscienze della SISSA) ha messo alla prova l’idea che questo fenomeno sia collegato all’imitazione facciale. Secondo le teorie dell’embodied cognition infatti il riconoscimento delle emozioni altrui è agevolato dalla loro imitazione, e cioè dalla loro riproduzione sul nostro stesso viso. Lo studio conferma l’effetto di facilitazione, che si dimostra più marcata per le espressioni che veicolano emozioni negative (rabbia, tristezza), specie quando osservate sul viso di un bambino.
Sebastian Korb, ricercatore della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste ed esperto di Facial Mimicry (imitazione facciale) si è chiesto quale sia il meccanismo responsabile della facilitazione del riconoscimento delle emozioni dopo la somministrazione di ossitocina. Per verificare il collegamento fra ossitocina e facial mimicry, Korb e colleghi hanno selezionato un campione di 60 maschi adulti, dove metà del campione riceveva una dose spray di ossitocina e metà una dose spray di placebo (né i partecipanti né l’esperimentatore erano a conoscenza di quale prodotto si trattasse). I soggetti, dopo un lasso di tempo sufficiente perché il farmaco facesse effetto, erano sottoposti ad alcuni test di valutazione e riconoscimento di espressioni emotive presentate in brevi video che ritraevano dei visi adulti o infantili. Mentre eseguivano i test, veniva inoltre registrata la risposta dei muscoli facciali, per misurare l’imitazione facciale. I risultati hanno mostrato che l’imitazione delle espressioni era più marcata nei soggetti che avevano ricevuto l’ ossitocina (rispetto al placebo), e che questo aumento dell’imitazione era soprattutto evidente quando i soggetti osservavano neonati che piangevano (la collera e il pianto sono difficilmente distinguibili nei neonati). Il risultato è interessante non solo perché mostra che l’ ossitocina ha un effetto modulatorio sull’imitazione facciale, ma anche perché esiste una risposta marcata verso i visi infantili anche nei maschi, mentre si pensava che questo tipo di effetti dell’ ossitocina legati ai comportamenti di accudimento fossero tipicamente femminili.
Ossitocina e mantenimento del legame
La capacità di formare relazioni cooperative a lungo termine è una delle premesse fondamentali per l’evoluzione dell’uomo in cui è in gioco l’ormone dell’ ossitocina.
Alcuni ricercatori del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Leipzig in Germania hanno studiato questa capacità nei primati non umani (scimpanzè). I protagonisti dello studio circa 26 scimpanzè della Budongo Forest in Uganda. In particolare è stato misurato il livello di ossitocina nell’urina degli scimpanzè a seguito di comportamenti di condivisione del cibo. I risultati evidenziano elevati livelli di ossitocina negli individui alle prese con la condivisione di cibo rispetto a scimpanzè coinvolti in altre attività sociali. Per esempio, si è riscontrato un livello maggiore di ossitocina durante l’attività della condivisione di cibo rispetto a comportamenti di grooming, l’attività di reciproco spulciamento tra consimili. In altre partole è come se donare e ricevere cibo fosse evolutivamente più saliente rispetto al grooming; basti pensare anche alle evidenze dei meccanismi neurobiologici per cui l’ ossitocina regola la relazione umana madre-neonato durante l’allattamento.
In altre parole è molto più potente per la creazione e il mantenimento dei legami sociali – almeno nella comunità dei primati non umani – donare e ricevere nutrimento e cibo, e il tutto viene biologicamente sancito dai maggiori livelli di ossitocina.
I risultati di un nuovo studio pubblicato in The Journal of Neuroscience suggeriscono inoltre che l’ ossitocina può contribuire alla fedeltà nelle relazioni di monogamia. Sembra infatti che gli uomini sentimentalmente impegnati, sotto l’effetto di questo ormone, tendano a tenere a “distanza di sicurezza” donne sconosciute giudicate attraenti e mantenendo quindi la condizione di monogamia. Grazie a questo studio, condotto alla Universität Bonn, i ricercatori hanno scoperto che l’ ossitocina è efficace nel rinforzare l’evitamento di donne attraenti negli uomini impegnati in una relazione sentimentale, mentre non avrebbe nessun effetto sugli uomini single. I ricercatori hanno somministrato ossitocina o placebo attraverso uno spray nasale a un gruppo di maschi eterosessuali; quarantacinque minuti più tardi a ciascuno è stato chiesto di valutare la distanza ideale alla quale collocare una sperimentatrice, giudicata successivamente come attraente per il soggetto. L’ ossitocina ha indotto gli uomini impegnati sentimentalmente, ma non i single, a mantenere una maggiore distanza con la donna. In un secondo esperimento, inoltre, i ricercatori hanno scoperto che l’ ossitocina non ha avuto alcun effetto nella regolazione della distanza interpersonale tra uomini.
Questi risultati replicano quelli di un precedente studio condotto sui roditori, che ha identificato l’ ossitocina come la chiave principale nella formazione del legame di coppia e nella fedeltà monogamica di questi animali. I dati suggeriscono che il ruolo dell’ ossitocina nel promuovere comportamenti di monogamia è conservato dai roditori all’uomo.
Ossitocina e fiducia
In un nuovo studio, pubblicato sulla rivista Psychoneuroendocrinology, dimostra che l’ ossitocina può aumentare i livelli di fiducia nell’altro anche a seguito di un rifiuto. In un esperimento in doppio cieco, a 100 studenti è stata somministrata ossitocina oppure una sostanza placebo attraverso uno spray nasale e successivamente sono stati sottoposti a un’esperienza di rifiuto sociale.
Nello specifico è stata simulata una conversazione in cui i partecipanti venivano interrotti o ignorati da alcuni collaboratori degli sperimentatori. I risultati hanno dimostrato che i soggetti che riferivano elevati livelli di disagio emotivo dopo essere stati rifiutati hanno riferito una maggiore fiducia nelle altre persone se era stata somministrata loro ossitocina prima dell’interazione problematica rispetto a coloro che – mostrando alti livelli di emozioni negative – avevano ricevuto la sostanza placebo. Al contrario, l’ ossitocina non ha avuto effetto sulla fiducia in coloro che non sono stati emotivamente influenzati dal rifiuto sociale.
Quindi secondo i ricercatori se qualcuno si sente molto in difficoltà in caso di rifiuto sociale, l’ ossitocina potrebbe promuovere la fiducia nell’altro e la ricerca di sostegno sociale, evitando pericolosi circoli viziosi di ritiro sociale.
Ossitocina e superamento della paura
Una squadra di ricercatori è stata in grado di dimostrare, in uno studio condotto dall’università di Bonn, che l’ ossitocina inibisce i centri della paura del cervello e fa in modo che l’effetto degli stimoli legati a tale paura si riducano più facilmente.
I traumi, ma anche gli episodi particolarmente spaventosi, non sono facili da superare e a volte possono diventare talmente radicati nella memoria da condizionare chi li ha vissuti generando ansia e fobie.
Una squadra di ricercatori è stata in grado di dimostrare, in uno studio condotto dall’università di Bonn in collaborazione con l’ospedale, che l’ ossitocina inibisce i centri della paura del cervello e fa in modo che l’effetto degli stimoli legati a tale paura si riducano più facilmente.
Le esperienze spaventose non svaniscono rapidamente dalla memoria, ma è necessario applicare delle strategie che permettono che questo si verifichi. Una delle tecniche più diffuse, per provare a superare le paure, è sperimentare ripetutamente lo stesso stimolo in una situazione positiva fino a che questa nuova esperienza non cancelli ma “sovrascriva” la traumatica rendendo inoffensivo lo stimolo ansiogeno.
Tuttavia questo processo può richiedere molto tempo e non sono rare le ricadute poiché la traccia della paura originaria è ancora presente e ben ancorata nella memoria.
Per approfondire lo studio di questa tecnica un team di scienziati ha indotto 62 soggetti maschi sani ad associare alcune immagini con un’esperienza di ansia. Successivamente è iniziata la fase di “estinzione” in cui si riduce l’effetto dello stimolo spaventoso sovrapponendo esperienze positive a quelle vissute durante la fase di “condizionamento”. Prima, però, a metà dei soggetti partecipanti è stata somministrata dell’ ossitocina grazie ad uno spray nasale, mentre l’altra metà ha ricevuto un placebo. Dalle risonanze magnetiche cerebrali è risultato che chi aveva ricevuto ossitocina mostrava una maggiore attivazione delle regioni legate alla paura e una minore attivazione dell’amigdala rispetto al gruppo di controllo, confermando gli effetti ansiolitici dell’ormone. Tutto questo evidenzia non solo la presenza di centri specifici imputati al riconoscimento della paura, ma, in futuro, potrebbe portare a sviluppare nuovi trattamenti anche per i disturbi d’ansia che altro non sono che paure.
Ossitocina e i suoi effetti rischiosi
L’ ossitocina aumenta i comportamenti pro-sociali come altruismo, generosità ed empatia e ci porta ad essere più propensi a fidarci degli altri. Questi effetti socio-cognitivi emergono in conseguenza della soppressione dell’azione dei circuiti prefontale e cortico-limbico, con conseguente abbassamento dei freni inibitori sociali come la paura, l’ansia e lo stress.
Proprio in questi effetti risiederebbe la sorprendente similarità tra le conseguenze comportamentali indotte da ossitocina e alcool. Sembra che queste due sostanze agiscano su differenti recettori a livello cerebrale, causando però effetti simili sulla trasmissione del neurotrasmettitore GABA nella corteccia prefrontale e nelle strutture limbiche. Questi circuiti neurali controllano la nostra percezione dello stress o dell’ansia, in particolar modo nelle situazioni sociali.
Se nella realtà sociale spesso le persone sfruttano l’alcool per abbassare i livelli di ansia ed essere meno inibiti nelle relazioni sociali, l’ ossitocina sembra mimare questo effetto in laboratorio: quando fatta inalare sembra riprodurre proprio gli effetti del consumo di alcolici.
Questa forma di “auto-medicazione” per ottenere un po’ più di sicurezza in se stessi nei momenti di difficoltà non è priva di rischi. Difatti accanto alle preoccupazioni che accompagnano il frequente consumo di alcool, ci sono anche effetti socio-cognitivi meno desiderabili che sia l’alcool che l’ ossitocina possono facilitare. Le persone possono diventare più aggressive, presuntuose e invidiose di coloro con cui ritengono di essere in competizione.
Le sostanze in oggetto possono anche abbassare il nostro senso della paura, che normalmente agisce per proteggerci dalla tendenza a metterci in pericolo, e innalzare la percezione di affidabilità degli altri, elementi che congiunti aumentano la probabilità di incorrere in rischi inutili che altrimenti eviteremmo.
Secondo un nuovo studio pubblicato su Science, infatti, in alcune situazioni sarebbe proprio l’ ossitocina ad impedirci di comprendere a fondo le intenzioni non del tutto amichevoli del nostro interlocutore, inibendo la nostra capacità di rilevare le intenzioni nascoste nelle facce degli altri.
Alcuni studi hanno dimostrato come l’ ossitocina sopprimerebbe l’attenzione per gli stimoli sociali negativi, con conseguente diminuzione della capacità di identificare l’astuzia nascosta in un volto apparentemente amichevole. Secondo i ricercato ri che si sono occupati di indagare questo fenomeno infatti quando motivazioni miste si nascondono sotto la patina di un volto amico, l’ ossitocina può ostacolare la nostra capacità di riconoscere che qualcosa non quadra.
Ossitocina e disturbi psichici
Proprio perché l’ ossitocina gioca un ruolo di grande importanza nella regolazione delle abilità sociali, è stato naturale il chiedersi da parte della comunità scientifica quale potesse essere il ruolo di quest’ormone nello sviluppo di quelle patologie che proprie nelle abilità relazionali trovano il loro principale aspetto di deficit.
Alcuni studi hanno riportato una “disfunzione nel processo dell’ ossitocina” nei bambini con disturbi autistici. Ci sono anche prove che i geni che influenzano l’ ossitocina, ad esempio il gene del recettore dell’ ossitocina, OXTR – possano essere coinvolti nello sviluppo dei disturbi dello spettro autistico.
Studi sul rapporto tra ossitocina e schizofrenia hanno prodotto risultati contrastanti: le associazioni con geni legati all’ ossitocina non appaiono così forti come per l’autismo. Tuttavia, alcuni studi suggeriscono che l’ ossitocina potrebbe essere un trattamento utile per i pazienti affetti da schizofrenia, in alcuni trial sperimentali infatti ci sono stati effetti incoraggianti sulla gravità della schizofrenia e sulla cognizione sociale.
Poiché l’ ossitocina è coinvolta nelle risposte allo stress, è stato anche studiato il suo potenziale ruolo nei disturbi dell’umore e disturbi d’ansia. Ad esempio, ci sono prove che l’ ossitocina possa essere coinvolta nelle risposte positive alla terapia elettroconvulsiva per la depressione grave. Finora ci sono tuttavia poche prove che l’ ossitocina possa costituire un trattamento utile per l’ansia e la depressione. Lo stesso vale per i primi studi sull’ ossitocina per il trattamento del disturbo ossessivo-compulsivo e il disturbo di personalità borderline.
In conclusione “l‘evidenza suggerisce un ruolo dell’ ossitocina nella fisiopatologia di alcuni disturbi psichiatrici, in particolare quelli caratterizzati da menomazioni nel funzionamento sociale” scrive Cochran, dell’University of Massachusetts Medical School. “Tuttavia, la natura preliminare dei dati attualmente disponibili preclude una chiara comprensione della natura esatta di questo ruolo”. Così, nonostante alcuni risultati promettenti, è troppo presto per concludere che l’ ossitocina possa essere un trattamento utile per l’autismo, la schizofrenia, o qualsiasi altro disturbo psichiatrico.