Una recente ricerca presentata durante la conferenza annuale della Società di Endocrinologia (ENDO 2019) ha proposto una nuova modalità di trattamento sperimentale per l’ obesità che prevede l’inalazione per via nasale di ossitocina.
L’ ossitocina è un ormone noto per l’importante ruolo che gioca nelle interazioni sociali e per questo spesso definito “ormone dell’amore”; normalmente rilasciato durante il parto e l’allattamento, quando la relazione mamma-bambino sta iniziando a prendere forma, l’ ossitocina sembra giocare un ruolo importante anche nel controllo dell’assunzione di cibo e del peso.
Sulla base di queste scoperte, alcuni ricercatori hanno provato a testare la possibilità di introdurre l’uso dell’ ossitocina nel trattamento di diverse problematiche alimentari, quali ad esempio abbuffate o obesità. A conferma di quanto ipotizzato dai ricercatori, studi precedenti avevano già evidenziato che la somministrazione di ossitocina attraverso spray nasale avesse un effetto sulle vie cerebrali coinvolte nel comportamento alimentare diminuendo il consumo di cibo negli uomini.
Lo studio
Questo studio assume particolare importanza all’interno del panorama scientifico poiché mostra come l’ ossitocina è in grado di modulare i percorsi cerebrali, specialmente in riferimento alle risposte ad alimenti altamente appetibili e gratificanti. Obiettivo dei ricercatori è stato quindi quello di esaminare il sistema di ricompensa cerebrale su cui ha effetto questo ormone. La ricerca è stata avviata sulla base di risultati di studi precedenti che dimostravano che l’ ossitocina riduce effettivamente l’attivazione dell’area ventrale tegmentale (VTA), una regione centrale per il sistema di ricompensa.
Lo studio prevedeva l’utilizzo di fMRI, una tecnica di neuroimmagine utilizzata in ricerca per misurare l’attività cerebrale attraverso la rilevazione di cambiamenti associati al flusso sanguigno. L’utilizzo di questa tecnica è stato utile per indagare come l’ ossitocina impatta sulla connettività funzionale tra la VTA e il resto del cervello.
Il campione oggetto di studio era coposto da 10 soggetti in salute ma in sovrappeso e 10 giovani soggetti con obesità; ciascuno di loro è stato incontrato in due visite, condotte all’interno di un setting laboratoriale, nel corso delle quali veniva sottoposto alla somministrazione di ossitocina o di un placebo (a seconda del fatto che fosse stato assegnato, in maniera del tutto casuale, al gruppo sperimentale o a quello di controllo). Durante ogni visita, ogni soggetto, a digiuno, doveva autosomministrarsi attraverso spray nasale una singola dose di ossitocina o di placebo. Ognuno dei soggetti era inconsapevole di quale trattamento stesse assumendo.
Innanzitutto, i risultati hanno dimostrato come la somministrazione di ossitocina non avesse alcun effetto collaterale sui soggetti. Inoltre, lo studio prevedeva che dopo un’ora dalla somministrazione del farmaco o del placebo, i soggetti venissero sottoposti a fMRI mentre osservavano immagini raffiguranti: alimenti ad alto contenuto calorico, alimenti a basso contenuto calorico, oppure oggetti non comprendenti cibo. È emerso che i soggetti con obesità, in comparazione con i soggetti del gruppo di controllo, mostravano un’iper-attivazione anomala del sistema cerebrale di ricompensa quando messi di fronte a immagini con alimenti calorici. Questo risultato si presentava anche nel momento in cui i soggetti erano sazi, suggerendo così una spiegazione per il comportamento osservato nelle abbuffate e, allo stesso tempo, un potenziale target per il trattamento farmacologico con ossitocina. Nel gruppo sperimentale (partecipanti che avevano ricevuto il trattamento con ossitocina), a differenza del gruppo di controllo (trattamento placebo), l’ ossitocina indeboliva la connettività funzionale tra la VTA e le aree cerebrali coinvolte nell’assunzione del cibo di fronte alla visione di immagini riguardanti alimenti ipercalorici.
In conclusione
Questi risultati dimostrerebbero che effettivamente l’ ossitocina interverrebbe nel modulare i comportamenti alimentari. L’ obesità è una malattia altamente invalidante sia a livello fisiologico che psicologico. È pertanto necessario approfondirne cause, conseguenze e possibili trattamenti. Il presente studio fornisce dunque un punto di partenza per l’approfondimento di nuovi e rivoluzionari metodi di trattamento.