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Il mio cadavere cammina: la sindrome dell’uomo morto

La Sindrome di Cotard è la negazione cronica della propria corporeità e della propria esistenza, con la convinzione di essere morti

Di Elisabetta Carbone

Pubblicato il 03 Ott. 2023

Aggiornato il 13 Ott. 2023 12:25

La Sindrome di Cotard

Tutti conosciamo la cinematografia horror che propone zombie e morti viventi come protagonisti di film di successo, non-morti che vagano in modo abulico e allucinato alla ricerca di cervelli o di un modo per trovare l’eterno riposo. Seppur lontana dagli effetti speciali di film come “La notte dei morti viventi” o dalla serie “The walking dead”, esiste nella realtà psichica una condizione molto rara, la Sindrome di Cotard, che ricorda questi cadaveri ambulanti: un delirio di negazione, caratterizzato proprio dalla convinzione di essere morti, di non esistere, di non avere organi vitali e sangue, oppure di essere in stato avanzato di decomposizione.

La paziente zero

Il dottor Jules Cotard, neurologo e psichiatra francese, ha descritto questa condizione per la prima volta nel 1880, durante una sua lezione, definendola un “délire de négation”.

“Mademoiselle X”, una donna 43enne, è stata la paziente zero, il primo caso clinico: portata all’attenzione del dottore nell’ospedale universitario di Pitié-Salpêtriére di Parigi, negava l’esistenza di dio e del diavolo, della sua anima, di parti del corpo come cervello, nervi, petto, stomaco e intestino (motivo per cui smise di mangiare), sostenendo di essere fatta solo di pelle e ossa, di essere stata maledetta e per questo resa immortale. L’unico modo per porre fine alla sua vita, a detta della paziente, era darsi fuoco.

Cotard formulò l’ipotesi che la paziente soffrisse di un nuovo tipo di depressione melanconica, caratterizzata da ansia, idee deliranti, insensibilità al dolore, negazione degli organi e delirio di immortalità. Qualche anno dopo definì questa sindrome – che poi prese il suo nome – “delirio di negazione”.

Vivere da morti

La Sindrome di Cotard, conosciuta anche come “sindrome dell’uomo morto” o, nel mondo anglosassone, come “sindrome del cadavere che cammina”, è una rarissima condizione neuropsichiatrica con non più di 100 casi descritti al mondo, caratterizzata da ideazione e delirio nichilistico, negazione cronica della propria corporeità, della propria esistenza o quella dei propri cari che, anche se presenti, possono essere considerati morti. Questi deliri, che possono avere come conseguenza il digiuno autoimposto o il suicidio, riguardano principalmente:

  • Il corpo o parti di esso, generalmente gli organi vitali, con la percezione che siano scomparsi o in putrefazione;
  • L’esistenza stessa, credendo di essere morti;
  • L’illusione di immortalità (il paziente, infatti, crede che niente possa ucciderlo, essendo già morto);
  • Temi ipocondriaci, data la convinzione di soffrire di una malattia molto grave, incompresa e incurabile.

La classificazione

Nel 1995 Berrios e Luque sistematizzarono la prima classificazione grazie all’analisi statistica retrospettiva dei 100 casi descritti in letteratura, delineando il profilo di 3 tipi di sindrome:

  • Un tipo denominato “depressione psicotica”, in cui convergono ansia, malinconia, allucinazioni uditive e senso di colpa, senza però la presenza di deliri di negazione;
  • La Sindrome di Cotard di tipo I, caratterizzata da deliri ipocondriaci e di negazione, senza però la presenza di episodi depressivi. Questa categoria costituisce una sindrome di Cotard “pura”, ed è più affine al delirio rispetto ai disturbi affettivi;
  • La Sindrome di Cotard tipo II, caratterizzata da ansia, depressione, allucinazioni uditive, deliri di immortalità, nichilistici e tendenze suicide.

In termini di profilo clinico, non è stata trovata alcuna differenza tra uomini e donne, solo l’età aumenta la probabilità di sviluppare il disturbo. A livello statistico emerge che la maggior parte dei soggetti manifesta depressione (89%), seguita da ansia e senso di colpa (65%). I deliri di negazione che riguardano il corpo (86%) sono più frequenti rispetto quelli legati all’esistenza (69%), quelli ipocondriaci (58%) e ai temi di immortalità (55%).

Sebbene descritto già accuratamente nel 1880, si sa ancora poco di questo disturbo, tant’è che non compare né nel DSM né nell’ICD: lo stato attuale della sua concettualizzazione è quella di disturbo neuropsichiatrico, dato che molti studi pubblicati hanno mostrato una forte correlazione tra una malattia neurologica preesistente e la sindrome, ancora senza una sua autonomia diagnostica.

Nonostante sia un disturbo eterogeneo, i sintomi principali sono:

  • L’ansia e la paranoia, legati al tema nichilistico;
  • Idee di dannazione eterna o possessione magico-religiosa;
  • Autolesionismo e aggressività;
  • La convinzione delirante di non possedere organi o sangue;
  • Alessitimia (ossia, l’assenza di emozioni e parole per descriverle);
  • Una scarsa reattività agli stimoli esterni;
  • La convinzione delirante di essere immortali;
  • La convinzione di sentire l’odore del proprio corpo in stato di putrefazione e decomposizione.

Una sindrome stadiale

Secondo Yamada e colleghi (1999) la sindrome si evolve nel tempo, passando attraverso 3 stadi o fasi:

  • In un primo momento, corrispondente all’esordio della malattia, compaiono umore depresso, ipocondria e cenestopatia (ossia una sensazione dolorosa riferita a un organo o una parte del corpo, senza però una spiegazione medica). In questa prima fase, secondo gli autori, non è consigliato porre diagnosi.
  • Segue lo stadio florido, in cui dominano la componente ansiosa, il nichilismo e la negazione, idee legate alla mancata esistenza del corpo o parti di esso e la convinzione di morte. Inoltre, possono essere presenti sensi di colpa, condotte autolesive o suicidarie;
  • Lo stato cronico, sia in forma depressiva che paranoidea, in cui il delirio di negazione e l’ipocondria persistono marcatamente nel tempo.

Disturbi associati

Anche se nella maggioranza dei casi la negazione di sé stessi può essere associata alla depressione psicotica, la sindrome è stata riscontrata anche in pazienti affetti da deficit cognitivi e malattie neurologiche, come il morbo di Parkinson, l’emicrania, i tumori cerebrali, l’epilessia del lobo temporale, le lesioni cerebrali traumatiche, le malformazioni arterovenose, la sclerosi multipla, l’encefalite, l’emorragia subdurale, l’atrofia cerebrale, l’infarto cerebrale o la trombosi del seno sagittale superiore.

Anche se la sintomatologia è variabile, essa può essere associata ad altri disturbi psichiatrici (0,62% dei casi) o neurologici (0,11%), oppure presentarsi come disturbo isolato. Generalmente appare nel contesto dei disturbi dell’umore, di depersonalizzazione e/o derealizzazione, della schizofrenia oppure di comportamenti autolesionisti.

L’influenza della cultura

La cultura di provenienza sembra giocare un ruolo importante nella strutturazione del delirio, in quanto elementi culturali e credenze superstiziose possono essere fondamentali per definire il quadro clinico del paziente.

Nejad e colleghi (2013) hanno descritto il caso di una donna iraniana di 42 anni che, oltre a vivere esperienze di depersonalizzazione, era sicura di essere stata assassinata da Aal, uno spirito maligno mitico del folklore persiano che, dopo il parto, le avrebbe smembrato l’addome per mangiarle il fegato, causandone la morte del corpo. Dopo questo delirio terrifico, la donna ha iniziato a sviluppare pensiero paranoide, umore depresso, allucinazioni uditive e visive, micropsia e macropsia. Nonostante il lungo ricovero e le cure ricevute, ha continuato a sostenere che il suo corpo fosse in realtà morto, un involucro senza vita, e che la sua anima lo potesse solo osservare dall’esterno.

La signora L., donna filippina di 53 anni, era convinta di essere morta da così tanto tempo da puzzare di carne in putrefazione, e chiedeva insistentemente ai familiari di essere portata in obitorio per poter stare con i suoi simili, i morti. Dopo il ricovero e l’esclusione di cause organiche, sono spariti deliri e allucinazioni nichilistiche e paranoiche.

L’emisfero destro

Nella rassegna di Debruyne (2009) viene descritto il caso di una donna di 46 anni, affetta da disturbo bipolare con un episodio depressivo psicotico e deliri di negazione compatibili con la Sindrome di Cotard.

La donna era convinta di non avere una vera e propria identità, di vivere in un corpo vuoto e intangibile – come fosse un fantasma –, di essere senza organi vitali e senza cervello. Grazie agli esami di laboratorio, è emersa una disfunzione dell’emisfero destro.

Due studiosi, Nishio e Mori (2012), hanno analizzato la relazione tra i deliri d’identità tipici della Sindrome di Cotard e le funzioni dell’emisfero destro, ipotizzando che questa sia l’area designata alla gestione del senso di sé. La loro dissertazione parte dall’analisi del caso di un paziente 69enne colpito da un grave ictus che ha causato il danneggiamento di diverse aree dell’emisfero destro (talamo, lobo frontale, parietale e temporale). Nonostante le cure prestate durante il primo mese di ricovero, l’uomo viveva sempre un senso di irrealtà, chiedendo più volte a sua moglie e al personale sanitario se fosse effettivamente vivo o morto. Questa convinzione (ossia i deliri di morte associati alla depersonalizzazione/derealizzazione) divenne nel tempo sempre più salda, ma mai accompagnata da umore depresso o sentimenti di angoscia.

A 4 mesi dall’ictus, la sintomatologia era quasi del tutto scomparsa, ma dopo un anno dal ricovero l’uomo era ancora fermamente convinto della veridicità dei suoi ricordi riguardo quel periodo, sostenendo “Adesso sono vivo. Ma ero morto in quel periodo!”.

A livello neuropsicologico è stata riscontrata una grave negligenza emispaziale controlaterale a carico dell’emisfero destro, con tutta la sintomatologia associata: spossatezza nel lato sinistro del corpo, impossibilità di muovere il braccio e la gamba sinistri, nonché una percezione deficitaria in tutto il versante sinistro del corpo. Tuttavia, il senso di proprietà del corpo e la capacità di riconoscimento del proprio volto non sono mai stati intaccati: questo particolarissimo caso suggerisce che l’anormale percezione di sé, implicata in diverse sindromi deliranti, contribuisce allo sviluppo del delirio nichilistico. La conferma di questo assunto indicherebbe che i processi coinvolti nell’identificazione di persone e luoghi, nonché la sensazione di essere vivi, possono sovrapporsi – seppure in modo parziale –, e sono a carico dell’emisfero destro.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Berrios, G.E. and Luque, R. (1995), Cotard’s syndrome: analysis of 100 cases. Acta Psychiatrica Scandinavica, 91: 185-188.
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