expand_lessAPRI WIDGET

The whale, la balena (2022) – Recensione del film

Il film "The Whale" affronta i temi del trauma, dell'incomunicabilità e della ricerca della speranza attraverso la storia del protagonista, Charlie

Di Elena Andreini

Pubblicato il 19 Mag. 2023

ATTENZIONE – L’articolo può contenere spoiler!

‘’The Whale’’, la balena, è un film del 2022 diretto da Darren Aronofsky.

 

Il cinema è un buio di persone. Mannarino, La Maddalena.

 La pellicola rappresenta l’adattamento cinematografico dell’omonima opera teatrale del 2012 scritta da Samuel D. Hunter, autore anche della sceneggiatura del film. Presentato alla 79ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia il 4 settembre 2022 ed al Toronto International Film Festival l’11 settembre dello stesso anno, il film è stato distribuito nelle sale cinematografiche statunitensi a partire dal 9 dicembre 2022, mentre nelle sale italiane dal 23 febbraio 2023. Il film ha inoltre valso il Premio Oscar come Miglior attore protagonista a Brendan Fraser (The Variety, 2021).

Il titolo The Whale”, la cui traduzione è “la balena”, fa riferimento in modo figurato alla mole del protagonista, ma anche al romanzo “Moby Dick” di Herman Melville (“Moby Dick” o “The Whale”), più volte citato in modo diretto ed indiretto nella pellicola (Melville, 2012).

Centrale nel film sono il personaggio e la storia di Charlie, professore d’inglese che soffre di grave obesità. L’uomo vive solo, recluso nella propria casa e schiacciato dal peso eccessivo che non gli permette di muoversi in autonomia; tiene corsi universitari di scrittura online, nascondendo la sua figura attraverso la webcam spenta.

Charlie vive una situazione di completo ritiro sociale. Ha perso ogni rapporto con il mondo esterno, compreso il legame con la figlia adolescente, Ellie, e con la ex-moglie, Mary. L’unica persona che frequenta è Liz, infermiera che lo aiuta con le medicazioni e le cure, nonché sorella dell’uomo che ha amato, morto alcuni anni prima degli eventi narrati.

Nel momento in cui realizza la triste verità che gli resterà poco tempo da vivere, Charlie decide di riallacciare i rapporti con la figlia, per cercare un’ultima possibilità di riscatto.

“The Whale” è un film di finzione, eppure l’elemento biografico è nettamente presente. L’autore del dramma teatrale Samuel D. Hunter, infatti, ha molti punti in comune con il protagonista: ha vissuto a Moscow in Idaho, ha insegnato saggistica alla Rutgers University, è dichiaratamente omosessuale ed in passato ha sofferto di gravi disturbi alimentari. Questo fa di “The Whale” un film solo parzialmente autobiografico (The Variety, 2021).

Temi principali della pellicola sono il trauma e la incomunicabilità tra i vari personaggi: ognuno fornisce una lettura differente ad eventi comuni, ed appare influenzato dai personali temi di vulnerabilità.

Intrappolati nelle loro bolle di realtà, vivono “l’altro” come proiezione di paure ed aspettative, ed il “Sé” come fantasma di traumi e di delusioni.

Non aperti ad un confronto e scotomizzando le ferite di fondo mai sanate, i personaggi giungono all’autodistruzione. Un dramma psicologico, un’autentica tragedia umana che invita all’autenticità e rappresenta un esercizio di empatia estremamente impegnativo.

“The Whale” rappresenta i drammi e traumi individuali di ogni singolo personaggio.

Charlie, Ellie e Mary, sono tra loro legati profondamente, sia umanamente che psicologicamente; infatti attuano tutti e tre comportamenti cristallizzati in strategie di immunizzazione al fine di silenziare vissuti e temi dolorosi.

Charlie, ed il disturbo da binge-eating (BED)

A volte il nostro corpo non ha la forza di vivere
Ciò che l’anima vorrebbe. 

Susanna Tamaro.

Il film è totalmente incentrato sulla persona di Charlie, la cui vita è stata segnata dalla perdita del compagno, l’uomo per cui decise di allontanarsi dalla ex-moglie e dalla figlia; Mary non permetterà da quel momento che il padre e la bambina si incontrino mai, contribuendo ulteriormente alla sua sofferenza e al suo isolamento.

Il corpo diventa la sua trappola, simbolo di un soma ferito nel profondo. Privato delle gioie della propria vita, sceglie di rendere l’unico e ultimo piacere su cui ha il controllo, il cibo, auto-distruttivo.

L’esperienza di Charlie è in linea con quanto teorizzato da Cooper, Wells e Todd (2008), i quali identificano tre tipi principali di convinzioni metacognitive che agiscono insieme per mantenere il binge-eating: credenze positive, negative e permissive.

Secondo questo modello, un episodio di alimentazione incontrollata è scatenato da un evento angosciante che attiva una convinzione negativa sul sé come persona, come ad esempio: “non sono amabile” o “sono un fallimento”.

Spesso Charlie ripete nel film: “Who would want me in their life”.

L’attivazione di queste credenze negative su di sé è accompagnata da sentimenti di ansia, depressione o senso di colpa. Ricorre spesso nel film la frase: “I know I have made a lot of mistakes”.

Il modello propone che gli individui affetti da Binge Eating Disorder comincino ad abbuffarsi come mezzo per far fronte a queste spiacevoli emozioni e che l’abbuffata riduca l’intensità degli stati emotivi a breve termine.

Le convinzioni positive riguardano i benefici percepiti del binge-eating, in particolare nel ridurre il disagio emotivo (ad esempio: “mangiare mi aiuta a far fronte ai sentimenti negativi”).

Le convinzioni permissive sono quelle che permettono all’individuo di iniziare o continuare un episodio di abbuffate, ma non affrontano le convinzioni sulla propria capacità di controllare le pulsioni di abbuffarsi (per esempio: “mi merito di avere un momento di piacere come un’abbuffata”).

Il ciclo viene ulteriormente rafforzato quando i comportamenti di abbuffata riattivano e/o rinforzano ulteriormente le convinzioni positive e permissive, e le convinzioni negative sul non controllo dell’atto di mangiare abbuffandosi.

Charlie sembra giungere a un momento di critica e piena consapevolezza solo quando realizza di essere giunto a un punto di non ritorno; in una delle scene finali del film arriverà a esortare i suoi studenti a prendere contatto con i temi a loro più cari e dolorosi per poterli affrontare e a muoversi nel mondo con un atteggiamento autentico e non superficiale.

Lui stesso cerca una sorta di redenzione alla fine del film, provando a riallacciare il rapporto con la figlia, venendo in contatto con i propri temi di vulnerabilità: “I need to know that I have done one thing right with my life”.

Ellie, ed aspetti disfunzionali della personalità adolescenziale

Una malinconia terribile aveva invaso tutto il mio essere;
tutto destava in me sorpresa e mi rendeva inquieto. 

Fëdor Dostoevskij.

Ellie, è una sorta di figlia oscura, che si è rifugiata in questo aspetto della sua personalità nel corso del tempo, a causa del grande dolore e della rabbia che prova.

Introversa, appare chiusa rispetto le interazioni sociali e tendenzialmente caratterizzata dalla messa in atto di comportamenti simil antisociali, esiti di una rabbia mai esplorata.

Invitata dal padre a esercitarsi nella scrittura, riporterà uno stridente: “odio tutti”.

Il trauma vissuto da Ellie nel corso della sua infanzia, legato a un background familiare disfunzionale ed invalidante caratterizzato da un padre abbandonico e una madre alcolista, crea un disagio nell’armonico sviluppo della personalità della adolescente, che si manifesta con tratti di natura esternalizzanti.

Ellie manifesta apertamente il suo malessere, esibendo un atteggiamento manipolatorio, crudele ed apparentemente privo di alcun rimorso, come si evince da numerose scene del film.

Sia i disturbi esternalizzanti dell’infanzia e della adolescenza, che i disturbi di personalità, hanno dimostrato una eziopatogenesi di natura ‘’bio-psico-sociale’’.

Tra i fattori psicologici, alcuni teorici psicodinamici hanno originariamente attribuito grande importanza, per lo sviluppo dei disturbi della personalità, al fatto che l’individuo avesse ricevuto eccessiva o insufficiente gratificazione rispetto ai propri bisogni pulsionali (Fonagy et al., 2012).

Ellie dimostra di aver avuto un background familiare fertile per lo sviluppo di vulnerabilità in epoca infantile e adolescenziale; la combinazione di esperienze ambientali minacciose o confuse possono contribuire ad un’elaborazione imprecisa delle informazioni, ed all’attivazione estrema o alla frustrazione dei sistemi motivazionali, portando allo sviluppo di disturbi emotivi e/o comportamentali (Derryberry et al., 1997).

La psicopatologia dei genitori, e le pratiche di parenting non efficaci, sono altresì implicate nello sviluppo di simili disturbi. (Farrington et al., 2006; Paris et al., 2007; Butcher et al., 2018).

Il tratto esternalizzante del personaggio di Ellie è molto autentico in relazione alla sofferenza esperita, ed antitetico alla figura del romanzo di “Moby Dick”, da lei stessa commentato in un suo vecchio scritto: “And I felt saddest of all when I read the boring chapters that were only descriptions of whales, because I knew that the author was just trying to save us from his own sad story, just for a little while”.

Mary, e il disturbo da abuso d’alcol

Avevo l’odore misto di alcool e tanto amore andato a male.

Charles Bukowski

Mary, ex-moglie di Charlie, annega la sofferenza nell’alcol.

La donna ha sofferto di alcolismo, definito nel DSM-5 come “uso problematico di alcol”, malattia cronica, recidivante e potenzialmente mortale. È un disturbo caratterizzato dall’incapacità, da parte del bevitore, di astenersi dal consumare alcolici. Chi soffre di tale malattia, ha perso il controllo sulla sua abitudine al bere, sviluppando tolleranza. astinenza e dipendenza, e può andare incontro a problematiche di natura fisica, psicologica e sociale di grande rilievo.

Le principali cause dell’alcolismo, sono legate a fattori genetici, ambientali e psicologici.

L’alcol infatti, per le sue proprietà rilassanti, spesso viene utilizzato come “terapia impropria” da coloro che soffrono di forte stress, disturbi d’ansia, depressione o anche patologie psichiatriche più gravi come il disturbo ossessivo-compulsivo, la schizofrenia e il disturbo bipolare.

 Vivere all’interno di famiglie problematiche, situazioni sociali sfavorevoli, specie in concomitanza a traumi di vita acuti o cambiamenti esperiti come stressanti, può facilitare l’insorgenza del problema in persone predisposte dal punto di vista genetico e/o temperamentale (The American Psychiatric Association, 2014).

In questi casi, l’alcol può essere ricercato come terapia impropria per ridurre sintomi psicologici negativi, proprio come avviene per il personaggio di Mary.

Particolarmente sensibile è la scena del film in cui la donna si reca a casa di Charlie a seguito di esser venuta a conoscenza che la figlia era più volte stata da lui e, ormai distanti da anni, si confrontano circa le rispettive verità sofferte, perdendosi poi in un tenero abbraccio supportivo, liberatorio e carico di affetto.

Considerazioni conclusive

Il trauma può essere l’inferno sulla Terra, ma il trauma risolto è un viaggio eroico che appartiene a ognuno di noi.

Peter A. Levine.

“The Whale” rappresenta il soma ferito, “intossicato” dalla distorta conoscenza del reale, che ognuno vive e interpreta in base alla sua mente, i propri bisogni e risorse.

Film carico di spunti riflessivi, può essere percepito come un invito a prendere coscienza dei temi dolorosi personali, non soffocandoli, bensì affrontandoli.

Secondo Sassaroli, Caselli e Ruggiero (2016), la sofferenza psichica è strettamente legata a personali “Life Themes” (Temi di vita), stati mentali negativi vulnerabili organizzati in convinzioni automatiche di sé ed influenzati da esperienze percepite come intollerabilmente dolorose durante lo sviluppo personale; una gestione rigida dei “Life Themes”, attuata con comportamenti cristallizzati in strategie di evitamento, controllo e immunizzazione, come avviene per i personaggi di Charlie, Ellie e Mary, comporta inevitabilmente la rinuncia di significative aree di sviluppo personale e lo sviluppo di sofferenza psichica.

Come Charlie insegna ai suoi alunni, leggendo i loro scritti più personali, o quasi confessioni liberatorie, “sono queste le cose che contano”.

Affrontare i “Life Themes” attraverso un processo delicato, e molto spesso guidato, è una delle vie regie per potersi liberare dal peso di una sofferenza e ferita personale, al fine di riappropriarsi di una vita degna di essere vissuta in ogni sua sfumatura.

 

Si parla di:
Categorie
SCRITTO DA
Elena Andreini

Medico specializzanda in Psichiatria

Tutti gli articoli
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Butcher, J. N., & Hooley, J. M. (2018). APA handbook of psychopathology: Psychopathology: Understanding, assessing, and treating adult mental disorders, Vol. 1 (pp. xxv-809). American Psychological Association.
  • Cooper, M., Todd, G., & Wells, A. (2008). Treating bulimia nervosa and binge eating: An integrated metacognitive and cognitive therapy manual. Routledge.
  • Darren Aronofsky, Brendan Fraser Team on ‘The Whale’ for A24.
  • Derryberry, D., & Rothbart, M. K. (1997). Reactive and effortful processes in the organization of temperament. Development and psychopathology, 9(4), 633-652.
  • Diagnóstico, M., & de Transtornos Mentais, E. (2014). DSM-5. AMERICAN PSYCHIATRIC ASSOCIATION–APA.-5ª. ed. Porto Alegre: Artmed.
  • Farrington, D. P., Coid, J. W., Harnett, L., Jolliffe, D., Soteriou, N., Turner, R., & West, D. J. (2006). Criminal careers up to age 50 and life success up to age 48: New findings from the Cambridge Study in Delinquent Development (Vol. 94). London, UK: Home Office Research, Development and Statistics Directorate.
  • Fonagy, P., & Luyten, P. (2012). Psychodynamic models of personality disorders.
  • Melville Herman. (2012). ‘’Moby-Dick o la ballena’’. Ediciones Akal.
  • Paris, J., Gunderson, J., & Weinberg, I. (2007). The interface between borderline personality disorder and bipolar spectrum disorders. Comprehensive psychiatry, 48(2), 145-154.
  • Sassaroli, S., Caselli, G., & Ruggiero, G. M. (2016). Un modello cognitivo clinico di accertamento e concettualizzazione del caso: Life themes and plans Implications of biased Beliefs: Elicitation and Treatment (LIBET). Psicoterapia cognitiva e comportamentale, 22(2).
CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
Disturbo dissociativo dell'identità: la figura di Aaron in "Schegge di paura"
Il Disturbo Dissociativo dell’Identità attraverso la figura di Aaron Luke Stampler nel film “Schegge di paura”

La presenza degli alter ego tipica del disturbo dissociativo dell'identità è ben rappresentata dal personaggio di Aaron nel film "Schegge di paura"

ARTICOLI CORRELATI
All I want for Christmas is Truth. Scoprire che Babbo Natale non esiste è traumatico?

Quando i bambini scoprono che Babbo Natale non esiste? Verso gli 8-9 anni (ma vi è un’estrema variabilità). Come avviene questa scoperta? 

Emozioni, effetto esposizione e familiarità nell’ascolto di una canzone

La familiarità con una canzone e l'effetto esposizione sembrano favorire il nostro apprezzamento verso di essa

WordPress Ads
cancel