I progressi nella psichiatria e nelle neuroscienze
Dalla prima formulazione del concetto di schizofrenia di Philippe Pinel del 1801 come demence alla dementia precox di Kraepelin fino al termine schizofrenia di Bleuler nel 1972 sono trascorsi quasi due secoli in cui la psichiatria si è impreziosita di concetti psicopatologici e diagnostici sempre più complessi e sofisticati. Negli ultimi 50 anni, alla ricerca di stampo fenomenologico o cognitivista o di tipo sistemico, si è accostata la mole crescente di lavori di brain imaging funzionale e strutturale con il fine di trovare dei correlati biologici alla malattia mentale.
Inizialmente, la ricerca era di stampo topografico con l’intento di demarcare l’area deficitaria, successivamente si è virato sul concetto di circuito in cui le funzioni cerebrali non sono più appannaggio di un’area ma dipendono da come quest’ultima si connette al resto. Lo studio biologico ha permesso, così, di fornire le premesse e il terreno su cui confutare nuovi modelli esplicativi della schizofrenia.
Neuropsicologia delle psicosi: tra il modello di Cohen e il pensiero di Frith
Infatti, nel libro “Neuropsicologia delle psicosi” gli autori propongono il modello di Cohen (1999), secondo cui i sintomi psicotici sono manifestazioni della deficitaria elaborazione contestuale del paziente, ed il pensiero di Frith (1996) in cui la ridotta capacità cognitiva sarebbe alla base dell’errata interpretazione delle proprie (allucinazioni) ed altrui intenzioni (deliri).
Nessun modello di pensiero si può ritenere superiore all’altro in termini di evidenze scientifiche, resta però preponderante la necessità di offrire un percorso di riabilitazione per una patologia che erroneamente viene ritenuta sempre cronica e senza possibilità di miglioramento. Nonostante la schizofrenia presenti alterazioni cognitive diverse e di vario grado, la riabilitazione ha permesso di adottare dei training per sviluppare in maniera personalizzata la capacità metacognitiva, intesa come la consapevolezza delle proprie abilità cognitive e del proprio stato di competenza. Tra i diversi training cognitivi esistenti gli autori del libro descrivono il programma di training metacognitivo (MCT) di Moritz e Woodward (2007) finalizzato alle acquisizioni di consapevolezza sui bias cognitivi che inficiano la vita quotidiana e non solo la dimensione sintomatologica.
Neuropsicologia delle psicosi: una sfida superata
Il libro “Neuropsicologia delle psicosi” si dimostra essere una panoramica ben strutturata delle evidenze in campo di neuroimaging con degli approfondimenti sulle aree cognitive deficitarie che possono essere comprese e digerite anche dai non addetti ai lavori. Inoltre, per chi è interessato al percorso di riabilitazione, l’opera propone una breve ma interessante descrizione del MCT. Insomma, un libro che ha voluto accettare la dura sfida di raccogliere quanto in letteratura si trova di una patologia che non può definirsi una ed unica ma molteplice e varia: dalla psicosi alle psicosi. Una sfida assai complessa ma che gli autori sono riusciti a rendere con uno stile ed un lessico che amplia il range dei lettori.