Le ricerche che mirano ad approfondire come i deficit cognitivi dei pazienti con emicrania si associano alle caratteristiche dell’onda P300 non sono molti, ma i risultati appaiono promettenti.
Emicrania e Deficit Cognitivi
Inserita nell’International Classification of Headache Disorders-3, l’emicrania è una malattia neurologica cronica caratterizzata dalla comparsa di cefalee ripetute, prolungate e accompagnate da nausea, vomito, fotofobia e fonofobia. Spesso le cefalee sono precedute da sintomi reversibili che interessano il sistema visivo, somatosensoriale e motorio. Si pensi, per esempio, agli scotomi, ossia parziali alterazioni del campo visivo caratterizzate dalla comparsa di macchie scintillanti che riducono l’efficienza visiva del soggetto. In questi casi si parla di emicrania con aura (International Headache Society, 2018).
Nonostante la presenza di disfunzioni cognitive non sia esplicitamente inclusa all’interno dei criteri diagnostici, esse sono spesso rintracciabili nei pazienti emicranici. Una revisione della letteratura di Raggi & Ferri (2020) mostra infatti che individui affetti da emicrania presentano dei deficit moderati o severi riguardanti per esempio la memoria di lavoro (de Araújo et al. 2012), ovvero un sistema di immagazzinamento a breve termine che mantiene al suo interno una quantità limitata di informazioni per consentirne l’utilizzo nell’immediato. Di norma, i deficit cognitivi vengono misurati ricorrendo a dei test neuropsicologici, tra cui il Montreal Cognitive Assessment (MoCA; Nasreddine et al., 2005), uno strumento che comprende al suo interno una serie di prove guidate dall’operatore tese a individuare eventuali patologie dementigene nel paziente.
I potenziali evento-correlati e la P300
Negli ultimi anni è emersa la necessità di ancorare le disfunzioni cognitive del paziente non solo ai risultati di questi test, ma anche a dei parametri fisiologici, per esempio l’attività neuronale, il battito cardiaco, la temperatura corporea, la pressione arteriosa e così via. Un possibile biomarcatore dei deficit cognitivi esibiti dai pazienti emicranici è rappresentato dai potenziali evento-correlati (ERPs; event-related potentials), ossia dei brevi cambiamenti nell’attività elettrica del nostro cervello che si verificano in risposta a un evento o a uno stimolo (Zhong et al., 2019). Per esempio, quando udiamo un suono. Una volta rilevati attraverso l’elettroencefalogramma, quest’ultimi possono essere suddivisi in due macrocategorie. Le onde che raggiungono un picco entro i primi 100 ms dopo la presentazione dello stimolo sono definite “sensoriali” o “esogene”, in quanto riflettono l’elaborazione sensoriale di base dello stimolo. Al contrario, gli ERPs generati nei momenti successivi vengono definiti ERPs “cognitivi” o “endogeni”, poiché sottendono al processo di l’elaborazione percettiva e cognitiva dello stimolo (ovvero, riflettono il modo in cui il soggetto valuta lo stimolo; Sur et al., 2009). Guardando nel dettaglio il tracciato di un ERP è possibile notare come esso sia caratterizzato da molteplici componenti. Queste ultime vengono indicate con degli acronimi, in cui la prima lettera indica la polarità (ovvero la positività o la negatività dell’onda), mentre il numero che segue rappresenta la latenza tipica di quel potenziale post-sinaptico espressa in millisecondi. Tra di esse, P300 rappresenta l’onda cerebrale maggiormente studiata oggigiorno allo scopo di valutare la qualità del processamento delle informazioni in pazienti affetti da disturbi neurologici, poiché facilmente registrabile e dotata di un’elevata affidabilità (Polich, 2007; Li et al., 2021). Scoperta da Sutton e colleghi nel 1965, P300 risulta implicata sia nell’elaborazione della novità dello stimolo sia nell’allocazione di risorse attentive utili per l’aggiornamento della memoria di lavoro (Saliasi, 2013).
P300 ed emicrania
Al momento, le ricerche che mirano ad approfondire come i deficit cognitivi dei pazienti emicranici si associano alle caratteristiche di quest’onda non sono molti, ma i risultati appaiono comunque promettenti. Uno studio condotto da Huang et al. (2017) evidenzia che individui affetti da emicrania mostrano una latenza di P300 significativamente allungata rispetto ai controlli. Siccome la latenza di P300 viene comunemente interpretata come la velocità di classificazione dello stimolo (Kapanci et al., 2019), latenze brevi rappresentano di norma indici di buone prestazioni cognitive, mentre latenze più lunghe segnalano la necessità di un lasso di tempo prolungato al fine di ultimare il processamento delle informazioni e, di conseguenza, la presenza di un possibile deficit cognitivo nel soggetto. Tuttavia, nel presente studio non è stata rilevata alcuna differenza statisticamente significativa nell’ampiezza di P300 tra i due gruppi, così come non è stata osservata nei pazienti affetti da emicrania alcuna robusta relazione tra i punteggi del MoCA (cioè funzioni visuospaziali, attenzione, linguaggio, memoria, funzioni esecutive, calcolo e orientamento) e le caratteristiche di P300 (Huang et al., 2017). Un allungamento significativo della latenza di P300 in pazienti emicranici è stata osservata anche in altri due studi (Wang et al., 1995; Titlic et al., 2015), nei quali è stata rilevata inoltre una marcata riduzione dell’ampiezza della stessa onda. Un’ipotesi è che queste evidenze possano dimostrare la presenza di un deterioramento cognitivo onnicomprensivo nei pazienti affetti da emicrania, o quanto meno di un deficit esteso delle loro capacità di elaborazione delle informazioni. Passando oltre, sono state condotte delle ricerche che hanno rilevato solamente una diminuzione dell’ampiezza di P300 nei soggetti con emicrania senza osservare alcun cambiamento significativo nella latenza di quest’ultima (Drake et al., 1989; Chen et al., 2007; Wang et al., 2014). Ciò indicherebbe pertanto la presenza di una compromissione a livello della memoria di lavoro, ma non supporterebbe l’ipotesi sostenuta dai lavori sopra citati riguardante l’eventualità che pazienti emicranici mostrino alterazioni significative nella velocità di elaborazione delle informazioni rispetto agli individui sani. In merito all’ampiezza e alla latenza di P300, altri studi riportano persino l’assenza di una differenza statisticamente significativa al basale tra pazienti emicranici e controlli (e.g. Buodo et al., 2004; Valeriani et al., 2009).
Data l’eterogeneità dei risultati che sono al momento a nostra disposizione, ulteriori studi che consentano di accertare il ruolo di P300 nei soggetti affetti da emicrania in relazione ai deficit cognitivi mostrati da quest’ultimi sono necessari. Guardando ai neuropsicologi del futuro, la possibilità di disporre, accanto ai tradizionali test di screening, di biomarcatori come la P300 consentirebbe un notevole passo in avanti nell’ambito clinico garantendo non solo la possibilità di individuare precocemente l’esordio della malattia, ma anche di monitorare puntualmente l’efficacia del trattamento somministrato al paziente.