La lateralizzazione cerebrale è un processo biopsicologico che consente la specializzazione funzionale dei due emisferi cerebrali.
Grazie a questo processo una vasta gamma di funzioni cognitive finiscono per localizzarsi in un lato o nell’altro del nostro cervello. È il caso del linguaggio, fortemente ancorato all’emisfero sinistro. Tuttavia, non solo le funzioni cognitive, ma anche i processi motivazionali e decisionali sono soggetti a una specializzazione cerebrale. Secondo la Sword and Shield Hypothesis, la lateralità emisferica della motivazione affettiva dipende dalla lateralità del controllo motorio per la mano dominante e per la mano non dominante. Inoltre, essere mancini o destrimani ha un impatto significativo sui giudizi che vengono espressi in merito a una serie di costrutti, tra cui il valore, l’intelligenza e l’onestà. Interessante è il caso degli individui ambidestri, nei quali permane invece la bilateralizzazione, ossia una maggior interazione tra l’emisfero sinistro, responsabile del mantenimento delle nostre credenze razionali, e l’emisfero destro, specializzato invece nella rilevazione di contraddizioni, incoerenze e aggiornamenti.
Definizione e storia della lateralizzazione cerebrale
A livello anatomico, le strutture che compongono il cervello dell’essere umano si presentano solitamente “in coppia”. Quest’ultime possono essere raggruppate in due emisferi separati dalla fessura longitudinale mediana, ma al contempo collegati da una lamina di sostanza bianca, detta corpo calloso. Sebbene la macrostruttura dei due emisferi cerebrali appaia pressoché identica, la diversa composizione delle reti neurali presenti al loro interno contribuisce a conferire una funzione specializzata a ciascun lato del nostro cervello. Durante l’infanzia, dai trentasei mesi ai quattro anni di vita, si verifica infatti un processo biopsicologico che consente la specializzazione funzionale dei due emisferi cerebrali; si tratta della lateralizzazione (Rogers, 2021). È grazie a questo processo alcune funzioni cognitive finiscono per localizzarsi in un lato o nell’altro del nostro cervello. Una delle prime prove circa la lateralizzazione cerebrale è emersa dagli studi sul linguaggio condotti dal medico francese Paul Pierre Broca (1865). Quest’ultimo si occupò del celebre Monsieur Leborgne, noto anche come paziente Tan, così nominato poiché “tan-tan” era una delle poche parole che costui riusciva ad articolare. Nel corso dell’autopsia, Broca osservò che il paziente Tan presentava una lesione a livello del piede della terza circonvoluzione frontale dell’emisfero sinistro. Questa porzione cerebrale prese il nome di area di Broca e venne associata alla produzione del linguaggio. Qualche anno più tardi Karl Wernicke notò invece che un danno alla circonvoluzione temporale superiore del medesimo emisfero causava una compromissione della comprensione del linguaggio (Goodglass & Geschwind, 1976). Dunque, le funzioni linguistiche sarebbero appoggio dell’emisfero sinistro del nostro cervello.
Lateralizzazione cerebrale, controllo motorio e motivazione
Non solo le funzioni cognitive, ma anche i processi motivazionali sarebbero soggetti ad una specializzazione cerebrale. Per esempio, la letteratura scientifica ha sostenuto per molti anni che la tendenza all’avvicinamento venisse elaborata dall’emisfero sinistro, mentre la tendenza all’allontanamento venisse processata da quello destro. Tuttavia, si trattava di risultati fallaci, in quanto provenienti da studi condotti unicamente su soggetti destrimani. Una prospettiva maggiormente accreditata è quella della Sword and Shield Hypothesis (SSH) che postula come la lateralità emisferica della motivazione affettiva dipenda invece dalla lateralità del controllo motorio per la mano dominante, cioè quella utilizzata preferenzialmente per eseguire azioni di avvicinamento (“mano-spada”), e per la mano non dominante, cioè quella impiegata preferenzialmente per compiere azioni di allontanamento (“mano-scudo”; Casasanto, 2009). A dimostralo sono stati Brookshire & Casasanto (2012), che hanno confrontato l’attività neuronale di soggetti destrimani e mancini proveniente dall’emisfero destro e da quello sinistro durante un periodo di riposo. Al termine dell’elettroencefalografia, i partecipanti hanno completato la Behavioral Activation Scale (BAS), un questionario autosomministrato che misurava il loro livello di tendenza all’avvicinamento. Nei destrimani, un livello maggiormente elevato di motivazione all’avvicinamento era associato a una maggior attività cerebrale nell’emisfero sinistro rispetto al destro. Nei mancini, al contrario, una maggior motivazione all’avvicinamento correlava con una maggior attività elettrica nell’emisfero destro rispetto al sinistro (Brookshire & Casasanto, 2012). In accordo con la Sword and Shield Hypothesis, le persone tenderebbero pertanto a utilizzare la propria mano dominante nelle di azioni di avvicinamento e la propria mano non dominante nelle condotte di allontanamento o repulsione. Ciononostante è necessario sottolineare che la maggior parte delle funzioni cognitive, a differenza di quelle motorie, non subisce l’effetto della lateralizzazione manuale. Per esempio, il linguaggio resta fedelmente ancorato all’emisfero sinistro sia nei soggetti destrimani, sia in quelli mancini.
Lateralizzazione cerebrale e decision-making
Daniel Casasanto (2011) sostiene che la lateralità della mano dominante possa influenzare persino le nostre scelte. In particolare, quest’ultimo ha dimostrato che essere mancini o destrimani impatti significativamente sui giudizi che esprimiamo in merito a una serie di costrutti, quali il valore, l’intelligenza e l’onestà. Dai cinque anni di età, le persone tenderebbero infatti a preferire stimoli che incontrano sul lato del proprio arto dominante rispetto a stimoli che vengono loro presentati sul lato del proprio arto non dominate. A tal proposito, quando viene chiesto quale di due prodotti acquistare, quale di due persone assumere per un incarico di lavoro o quale di due creature aliene sia la più credibile, i destrimani scelgono con maggior frequenza il prodotto, la persona o l’alieno che hanno percepito sul lato destro dello schermo; viceversa avviene per i mancini (Casasanto, 2011). Questo potrebbe dipendere da una maggior fluidità nel processamento delle informazioni, gli individui apprezzano solitamente oggetti e persone più “semplici” da percepire e con cui risulta più agevole interagire. I destrimani interagiscono maggiormente nel corso del loro sviluppo con il lato destro rispetto a quello sinistro, il che potrebbe contribuire a formare un’associazione tra “buono” e “destro” e tra “cattivo” e “sinistro”. Non è un caso che quando un oggetto o una persona ci incute paura utilizziamo il termine “sinistro” per descriverla.
Il caso degli Individui ambidestri
A differenza degli individui destrimani e mancini, negli ambidestri permane la bilateralizzazione, cioè la non laterizzazione degli emisferi cerebrali. Le cause di questo fenomeno non sono ancora state chiarite, ma è stato ipotizzato che si tratti di una predisposizione ereditaria (Vuoksimaa et al., 2009). Il cervello delle persone ambidestre è caratterizzato da una maggiore interazione e integrazione delle informazioni processate dai due emisferi cerebrali, proprietà che potrebbe essere dovuta alle dimensioni aumentate del loro corpo calloso (Propper et al., 2005). Rispetto a destrimani e mancini, gli ambidestri mostrano una maggior propensione a sviluppare il pensiero magico, cioè credenze paranormali e percezioni extrasensoriali (Barnett & Corballis, 2002). Dato che l’emisfero sinistro è responsabile del mantenimento delle nostre credenze razionali rispetto al mondo, mentre quello destro è specializzato nella rilevazione di contraddizioni, incoerenze e aggiornamenti, la maggiore interazione tra i due emisferi può comportare una maggiore flessibilità cognitiva e una certa tendenza al pensiero divergente. Uno studio ha dimostrato infatti che individui ambidestri siano maggiormente “creduloni”, persuasibili o comunque aperti a nuove idee rispetto a soggetti destrimani e mancini (Christman et al, 2008).
In conclusione, è possibile che i sistemi cognitivi e motivazionali dell’essere umano siano localizzati principalmente in uno dei due emisferi cerebrali. Tuttavia il nostro cervello non è una struttura rigida e immutabile; esso cambia nel corso del tempo e con lui anche questi sistemi subiscono un’alterazione.