Sì, la politica ha bisogno di emozionarsi, o usando i termini di Sen ha bisogno di “idillio”, al punto da riuscire a ridurre le condizioni che generano ingiustizia partendo dal ragionamento e dall’indignazione, che significano cambiamento.
L’attuale crisi economica che ci sta attanagliando ha drammaticamente acuito le diseguaglianze fino a obbligarci a porre l’attenzione sul concetto di giustizia sociale. Insomma, come costruire uno stato “giusto”? La soluzione potrebbe essere il non perseguire un chimerico sogno di giustizia, ma prevenire ed eliminare le ingiustizie gravi e manifeste partendo dai bisogni del singolo e poi della società.
Tutto questo, arricchito da molte teorie e postulati che partono da Hobbes, Locke, Rousseau, e Kant per arrivare a Smith , Mill, Bentham e Marx, è quanto lega i concetti sviluppati e sviscerati nel saggio Sull’ingiustizia (Erickson, 2013 a cura di Yong-June Park) di Amartya Sen, economista e filosofo indiano di fama internazionale e premio Nobel per l’economia nel 1998.
“Nulla è mai tanto acutamente percepito e sentito quanto l’ingiustizia”, si legge nel saggio citando Dickens, soprattutto in questi giorni in cui la moneta sembra muovere la felicità della gente. Ed è proprio l’emozione che manca ai più e alla politica. Sì, la politica ha bisogno di emozionarsi, o usando i termini di Sen ha bisogno di “idillio”, al punto da riuscire a ridurre le condizioni che generano ingiustizia partendo dal ragionamento e dall’indignazione, che significano cambiamento.
Infatti, proprio dalla discussione politica possono emergere delle soluzioni relative ai modi in cui la giustizia può essere migliorata, muovendo da una realtà concreta e centrata sulle persone per ottenere scelte collettive giuste, o meno ingiuste, avvalendosi dell’esperienza e dell’osservazione. Questo cambiamento di prospettiva renderebbe possibile affrontare anche problemi di grande portata come le crisi economiche globali, lo sviluppo sostenibile, il terrorismo, le pandemie, i diritti umani.
Si cerca di ottenere una giustizia comparativa e non astratta dove la dimensione relazionale ha la meglio sull’utilitarismo, dove sono valorizzate le preferenze individuali e la loro pluralità, eleggendo il confronto pubblico come loro spazio di dialogo.
“Possiamo comprendere la gravità della crisi globale in corso solo se esaminiamo quel che sta accadendo alla vita reale degli esseri umani, specialmente alle persone meno privilegiate, al loro benessere e alla loro libertà di vivere vite umane dignitose. Non possiamo cogliere la gravità dei problemi che si trovano ad affrontare limitandoci a considerare il PIL e altri indicatori che descrivono le condizioni economiche della libertà umana invece della libertà umana in se stessa: la sua portata e tangibilità, e naturalmente la sua deprivazione e il suo declino”.
L’innovazione, dunque, consiste nel procedere dal singolo per arrivare al globale, partire dalla base, dalle fondamenta, per ri-costruire la società. Il ruolo del ragionamento pubblico globale è sempre più importante nel nostro mondo così interdipendente, ed è fondamentale per la costruzione di una democrazia globale, anche se non si riesce sempre a riconoscerne l’importanza e la rilevanza, ma sono concetti che possono fare la differenza.
“Niente sesso dopo la nascita di un bebè”! E’ una delle principali lamentele dei partner alle prese con una compagna che, impegnata com’è a prendersi cura del nuovo nato, sembra non avere più interesse per l’intimità.
La maternità, come la paternità, e’ un’esperienza coinvolgente e sconvolgente che mette a dura prova l’equilibrio di coppia, dal punto di vista fisico, psicologico e sociale.
Le abitudini della coppia sono completamente stravolte, il tempo a disposizione si riduce enormemente e così ogni uomo e donna modifica drasticamente le abitudini di vita. Hobbies, passioni, relax, sport passano in secondo piano rispetto alle esigenze del nuovo arrivato.
“Niente sesso dopo la nascita di un bebè”! E’ una delle principali lamentele dei partner alle prese con una compagna che, impegnata com’è a prendersi cura del nuovo nato, sembra non avere più interesse per l’intimità. Ma in realtà non sono solo gli ormoni ‘impazziti’ o altri fattori biologici legati al parto la causa principale di questo ‘stop’ sotto le lenzuola. La coppia, infatti, si ‘raffredda’ anche per colpa del partner e dell’altrettanto tesa situazione mentale che sta vivendo.
Fino ad ora le ricerche condotte sulla sessualità post-parto si sono tipicamente concentrate sulla biologia femminile dopo la nascita di un bebè, analizzando, ad esempio, come i cambiamenti ormonali che accompagnano la gravidanza, il parto e l’allattamento al seno influenzino il desiderio e l’attività sessuale. Pochi studi avevano finora esaminato la sessualità nei partner. Ci hanno pensato Sari Van Anders della University of Michigan e i suoi colleghi, in una ricerca pubblicata di recente presso il Journal of Sexual Medicine (Sari M. Van Anders, Hipp E.L, and Kane L. Low., 2013. Exploring co-parent experiences of sexuality in the first 3 months after).
Questo gruppo di ricerca ha progettato un’indagine mirata proprio a considerare la sessualità dopo il parto come un processo sociale e relazionale, con particolare attenzione a entrambi i neo-genitori. Sono state intervistati un totale di 114 soggetti (95 uomini e 19 donne) per indagare la loro sessualità durante i tre mesi successivi alla nascita del figlio più piccolo.
I risultati hanno tenuto in considerazione esperienze fisiche, sociali, psicologiche e relazionali e avrebbero indicato come anche i padri sperimenterebbero cambiamenti nell’esperire la loro sessualità di coppia. Si tratterebbe di modificazioni piuttosto legate a processi relazionali e sociali, non solo fattori biologici o medici.
Per esempio, il calo del desiderio nel partner è stato in gran parte influenzato da fattori legati alla cura di un nuovo bambino (come ad esempio la stanchezza e lo stress) piuttosto che da fattori legati alla nascita e/o il parto della madre, come più tipicamente presunto in gran parte delle precedenti ricerche sul tema.
In conclusione dunque, i risultati di questa ricerca sembrerebbero dirci come la “salute sessuale” di un partner potrebbe essere influenzata da quella del compagno o dalla compagna indipendentemente da variabili fisiche o biologiche.
Ma dunque la vita sessule di una coppia dovrebbe finire con la nascita di un bimbo? Assolutamente no! Anche l’APA (American Psycholigist Associacion) sottolinea come uno tra i segreti per il benessere di un matrimonio sia preservare la vita sessuale, lontano da figli, lavoro, mondo esterno.
Non dimentichiamoci dunque, come il calo del desiderio sessuale dopo una nascita, non derivi necessariamente da una mancanza d’amore, ma da una serie di ragioni fisiche e psicologiche che colpiscono naturalmente la donna, la coppia.
Fare musica sin dai primi anni: questo sembra essere un fattore in grado di migliorare sia il comportamento prosociale e la capacità di problem-solving dei bambini.
Basandosi su ricerche già esistenti (Kirschner e Tomasello in 2010), un nuovo studio dell’Universita di West London ha indagato non solo gli effetti del fare musica (cantare o suonare uno strumento) sulla prosocialità , ma anche sulla capacità di risoluzione di problemi nei bambini di quattro anni di età.
La ricerca ha previsto la randomizzazione dei soggetti in due gruppi: il gruppo ‘Musica’ e il gruppo ‘Non Musica’.
I bambini del gruppo Musica sono stati impegnati in attività di canto e suono delle percussioni, mentre i bambini del secondo gruppo sono stati coinvolti nell’ ascolto di una storia.
A seguito di queste attività, ai bimbi sono stati proposti un gioco sulla cooperazione e uno sull’aiuto dell’altro per valutare le capacità prosociali e di problem-solving.
Dai risultati è emerso che i bambini del gruppo “musica” presentavano una probabilità significativamente maggiore di aiutare i propri pari e di cooperare rispetto ai bimbi del gruppo “Non musica”.
E’ stata riscontrata anche una differenza significativa – anche se di minore portata rispetto agli effetti sulla prosocialità- nella capacità di problem solving.
Quindi fare musica fin dalla tenera età, non solo svago e cultura ma anche promotore di abilità cognitive e sociali.
Procrastinazione: come perdere tempo finchè non è troppo tardi!
Il fenomeno psicologico della Procrastinazione deve essere evidentemente molto legato al mondo del web vista la mole di materiale che è stata prodotta sul tema. Vi proponiamo 3 “infografiche” sulla procrastinazione per sorridere un momento di questo loop mentale che moltissimi di noi hanno provato prima o poi nella vita:
1 I DIVERSI TIPI DI PROCRASTINATORI: (Fonte: twenty pixels)
Procrastinazione: Differenze di Genere e Educazione. Una forma di fallimento autoregolato connesso a più bassi livelli di autostima, salute e benessere.
Impulsività e Procrastinazione sono due tratti che convivono nel nostro percorso evolutivo, da cosa dipendono le capacità di scelta e previsione? Psicologia
Lo studio mostra che abbiamo più possibilità di rimandare un compito se questo ci sembra parte del futuro rispetto a quando lo percepiamo parte del presente
Nuove ricerche suggeriscono che procrastinare è un modo per gestire stress e ansia: l'intervento terapeutico va focalizzato sulle emozioni del paziente.
Una persona che procrastina mette in atto una forma di evitamento che gli permette di non entrare in contatto con le proprie insicurezze, paure e limiti
Un nuovo studio si è posto l’obiettivo di comprendere perché alcuni di noi cedono alla procrastinazione rispetto ad altri: vi è una componente genetica?
A differenza della procrastinazione, la precrastinazione consiste nel completare le attività il prima possibile anche se questo richiede uno sforzo maggiore
La procrastinazione decisionale e accademica spesso affliggono gli studenti. Quali sono le differenze tra i due tipi e quali le loro funzioni?
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Fare ACT – workshop avanzato – MILANO
Fare ACT – workshop avanzato
MILANO 30 Novembre – 1 Dicembre 2013
ACT Italia presenta 2 giornate di workshop workshop pratico ed esperienziale per apprendere i principi dell’Acceptance and Commitment Therapy e per acquisire strumenti concreti per la quotidianità clinica.
L’ACT è una delle terapie più interessanti sul panorama scientifico internazionale. L’adattamento alla lingua e al contesto italiano di questo modello ha richiesto una grande collaborazione con la comunità internazionale, ricerca, lavoro ed esperienza di molti clinici.
Questo workshop è il risultato di questi anni di lavoro: la possibilità di apprendere e utilizzare l’ACT nel nostro contesto.
È probabile che di fronte ai principi letti nei libri tu ti sia posto domande come “sì ma come faccio con…”, “ma può funzionare per…”, “bello scritto così ma nel mio ambulatorio?…” “…in italiano non funziona così bene…”. Molti libri sull’ACT (e l’approccio stesso) forniscono in realtà buone guide pratiche, ma spesso rimangono interrogativi e difficoltà nell’applicazione dei principi.
Questo workshop si propone di fornirti risposte semplici e concrete alla domanda “COME?”
Obiettivi di apprendimento:
• concettualizzazione del caso in chiava ACT;
• utilizzo di tecniche ACT (metafore, paradossi, esercizi esperienziali) per favorire i processi fondamentali della flessibilità psicologica;
• apprendimento delle competenze pratiche tipiche dell’ACT per potenziare la connessione e il coinvolgimento nella relazione terapeutica;
• potenziamento del tradizionale approccio cognitivo-comportamentale attraverso l’ACT
• utilizzo dell’ACT, non dal giorno dopo ma a partire dal giorno stesso!
Il workshop sarà prevalentemente esperienziale (esercizi di mindfulness ed esperienziali a coppie o in piccoli gruppi) e pratico. È utile un precedente apprendimento dei principi dell’ACT (attraverso altri workshop o letture).
Letture consigliate:
• Harris, R. (2011) Fare ACT. Milano: Franco Angeli.
• Harris, R. (2009) La trappola della felicità. Trento: Edizioni Erickson.
• Hayes, S. (2010) Smetti di soffrire inizia a vivere. Milano: Franco Angeli.
• Harris, R. (2010) Se la coppia è in crisi…Milano: Franco Angeli.
Destinatari
Medici, Psicologi e psicoterapeuti.
Docenti
Giovanni Miselli, PhD
Psicologo – Psicoterapeuta,
Analista del Comportamento
Socio IESCUM
Socio fondatore ACT-Italia – ACBS Italian Chapter
Presidente uscente di ACT-Italia – ACBS Italian Chapter
Giovanni Zucchi
Psicologo – Psicoterapeuta
Socio IESCUM
Socio Fondatore ACT-Italia – ACBS Italian Chapter
Presidente di ACT-Italia – ACBS Italian Chapter
Data e luogo
30 novembre- 1 dicembre 2013 (l’iscrizione e la partecipazione a entrambe le giornate è considerata obbligatoria per ottenere il certificato di frequenza all’evento)
Orario 9.30-18.00
MILANO – Hotel Mercure Milano Centro, Piazza Oberdan 12, 20129 MILANO (a pochi metri dalla fermata della METRO ROSSA – PORTA VENEZIA)
Il costo di iscrizione è:
• 250 € per i professionisti
• 170 € per i professionisti soci ACT- Italia
• 100 € per gli studenti
Informazioni
Per ogni ulteriore informazione è possibile contattare l’indirizzo [email protected]
DISTURBO BIPOLARE NELL’INFANZIA E NELL’ADOLESCENZA: FOCUS SULLA CLINICA E LA TERAPIA
PAVIA 20 Settembre 2012
Conference venue
Collegio Nuovo – Fondazione Sandra e Enea Mattei Aula Magna
Via Abbiategrasso, 404 – 27100 Pavia
Getting to the Conference venue
IN TRENO
Stazione ferroviaria di Pavia: autobus n. 6 da via Brichetti (uscita posteriore della stazione, subito a destra) in direzione Cascina Pelizza – Tibaldi fino al Collegio (fermata Ist. Volta).
IN AUTO
Autostrada A4 Milano-Genova
Dall’uscita di Bereguardo proseguire lungo il raccordo autostradale per circa 8 km, fino a imboccare l’uscita Via Riviera; all’uscita, svoltare subito a sinistra in Via Adda; proseguire per circa 400 metri fino alla seconda rotonda e girare a destra: state già costeggiando il Collegio (sulla vostra destra).
Autostrada A21 Torino-Piacenza
Dall’uscita di Casteggio proseguire sempre dritto sulla statale per circa 15 km e imboccare la tangenziale di Pavia; seguire le indicazioni per l’autostrada Milano-Genova; alla rotonda, seguire ancora le indicazioni per l’autostrada Milano-Genova; subito dopo la rotonda prendere la prima uscita (Via Riviera); all’uscita, svoltare a sinistra; alla rotonda girare a destra: state già costeggiando il Collegio (sulla vostra destra).
Parcheggio gratuito.
Participant max number
La partecipazione ai lavori è limitata ad un numero massimo di 180 iscritti
Payment
Quote di iscrizione
Il Convegno è aperto a 180 partecipanti.
Le quote d’iscrizione sono: • € 60,50 (€ 50,00 + IVA21%) • € 30,25 (€ 25,00 + IVA21%) per Studenti, Specializzandi, Dottorandi “esterni” (allegare certificato) • GRATUITA entro e non oltre il 31 luglio per il personale dell’Istituto Neurologico Nazionale
“C. Mondino” e dell’A.O. Provincia di Pavia (dipendenti, studenti, specializzandi e dottorandi) e per i partecipanti al progetto regionale.
L’iscrizione dà diritto a: kit congressuale, attestato di partecipazione, certificato crediti ECM/CPD, coffee break e colazione di lavoro.
Tutti i partecipanti ai lavori sono pregati di iscriversi tramite il ‘form on line’ che si trova sul sito web www.bquadro-congressi.it ed effettuare il pagamento (al netto delle spese bancarie) tramite bonifico bancario sul conto corrente intestato a
Bquadro Congressi srl IBAN: IT07 H 02008 11301 00010 2482 188
nella causale indicare: nome, cognome e la dicitura “Iscrizione 13 PPR 17″
Iscrizioni telefoniche e iscrizioni ricevute senza i dettagli del pagamento non saranno prese in considerazione.
Istruzioni on-line e procedura di iscrizione per nuovi utenti:
1) compilando la tabella dei dati personali e la password si è registrati al portale Bquadro;
una mail di conferma comprensiva di USERNAME e PASSWORD verrà generata in automatico dal sito e consentirà di passare al modulo successivo.
2) inserire USERNAME e PASSWORD nell’area riservata in blu e accedere alla sezione “calendario eventi”. Selezionando il mese, l’evento desiderato, quindi “Iscrizione on line” in automatico verranno riproposti i dati personali. Si prega di confermarli selezionando invio. Una mail di effettuata pre-ISCRIZIONE all’evento verrà generata in automatico dal sito.
La conferma dell’iscrizione sarà inviata una volta verificato il pagamento. La fattura in formato .pdf sarà scaricabile dal sito previo avviso mediante mail all’indirizzo di posta elettronica digitato al momento della registrazione.
Il certificato dei crediti formativi ECM/CPD sarà inviato dall’ Istituto Mondino, Provider dell’evento
Esenzione IVA:
per averne diritto, è obbligatorio inviare una mail con la dichiarazione di esenzione da parte dell’Azienda Ospedaliera di appartenenza.
Nessun rimborso dell’IVA verrà fatto a posteriori.
Condizioni di annullamento e rimborso
In caso di rinuncia alla partecipazione al Convegno, la disdetta dovrà essere inoltrata alla Segreteria Bquadro entro il 6 Settembretramite fax 0382 27697, o e-mail all’indirizzo [email protected] .
Oltre tale data non sarà più possibile ottenere alcun rimborso.
I rimborsi saranno effettuati dopo il Convegno.
Si ricorda di indicare nella comunicazione: Nome e Cognome dell’intestatraio del conto e IBAN.
E’ in atto la pratica di accreditamento per la certificazione dell’evento finalizzata all’attribuzione di Crediti Formativi Regionali Lombardi ECM/CPD, secondo il programma Educazione Continua in Medicina per le seguenti figure professionali: Medico chirurgo (Neurologia, Neuropsichiatria Infantile, Pediatria, Psichiatria).
Educatore Professionale
Infermiere
Infermiere Pediatrico
Psicologo (psicologia, psicoterapia)
Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’età evolutiva
Credits
Si fa presente che i CREDITI REGIONALI, sulla base dell’accordo – in materia di programma di Formazione Continua – sancito dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano (D.G.R. VII/18576 del 5.08.2004 e del 20.05.04), hanno valenza su tutto il territorio nazionale.
L’assegnazione dei crediti è subordinata all’effettiva partecipazione al programma formativo.
Sono stati preassegnati N° 6 crediti ECM-CPD.
Il certificato dei crediti ECM/CPD verrà inviato direttamente dal Provider in f.to pdf, all’indirizzo di posta elettronica digitato al momento della registrazione al portale.
Certificate of attendance
A tutti i partecipanti, verrà rilasciato un Attestato di Partecipazione.
Provider dell’evento è l ’Istituto Neurologico Nazionale “C. Mondino”
L’Attestazione dei crediti attribuiti verrà inviata dopo il congresso, previa verifica dei requisiti richiesti dal Provider: partecipazione a tutte le sessioni (100% dell’effettiva presenza ai lavori), compilazione e consegna del Dossier ECM.
Scientific committee
Prof. Umberto Balottin
Università degli Studi di Pavia
I.R.C.C.S. Fondazione “Istituto Neurologico Nazionale C. Mondino” Emma Bettaglio
A.O. Provincia di Pavia Matteo Chiappedi
I.R.C.C.S. Fondazione “Istituto Neurologico Nazionale C. Mondino” Paolo Fusar Poli
King’s College, University of London Giorgio Rossi
Ospedale Filippo Del Ponte, A.O. Ospedale di Circolo, Varese
Università degli Studi di Pavia Pierangelo Veggiotti
Università degli Studi di Pavia
I.R.C.C.S. Fondazione “Istituto Neurologico Nazionale C. Mondino”
La Segreteria Scientifica e la Segreteria Organizzativa si riservano il diritto di apportare al programma tutte le variazioni ritenute necessarie per ragioni tecniche e/o scientifiche.
The effect of rumination on craving across the continuum of drinking behaviour
La Redazione di State of Mind consiglia la lettura di questo contenuto:
La ruminazione è una forma di analisi astratta del proprio malessere. Le persone che ruminano cercano di analizzare ripetutamente la propria sofferenza emotiva (es: ansia, depressione) al fine di comprenderne cause e ragioni. Lo scopo è trovare una soluzione e riuscire a stare meglio. La ruminazione però prolunga il disagio e mantiene l’attenzione su segnali negativi.
Studi Recenti hanno suggerito che la ruminazione possa indurre un forte desiderio (craving) di consumare alcolici in persone con disturbo da uso di alcool.
La ricerca mostra che l’induzione di uno stile di pensiero ruminativo aumenta il livello di craving in pazienti con disturbo di dipendenza da alcool rispetto ad al tentativo di distrarsi dal proprio malessere. Questo effetto è indipendente da caratteristiche di tratto e di personalità e non si manifesta in consumatori di alcool sociali o non cronici. Inoltre questo effetto della ruminazione tende a mantenersi nel tempo anche al termine dell’induzione sperimentale. La tendenza a usare uno stile di pensiero ruminativo ha quindi un impatto causale sull’esperienza di desiderio incontrollato (craving) in una popolazione di individui con dipendenza da alcool.
Highlights
Rumination is a detrimental cognitive response that may be associated to craving
We explored the causal impact of rumination on craving across different populations
Rumination, relative to distraction, increased craving, in alcohol-dependent drinkers
The effect of rumination was independent of baseline depression and rumination
The effect of rumination on craving was maintained after a resting phase
Abstract
Background
Rumination is an abstract, persistent, and repetitive thinking style that can be adopted to control negative affect. Recent studies have suggested the role of rumination as direct or indirect cognitive predictor of craving experience in alcohol-related problems.
Aims
The goal of this study was to explore the effect of rumination induction on craving across the continuum of drinking behaviour.
Methods
Participants of three groups of alcohol-dependent drinkers (N = 26), problem drinkers (N = 26) and social drinkers (N = 29) were randomly allocated to two thinking manipulation tasks: distraction versus rumination. Craving was measured before and after manipulation and after a resting phase.
Results
Findings showed that rumination had a significant effect on increasing craving in alcohol-dependent drinkers, relative to distraction, but not in problem and social drinkers. This effect was independent of baseline depression and rumination and was maintained across the resting phase. Conclusions: Rumination showed a direct causal impact on craving that is specific for a population of alcohol-dependent drinkers.
In che modo pensiero desiderante e craving si associano a un uso eccessivo e patologico del cyberporn? Esistono differenze di genere in tale associazione?
Attraverso il pensiero desiderante ogni favola si realizza, ma che succede se costruiamo nella nostra mente un cambiamento che è operativamente impossibile?
La Stimolazione Transcranica a Correnti Dirette (tDCS) è una tecnica ricca di potenziale, soprattutto nel campo dei disturbi da uso di sostanze e addiction.
Dipendenza affettiva, quando l’amore impregna il quotidiano, esacerba comportamenti non controllati, fino a divenire un vero e proprio disagio psicologico
La seconda giornata del Forum di Riccione ha inizio con la Lectio Magistralis di Gabriele Caselli: Terapia metacognitiva per il Disturbo da Uso di Alcool
Studi scientifici hanno evidenziato la natura eterogenea del craving descrivendo tre tipologie, distinte sulla base di differenti disregolazioni dei sistemi neurotrasmettitoriali e considerando inoltre come discriminanti le componenti psicologiche e la familiarità per l'abuso di alcol.
La ricerca, esposta al Forum di Riccione, indaga il ruolo del Pensiero Desiderante nel mantenere soggetti con Disturbo da Uso di Alcol in stato di craving
Nel seminario G. Caselli e M. Spada hanno esposto i principi cardine del modello metacognitivo e i suoi effetti sul modo di pensare e agire verso l’ alcol
La ricaduta in chi soffre di alcolismo sembra avere una sua storia, dei correlati psicologici, biologici e non si tratta quasi mai un evento puntiforme
Per la prima volta la realtà virtuale viene utlizzata all’interno della fase di assessment con pazienti con dipendenza da alcool.
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Catastrofizzazione del dolore nel paziente obeso
L’obesità è correlata allo sviluppo di una compromissione funzionale e di mobilità fisica, a dolore muscolo-scheletrico, a problemi ortopedici, a sofferenza psicologica. Indipendentemente dall’età, bambini e adulti obesi peggiorano la loro capacità di camminare, di spostarsi, di muoversi nello spazio che li circonda.
L’obesità è legata anche ad un conseguente deficit di forza muscolare, al fattore kinesiophobia, alla bassa auto-efficacia e ad una generale diminuzione della qualità della vita.
Una recente review condotta dai ricercatori del Dipartimento di Ortopedia e Riabilitazione – Centro Interdisciplinare per la Formazione e la Ricerca muscolo scheletrico della University of Florida, fornisce un aggiornamento sull’evidenza dell’efficacia della riabilitazione ambulatoriale nei programmi per il trattamento dell’obesità che includono esercizi aerobici, esercizi di resistenza, una restrizione ipocalorica accompagnati da interventi di ristrutturazione cognitiva sui pazienti. Tali programmi elicitano nei pazienti il miglior outcome nelle riabilitazioni funzionali, per un periodo di tempo notevolmente più prolungato rispetto ai tradizionali programmi d’intervento.
Secondo tale analisi, il rischio di sviluppare patologie da dolore muscolo scheletrico, come l’Osteoartrite, aumenta del 36% all’aumentare di sole due unità di BMI (Body Mass Index). I bambini con un elevato BMI presentano una elevata prevalenza di condizioni muscolo scheletriche dolorose, con dolore relativamente alto, rispetto ai coetanei con peso nella norma. Adulti obesi o gravemente obesi mostrano una probabilità fino a 4 volte maggiore di sviluppare una patologia da dolore cronico rispetto a coetanei non obesi. Le malattie muscolo scheletriche degenerative accompagnano tipicamente l’obesità, influenzando ad ogni età la capacità funzionale dell’individuo, provocando disagio fisico durante il movimento, limitando la capacità di esercizio e contribuendo negativamente all’insorgenza e poi al mantenimento della malattia ortopedica. Infatti, l’obesità grave impatta significativamente sulla colonna vertebrale e i siti alle estremità inferiori, come l’anca, il ginocchio e la caviglia, provocando disallineamento scheletrico, compressione articolare e una progressione nella malattia ortopedica degenerativa. Tale condizione spesso si associa inoltre a disabilità cardiorespiratorie, ed un abbassamento grave della qualità della vita generale.
Piede, ginocchio, anca e dolore alla schiena, i muscoli tendono ad atrofizzarsi, la forza a diminuire, il dolore fisico a farsi strada nella vita dei pazienti: fare una passeggiata a piedi, fare shopping o sport, impegnarsi in qualunque banale attività quotidiana che richieda lo spostamento del proprio corpo, diventano progressivamente un problema. Inoltre, il dolore indotto da obesità colpisce a livello transculturale: le donne giapponesi obese segnalano la difficoltà a sedersi sul pavimento con le gambe sotto di loro, in un gesto che normalmente era frequente nel loro quotidiano.
Sono numerose le sfide da vincere per i pazienti obesi con condizioni ortopediche, mentre affrontano il loro percorso di riabilitazione: il dolore articolare e la conseguente paura del movimento (kinesiophobia) possono interferire molto negativamente sul percorso di guarigione, specie se accompagnate dalla comparsa di credenze di catastrofizzazione del dolore e da condotte di alimentazione compensativa.
L’intervento di psicoeducazione sul dolore permette al paziente d’impegnarsi pienamente nelle sedute di riabilitazione, così come l’intervento sul riconoscimento delle emozioni troppo negative possono aiutare i pazienti a sviluppare un punto di vista positivo dell’attività fisica. La presenza di kinesiophobia nei pazienti obesi che si trovano a dover affrontare una riabilitazione al ginocchio o alla schiena risulta spesso elevata. Tale paura del movimento dovuta al dolore è un fattore problematico, perché quando risulta elevata correla con un’alta percezione di disabilità da parte dei pazienti, soprattutto in attività quali correre, saltare, camminare in salita, alzarsi da una sedia, nelle persone con valori di BMI superiori a 40 kg/m2, impedendo di fatto loro un percorso di recupero di successo. E’ interessante notare che valori elevati di kinesiophobia sono stati riscontrati anche in soggetti obesi che non presentavano impedimenti funzionali nella gamma dei movimenti, o deficit di forza, suggerendo quanto sia importante aiutare i pazienti a superare la loro paura del movimento per permettergli di esprimere le loro potenzialità. I protocolli di esposizione graduale al movimento, permettono di vincere la paura e di acquisire fiducia, in un progresso psicologico e fisico che procedono di pari passo.
Altro elemento negativo da tenere in considerazione è la tendenza a concentrarsi sul dolore, ad amplificare la sensazione di dolore ed a sentirsi impotenti in presenza di dolore: la catastrofizzazione del dolore. L’obesità unitamente al dolore osteoartrosico può dare origine a tale fenomeno cognitivo comportamentale, e ad una elevata percezione di disabilità. Frustrantemente, i pazienti che mostrano tale catastrofizzazione, diventano molto sedentari e attivano modalità di binge eating, fattori entrambi responsabili del perpetuarsi di aumenti di peso. I pazienti obesi con patologie osteoartrosiche preferiscono generalmente mangiare cibi ricchi di grassi e saccarosio, in quanto questi elementi possono aumentare la tolleranza al dolore e attenuare il disagio del dolore. Inoltre, gli obesi gravi con maggiore tendenza alla catastrofizzazione del dolore attivano più frequentemente condotte di binge eating e hanno meno controllo delle abbuffate.
Dal cosidetto punto di vista sociale, la catastrofizzazione del dolore è associata alla disabilità sul lavoro e ad una maggiore richiesta di assistenza sanitaria: tale credenza contribuisce alla disabilità fisica perché riduce l’autoefficacia nell’esecuzione dei movimenti. I comportamenti di evitamento della paura e la sedentarietà favoriscono aumenti di peso e il rafforzamento di pensieri irrazionali o pensieri negativistici. Questi processi di pensiero lavorano in maniera esattamente contraria agli obiettivi dei programmi di riabilitazione. Appare fondamentale in chiave riabilitativa un intervento di ristrutturazione cognitiva di tali patterns disfunzionali, e la necessità di passare ad una modalità di pensiero positivo. Istruire i pazienti con dolore cronico che il dolore è un sintomo che può essere gestito, e non una malattia grave dalla quale bisogna costantemente proteggersi è fondamentale per potenziare il recupero ottimale delle funzionalità dei pazienti.
Guidare un paziente attraverso il passaggio fisico ed emotivo dal dolore limitante ad un dolore gestito, è essenziale per il successo a lungo termine delle terapie.
Da tempo è noto come esistono due macrofattori di rischio che possono sostenere lo sviluppo di abitudini poco salutari come la tendenza a rimuginare. Si tratta del temperamento e dell’esperienza. L’esperienza infantile è particolarmente influenzata dallo stile educativo dei genitori.
Articolo Consigliato: Psicoterapia Cognitiva- Molla la presa sul rimuginio
Una recente ricerca condotta in Italia (Manfredi et al., 2011) ha evidenziato che la tendenza a rimuginare è influenzata da un temperamento timoroso che incontra genitori particolarmente apprensivi, iperprotettivi o invadenti.
Il rimuginio è una strategia che l’individuo adotta quando si trova innanzi a situazioni di difficoltà. Talvolta viene attivata per sentirsi più sicuri o per analizzare al meglio un problema ma tende a mantenere l’individuo in una condizione di ansia senza attuare un azione concreta per risolvere un problema (Sassaroli & Ruggiero, 2003).
Esistono due vie attraverso le quali il genitore iperprotettivo può portare all’educazione di un figlio rimuginatore (per quanto questa associazione non rappresenta un nesso causale e assoluto).
Innanzitutto il comportamento iperprotettivo insegna al bambino ad essere eccessivamente preoccupato riguardo ciò che di negativo può accadere in futuro o come conseguenza delle proprie scelte.
Secondariamente, un genitore che fa le scelte al posto del bambino riguardo la sua vita non permette a quest’ultimo di allenarsi ad esplorare, fare scelte e sbagliare.
Imparare a sbagliare è fondamentale per costruire personali criteri decisionali ed è molto utile che avvenga in un periodo di vita in cui si è comunque tutelati dall’azione riparativa e di cura dei genitori che possono limitare i danni.
Il rischio di un genitore iperprotettivo è l’ostacolo allo sviluppo di decisioni autonome, innanzi a un problema il bambino tende quindi a non agire e a rimuginare su una molteplicità di ipotetiche alternative, incerto su quale tentare.
Una ricerca condotta dall’ Università di Liverpool ha scoperto che la stessa attività cerebrale sarebbe responsabile sia della produzione di linguaggio che della costruzione di utensili complessi, sostenendo la teoria secondo cui linguaggio e attività motoria di costruzione di utensili si sarebbero evoluti allo stesso tempo.
I ricercatori hanno testato l’ attività cerebrale di 10 esperti produttori di utensili in pietra di mentre erano impegnati proprio nella fabbricazione di utensili in pietra e in un secondo momento sottoposti a un compito di abilità linguistica standard.
Utilizzando la tecnica funzionale di Doppler transcranico (FTCD) è stata scoperta una forte similarità tra i pattern di attivazione cerebrale per entrambi i compiti di costruzione manuale e di linguaggio.
Il linguaggio e la costruzione di utensili sono caratteristiche uniche del genere umano che si sono evoluti nel corso di milioni di anni.
Darwin fu il primo a suggerire la coevoluzione dell’ utilizzo di artefatti-utensili e del linguaggio poiché entrambi implicano una pianificazione complessa e il coordinamento delle azioni.
Secondo lo studio dunque, che ha valutato che cosa accade in tempo reale nel cervello umano mentre fabbrica utensili e mentre produce linguaggio, entrambe le attività dipendono da aree cerebrali comuni sostenendo dunque l’ipotesi coevolutiva delle due abilità.
Kesey descrive con stile asciutto e precisione narrativa la dignità umana dei malati, il loro diritto a vivere emozioni che non sono intrinsecamente diverse da quelle degli individui giudicati sani, bensì seguono percorsi esistenziali differenti.
“Qualcuno volò sul nido del cuculo”, romanzo pubblicato nel 1962 dallo scrittore americano Ken Kesey, è noto soprattutto per la trasposizione cinematografica di Milos Forman esaltata da un sontuoso Jack Nicholson, ma merita di essere rivisitato anche per il suo valore letterario.
La storia è ambientata in un ospedale psichiatrico i cui pazienti, suddivisi fra acuti e cronici, vengono tenuti sotto una rigida disciplina dagli operatori della struttura e dai metodi di cura allora utilizzati dalla scienza medica.
I personaggi principali sono il Grande Capo indiano Chief Bromden, l’io narrante, Miss Ratched, infermiera dura e maligna nonché esecutrice spietata delle direttive dell’amministrazione, e McMurphy, giocatore d’azzardo di sangue irlandese dal temperamento rissoso e istrionico, sopravvissuto a un’esistenza caotica e violenta.
La rivolta dei pazienti, condotta da McMurphy, è un crescendo di episodi memorabili. Dal punto di vista psicologico il valore dell’opera, pensata in un periodo in cui il tema delle condizioni dei soggetti psichiatrici si affacciava con sempre maggiore urgenza sulla scena sociale, è ancora oggi immutato; Kesey descrive con stile asciutto e precisione narrativa la dignità umana dei malati, il loro diritto a vivere emozioni che non sono intrinsecamente diverse da quelle degli individui giudicati sani, bensì seguono percorsi esistenziali differenti.
Kesey sta dalla loro parte, sente la loro sofferenza e la fa toccare al lettore insieme alla trasformazione dello sguardo narrante che progressivamente si accorge di una realtà prima trascurata, di una verità insopprimibile tenuta lontana dalle coscienze della società contemporanea e dalla loro possibilità di provare disagio.
La malattia mentale è sì un sentiero alternativo concesso alla fantasia e da essa alimentato, ma anche dolore, esclusione; il libro non fornisce un’immagine edulcorata della patologia psichica, non la tratta come una condizione che in quanto oggetto di pregiudizio sociale deve essere riconsiderata attraverso una sterile lotta ideologica, bensì la avvicina alle passioni e ai tormenti, agli slanci dignitosi, insieme disperati che le più comuni esistenze conosciute sperimentano senza essere classificate dalla scienza medica.
I dialoghi del libro sono rapidi, efficaci, la prospettiva si delinea formandosi nei gesti dei personaggi, nella loro storia che a poco a poco ritrova la dimensione dell’impegno a vivere, la consistenza del bisogno e del desiderio, l’epica quotidiana del sentimento. “Qualcuno volò sul nido del cuculo” è un’opera di denuncia, d’amore, di rispetto per l’umanità e la fragilità delle sue espressioni; quando il colonnello Matterson, uno dei cronici, solleva la lunga mano gialla scolpita di rughe, la osserva tornando con la vita al ricordo dei campi militari solcati per quarant’anni, quando la sua voce, profonda come la materia che non riesce a raccontare a chi non la comprende, fissa davanti agli occhi il Messico e la noce, così gli appare pensando alla sua forma e risentendo la durezza di quella terra assolata, l’io narrante si sorprende di riuscire per la prima volta a dare un significato a quelle parole, fino a quel momento udite e mai ascoltate, per anni, sempre uguali, come non ci fosse bisogno di penetrare nel loro contenuto visionario eppure reale, irreversibilmente reale.
Molte scene come questa raccontano la sensibilità di Kesey nell’accostarsi a un mondo che va recuperato alla dignità di ogni essere vivente e pulsante, ma che per troppo tempo è stato emarginato nel tentativo di proteggere un’umanità spaventata dalla percezione della propria potenziale debolezza, dalla certezza della propria inevitabile imperfezione.
“Qualcuno volò sul nido del cuculo” è ancora oggi una lezione di impegno individuale e civile, di apertura verso una sostanza uguale alla nostra di lettori e osservatori, solo più ferita.
Understanding the Link Between Spatial Distance and Social Distance
Justin L. Matthews and Teenie Matlock – Cognitive and Information Sciences, University of California, Merced, CA, USA
ABSTRACT:
Why do people use spatial language to describe social relationships? In particular, to what extent do they anchor their thoughts about friendship in terms of space? Three experiments used drawing and estimation tasks to further explore the conceptual structure of social distance using friendship as a manipulation. In all three experiments, participants read short narratives and then drew what they imagined happened during the narrative and estimated passing time. Overall, the results of these exploratory studies suggest that the conceptual structure of friendship is linked to thought about space in terms of path drawing. Results are discussed in light of social distance and intercharacter interaction.
Con i lettori di State of Mind, questa volta ho pensato di condividere una lezione di mindfulness. Forse sarebbe più opportuno chiamarla “un’esperienza di mindfulness”. Si tratta di una lezione tenuta da Jon Kabat-Zinn nella sede centrale di Google nel 2007.
Dopo una introduzione ai temi centrali della mindfulness, tra cui il “doing mode”, la “modalità del fare”, Kabat-Zinn invita i molti partecipanti a sperimentare la pratica di mindfulness insieme a lui. Il tema centrale della prima parte della lezione di Kabat-Zinn è la contrapposizione tra la modalità dell’essere e la modalità del fare.
Un secondo tema affrontato è la pratica, come praticare abitualmente senza farsi agganciare dai giudizi e dalle idealizzazioni rispetto alla pratica (come ad esempio: “devo assolutamente trovare un’ora al giorno per praticare”).
La parte centrale della lezione, in buona tradizione mindfulness, è la conduzione di una pratica da parte di Kabat-Zinn in persona.
Un’ottima occasione per concedersi un’ora per seguire il video e praticare insieme ai dipendenti di Google…
Terapie di fantasia: Affrontare, in maniera coerente e positiva, i piccoli o grandi momenti di disagio che ciascun individuo può trovarsi a vivere? Si può, se si acquisisce, o si rafforza, l’abilità del problem solving, grazie ad un processo cognitivo teso ad identificare il problema, analizzarlo, e individuarne la soluzione.
E se strumento per “imparare” a pensare e agire in modo più funzionale, per migliorare la nostra qualità di vita, fosse la musica? E se, autore dei testi, e delle evocative melodie, fosse un dottore in Tecnica della Riabilitazione Psichiatrica e Psicosociale? Si tratterebbe, verrebbe spontaneo rispondere, di vere e proprie “terapie” musicali a forte impatto emozionale, veicolo di messaggi maggiormente “attendibili” proprio perché frutto di approfonditi studi e pratiche sperimentazioni sul valore terapeutico della musica.
Ma eliminiamo il condizionale, perché a luglio 2012 il Cantautore/Musicoterapeuta Ventruto ha trasfuso in dieci brani, il suo bagaglio musicale e professionale, regalandoci un cd di grande spessore, produzione Latlantide e distribuzione Edel: “Terapie di fantasia”. Questo il titolo dell’ultimo lavoro di Ventruto, artista a trecentosessanta gradi, cantautore, musicista, virtuoso chitarrista ritmico e solista di impostazione Rock-Blues-Folk, perfezionatosi presso la scuola Jazz “Il pentagramma”. Ma Ventruto è molto di più. Ha nel suo bagaglio una solida preparazione che va oltre la musica, e vi si interseca.
Laureatosi, con lode, presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia di L’Aquila, stupisce discutendo – con la Tesi “La comunicazione attraverso la musica: spot Aci per la vita “questa vita è mia” – orientamento psicoeducativo delle persone alla guida” – un suo brano, divenuto Spot nazionale Aci nella campagna di Sicurezza Stradale, inserito nell’Antologia della canzone Vol. 3 e nel Cantatutto Vol. 4 (Universal/Ricordi).
Si innestano in questo percorso, in netta ascesa, le sue “Terapie di Fantasia”. Il cofanetto si apre con le raffinate note di “Fantasie”, che invitano ad una rinascita emotiva, spezzando una lancia in favore di un sentimento denso, capace di restituirci “un’emozione sommersa” per saper “amare di più” chi ci è accanto, con le sue particolarità, le sue “manie” e le sue “follie”, segni di una specialità da apprezzare.
Segue il “Il Diario”, pezzo ritmico di contrappeso a un testo profondo, centrato sull’esigenza di fermarsi a riflettere, e liberarsi delle intime “debolezze”, affidandole ad “un nero su bianco dipinto di pianto”. Istante nostalgico che, sul chiudersi del brano scandito da note festose, esalta la forza di un Cuore che “se vuole, resiste al dolore”, riscoprendo la voglia di “sognare, vivere, andare”.
Ad incalzare, poi, è “Dove sei” che, narrando di una storia finita, insegna a superare quel “bisogno totale” dell’altro, scavando a fondo nella relazione che si è conclusa “per capire, la Verità” e scoprire, magari, che la persona che ci manca, in realtà, non è quella che ci ha lasciato, ma quella che avevamo idealizzato.
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Motivazione valida, per aprirci a nuove prospettive. Sulla Verità, questa volta da pretendere a noi stessi, è centrata anche “La mia vanità”, ballata dalla melodia suggestiva, fortemente evocativa di quei momenti in cui ci “scende un’emozione al cuore” e si fanno i conti con i rimpianti e con l’orgoglio, che “è solo un tormento”, ma ne trarremmo lezione, e sapremo dirci “in ciò che ho sbagliato potrò capire quel che sarò”.
Percorso inside, che caratterizza “L’Autostima”, brano a puro sfondo terapeutico, che ci suggerisce come fronteggiare, con “pensieri semplici da fare”, gli “sbalzi di umore” provocati da chi “ti mette in discussione”. Basterà “credere in qualcosa”, “non sentirsi mai banali” e apprezzare le nostre abilità!
Dinamiche prettamente sentimentali, accendono “Saprei cosa fare”, pezzo che, su un cantato brioso, esorta la coppia ad un dialogo costante, collante che consente di elaborare le proprie “colpe”, e proiettarle su “un futuro immaginato migliore” ma coerente, perché “dietro una favola, c’è sempre un po’ di Verità”. Si respira, invece, atmosfera fiabesca, in “Un angelo”, inno, per nulla scontato, ad un amore che “è pura poesia”, “film al lieto fine”, intesa totale, alchimia mentale, racchiusa in un “il guardarci negli occhi, anche se non mi tocchi e la tua anima sento che mi porta via”.
Anima che continua a sognare su “Strade di baci” su cui ritrovarsi per vivere le emozioni più trasparenti, “gioia infinita”, che si prova, del resto, quando ci si relaziona con una persona “Semplice e pura”. Questo, il titolo della track n. 9, che accende i riflettori su un valore sempre più raro: la semplicità e la purezza di chi, libero da “pregiudizi” o “assurdi vizi”, vive “in un mondo che cambia la gente e non TE”, proseguendo il suo percorso senza subire condizionamenti da un contesto “sbagliato”.
Chiude il lavoro, racchiudendone l’essenza, il suggestivo “Comprendo”. Il brano, muovendosi da dimensioni religiose (“Tu che sei la Passione, con Giuseppe e Maria voglio scegliere te”), ne estrapola Valori universali, comuni a chi desidera un Mondo che sappia comprendere “l’amore per un bambino” o di chi ti “sta vicino”, per “cambiare la vita” e godere del piacere trasmesso da chi “ti guarda negli occhi e dice non è finita”.
È comunicazione a forte impatto, dunque, densa di contenuti sociali e terapeutici, quella che l’artista ci consegna, e che sperimenta – sia attraverso i suoi brani, che quelli di noti cantautori – durante gli incontri di Musicoterapia, individuale e di gruppo, che effettua nel capoluogo abruzzese. Ma parliamone con lui.
Pascasi: Ci può spiegare in che modo la Musica può “fare” Terapia?
Ventruto: “La musica ha, sull’individuo, un forte effetto terapeutico. Il mio ruolo, di Cantautore e Operatore Psichiatrico con orientamento in Musicoterapia, me lo conferma. Da anni, difatti, svolgo la mia attività, oltre che nella prevenzione primaria (scuole per l’infanzia e di secondo grado), anche in strutture quali il Servizio Psichiatrico Universitario Diagnosi & Cura di L’Aquila, dove entro in contatto con utenti affetti da disturbi Psichiatrici (Depressione Maggiore, Schizofrenia, Disturbo Bipolare). Ebbene, il mio intervento consiste nell’individuare (e conseguire) obiettivi di tipo Terapeutico – coinvolgendo la Sfera Emotiva (Emozioni/Umore e Sentimenti) e le Funzioni Cognitive – e di tipo Psicoeducativo. Il fine, è quello di rendere l’utente consapevole del concetto di stress, spiegandogli anche le modalità di coping, dunque di concreto fronteggiamento di tale stress, da adottare per superare momenti “no”.
V: Gli incontri, individuali e di gruppo, si svolgono con modalità studiate in base ad un metodo specifico. Durante le sedute è presente l’Operatore/Conduttore (il sottoscritto) che presenta canzoni d’autore, eseguendole dal vivo, solitamente voce e chitarra, e, di seguito, ne commenta il testo con il gruppo o l’utente singolo. In linea di massima, opto per brani dotati di melodie evocative di stati d’animo ed emozioni, e testi in grado di trasmettere messaggi positivi. Così, ogni pezzo, appositamente scelto nel panorama cantautorale, diviene input e molla per discutere di situazioni di vita, esperienze e sentimenti, siano essi di fratellanza, amore, amicizia.
P: Durante gli incontri, utilizza anche i suoi brani, visto l’indubbio supporto che riescono a fornire nell’ambito di un percorso Terapeutico e Riabilitativo multidisciplinare?
V: Certamente si, per due motivi. In primis, si tratta di testi (supportati da melodie evocative dei temi trattati) che invitano ad elaborare gli eventi in maniera costruttiva. In secondo luogo, perché le mie canzoni nascono da storie di vita reali (vissute in prima persona o da familiari, amici, conoscenti) o immaginate, in cui ciascuno può identificarsi, ritrovarsi, e riflettere su quale potrebbe essere la strada migliore da percorrere per superare “un calo di energie”.
P: In che senso, la strada migliore?
V: Nel senso che ogni esperienza, anche “negativa”, va letta e interpretata in maniera funzionale e non disfattista. È il mio approccio, del resto, quando veicolo i pensieri nella giusta direzione, sia nella vita di ogni giorno, che quando scrivo canzoni.
V: Solitamente c’è un’idea musicale che mi viaggia nella mente (legata agli stati d’animo del momento) che trova veste comunicativa attraverso i testi. Un legame naturale tra tema e melodia.
P: I suoi, mi permetta il termine, interventi musicali, sono stati d’ausilio anche in seno ai percorsi terapeutici dedicati alla popolazione colpita dal sisma del 2009, che ha pressoché distrutto la città dove vive e lavora. Mi spiega in che modo?
V: Si. Iniziamo con il dire che L’Aquila, a seguito del terremoto, ha perso punti di aggregazione e di riferimento per i cittadini, disorientati e catapultati in una realtà completamente diversa. Di qui, l’esigenza di intervenire per tentare di dare una risposta positiva a questa fonte di disagio. È nell’interfacciarsi con gli utenti, che torna il concetto di coping di cui le parlavo, inteso come gestione concreta dello stress subito. A livello accademico, poi, in occasione del Congresso Sirp 2010, ho esposto due Poster, e coordinato due progetti universitari, tesi alla promozione della rete di aggregazione degli studenti aquilani nel post-sisma.
P: A proposito di congressi, ho appreso della consegna di una targa conferita – durante il recente congresso nazionale di Psichiatria, svoltosi a Perugia – al reparto dove opera, proprio per l’attività di Musicoterapia da lei svolta. E’ così?
V: Si. Durante il congresso dal titolo ”Progetto Musica Mente”, è stata presentata (anche attraverso un video) e premiata, l’attività di Musicoterapia individuale e di gruppo che effettuo all’interno del reparto, in collaborazione con i Tutor ed i professionisti del reparto.
P: Un’ultima domanda: lei ama esibirsi coprendo il volto con una maschera veneziana. Quale messaggio vuole trasmettere?
V: La scelta della maschera non è casuale, né è una velleità artistica. Indossare una maschera è un po’ come interpretare un copione, e avere la possibilità di dar voce a istanze interne, come il senso di giustizia, la ricerca dell’amore, la forza, il coraggio, la combattività, il potere, tutti fattori che rappresentano costanti dell’animo umano. Costanti che, a mio parere, possono essere liberamente espresse sotto un’altra identità. La maschera, con sotteso riferimento a Kubrick, ha un significato ben preciso, provocatorio, legato al mio ruolo e al Progetto Ventruto/Musicoterapia. Purtroppo viviamo in una società priva di abilità sociali, dove la gente si sente in diritto di sopraffare gli altri, dove vige la maleducazione, specie nei confronti delle persone buone e sensibili cui, però, a lungo andare, le prevaricazioni possono creare fastidio. È, quindi, un modo per far capire che ciascuno di noi, ha anche “un lato” del carattere capace di affrontare questo stato di disagio e di violenza verbale, che procura stress psicologico. È come dire “state al posto vostro” (di qui, la scelta di una maschera rigida).
P: Bene. La ringrazio per la disponibilità.
V: Grazie a lei, e alla redazione di State of Mind.
I risultati di una nuova ricerca, condotta su un campione di roditori, offrono una nuova spiegazione di come lo stress possa portare a disturbi dell’umore.
Sembra infatti che, nell’interazione dinamica tra mente e corpo, durante l’interpretazione di stress prolungato, le cellule del sistema immunitario – i monociti – siano richiamati al cervello, favorendo l’insorgenza di sintomi ansiosi.
A differenza di una infezione, traumi o altri problemi che attraggono le cellule immunitarie al corpo, questo reclutamento di monociti non danneggia il tessuto del cervello, ma induce sintomi di ansia. I monociti potrebbero quindi diventare bersaglio di farmaci per il trattamento di disturbi dell’umore.
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La ricerca, condotta alla Ohio State University, ha mostrato che il cervello, sotto stress prolungato, invia segnali al midollo osseo, richiamando monociti. Le cellule migrano in regioni specifiche del cervello – in diverse aree legate alla paura e all’ansia, tra cui la corteccia prefrontale, l’amigdala e l’ippocampo – generando l’infiammazione che causa sintomi ansiosi.
Nei roditori è stato indotto uno stato di stress simile a quello che le persone provano in risposta a fattori stressanti della vita quotidiana. Ai topi maschi che vivono insieme è stato dato il tempo di stabilire una gerarchia, poi un maschio aggressivo è stato aggiunto al gruppo per due ore. Questo cambiamento ha provocato nei topi una risposta del tipo “fight or flight”, come se venissero ripetutamente sconfitti.
L’esperienza della sconfitta sociale porta a comportamenti di sottomissione e allo sviluppo di sintomi ansiosi. L’esperienza della sconfitta sociale veniva ripetuta ciclicamente, una, tre sei volte, e ogni volta il campione veniva testato per i sintomi ansiosi.
Come previsto più cicli di sconfitta sociale elicitano maggiori sintomi ansiosi, che a loro volta corrispondono a livelli più alti di monociti migrati al cervello degli animali attraverso il sangue. Ulteriori esperimenti hanno mostrato che queste cellule non hanno origine nel cervello, ma migrano dal midollo osseo. In studi precedenti, questo stesso gruppo di ricerca ha dimostrato che le cellule del cervello chiamate microglie, la prima linea di difesa immunitaria del cervello, sono attivate da stress prolungato e sono in parte responsabili dei segnali che richiamano i monociti dal midollo osseo.
Esattamente quello che succede a questo punto nel cervello non si sa, ma la ricerca offre degli indizi. I monociti che migrano al cervello non rispondono agli steroidi antinfiammatori naturali del corpo e hanno caratteristiche peculiari quando sono in uno stato infiammatorio. Questi risultati indicano che l’espressione genica infiammatoria si verifica nel cervello in risposta al fattore di stress.
Questi risultati non sono applicabili a tutte le forme di ansia, dicono i ricercatori, ma sono rivoluzionari nel campo della ricerca sui disturbi dell’umore legati allo stress.
“I nostri dati alterano l’idea della neurobiologia dei disturbi dell’umore“, ha detto Eric Wohleb, primo autore dello studio, “e indicano che un sistema bidirezionale, piuttosto che le vie tradizionali del neurotrasmettitore, può modulare alcune forme di reazioni ansiose: qualcosa al di fuori del sistema nervoso centrale, qualcosa nel sistema immunitario, ha un profondo effetto sul comportamento“.
Scienze Cognitive: La percezione delle distanze spaziali in relazione alla presenza di amici
Quale relazione sussiste tra la percezione di distanza affettiva e distanza spaziale?
Sappiamo che in molte culture le relazioni sociali sono definite attraverso l’utilizzo di metafore spaziali (ad esempio il lampante close friends in inglese).
In questo interessante esperimento Justin L. Matthews e Teenie Matlock, ricercatori della University of California Merced, scoprono come la percezione della lunghezza spaziale di un ponte da attraversare diminuisca quando dall’altra parte del ponte, ad aspettarci, ci sono i nostri amici più “vicini”.
Questo esperimento, presentato in una poster session al 35° Congresso Annuale della Cognitive Science Society (COGSCI 2013), fa parte di un corpus di ricerca di più ampio respiro i cui risultati sono pubblicati nell’articolo:
Understanding the Link Between Spatial Distance and Social Distance
Justin L. Matthews and Teenie Matlock – Cognitive and Information Sciences, University of California, Merced, CA, USA
ABSTRACT:
Why do people use spatial language to describe social relationships? In particular, to what extent do they anchor their thoughts about friendship in terms of space? Three experiments used drawing and estimation tasks to further explore the conceptual structure of social distance using friendship as a manipulation. In all three experiments, participants read short narratives and then drew what they imagined happened during the narrative and estimated passing time. Overall, the results of these exploratory studies suggest that the conceptual structure of friendship is linked to thought about space in terms of path drawing. Results are discussed in light of social distance and intercharacter interaction.
Tribolazioni 12 – La sindrome del Titanic – Psicologia
Il condizionamento dei pari in adolescenza e il Progetto ProYouth
I condizionamenti da parte del gruppo dei pari sono una forza onnipresente, il cui potere può essere osservato pressoché in ogni dimensione del comportamento adolescenziale.
Nel corso dello sviluppo psicologico, le interazioni con i gruppi dei pari, ovvero quei bambini e adolescenti che hanno pressoché lo stesso livello di età e/o di maturazione fisica e psicologica, assumono una importanza fondamentale.
I condizionamenti da parte del gruppo dei pari sono una forza onnipresente, il cui potere può essere osservato pressoché in ogni dimensione del comportamento adolescenziale, come la decisione di come vestirsi, quale musica ascoltare, quale linguaggio adottare, a quali valori aderire, come gestire il tempo libero … (Santrock, 2007)
I condizionamenti da parte dei pari possono avere effetti positivi sul benessere degli adolescenti; possono ad esempio portare a sviluppare comportamenti pro-sociali come iscriversi ad una associazione di volontariato, oppure semplicemente aiutarsi a fare i compiti scolastici. Inoltre, il condizionamento da parte dei pari potrebbe prevenire (ma anche rinforzare) comportamenti disadattivi, come fumare o bere alcolici, grazie alla manifesta (dis)approvazione da parte di amici e compagni di classe.
Articolo consigliato: ProYouth: un Progetto per la Prevenzione dei Disturbi Alimentari online
Tuttavia, il gruppo dei pari rinforza molto più frequentemente i comportamenti disadattavi, rispetto a quelli positivi. Questi, a loro volta, potrebbero tradursi in comportamenti antisociali quali furti e vandalismo, abuso di droghe e alcolici, utilizzo di un linguaggio scurrile, prendersi gioco degli insegnanti o dei familiari.
Quali sono gli adolescenti maggiormente a rischio di rimanere vittime delle influenze negative da parte dei pari? La risposta sembrerebbe essere: tutti sono a rischio, poiché ogni adolescente, nel corso dello sviluppo, incontrerà forme di pressione al conformismo da parte dei pari. Tuttavia, ci sono alcune condizioni che rendono gli adolescenti particolarmente vulnerabili all’adozione di comportamenti negativi, quali ad esempio:
Provenire da una famiglia con un solo genitore
Avere genitori estremamente permissivi, o all’opposto molto autoritari
Una bassa stima di sé
Dinamiche familiari disfunzionali
Esposizione a comportamenti antisociali da parte dei pari o della famiglia
Inoltre, gli adolescenti potrebbero non essere pienamente consapevoli che determinati atteggiamenti, o comportamenti, vengano messi in atto a seguito delle pressioni ricevute dal gruppo dei pari.
Infatti, il mondo adolescenziale tende ad essere connotato dal conformismo, ovvero dal processo in cui un individuo assume atteggiamenti o comportamenti di altri, a causa di una pressione (reale o immaginaria) ad adottarli (Santrock, 2007). È esperienza comune quanto spesso il modo di vestirsi degli adolescenti subisca una trasformazione al momento del passaggio alla scuola superiore, con il contatto con un mondo relazionale nuovo, popolato da nuovi compagni e da nuove regole.
La scuola gioca un ruolo molto delicato nella gestione delle influenze dei pari: qui gli adolescenti trascorrono gran parte del loro tempo, e in questo contesto hanno la possibilità di incontrarsi e socializzare con altri pari; inoltre, le interazioni con i coetanei continuano spesso anche al di fuori degli spazi scolastici, poiché spesso vi nascono amicizie che vengono coltivate nel tempo libero.
La scuola si configura quindi come un luogo in cui hanno origine molte delle pressioni al conformismo da parte dei pari, ma anche come il luogo maggiormente deputato ad intervenirvi, rinforzando atteggiamenti positivi e ostacolando lo sviluppo di comportamenti negativi o antisociali.
Cercando di ottimizzare il tempo che i ragazzi trascorrono a scuola e la qualità delle attività svolte, la nostra proposta per contrastare la pressione tra pari e l’eventualità che questa porti alla diffusione di disagio e difficoltà psicologiche è il progetto ProYouth.
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Il Progetto ProYouth è co-finanziato dalla Executive Agency for Health and Consumers nell’Health Programme della Commissione Europea, vede la partnership di 7 Paesi Europei, ha avuto inizio il 1 Aprile 2011 e terminerà nel marzo 2014. In Italia il progetto è implementato dalla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Cognitiva e Cognitivo-Comportamentale “Studi Cognitivi”, che lo sta promuovendo all’interno della Regione Emilia Romagna e di alcune singole province esterne (Firenze, Milano e Alessandria).
Il progetto si sta espandendo tra gli adolescenti e i pre-adolescenti attraverso il contatto con scuole secondarie superiori e centri di aggregazione giovanili per diffondere presso i ragazzi informazioni utili sul benessere in adolescenza, sulle possibili difficoltà e sui problemi che si possono incontrare, con un focus particolare sui Disturbi Alimentari.
In un’ottica di continuità e di disponibilità al dialogo e alla psicoeducazione approfondita, il progetto fornisce gratuitamente la consulenza da parte di psicologi e psicoterapeuti formati disponibili a incontri virtuali con i ragazzi in forma anonima attraverso chat individuali e di gruppo sulla piattaforma www.proyouth.eu.
Santrock, John (2007). Adolescence. New York: The McGraw-Hill Companies, Inc. (DOWNLOAD)
Liberamente tratto e adattato dall’opuscolo “A teacher’s guide to peer pressure” pubblicato dalla Northern Illinois University con il permesso del Prof. Lee Shumow. (DOWNLOAD)