Gli insegnamenti di Lucio Battisti
Non cantava per sé o di sé, Lucio. Lui parlava agli altri, al mondo, regalandoci la sua prospettiva di vita fatta di consapevolezza, sincerità e sfumature di emozioni che sapeva descrivere magistralmente e con una semplicità disarmante. La fortunata collaborazione con il suo paroliere Mogol ha dato vita a un repertorio musicale imperituro, magico e capace di toccare l’anima di milioni di persone generazione dopo generazione, emozione dopo emozione.
Chi è cresciuto a pane e Battisti non può far altro che chiedersi – a 26 anni dalla sua morte – quante altre emozioni e insegnamenti avrebbe potuto regalarci, perché ogni sua canzone è una poesia di vita e specchio di un ventaglio di sentimenti che si declina sì in storie uniche e diverse, ma che in fondo risuona in ognuno di noi e ci accomuna tutti quanti.
Acuto esegeta del sentimento d’amore, infatti, Lucio Battisti sapeva realizzare molto bene il passaggio dal particolare all’universale, trascendendo ogni differenza individuale per farci sentire parte di qualcosa di più ampio e offrendoci una preziosa e rassicurante opportunità per conoscerci e riconoscerci.
Lucio Battisti e la spinta universale a lasciarsi andare
E così, ne La collina dei ciliegi – indimenticabile brano del 1973 incluso nell’album Il nostro caro angelo – quella che può apparentemente sembrare la mera descrizione di una storia d’amore, si trasforma in una spinta universale al lasciarsi andare e al superamento delle paure e dei pregiudizi resa attraverso la metafora del volo di un colombo.
“Se davvero tu vuoi vivere una vita luminosa e più fragrante, cancella col coraggio quella supplica dagli occhi”, canta Battisti nei primi versi del brano. La paura inquina, il coraggio ama e spesso premia. È facile a dirsi, ma la realtà è molte volte un’altra: sembra infatti essersi sedimentata nel tempo l’idea secondo la quale tenersi lontani dai propri sentimenti e dalla vulnerabilità sia la soluzione più facile ed efficace per riuscire a vivere e ad eccellere nella frenetica società odierna. Prudenza, saggezza e lucida razionalità sembrano essere gli ingredienti ideali per riuscire a mantenere con fermezza le redini della propria vita senza perdere il controllo né vacillare.
Ma è davvero così o si tratta di un’illusione?
“Troppo spesso la saggezza è solamente la prudenza più stagnante” risponde Battisti, quasi a voler sottolineare quante incredibili occasioni si possono perdere se si resta bloccati nelle proprie paure e resistenze interiori senza mai sfidarle. La prudenza, infatti, è in molti casi una forma di timore mascherata: se da un lato può indubbiamente essere adattiva e funzionale, dall’altro può anche rivelarsi un meccanismo di difesa limitante che ci impedisce di entrare in contatto con le nostre reali emozioni e con il nostro sentire.
La collina dei ciliegi di Lucio Battisti
Sviluppare una sana capacità di elaborazione emotiva è un processo faticoso, complesso, talvolta destabilizzante e sempre in divenire: spesso provare ad allontanarsi dalle sensazioni che proviamo ci sembra quindi la soluzione più efficace e meno dispendiosa in termini di energie mentali ed emotive. E non si tratta solo delle sensazioni più scomode e spiacevoli da affrontare, Lucio Battisti in questo brano sembra infatti ricordarci che la paura e l’eccessiva razionalità possono prendere il sopravvento anche durante una fase tanto magica quanto complessa come quella dell’innamoramento. La paura di lasciarci andare, di affrontare ciò che ci muove dentro e di mostrarci e sentirci vulnerabili può trasformarsi in paralisi e rallentare il processo di avvicinamento a noi stessi e all’altro.
Ma perché non mi dai la tua mano, perché? Potremmo correre sulla collina, e fra i ciliegi veder la mattina.
Un tema, questo, che sembrava molto caro a Battisti, il quale infatti lo descrive impeccabilmente anche nella sua “Aver paura d’innamorarsi troppo” (1978), specchio sincero e veritiero della lotta tra il desiderio di un amore autentico, intenso e appagante e la paura della propria vulnerabilità. “Non disarmarsi per non sciupare tutto e non dire niente per non tradire la mente” diventano allora la strategia ideale per evitare quel “leggero dolore” che si prova nel “temere di mostrarsi interamente nudo”.
Lucio Battisti: abile interprete della philofobia
Insomma, Lucio Battisti sembrava essere un abile interprete di ciò che viene più tecnicamente chiamato philofobia, la paura dell’amore e di connettersi emotivamente con un’altra persona. Si tratta di una forma di fobia specifica di natura “sociale” che porta l’individuo a percepire l’evento dell’innamoramento come una minaccia al proprio senso di controllo: innamorarsi, lasciarsi andare e condividere i propri sentimenti con l’altro portano infatti il soggetto ad esperire emozioni molto intense e percepite come potenzialmente incontrollabili e sconvolgenti, risultando così in un allontanamento dalla situazione temuta. Ma alla base di questo fenomeno sembra esserci anche una paura più intima e delicata: quella di mostrarsi all’altro – e forse ancora prima a sé stessi – per come si è realmente, spogliandosi di ogni formalismo e maschera per amarsi e lasciarsi amare nella propria fragile e meravigliosa autenticità (Tavormina, 2014).
Ecco allora l’invito più prezioso che ci ha lasciato il grande Lucio Battisti: provare a lasciarsi andare, a scegliere di accogliere ed esplorare senza paura le sfumature della propria vulnerabilità e del proprio sentire per poter “respirare brezze che dilagano su terre senza limiti e confini”, “ubriacarsi di fiducia” e “abbandonarsi senza più timori”, perché l’amore non è un contratto di assicurazione e la paura “inquina e uccide i sentimenti”, mentre invece, quasi sempre, “dietro la collina, è il sole”.