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Come il cervello elabora l’ascolto di una canzone

Elaborare una canzone può sembrare un processo elementare, ma per il nostro cervello si rivela essere un'operazione altamente complessa

Di Annalisa Balestrieri

Pubblicato il 11 Mar. 2024

Come il cervello elabora la canzone

Immaginiamo di accendere la radio o una playlist sul nostro cellulare. Parte la prima canzone: quello che ci raggiunge non è un unico suono prodotto da una sola fonte, bensì un insieme di strumenti, di voci e di parole. Da questo insieme il nostro cervello riesce a estrarre e a dividere tutte le sue componenti, pensiamo ad esempio a come distinguiamo l’apporto dei diversi strumenti in un brano. Ma non è il suono a essere diviso, è il nostro cervello che compie un’astrazione e, partendo dalle onde sonore che riceve, riesce a dividerle nelle parti che le compongono. Allo stesso modo riesce a dividere parole e musica, che pure condividono lo stesso medium essendo entrambe generate da onde sonore, e allo stesso tempo è capace di associare alle parole un significato.

Quello che a noi sembra un processo elementare e scontato, per il nostro cervello si rivela invece essere un’operazione di altissima complessità.

Come lavora il cervello

Quando ascoltiamo una parola siamo immediatamente in grado di coglierne il significato, cioè di tradurre quel suono che arriva alle nostre orecchie in qualcosa che abbia un senso compiuto. Per fare questo il cervello utilizza una serie di informazioni che ha acquisito nel tempo, si basa quindi su esperienze passate, correndo anche il rischio, come vedremo tra poco, di cadere in fraintendimenti.

Partiamo da una premessa: quando ascoltiamo una persona che sta parlando (o cantando) il nostro cervello inizia a elaborare i suoni che percepisce sintonizzandosi con il ritmo del discorso. Grazie a questo trucco ci risulta possibile anticipare il senso che una frase andrà ad acquisire ma, qualora il ritmo dovesse cambiare in modo repentino, il nostro cervello avrebbe difficoltà a risintonizzarsi immediatamente con questo cambiamento e potrebbe cadere in equivoci.

Anche il cervello può cadere in errore

Per spiegare questo meccanismo ci aiutiamo con una ricerca svolta in Olanda da Anne Kösem, neuroscienziata cognitiva che si interessa ai meccanismi cerebrali della parola e della percezione del tempo. Le sue ricerche mirano a scoprire come il cervello riesce ad estrarre e a combinare il significato da input sensoriali che variano nel tempo, con particolare attenzione all’elaborazione del linguaggio.

La ricerca era così strutturata: a un gruppo di volontari, madrelingua olandesi, venivano fatte ascoltare delle frasi la cui parte iniziale veniva pronunciata di volta in volta con una diversa velocità, in modo da variare la frequenza delle parole pronunciate nello stesso spazio temporale.

Le ultime tre parole venivano al contrario pronunciate sempre con lo stesso ritmo, introducendo una variazione della velocità del discorso che aveva lo scopo di spiazzare il cervello.

In una di queste parole era contenuta una vocale che ne cambiava completamente il significato a seconda che fosse pronunciata breve o lunga.

Come previsto dai ricercatori, quando la parte iniziale della frase era pronunciata più velocemente, la vocale ambigua veniva percepita come lunga; quando la frase veniva pronunciata lentamente, veniva invece percepita come corta. Il cervello restava quindi intrappolato dalla velocità del discorso anche quando questa cambiava improvvisamente.

La spiegazione è stata che il cervello si comporta come una bicicletta che, una volta messa in moto dalla pedalata, continua per un certo periodo ad andare avanti anche quando la pedalata si interrompe. Questo risultato dimostra che l’intrappolamento neurale del discorso sopravvive alle stimolazioni ricevute. La dinamica temporale del parlato si dimostra essere un meccanismo predittivo che viene coinvolto nell’elaborazione del successivo input vocale e ne influenza direttamente la percezione.

Distinguiamo tra parole e musica

E ora cerchiamo di rispondere ad un’altra domanda: come fa il cervello a distinguere parole e musica quando ascoltiamo una canzone?

Anche in questo caso ci aiutiamo con i risultati di un’interessante ricerca condotta da Philippe Albouy, neuroscienziato della McGill University di Montreal. Abbiamo visto come riusciamo a percepire il senso delle parole, la nostra capacità di percepire una melodia dipende invece dal riuscire a elaborare le caratteristiche dello spettro dei suoni che vengono emessi dalla sorgente sonora (come ad esempio le fluttuazioni della frequenza acustica).

La ricerca a cui facciamo riferimento è partita dall’ascolto di 10 testi e 10 melodie che sono state combinate in modi diversi ottenendo 100 canzoni, successivamente registrate dalla voce di un soprano, senza l’utilizzo di una base musicale.

Ognuna di queste tracce è stata distorta sia da un punto di vista temporale (cioè per quanto riguarda gli aspetti legati al tempo) sia da un punto di vista spettrale (relativo alla frequenza, ossia il numero di oscillazioni che un’onda sonora compie in un secondo). Per rendere i risultati più generalizzabili, sono stati coinvolti soggetti sia di lingua francese che inglese. Ai partecipanti è stato chiesto di provare a distinguere parole e melodie di questi brani distorti.

Il risultato è stato che dove era stata distorta la dimensione temporale poteva risultare compromessa la comprensione del testo ma non quella della melodia. Dove invece erano state manipolate le caratteristiche spettrali, risultava compromessa la percezione della melodia e non quella del testo.

Se ne deduce che melodia e linguaggio dipendono da aspetti acustici diversi.

Durante lo svolgimento del compito i partecipanti sono stati sottoposti a una risonanza magnetica che ha evidenziato come la decodifica della parte vocale sia avvenuta principalmente nella corteccia uditiva di sinistra, mentre la parte melodica sia stata elaborata principalmente dalla parte destra.

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