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Le onde beta e la working memory: cosa ricordiamo e cosa dimentichiamo?

Le onde beta svolgono un'importante funzione di controllo delle informazioni in entrata e definiscono quali conservare nella working memory.

Di Enrica Gaetano

Pubblicato il 23 Feb. 2018

I ricercatori del Massachussets Istitute of Technology in un recente studio pubblicato su Nature Communications, hanno mostrato come le onde beta fungano da “cancelli” per la working memory, determinando quali informazioni debbano essere immagazzinate in memoria e quali invece valga la pena dimenticare.

 

Il ruolo delle onde beta

Il ritmo cerebrale beta funge da “freno”, stabilendo quali informazioni, conservate nella working memory per un breve periodo di tempo, debbano essere espresse e influenzare di conseguenza il comportamento dell’individuo” afferma Mikael Lundqvist, un post-dottorato al MIT, sezione Learning and Memory e autore principale dello studio pubblicato.

In uno studio precedente (2016), Lundqvist, Miller e colleghi avevano mostrato come l’attività elettrica combinata di milioni di neuroni nel cervello generava delle oscillazioni, definite ritmi cerebrali, ognuno dei quali con una frequenza specifica; avevano inoltre evidenziato come in particolare il ritmo gamma fosse associato alla codifica e al recupero mnestico.

Trovarono poi un aumento dei ritmi gamma quando si verificava un abbassamento dei ritmi beta o viceversa e che questi ultimi fossero anche associati alle cosiddette informazioni “top-down”, cioè quei segnali, provenienti dalla corteccia, che si generano quando il soggetto sta compiendo un compito nel quale è presente un obiettivo, con il fine di portarlo a termine seguendo quelle che sono le regole del compito stesso (Lundquist, Miller, Rose, Herman et al., 2016).

Le onde beta definiscono le informazioni da conservare nella working memory

Partendo da queste evidenze, i ricercatori ipotizzarono che i ritmi beta agissero da meccanismo consapevole di controllo e selezione di quella parte dell’informazione che deve essere estratta dalla working memory.

La Working Memory (WM), secondo i ricercatori, rappresenta un “blocco da disegno” che gli individui sono in grado di controllare consapevolmente; di fatto, riportano gli autori dello studio, si è in grado di scegliere a cosa pensare, scegliere quando “pulire” la Working memory e dimenticare alcune informazioni non essenziali.
Infatti è possibile tenere a mente delle informazioni e aspettare per prendere decisioni finché non se ne aggiungono altre che possano contribuire alla scelta.

Per testare questa loro ipotesi, i ricercatori hanno registrato l’attività cerebrale di alcuni animali, in particolare dalla corteccia prefrontale, sede della working memory; la registrazione veniva effettuata mentre gli animali erano impegnati in un compito di working memory.
All’inizio veniva fatto vedere loro un paio di oggetti, ad esempio, A seguito da B, poi veniva mostrato loro un altro paio di oggetti ed essi a quel punto dovevano stabilire se A fosse seguito da B ma non da C o se B non fosse seguito da A.
Gli animali erano istruiti a rilasciare una barra nel caso in cui avessero determinato la giusta sequenza (Lundqvist, Herman, Miller et al., 2018).
Da questo compito sperimentale, i ricercatori sono stati in grado di osservare l’attività cerebrale degli animali osservando come questa variava se l’animale stava compiendo il giusto accoppiamento o meno.

Se l’animale anticipava l’inizio della seconda sequenza, teneva in memoria l’oggetto A rappresentato da un aumento delle onde gamma; se al contrario l’oggetto visto era A, allora si osservava una “caduta” delle onde beta, come se l’oggetto A fosse stato tolto dalla working memory, perché in quel momento non gli serviva per compiere l’accoppiamento.
Subito dopo le onde gamma aumentavano di frequenza e a questo punto il cervello degli animali era in grado di fare uno switch sull’informazione riguardante l’oggetto B, che per la regola appresa, deve seguire A per determinare l’accoppiamento corretto.

Quest’interazione tra onde gamma e beta, a parere dei ricercatori, agisce come ci si aspetta agisca un meccanismo di controllo volitivo, cioè le onde beta fungono da cancello di accesso per le informazioni da tenere brevemente nella working memory.

Lo studio di Lundqvist, Herman, Miller e colleghi (2018) supporta l’ipotesi per la quale le onde beta supportano il meccanismo di controllo e selezione delle informazioni da “tenere a mente”.

Le informazioni che teniamo a mente non sono stabili come se avessimo tenuta accesa una luce, un pensiero, in realtà lampeggiano in attesa di essere selezionate e ogni volta ne lampeggia una a causa delle nostre onde cerebrali” (Tim Buschman, assistente professore di all’Università di Princeton).

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