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Un Sanremo a misura d’uomo: la dimensione psicologica individuale oltre la musica

Nell'ultima edizione di Sanremo, molti brani hanno parlato di emozioni intime, rendendo protagonista la dimensione umana e personale

Di Annachiara Riccio

Pubblicato il 17 Feb. 2025

Sanremo 2025: riflessioni sulla condizione umana, sull’amore e le sfide della vita

Questa riflessione offre uno spaccato delle tematiche affrontate a Sanremo 2025, evidenziando diverse riflessioni sulla condizione umana, sull’amore e le sfide della vita moderna. Diversamente dalla precedente edizione del Festival della canzone italiana, quest’anno è possibile osservare come i brani scelti vogliano esprimere emozioni più intime, rendendo protagonista la micro-percezione del mondo e la dimensione umana e personale, piuttosto che temi riguardanti problemi mondiali o eventi del il momento storico che stiamo vivendo. Spaccati di prospettive individuali, che soppiantano le tematiche di attualità, sulle quali non è mai abbastanza soffermarsi a riflettere, rischiando tuttavia di trascurare quei dolori che l’essere umano vive nel proprio piccolo, nella quotidianità. 

Il Festival di Sanremo ci sta invitando in qualche modo a “non lasciarci andare”, a portare alla luce pensieri, emozioni e sensazioni fisiche, e a normalizzare i problemi che ne possono ostacolare l’espressione. I brani sono racconti di amore, dolore, famiglia; narrano di perdite e abbandono, dinamiche interpersonali disfunzionali e bisogni umani.

In particolare, analizziamo le dimensioni psicologiche che emergono in 5 dei brani in gara, su alcuni dei quali si è già forse detto tanto, di altri non se n’è parlato ancora abbastanza.

Battito di Fedez

Sebbene la depressione sia un tema trattato di frequente in ambito artistico, non sempre gli autori e gli interpreti riescono a far sentire nel vero senso della parola il dolore che la caratterizza. L’affogare, la staticità di corpo e anima, un blocco fisico e mentale del cammino verso una via d’uscita che non si è in grado di raggiungere. Nel suo brano, Fedez personifica la depressione con una donna. Amore e odio. Bisogno di serotonina ma anche di disintossicarsi. Si parla proprio della difficoltà concreta nel gestire la propria condizione, nel continuare a vivere senza dover sopravvivere. Si sente la fragilità di un uomo che si affida alla terapia definita socialmente accettata, quasi a voler destigmatizzare la patologia psichiatrica. La depressione viene però anche accolta interiormente, poiché si è raggiunto un certo grado di consapevolezza che lascia spazio, alla fine, ad una nota di speranza nel riuscire ad affrontare il processo di guarigione. Le “schegge negli occhi” di cui parla Fedez ci fanno pensare al bruciore che si avverte quando ci lasciamo andare a pianti irrefrenabili, e ad uno stato emotivo e umorale di labilità. La musica esprime rabbia, toni cupi, a tratti momenti di suspense, che rimandano possibilmente anche all’ansia e agli attacchi di panico. Un’inquietudine dell’anima, che con audacia, riesce a far provare sofferenza agli ascoltatori, e con coraggio, invita alla riflessione sul tema della patologia psichiatrica in generale, attraverso uno sguardo veritiero sulle sfide attuali della salute mentale.

Il ritmo delle cose di Rkomi

L’essere umano è, in fondo, difficilmente versatile. Ognuno di noi tende in maniera inconsapevole all’equilibrio, al porto sicuro, all’immutabilità degli eventi. Tuttavia, la vita va un po’ dove vuole lei, si sa. E chi è davvero in grado di riuscire a fluire con il “ritmo delle cose”? Nella freneticità del quotidiano, succedono situazioni che spesso ci mettono alla prova. Proviamo a direzionarci, ma veniamo deragliati. Costruiamo, ma poi distruggiamo, o veniamo distrutti da cause di forza maggiore, per cui tocca rialzarci. Questa canzone parla perciò di caos, di amori che cambiano, della necessità di vivere bene, con i nostri punti fermi soggettivi, sebbene siamo inseriti in un algoritmo mutabile e inevitabile. “Un violento decrescendo” in questo mondo che fa da cornice, che ci costringe a reinventarci, mentre vogliamo solo restare. Ma bisogna, in qualche modo, evolvere con esso. 

Dimenticarsi alle 7 di Elodie

Il testo esplora la gamma di pensieri e sensazioni che si provano dopo un’esperienza amorosa fugace, ma intensa, ponendo l’accento sulla necessità di dimenticare il flusso di eventi ed emozioni vissute per impeto di impulsività, anche se ci hanno travolto e stravolto. Il bisogno, inoltre, di rendere l’amore una cosa razionale, che può sfociare nella banalità e nella monotonia in cui emergono incomprensioni e dinamiche di attaccamento affettivo disfunzionali. Il senso di vuoto del giorno dopo. L’assenza di dialogo, l’aridità nella comunicazione che al giorno d’oggi caratterizza molte interazioni di coppia e determina altrettante incomprensioni. Quando si è in due, uno dei due può soffrire di più e creare un legame di dipendenza. Quindi si sottolinea l’esigenza di sopportare la transitorietà degli esseri umani che entrano ed escono dalle nostre vite e di non lasciarci vincere dalla superficialità dei sentimenti amorosi non veritieri che ci vengono espressi, o che supponiamo di provare.

Quando sarai piccola di Simone Cristicchi

Cristicchi porta sul palco dell’Ariston la canzone d’autore in tutti i sensi, poetando sul ciclo della vita. Tematica forse lontana ai più giovani, ma che sono riusciti in ogni caso ad emozionarsi facendo volare un pensiero ai nonni che hanno visto spegnersi nel fisiologico deterioramento cognitivo. Il capovolgersi delle gerarchie, della genitorialità, della cura. Quello che un tempo ti ha cresciuto, ti ha insegnato le cose più banali, ti ha accompagnato per mano nei primissimi passi, il tuo grande punto di riferimento esistenziale, diventa piccolo. E tocca a te dare quell’assistenza che avevi sempre ricevuto. Il sentirsi impreparati, sconvolti e inadeguati nell’agire da caregiver per coloro che, nella nostra infanzia, si sono presi cura di noi. Lo smarrimento di fronte alla perdita di memoria che accompagna tipicamente il decorso delle demenze senili, di un genitore che non sa più chi sei e che ti guarda perso. Una toccante riflessione sulla fragilità umana e sull’evoluzione naturale dei rapporti familiari nel corso della vita. Attraverso immagini evocative, Simone Cristicchi offre una prospettiva intima e universale sull’amore di un figlio nei confronti del genitore, e ci invita a dare valore al tempo.

Chiamo io chiami tu di Gaia

Gaia ci parla del logorio dell’indecisione che talvolta consuma le relazioni amorose. Un gioco di orgoglio e procrastinazione, dove i sentimenti, anche i più puri, si estinguono. La contraddizione nelle storie d’amore contemporanee, in cui si alternano fasi di idealizzazione del soggetto amato e di svalutazione, con allontanamento accompagnato da mezze verità e verità non dette, seguito da tentativi di ritorno in cui si attende il primo passo dal fronte altrui. Il circolo vizioso di cui diventano facilmente schiave tante coppie, desiderose di una via d’uscita, di libertà, di chiarezza, che non arriva mai. Un loop emotivo che finisce per destabilizzare non soltanto la relazione ma proprio la dimensione individuale, che conduce allo sviluppo di mancanze e vuoti incolmabili che cercheranno riempimenti altrove, e forse innescando un’ennesima reazione a catena che lascia spazio inevitabilmente ad altrettanti legami affettivi precari. 

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