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La formazione dei tutor a scuola secondo il post-razionalismo

Il post razionalismo rappresenta un cambiamento nello studio della conoscenza. Il focus non è più sull' oggetto percepito, ma sulla persona che percepisce.

Di Redazione

Pubblicato il 23 Set. 2013

Aggiornato il 22 Set. 2018 11:43

Patrizia Mattioli.

La formazione dei tutor a scuola . - Immagine: © Rido Fotolia.com_.jpgL’approccio del post razionalismo sviluppato da Vittorio Guidano a partire dagli anni 80 rappresenta un cambiamento epistemologico nello studio dei processi della conoscenza. L’attenzione non è più focalizzata su quanto siano attendibili le caratteristiche di un oggetto o un fatto percepito, ma sul punto di vista della persona che percepisce.

Non esiste un ordine esterno predefinito, ma ogni individuo fa riferimento ad un ordine interno personale, a un’Organizzazione di significato personale o Organizzazione del dominio emotiva, che si costruisce intorno ad un nucleo cognitivo/emotivo invariante e caratteristico per ogni individuo, che si differenzia all’interno delle relazioni sociali significative, durante tutto l’arco di vita. L’impegno post razionalista è volto a cogliere la coerenza interna di un Organizzazone di significato personale e non più a modificare le attitudini di un individuo.

Anche a scuola ogni individuo porta un suo Significato personale, per uno studente è un significato in corso di organizzazione. E’ in questo periodo infatti che si consolida l’organizzazione del dominio emotivo che si è andata differenziando nelle fasi evolutive precedenti.

I significati personali si esprimono e si articolano all’interno dei rapporti scolastici e diventano più o meno comprensibili e condivisi dagli altri, in base al livello di comunicazione stabilito.

Il grado di convivenza che si crea a scuola, la rende un luogo in cui si costruiscono necessariamente rapporti significativi all’interno dei quali avvengono scambi emotivi di varia intensità che possono essere elaborati attraverso un significato personale o attraverso un significato comune.

L’intrecciarsi dei significati personali a scuola, costruisce un significato comune che offre ad ognuno un’ immagine di sé che non può più prescindere dagli altri. Possiamo dire che nel tempo si strutturi un’identità scolastica che definisce per ogni partecipante il sentirsi (o non sentirsi) parte di quella comunità. Facendo riferimento a Dodet (2001), potremmo dire che nelle relazioni scolastiche, come nelle relazioni familiari, i rapporti armonici sono caratterizzati da un significato comune per il racconto di vicende comuni, nei rapporti disarmonici invece questo significato si perde e i racconti diventano separati focalizzandosi su aspetti diversi della questione, con attribuzioni diverse rispetto ai rapporti di causa-effetto. Armonia e disarmonia si riferiscono a quanto gli eventi, conflittuali o meno, vengono punteggiati allo stesso modo.

Il principale obiettivo è quello di favorire tra i protagonisti della scuola, la costruzione di significati condivisi.

Il lavoro che presento in questo articolo si riferisce a un progetto che si muove in questa direzione.

Sappiamo che l’adolescenza rappresenta un momento cruciale nel percorso di costruzione dell’identità personale, per i cambiamenti rapidi e vistosi che avvengono in tale fase e per la difficoltà a maneggiare le nuove capacità cognitive e riflessive e a gestire l’oscillazione tra spinta all’autonomia e mantenimento dell’attaccamento.

In questa oscillazione si inserisce il rapporto con i pari a sostegno del momento di transizione.

L’importanza che riveste il rapporto con i pari è uno degli elementi alla base della strategia di Peer Education utilizzata nei Progetti di Accoglienza offerti da un numero sempre maggiore di istituti.

Anche la Peer Education è il risultato di un cambiamento epistemologico negli interventi di prevenzione e promozione della salute, avvenuto negli anni novanta. Prima c’era un esperto che insegnava e un alunno che passivamente riceveva. Il nuovo paradigma interviene nel gruppo attraverso alcuni suoi componenti, tiene conto cioè di alcuni aspetti importanti della rivoluzione adolescenziale: l’elemento centrale è la trasmissione orizzontale del sapere.

Per essere in grado di governare il progressivo emergere del senso di solitudine epistemologica (Chandler 1975), l’adolescente deve continuamente porre il proprio senso di sé e della vita al centro della propria esperienza quotidiana, il nuovo paradigma considera l’adolescente proprio come soggetto attivo, in grado di costruire il proprio sviluppo e lo pone al centro degli interventi, in diritto di partecipare in modo attivo e consapevole alla propria formazione.

Il passaggio alla scuola superiore è un evento potenzialmente critico, in un periodo della vita considerato ad alto rischio rispetto all’insorgenza di svariati quadri psicopatologici.

L’adolescente si trova inserito in un nuovo gruppo artificioso, la classe, imposto dagli adulti per motivi precisi che rappresenterà buona parte della sua realtà sociale con dinamiche, problemi e potenzialità particolari, in grado di generare oscillazioni emotive intense, a volte destabilizzanti.

Questo fattore di rischio, spinge le Istituzioni alla ricerca di culture preventive mirate alla promozione della salute, salute intesa non come assenza di malattia ma come stato di benessere perpetuato attraverso lo sviluppo delle potenzialità personali e collettive, per esempio lo sviluppo di buone relazioni tra adolescenti, e conseguentemente l’abbassamento del rischio di disagio. La salute che noi possiamo definire come la costruzione continua di un significato condiviso, è qualcosa che si crea e si produce costantemente all’interno dei luoghi della quotidianità, come lo è la scuola, ed è in relazione alle azioni dei suoi protagonisti.

I Progetti Accoglienza prevedono un percorso di accompagnamento degli studenti del primo anno della scuola superiore, realizzato attraverso un gruppo di coetanei degli anni successivi, preventivamente formati a questo scopo. A partire dal primo giorno di scuola e per alcuni giorni i primini vengono accolti in classe dai compagni più grandi che li stimolano e li sostengono nella conoscenza reciproca e nella costruzione del gruppo classe attraverso una serie di attività guidate, l’illustrazione delle novità della scuola superiore, la guida nel giro conoscitivo della scuola..

L’abbassamento delle attivazioni emotive favorisce l’inizio della reciprocità e la costruzione del senso di appartenenza al nuovo gruppo. Si realizza così un modulo di prevenzione primaria che si basa sullo stare bene a scuola, e consente di uscire dalla logica dell’emergenza che genera azione solo di fronte a problematiche conclamate.

Le ricadute di queste attività sono molteplici, a partire dalla prevenzione di fenomeni di nonnismo e bullismo grazie alla relazione che si crea tra primini e tutor che prosegue al di là delle prime settimane di accoglienza..

L’effetto sociale e socializzante dell’intervento dei Peer sul gruppo classe, ha impatto sui Peer per primi, che per arrivare ad essere tali hanno seguito un corso di formazione in cui per primi si sono trovati a fare l’esperienza di entrare in un gruppo nuovo.

Il Progetto Accoglienza prevede infatti due fasi: una fase di formazione degli studenti che ricopriranno la funzione di tutor e una fase di accoglienza.

La fase di formazione comincia con la selezione degli studenti del terzo anno da formare. La selezione avviene attraverso le indicazioni degli studenti stessi e degli insegnanti, e di un breve colloquio individuale. Si tiene conto soprattutto delle capacità empatiche del ragazzo, dell’interesse e della curiosità verso il progetto, della motivazione a investire il suo tempo e la sua energia e infine ma soprattutto, della possibilità che egli stesso per primo tragga benefici dall’esperienza del gruppo e ne possa usufruire nella sua stessa classe; viene quindi privilegiata la selezione di ragazzi che sembrano avere meno strumenti relazionali e sono motivati a migliorarli. Si mira a rinforzare quello che sembra il polo più debole di un gruppo.

Il percorso di formazione è molto orientato alla crescita emotiva, alla costruzione di strumenti per il riconoscimento, la comprensione e il rispetto degli stati d’animo personali e di quelli degli altri, all’aumento della capacità di gestione delle relazioni e della frustrazione; in sintesi, per dirla in termini post razionalisti, a costruire/articolare la capacità di organizzare la conoscenza, di autorganizzarsi, compatibilmente con le possibilità della fase evolutiva.

Questo viene portato avanti tenendo conto dei principi del post razionalismo tenendo cioè presente che:

– “ …. le emozioni, e in generale l’affettività, hanno un ruolo primario nella conoscenza..” anzi: “..emozioni e affettività sono forme di conoscenza…” (Guidano 1992);

– “…ogni conoscenza è intrinsecamente interazionale e “partecipatoria”: si basa cioè sulla reciproca negoziazione di un mutuo consenso, piuttosto che sulla trasmissione in quanto tale, di informazioni da un sistema a un altro” (Guidano, 1988);

– E’ l’attivarsi dei processi emotivi che consente il cambiamento (la formazione) “…l’affiorare di nuove esperienze emotive, aggiungendo nuove tonalità del sentire nella configurazione unitaria dei temi affettivi di base, può incidere sulla sua autoregolazione e modificare la modulazione prodotta dall’esperienza immediata, facilitando così un riordinamento dei pattern di coerenza del significato personale.” (Guidano 1992);

– La consapevolezza di sé è “un processo costruttivo autoreferenziale che determina in gran parte la forma che l’esperienza personale finisce con l’assumere…” (Guidano 1992);

– un cambiamento o meglio un ri-ordinamento può avvenire per la presenza simultanea di due processi fondamentali: un effetto discrepante derivante dalla situazione in sè e dalla spiegazione offerta dal terapeuta (dal conduttore) e un livello adeguato di coinvolgimento emotivo (consentito dal gruppo) (Guidano 1992);

Durante la formazione i ragazzi devono sperimentare eventi emotivamente significativi che possano essere attribuiti a sé e favorire l’integrazione in corso, piuttosto che risultare disturbanti.

Il conduttore cerca di stimolare tali eventi.

La rete di relazioni costruite nel gruppo facilita l’assimilazione di nuove esperienze in quanto comuni e condivise.

Il gruppo è dunque un momento di esplorazione e messa alla prova personale.

E dal momento che si considera l’apprendimento come un’attività che implica costruire un significato per le esperienze, allora la formazione deve solo creare le condizioni per l’apprendimento lasciando la responsabilità di quest’ultimo ai peer educator stessi, in un certo senso la formazione dei peer è autoformazione.

Nella seconda parte dell’articolo si parlerà di come la peer education viene praticamente applicata in ambito scolastico.

FINE PRIMA PARTE.

LEGGI ANCHE: 

APPRENDIMENTO – RAPPORTI INTERPERSONALI – ADOLESCENTI

IL COUNSELING IN ADOLESCENZA

 

BIBLIOGRAFIA:

 

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