expand_lessAPRI WIDGET

Possessività: l’amore patologico – Psicologia & Relazioni sentimentali

 

 

Possessività: l'amore patologico. Relazioni sentimentali. -Immagine: © Creativa - Fotolia.comAmare qualcuno vuol dire riconoscerlo nella propria individualità, ma soprattutto significa essere liberi. Contrariamente a quello che si pensa unione non significa fusione, niente di più sbagliato, ma rispetto della libertà altrui.

La parola amore si fa risalire al termine sanscrito kama ovvero desiderio, passione, attrazione. Anche il verbo amare deriva dalla radice indoeuropea ka da cui (c)amare cioè desiderare in maniera viscerale, in modo integrale, totale… Mannaggia, comincia l’inganno! Un’altra interpretazione etimologica della parola amore, fa risalire il termine al verbo greco mao: desiderio, da cui il latino amor da amare che indica un’attrazione esteriore, quasi animalesca.

Un’ulteriore e meno probabile ma curiosa ed interessante interpretazione etimologica della parola amore individua nel latino a-mors, senza morte, l’origine del termine, quasi a sottolineare l’intensità senza fine di questo potentissimo sentimento. Quindi, io voglio te e solo te in maniera univoca, animalesca e per l’eternità!

Pare sia insito nella parola amore il concetto di unione e fusione che accompagna e correda questo temine, e l’inganno continua! Amare qualcuno, ahimè, vuol dire riconoscerlo nella propria individualità, ma soprattutto significa essere liberi. Contrariamente a quello che si possa pensare unione non significa fusione, niente di più sbagliato, ma rispetto della libertà altrui.

Mi spiego meglio, amare qualcuno è riconoscere la persona per quello che è con i suoi pregi e difetti lasciandolo libero di essere se stesso anche e soprattutto nella relazione di coppia. Chiaro, non è facile amare in maniera libera e sana mantenendosi indipendenti, rispettando l’individualità dell’altro, preservandone volontà e identità. Spesso, infatti, anziché dare e ricevere amore si precipita in situazioni che bloccano, fanno soffrire e portano all’implosione della coppia.

Una delle forme di falso amore è la possessività spesso scambiato per gelosia ma è qualcosa di ancora più forte, profondo, connaturato e atavico. E’ uno specchietto per le allodole che lo confondono per dimostrazione di affetto, ed ecco che l’inganno si esplicitata!

Le relazioni di coppia fluttuano tra passione, coccole, pariteticità, crescita a scambio reciproco. Quando ci si focalizza sul vicendevole possesso si vira ineluttabilmente e irrimediabilmente  verso la distruzione del rapporto.

La dinamica relativa all’amore e alla possessività è forse il frutto di una serie di messaggi che giungono a noi da film, romanzi ed anche da certe fantasie ancestrali che hanno visto nell’essere una sola cosa, qualcosa di fantastico da rincorrere a tutti i costi. Si crea in questo modo un distacco dal reale e ci si cela nell’anelato amore fantasticato, nulla a che vedere con la realtà oggettiva dei fatti. E’ frutto dell’amor cortese, il voler fare tutto insieme al partner; concetto su cui si proiettano le timidezze dei tanti cuori solitari.

Si parte dalla gelosia, che se eccessiva, sfocia nella possessività, cioè possedere l’altro e la sua libertà. La libertà è la fiducia che permette di vivere una vita di coppia felice. Il controllare l’altro è il manifestarsi di una profonda insicurezza relazionale che ha origini antiche. Chi è possessivo è fragile, insicuro, e si definisce con l’altro e nell’altro.

La possessività è uno stato profondamente infantile, il bimbo vuole possedere tutte le attenzioni e l’affetto della madre. Questo stato può mantenersi anche nella condizione adulta quando si creano grandi screpolature di insicurezza, fameliche di essere riempite fino a fagocitare e divorare le persone e le cose per garantirsi un’assoluta certezza e fedeltà.

Senza te non esisto!

Certo, la fase di innamoramento un po’ somiglia alla possessività, ma è assolutamente naturale che all’inizio si ha voglia di condividere tutto con l’altro, serve infatti a far crescere il sentimento e ad avvicinarsi. Il pretendere di voler mantenere questo tipo di rapporto oltre la fase dell’innamoramento determina la rottura della relazione e inizia il sabotaggio: che la fine abbia inizio!

Rendere “proprio” l’altro significa portarlo a rispondere a propri bisogni affettivi derivanti dal passato che non potranno mai essere colmati. Quindi, si pensa che la totale devozione dell’altro gratifichi e colori la vita di senso.

Il possesso è qualcosa che invade totalmente fino a non consentire quasi più la vita e l’autenticità di una persona. E’ indubbio che vi sono gradi diversi di possesso, da quello apparentemente bonario che fa leva sui bisogni infantili e che si comporta in modo “benevolo” verso l’altro, a la vera e propria “possessione” che ha lo scopo di limitare e di avere potere totale sull’altro fino a bloccarlo in ogni sua espressione, in casi estremi anche la vita.

La fusione con l’altro è un bisogno umano talmente profondo e antico, spesso è stata paragonata alla ricerca del paradiso perduto; gli psicoanalisti parlavano di ritorno nell’utero materno e i poeti si riferivano a uno stato catatonico tale da privare i partner di alcuni bisogni primari: perdita di sonno, appetito etc.

Insomma, in una relazione di coppia  sana, durevole e gratificante si dovrebbe saper modulare la distanza tra i due componenti, quella distanza di primaria importanza che riguarda il rispetto della persona e ancora prima si basa sul riconoscimento dell’altro. In mancanza di questa distanza, si cede al bisogno irrefrenabile di fusione totale e completa tanto da arrivare a smarrire i confini con il proprio Sé. La conseguenza è la sensazione di soffocamento e oppressione che l’altro respira.

Il progetto di coppia dovrebbe essere quello di far crescere ed evolvere entrambi i partner affrontando all’unisono e non in maniera fusionale le difficoltà. L’amore è libertà, e, se sostituito dalla negazione della stessa, ovvero possessività, è destinato a finire.

ARGOMENTI CORRELATI:

AMORE & RELAZIONI SENTIMENTALI GELOSIA

ARTICOLO CONSIGLIATO:

Amore e tradimento di Robin Dunbar (2013) – Recensione – Letteratura

 

 

 

BIBLIOGRAFIA:

Affamati di “like”: Facebook e disturbi dell’alimentazione

 

 

– FLASH NEWS-

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche

Oggi Facebook rappresenta un fenomeno globale di confronto e condivisione tra le persone ed è strettamente connesso ad una serie di indici psicologici di diversità entità, tra cui quello dell’immagine corporea.

Al fine di approfondire questo legame un team di studiosi ha sviluppato una ricerca per valutare quanto tempo delle studentesse di un college spendono sul social network, quanto sono importanti i “like” e la presenza, o meno, di “tag” alle proprie foto personali. Un primo step ha indagato quanti soggetti hanno un profilo su Facebook e, tra questi, la quantità di tempo trascorsa sulla piattaforma sociale. Circa il 95% delle studentesse ha un proprio account e spende circa 20 minuti ad ogni ingresso per un totale di circa 60 minuti al giorno sul sito.

Le donne che trascorrono più tempo davanti alla piattaforma riportano sia una maggiore incidenza di comportamenti focalizzati sull’aspetto fisico sia una maggiore probabilità di sviluppare un disturbo alimentare.

Questi soggetti, infatti, hanno la tendenza ad attribuire forte significato agli apprezzamenti e ai commenti positivi ricevuti su Facebook, in misura maggiore rispetto agli altri, e spesso tendono a non condividere con gli amici immagini personali e a confrontarsi spesso con quelle degli altri.

Quali sono allora le conseguenze immediate dovute all’uso di Facebook dopo 20 minuti? L’uso continuativo contribuisce ad aumentare la preoccupazione e l’ansia per il proprio peso e forma corporea, se confrontato con un gruppo di controllo con utilizzo limitato del social network.

Il legame tra prolungato utilizzo della piattaforma Facebook e maggiore preoccupazione per la propria forma fisica getta luce sulla patologia dei disturbi alimentari,  strettamente connessa ai fattori rilevati nella ricerca. Numerosi studi scientifici hanno rilevato come sia l’ansia che la preoccupazione per la propria immagine corporea accrescono il rischio di sviluppare disturbi dell’alimentazione.

Indubbiamente lo sviluppo dei disturbi alimentari è dovuto ad una serie di fattori interagenti tra loro, e l’utilizzo di uno strumento di condivisione sociale come Facebook potrebbe rappresentare piuttosto un fattore di mantenimento della patologia che di rischio.

All’interno di un programma di intervento, quindi, sarebbe utile incoraggiare le donne a sviluppare primariamente una buona immagine di se stesse e del proprio corpo e ad educare ad un uso responsabile dei social network. 

 

ARGOMENTI CORRELATI:

SOCIAL NETWORKDISTURBO DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE – ED

ARTICOLO CONSIGLIATO:

FACEBOOK O NON FACEBOOK: QUESTO E’ IL DISTURBO!

 

 

BIBLIOGRAFIA:

 

Costruttivismi – Nuova rivista semestrale della AIPPC

Gabriele Chiari e Lorenzo Cionini

Costruttivismi

Rivista semestrale edita dalla

Associazione Italiana di Psicologia e Psicoterapia Costruttivista

Costruttivismi - Copertina - gennaio 2014 - Rivista di Psicoterapia Cognitivo-CostruttivistaEditoriale

Le psicologie e le psicoterapie che si rifanno ad una concezione costruttivista della conoscenza stanno andando incontro ormai da diversi anni ad una rapida diffusione, sia in ambito internazionale sia in ambito nazionale. Tale diffusione appare ancora più evidente e significativa se si tiene conto del fatto che alcuni orientamenti possono legittimamente essere considerati “costruttivisti” anche se non utilizzano direttamente tale denominazione. È questo il caso della psicologia e della psicoterapia dei costrutti personali, del movimento del costruzionismo sociale, della psicologia culturale, della psicologia discorsiva, dell’interazionismo simbolico, della terapia cognitiva post-razionalista, tanto per citare gli orientamenti più noti e affermati. Si consideri inoltre che al costruttivismo fanno attualmente riferimento anche alcuni recenti sviluppi di approcci psicoterapeutici “classici” (la psicoanalisi ad esempio, per citare il caso più significativo, ma anche la terapia della Gestalt), che nelle loro formulazioni originarie si basavano su epistemologie diverse.

Fu proprio con lo scopo di promuovere la diffusione dell’orientamento costruttivista in Italia che nel 1997, con alcuni colleghi facenti parte della Scuola di Specializzazione in psicoterapia cognitiva ad indirizzo costruttivista del CESIPc di Firenze, fondammo l’Associazione Italiana di Psicologia e Psicoterapia Costruttivista (AIPPC), probabilmente la prima a porsi tale obiettivo a livello statutario.

Degli strumenti utilizzati dall’AIPPC per perseguire il suo scopo, oltre alla organizzazione di congressi, convegni e seminari, ha fatto parte fin dal primo anno della fondazione una newsletter, che nel 2003 prese il nome di Costruttivismi e la cui pubblicazione, in formato cartaceo e diffusa ai soli soci, si è interrotta nel 2006. Ora il comitato direttivo dell’AIPPC ritiene che i tempi siano maturi per una rivista vera e propria, ed è stato scelto il formato elettronico per la possibilità che offre di raggiungere un più ampio pubblico di lettori.

Lo scopo principale della rivista – che continuerà a chiamarsi Costruttivismi per sottolineare la presenza delle diverse facce che si rifanno al costruttivismo psicologico – è quello della diffusione dell’orientamento costruttivista in Italia, per cui i lavori pubblicati saranno prevalentemente in italiano (con un abstract in inglese); ma la rivista è aperta anche alla pubblicazione occasionale di lavori in lingua inglese, che saranno proposti nel formato originario e in traduzione italiana integrale. La rivista è peer-reviewed: i lavori sottoposti alla redazione verranno valutati in forma anonima da un gruppo di esperti che ne considereranno la pubblicabilità o meno sulla rivista e che forniranno agli autori un feedback su eventuali revisioni da apportare al manoscritto.

Oltre a lavori originali, che saranno pubblicati nella sezione “Articoli”, la rivista si propone di pubblicare la traduzione italiana di scritti di “Protagonisti del costruttivismo” internazionale. Una sezione della rivista sarà dedicata a resoconti di “Casi clinici” trattati in psicoterapia, dei quali gli autori hanno ottenuto il permesso alla pubblicazione dalle persone direttamente interessate, garantendone l’anonimato. Le “Esperienze” nell’applicazione dell’orientamento costruttivista in setting diversi da quello strettamente psicoterapeutico sono raccolte in una apposita sezione.

L’abbonamento alla rivista, che è gratuita e avrà una cadenza semestrale, consentirà di leggere e/o scaricare gli articoli. Per abbonarsi è sufficiente registrarsi e utilizzare la password di accesso fornita.

Il Comitato Scientifico di Costruttivismi comprende alcuni dei più importanti nomi del costruttivismo psicologico internazionale e nazionale. Tra questi ultimi, molti sono i rappresentanti della maggior parte delle Scuole italiane di specializzazione in psicoterapia costruttivista. La loro entusiastica adesione al nostro invito a farne parte rappresenta per noi e per il comitato di redazione tutto un forte incoraggiamento ad intraprendere questa avventura.

I Direttori di Costruttivismi
Gabriele Chiari e Lorenzo Cionini

 

ARGOMENTI CORRELATI:

PSICOTERAPIA COGNITIVA COSTRUTTIVISTA

 

RIFERIMENTI:

La rivista Costruttivismi è edita da AIPPC, Associazione Italiana di Psicologia e Psicoterapia Costruttivista. 

 

Senza sogni saremmo lucertole – Psicologia dei Sogni Pt.5

 

PIANO DEL SOGNO PT. 5

Senza sogni saremmo lucertole

 

MONOGRAFIA PIANO DEL SOGNO

Senza sogni saremmo lucertole - Piano del sogno Pt. 5. -Immagine:© Serg Nvns - Fotolia.com Senza sogni saremmo lucertole. Questo beneficio del sogno è particolarmente curioso perché non richiede che il sogno venga realizzato. Si tratta di un moto dinamico dell’essere umano che prescinde dal risultato, quello che conta è viaggiare verso un desiderio e non raggiungerlo.

Fino ad ora abbiamo descritto la malattia di un sogno inteso come desiderio astratto, rigido, cieco e perseverante. Conviene verso la fine di questa piccola monografia indugiare su quali siano le utilità e i vantaggi di questa facoltà umana.

Il sogno offre un’immediata gratificazione virtuale attraverso l’immaginazione. La mente può rappresentare una realtà alternativa e futuribile capace di offrire stati mentali ed emozioni molto simili alla reale esperienza.

Questo potere concede all’uomo di alimentarsi in un presente deprivato e soprattutto aiuta a sostenere sforzi e frustrazioni quotidiane rinforzando la perseveranza a fronte delle difficoltà. Il sogno permette una spinta motivante che rende l’uomo capace di costruire e di costruirsi secondo una rotta desiderata. Senza quella spinta ideale le grandi opere dell’uomo forse non avrebbero mai visto la luce.

Il sogno e i desideri rappresentano anche ciò che ci motiva ad esplorare la vita oltre i nostri bisogni di base. Senza i desideri e gli orizzonti forse usciremmo in barca solo per procacciarci il cibo o fuggire un pericolo.

Senza sogni saremmo lucertole. Questo beneficio del sogno è particolarmente curioso perché non richiede che il sogno venga realizzato. Si tratta di un moto dinamico dell’essere umano che prescinde dal risultato, quello che conta è viaggiare verso un desiderio e non raggiungerlo.

Ne consegue che anche i sogni mai realizzati hanno lo stesso valore di quelli che giungono al termine; contribuiscono a scrivere un romanzo esistenziale dai ricchi ingredienti: la capacità di non temere la sofferenza, di fronteggiare la durezza della realtà, di valicare con coraggio gli ostacoli in nome di un orizzonte liberamente scelto.

Infine, per alcune persone, il sogno può rappresentare una protezione e una fuga da contesti infantili caotici e dolorosi. Il sogno può diventare un elemento organizzatore di un progetto esistenziale che protegge dal caos e aiuta a non essere sopraffatti dal dolore. Un potente alleato che abbracciamo con coraggio nel mare in tempesta e che possiamo salutare con malinconia quando la riva ci offre nuove terre da esplorare.

PIANO DEL SOGNO: PARTE 1 – PARTE 2 – PARTE 3 – PARTE 4

 

ARGOMENTI CORRELATI:

SOGNI – SCOPI ESISTENZIALI 

ARTICOLO CONSIGLIATO:

Magia & Superstizioni – Tribolazioni Nr. 22 – Rubrica di Psicologia

 

 

 

BIBLIOGRAFIA:

Razionalità primaria e Attaccamento Madre-Feto: dinamiche di sviluppo durante la Gravidanza

Alessia Maria Romanazzi

 

 

Razionalità primaria e attaccamento madre-feto: dinamiche di sviluppo durante la gravidanza

PREMIO STATE OF MIND 2013

Razionalità primaria e attaccamento madre-feto - Premio State of Mind 2013. -Immagine: © Anyka - Fotolia.comLo scopo principale del presente studio è stato quello di indagare la relazione tra i temi della costellazione materna (Stern, 1995), principalmente la relazionalità primaria, e l’attaccamento materno-fetale. Ha partecipato al nostro studio un campione di 257 donne suddivise, in base al periodo di gravidanza, in quattro gruppi (<7 mesi, 7mesi, 8 mesi, 9 mesi).

I principali strumenti utilizzati sono stati: un questionario atto ad indagare la costellazione materna (MCI) e la Maternal-Fetal Attachment Scale (MFAS).

I risultati sembrano mostrare che, a differenza degli altri temi, quello della relazionalità primaria, non presenti un picco intorno al settimo mese di gravidanza, come viene descritto in letteratura.

Sono state, inoltre, indagate la correlazione tra i due costrutti e le novità apportate dalla costellazione materna nello studio degli stati d’ansia e di depressione.

Lo studio ha evidenziato l’utilità della costellazione materna e dell’attaccamento materno-fetale nella comprensione delle dinamiche sottostanti la nascente relazione madre-bambino e dei fattori di rischio ad esse associate.

 

PAROLE-CHIAVE: Costellazione Materna, Relazionalità primaria, Attaccamento madre-feto, Ansia materna, Depressione materna.

ARGOMENTI CORRELATI:

GRAVIDANZA & GENITORIALITA’ ATTACCAMENTOANSIA DEPRESSIONE

PREMIO STATE OF MIND 2013

 

 SCARICA IL PDF DELL’ARTICOLO

 

AUTORE: 

Alessia Maria Romanazzi ha partecipato al Premio State of Mind 2013 per la Ricerca in Psicologia e Psicoterapia con l’articolo intitolato “Relazionalità primaria e attaccamento madre-feto: dinamiche di sviluppo durante la gravidanza”.  Tratto dalla tesi di laurea magistrale, discussa a Milano il giorno 8/02/2011 (Relatore: Prof. Diego Sarracino).

Strange But True: Music Doesn’t Make Some People Happy – Psicologia

 

 

– FLASH NEWS-

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche

Strange But True: Music Doesn’t Make Some People Happy: è capitato a tutti di sorridere sulle note di Pharrell Williams o di emozionarsi su quelle dei Pink Floyd con “Wish you were here”. Di sentire un nodo allo stomaco ascoltando una canzone romantica o di avere una sensazione di felicità sulle note di Bob Marley.

Si, è capitato a molti a ma non a tutti.

La scoperta, casuale, proviene da un team di psicologi dell’Università di Barcellona intenti a lavorare ad una ricerca sulla valutazione delle emozioni in risposta alla musica.

Per circa il 5% dei partecipanti però non è stata riscontrata alcuna risposta emotiva all’ascolto di diverse composizioni musicali, come se queste persone non “sentissero” la musica.

L’incapacità di comprendere ed apprezzare la musica viene definita amusia, e rappresenta un deficit nel “sentire” la musica, nel distinguerne le note e le diverse melodie. L’amusia è una patologia neuropsicologica di origine cerebrale, dovuta a fattori congeniti o acquisiti nel corso dello sviluppo ed è piuttosto rara tra la popolazione (circa il 4%).

Il team di studiosi decide, quindi, di valutare se questi soggetti, un gruppo di studenti spagnoli, sono in grado di identificare le emozioni nei diversi tipi di musica proposti. I soggetti sono divisi in tre gruppi a seconda del loro grado di sensibilità alla musica (basso, medio, alto). Ai partecipanti viene chiesto di fornire del loro materiale musicale che gradiscono di più ma per alcuni risulta difficile rispondere positivamente alla richiesta. Una parte dei soggetti, infatti, non riesce a consegnare nessun cd musicale né materiale in formato mp3 perché sono sprovvisti di materiale musicale. Successivamente a ciascuno dei 30 volontari è stato chiesto di ascoltare delle melodie giudicate piacevoli dai colleghi più sensibili alla musica e viene misurato il battito cardiaco e la conduttanza cutanea durante l’ascolto come indicatori dell’attivazione emotiva.

I soggetti che non avevano riferito alcuna sensazione di piacevolezza dopo l’ascolto musicale non mostrano alcuna risposta fisica, a differenza dei colleghi che avevano gradito le melodie. In questo gruppo, invece, i soggetti si presentano come se non sentissero la musica e non avessero alcuna risposta dal punto di vista fisico.

Qual è il motivo di questa incapacità di provare piacere durante l’ascolto di una canzone giudicata gradevole? Questo problema si collega ad un deficit nel sistema dei circuiti cerebrali legati alla ricompensa ed è specifico per la musica. Per le altre attività, infatti, come la ricompensa monetaria, non viene riscontrato alcun danneggiamento nella risposta fisica (battito cardiaco e conduttanza cutanea).

Quando a questi soggetti, infatti, viene chiesto di partecipare ad un gioco con una possibile vincita monetaria, la loro risposta corporea è simile a quella di chiunque altro.

Il deficit, quindi, è limitato al sistema della ricompensa legato alla musica e non ad uno scarso funzionamento del network della ricompensa in generale, responsabile della gratificazione che si ricava ad esempio dal cibo, dal sesso o dalle vincite di denaro.

Gli studiosi hanno definito questa particolare condizione come “anedonia specifica musicale”. Questi risultati fanno ipotizzare, quindi, che esistono diverse vie per accedere al sistema della ricompensa e che la loro efficacia è variabile in ciascun individuo. 

 

ARGOMENTI CORRELATI:

NEUROPSICOLOGIAMUSICA – NEUROMUSICOLOGIA

ARTICOLO CONSIGLIATO:

SENTIRE UNA CANZONE PER LA PRIMA VOLTA: MUSICA E NEUROSCIENZE

 

 

 

BIBLIOGRAFIA:

 

 

Barattolofono: un Selfie per l’Autismo – La Parole che non riesco a dire

Le parole che non riesco a dire

Rassegna di incontri dedicati al tema dell’autismo
a cura di Sara Boggio e Associazione Culturale Mondi Possibili

PRESENTA:

Un selfie per L’autismo

Campagna di comunicazione: #SelfieBarattolofono

 

SCARICA LA LOCANDINA

 

SCARICA IL COMUNICATO STAMPA

 

SCARICA IL PROGRAMMA COMPLETO

ASSOCIAZIONE MONDI POSSIBILI – Progetto Le Parole che non riesco a dire

ARTICOLI SUI DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO

Errori – Centro di Igiene Mentale – CIM Nr.03 – Storie dalla Psicoterapia Pubblica

– CIM CENTRO DI IGIENE MENTALE – #03

Errori

 

– Leggi l’introduzione –

CIM nr.3 Errori. - Immagine: © MacX - Fotolia.comSe un CIM segue con cura i pazienti è infrequente che ci siano emergenze di pazienti noti. Dunque, quando arriva una chiamata d’urgenza, si tratta spesso di situazioni nuove in acuzie che agitano l’animo degli operatori chiamati a partire verso l’ignoto e scarsamente desiderosi di avere un encomio alla memoria e magari una stanza intitolata a loro nome.

Insomma, un po’ di timore non dichiarato serpeggia soprattutto se, come in quella mattina gelida, piovosa e scura del 2 dicembre, sono i carabinieri stessi a chiamare, avvertendo che sono in attesa sul posto con due gazzelle e hanno già chiamato il 118 per ‘ambulanza.

Con una macchina del servizio e con quella privata di Biagioli partono lui stesso con Giò, che non lo lascia mai nelle situazioni difficili, Silvia Ciari, la dottoressa Mattiacci che per fare eventualmente il TSO servono i certificati di due medici e Gilda che non si perde mai un’occasione adrenalinica.

In un quarto d’ora sono nella frazione del Poggio.

I fatti stanno avvenendo in una casa isolata che si identifica per le auto dei carabinieri con le muffole accese ed una folla di curiosi smaniosi di spiegare come sono andate le cose e perchè ce lo si doveva aspettare. Nella casetta abitano Salvatore Misano, quarantenne contadino con tre ettari di proprietà nella zona del torrente e sua moglie Teresa, che gestisce un negozio di verdura sulla piazzetta della frazione dove vende i prodotti coltivati dal marito.

Non avendo figli vivono in ristrettezze ma con decoro.

Dagli astanti gli operatori apprendono subito la versione popolare della vicenda: Salvatore è impazzito e minaccia di uccidere la moglie, in preda ad un delirio di gelosia che lo tormenta da tempo. Del resto, la madre di Salvatore da trent’anni vive a Villa Serena per un delirio mistico e da tre anni è stata raggiunta dalla figlia 45enne Marisa che accusava i vicini di spiare le sue nudità attraverso gli apparecchi televisivi. Villa Serena è il posto giusto per tutta la famiglia…

Salvatore viene descritto come un uomo semplice, rozzo, brutto e poco curato che quando non sgobba nei campi è molestamente ubriaco e più di una volta è stato malmenato da uomini per vendicare le loro mogli, figlie, sorelle cui aveva prestato attenzioni non richieste.

Quando al negozio c’è anche lui le donne preferiscono non andarci, ma per fortuna non c’è quasi mai.

Teresa somiglia ad Anna Magnani con una folta chioma nera, occhi azzurri da perdercisi, fisico asciutto ma robusto da lavoratrice.

Sottraendolo alla folla, i carabinieri riassumono a Biagioli i fatti: Salvatore si è coricato con Teresa, la stringe per il collo e minaccia di strangolarla se non confessa di fronte a tutti il suo misfatto.

La poveretta è terrorizzata, piange e chiede aiuto. Secondo Salvatore, quando è rientrato inaspettamente presto dai campi  per il maltempo, ha trovato i due fedifraghi. La porta della casupola dà direttamente nell’unico locale che fa da cucina e soggiorno. Entrato all’improvviso, ha sorpreso Teresa china  sul tavolo con Liborio alle sue spalle che vibrava possenti colpi. Quest’ultimo, era riuscito a fuggire terrorizzato nonostante i pantaloni a mezz’asta intralciassero la corsa.

Teresa, trascinata nel letto matrimoniale, era prima stata posseduta per sfregio ed ora era in attesa di essere strangolata. Nessuno si era preoccupato di rintracciare Liborio,  vicedirettore della Cassa di Risparmio e presidente della Pro loco, perchè i precedenti familiari di Salvatore, il suo alcolismo, l’essere un violento ed aver sofferto di deliri di gelosia non lasciavano adito a dubbi.

Nella stanza da letto entrarono Giò e la dottoressa Lina, gli altri a calmare la folla. Salvatore con le mani al collo della moglie dettava ai due i movimenti consentiti e quelli proibiti. Ad ogni disobbedienza aumentava la stretta al collo. Teresa passava da un pallore cadaverico che lasciava immaginare come sarebbe potuta diventare di lì a poco ad un viola congestionato per via dell’ostacolo al deflusso delle giugulari che la stretta provocava.

Giovanni si mise a raccontare delle sue personali tristi vicende con le donne con ammiccanti segni di intesa per Salvatore sulla innata puttanaggine del sesso femminile. Gli ricordò come a pagare fossero sempre gli uomini che, per aver difeso il loro onore finivano per anni in carcere, come un suo zio di Milano (completamente inventato) mentre le troie, libere da ogni controllo, se la spassavano alle loro spalle. Lavoro, galera e corna, quello era il destino degli uomini onesti a meno che non riuscissero a provare effettivamente il tradimento e avere pubblica soddisfazione, come suo cugino Alberto (anch’esso inventato) che aveva costretto per la vergogna la moglie a confinarsi in un convento di suore.

Giovanni parlava con tono cantilenante che aveva un effetto ipnotico e nel frattempo si avvicinava lentamente.

Vedendo la difficoltà di Salvatore a rispondergli per la secchezza della bocca, aveva strillato per un’ora, si offrì di portargli un bicchiere d’acqua. Salvatore impose che prima ne bevesse metà lui per sincerarsi che non ci fossero farmaci o veleni. Mentre Giò beveva, d’improvviso gli gettò con forza l’acqua in faccia e, approfittando del momentaneo disorientamento di Salvatore, in un attimo gli fu sopra. Incravattandogli il collo gli fece mollare la presa su Teresa che in un istante fu in cucina nuda completamente e tremante per la paura.

Un carabiniere la coprì con la giacca dell’uniforme che lei, con un vezzo di femminilità, si abbottonò tutta con cura.

Un giornalista di una testata locale scattò col telefonino alcune foto.

La dottoressa Mattaccini, con l’aiuto di Gilda prontamente accorsa a dar man forte a Giò nell’immobilizzazione, cercava di praticare un’ iniezione al povero Salvatore, orientandosi tra gli arti aggrovigliati dei tre.

Mezz’ora dopo l’ambulanza partiva con a bordo Teresa per accertamenti e in stato di shock e Salvatore con l’auto del CIM con Giovanni e Silvia verso Villa Armonia per una terapia meno d’assalto.

Lasciati i paesani a commentare sui guasti della legge Basaglia e i carabinieri a predisporre il verbale sul famigerato tavolo della cucina  raccogliendo le voci sulla pericolosità del Salvatore, la specchiata onestà di Teresa e ancor più dell’incolpevole Liborio, gli operatori del CIM tornarono in sede con l’auto del capo.

Ora che l’emergenza era superata bisognava capirci qualcosa e predisporre un progetto.

Certamente sarebbe stata necessaria una terapia farmacologica ma, dato il contesto relazionale in cui la crisi delirante allucinatoria si era manifestata, sembrò opportuno proporre una psicoterapia di coppia di cui si sarebbe dovuto far carico il dottor Irati che, nel suo studio, trattava tutti i pruriti affettivo-sessuali delle coppie abbienti del paese.

Questa volta lo avrebbe fatto, con non minor passione e competenza, gratis per un contadino ubriacone e la sua povera moglie.

Salvatore fu dimesso una settimana più tardi, con una terapia di 20 gocce per tre volte al dì di Serenase.

Più sedato e tranquillo si scusava per il disturbo che aveva provocato e voleva riprendere al più presto la sua vita normale. Disposto a perdonare la moglie, che ribadiva invece non avesse nulla da farsi perdonare, mostrava estrema collaborazione ma ribadiva con fermezza che la scena che gli era apparsa entrando in casa non era stata un’ allucinazione.

Si rendeva conto della sua esagerata gelosia e insieme ne ricostruirono la storia.

La sua famiglia d’origine aveva visto continue liti tra un padre alcolista ed una madre chiacchierata al punto che ricordava le prese in giro già dei compagnucci delle medie che gli facevano notare come la sorella più grande fosse il ritratto del medico condotto. Lui, piccolo ma muscoloso, difendeva l’onorabilità della famiglia a furia di cazzotti. A 13 anni in una rissa perse un testicolo per una ginocchiata. Smise di battersi quando, tornato prima da scuola per una sospensione, aveva trovato la madre a letto con il medico. Lì doveva aver iniziato a pensare che delle donne non ci si può fidare.

Il dr. Irati gioiva per le acute considerazioni che non si aspettava dal contadino.

Quando aveva vent’anni la madre era finita a Villa Serena dopo una crisi mistica in cui aveva smesso di mangiare e riteneva di essere Santa Caterina da Siena. Il padre era morto dopo poco di cirrosi e la sorella rimasta incinta senza essere fidanzata si convinse di essere la vergine Maria e raggiunse la madre. Di temi sessuali e di tradimenti era intessuta la sua esistenza, si può dire che avesse scelto Teresa non tanto per la sua bellezza ma per l’onestà di tutta la sua famiglia, imparentata con il vescovo di Vontano. Gli accertamenti, dopo i primi anni di matrimonio senza figli, stabilirono che Salvatore, anche a motivo del testicolo unico, era sterile. In paese la differenza tra sterile e finocchio sfuggiva ai più e Salvatore divenne oggetto di pesanti prese in giro che gli ricordarono le umiliazioni infantili così iniziò a bere, ripercorrendo la strada del padre. Come spesso accade l’alcolismo provoca impotenza e questa, a sua volta, gelosia. Salvatore si rendeva conto di tutto ciò, ma al termine di ogni seduta ci teneva a ribadire che lui quel giorno aveva visto lucidamente il coito della moglie con il signor Liborio.

Di settimana in settimana la terapia farmacologica, ancora inefficace veniva aumentata. Gli effetti secondari extrapiramidali erano solo una modesta rigidità che rendeva l’incedere un po’ robotico ma nulla più. Finalmente giunti al dosaggio di 70 gocce per tre volte al dì Salvatore iniziò ad ammettere la possibilità di essersi confuso: forse aveva scambiato la sua immaginazione per realtà. In quei giorni era ossessionato dalla gelosia e infuriato per il rifiuto da parte della cassa di risparmio dove lavorava Liborio di un piccolo prestito indispensabile per l’acquisto delle sementi.

Si era certamente sbagliato e anche di questo chiedeva scusa. Stabilizzatosi il pensiero critico al vissuto allucinatorio e delirante, la farmacoterapia iniziò ad essere gradatamente ridotta e la psicoterapia si incentrò sul futuro della coppia.

Alla venticinquesima seduta, mentre si parava del vissuto di Teresa circa la mancata maternità, questa scoppiò improvvisamente a piangere. Confusamente, tra i singhiozzi, disse che invece era tutto vero e che la relazione con Liborio durava da tre anni. Salvatore non si meravigliò, ne era sempre stato convinto. Aveva ritrattato la sua versione negando persino la certezza percettiva dei suoi occhi perchè temeva che il progressivo aumento della terapia farmacologica lo avrebbe ammazzato. Salvatore e Teresa non si separarono e il loro matrimonio divenne per lei un ergastolo: lui era punitivo e violento e lei si vendicava dandosi apertamente con grande generosità a giovani e vecchi.

Molti sembrano gli errori commessi dai curanti ma la storia e, forse, gli errori non si fermano qui.

Dieci anni dopo Salvatore fu accusato di molestie sessuali nella scuola elementare dove faceva da bidello ma ne uscì completamente scagionato. Dopo tre mesi restò illeso in un incidente dove morì il bambino di otto anni che si era offerto di portare a casa, essendo i genitori in ritardo all’uscita di scuola.

Qualche tempo dopo, il medico legale che fece l’autopsia sul corpo di Salvatore, trovato malamente seppellito nel suo orto, dichiarò che il colpo con la doppietta era stato sparato dopo che la canna di quest’ultima era stata infilata per oltre trenta centimetri nell’orifizio anale di Salvatore e forse lo sfondamento intestinale era stata la causa della morte.

Teresa, anziana e senza più un reddito, liberatasi dal suo carceriere, trasformò in attività a fini di lucro la sua vocazione.

 

 

ARGOMENTI CORRELATI:

PSICOLOGIA & PSICHIATRIA PUBBLICHE – CENTRO DI IGIENE MENTALE – CIM

AMORE E RELAZIONI SENTIMENTALI  – VIOLENZA – TERAPIA DI COPPIA

LEGGI LA RUBRICA STORIE DI TERAPIE DI ROBERTO LORENZINI

TORNA ALL’INDICE DELLA RUBRICA

 

Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale: intervista a Francesco Rovetto

 

LE INTERVISTE AI GRANDI CLINICI ITALIANI

State of Mind intervista:

Francesco Rovetto

Psicologo, Psichiatra e Psicoterapeuta.

Professore di Psicologia Clinica presso l’Università di Pavia

 

State of Mind intervista Francesco Rovetto: Psicologo, Psichiatra e Psicoterapeuta. Professore di Psicologia Clinica presso l’Università di Pavia. Questa intervista fa parte di un ciclo di interviste ai grandi clinici italiani, che ha lo scopo di realizzare una panoramica dello stato dell’arte della psicoterapia (ricerca e clinica) in Italia.

I GRANDI CLINICI ITALIANI

TUTTE LE INTERVISTE DI STATE OF MIND

TUTTI GLI ARTICOLI SU: PSICOTERAPIA COGNITIVO-COMPORTAMENTALE – VEDI IL PROFILO DI FRANCESCO ROVETTO

Le motivazioni alla base dei comportamenti altruistici – Neuroscienze

 

La Redazione di State of Mind consiglia la lettura di questo contenuto:

 

Uno studio condotto da Takamitsu e colleghi presso l’università di Tokio ha indagato, tramite tecniche di imaging cerebrale, le motivazioni che stanno alla base di comportamenti altruistici.

Ne è emerso che quando aiutiamo gli altri lo facciamo per ricavarne un riconoscimento sociale, in termini di generosità; il secondo motivo che sta alla base dei nostri comportamenti altruistici riguarda la ricompensa emotiva che ne deriva, in termini, per esempio, di manifestazione di gratitudine da parte degli altri.

Quando aiutiamo un estraneo da cui non possono arrivarci vantaggi diretti, nel cervello si attivano aree cerebrali diverse a seconda di ciò che aspettiamo dal nostro gesto. Se speriamo che la nostra generosità sia riconosciuta socialmente, si attiva una regione che sovrintende ai processi cognitivi di ordine superiore. Se invece siamo convinti che saremo ripagati da una terza persona, in una sorta di catena di Sant’Antonio della cooperazione, si attiva una regione cerebrale che implementa i processi emotivi.

 

Riconoscimento o gratitudine, le due ricompense dell’altruista – Le ScienzeConsigliato dalla Redazione

Flash News - stateofmind
Quando aiutiamo un estraneo da cui non possono arrivarci vantaggi diretti, nel cervello si attivano aree cerebrali diverse a seconda di ciò che aspettiamo dal nostro gesto. Se speriamo che la nostra generosità sia riconosciuta socialmente, si attiva una regione che sovrintende ai processi cognitivi di ordine superiore. Se invece siamo convinti che saremo ripagati da una terza persona, in una sorta di catena di Sant’Antonio della cooperazione, si attiva una regione cerebrale che implementa i processi emotivi. (…)

Tratto da: Le Scienze

 

Per continuare la lettura sarete reindirizzati all’articolo originale … Continua  >>

 


Richiedenti asilo e differenze individuali nello sviluppo di disturbi psichiatrici – Psicopatologia & Migrazioni


SOPSI 2014 

18° Congresso della Società Italiana di Psicopatologia

La Psicopatologia e le età della vita – Torino 12-15 Febbraio 2014

Richiedenti asilo e differenze individuali

nello sviluppo di disturbi psichiatrici: dati preliminari

M. Pascucci 1, F. Padalino 2, A. D’Onghia 2, M. Nardini 3, M. Altamura 2, A. Bellomo 2, G. Pozzi 1, L. Janiri 1

1- Istituto di Psichiatria e Psicologia, Facoltà di Medicina e Chirurgia “A. Gemelli”. Università Cattolica del Sacro Cuore – Roma
2- Dipartimento di Scienze Cliniche e Sperimentali, Sezione di Psichiatria e Psicologia Clinica, Università degli Studi di Foggia
3- Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche, Università degli Studi “Aldo Moro” di Bari  

 

ARGOMENTI CORRELATI: 

PSICOLOGIA CROSSCULTURALE PSICOPATOLOGIA DELLE MIGRAZIONI

PTSDSTRESS

TUTTI I POSTER DEL CONGRESSO SOPSI 2014
I REPORTAGES DAL CONGRESSO SOPSI 2014

Pensieri depressivi: non solo parole ma anche percezioni – Psicologia

 

 

– FLASH NEWS-

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche

Il 57% degli intervistati ha riportato che in alcune occasioni i pensieri depressivi negativi sono accompagnati anche da proprietà sensoriali. Più frequentemente i pazienti hanno riportato (40%) sensazioni corporee, meno frequentemente sensazioni uditive e visive. Il dato interessante è anche che coloro che hanno riferito sensazioni sensoriali associate ai pensieri depressivi erano pazienti con episodi depressivi ricorrenti e con una maggiore quota di ricoveri per disturbi dell’umore.

L’assessment e il trattamento della depressione generalmente ha a che fare con format di pensieri verbali negativi. Un nuovo studio condotto presso l’università di Amburgo pone in evidenza come i pensieri negativi dei depressi – oltre che caratteristiche verbali – presentino anche qualità sensoriali che sono risultate direttamente proporzionali alla gravità dei sintomi depressivi. 

Un campione di 356 pazienti con diagnosi di disturbi dell’umore (Con esclusione di psicosi e disturbi bipolari) sono stati intervistati indagando se i loro pensieri depressivi fossero associati  anche ad alcune sensazioni sensoriali, ad esempio se i pensieri autocriticisti fossero associati ad una voce, oppure pensando a un esito catastrofico temuto se lo visualizzassero sotto forma di immagini mentali.

Il 57% degli intervistati ha riportato come in alcune occasioni i pensieri depressivi negativi sono accompagnati anche da proprietà sensoriali. Più frequentemente i pazienti hanno riportato (40%) sensazioni corporee, meno frequentemente sensazioni uditive e visive. Il dato interessante è anche che coloro che hanno riferito sensazioni sensoriali associate ai pensieri depressivi erano pazienti con episodi depressivi ricorrenti e con una maggiore quota di ricoveri per disturbi dell’umore.

Future ricerche sono necessarie per replicare tali risultati e approfondire in che modo le sensazioni sensoriali nei depressi possono essere predittive e utili per comprendere la gravità del quadro psicopatologico e nell’arricchire i protocolli di trattamento.

ARGOMENTI CORRELATI:

DEPRESSIONE DISTURBI DEL’UMORE 

 

 

BIBLIOGRAFIA:

 

Un esame del sangue per una diagnosi precoce dell’Alzheimer

 

La Redazione di State of Mind consiglia la lettura di questo contenuto:

 

Per ovviare alla difficoltà di screening delle persone che potrebbero sviluppare l’Alzheimer o altre forme di degenerazione cognitiva, Simon Lovestone, neuroscenziato presso University of Oxford, e Federoff, neurologo della Georgetown University Medical Center in Washington DC, hanno proposto di utilizzare un semplice esame del sangue.

Entrambi i ricercatori si sono occupati di indagare gli indici metabolici come i lipidi e i fosfolipidi trovando così che da questi elementi si può capire quali soggetti hanno, o avranno, sintomi di degenerazione cognitiva, rispetto a chi invece non ne svilupperà.

La differenza a livello di lipidi e fosfolipidi potrebbe indicare la presenza di una degenerazione a livello delle membrane delle cellule neurali e quindi confermare la capacità predittive di questi studi.

L’importanza di queste ricerche innovative è da attribuirsi all’utilizzo di strumenti semplici e reperibili per ottenere indici predittivi per un intervento efficace e ottimizzato per la prevenzione e la cura di malattie importanti come l’Alzheimer e la degenerazione cognitiva.

If you are to screen the population for those destined to get Alzheimer’s, and who may therefore benefit from any treatment that is developed,” she says, “then you need to use material you can access easily, like blood.

 

Biomarkers could predict Alzheimer\’s before it startsConsigliato dalla Redazione

Study identifies potential blood test for cognitive decline. (…)

 

Per continuare la lettura sarete reindirizzati all’articolo originale … Continua  >>

 


Articoli di State of Mind sul Morbo di Alzheimer
La valutazione neuropsicologica: uno strumento chiave per comprendere il morbo di Alzheimer
Nelle malattie neurodegenerative la valutazione neuropsicologica permette di intervenire tempestivamente migliorando la qualità di vita
Il contagio emotivo tra caregiver e paziente
A causa dell’alto carico assistenziale, la demenza comporta una ricaduta psicologica importante sul caregiver, le cui emozioni possono essere percepite dal paziente
Sostenere chi sostiene (2022) di E. Borella e S. Faggian - Recensione
Sostenere chi sostiene (2022) di Erika Borella e Silvia Faggian – Recensione
"Sostenere chi sostiene" presenta i principali disturbi neurocognitivi, il profilo del caregiver di una persona con demenza e le conseguenze di tale impegno
Sindrome di Down e malattia di Alzheimer: quale legame - Neuroscienze
Sindrome di Down e malattia di Alzheimer: destini incrociati
Gli individui con sindrome di Down sembrano costituire una popolazione ad alto rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer, scopriamo come e perchè
Demenza e variazioni ponderali una possibile associazione
Variazioni ponderali negli anziani e rischio di demenza: cosa dice la letteratura
Secondo una ricerca inglese del 2020 l’obesità è un fattore di rischio per le malattie neurodegenerative, tra cui la demenza
Ergonomia ambientale: migliorare performance e benessere psicofisico
Ergonomia ambientale: la disciplina che migliora le nostre performance e promuove il benessere psicofisico
L’ergonomia ambientale è una delle più antiche discipline che solo a partire dagli ultimi due secoli ha ridestato l’interesse della ricerca.
Anosognosia e metacognizione nella malattia di Alzheimer
Anosognosia e metacognizione: l’adozione di un nuovo punto di vista sulla malattia di Alzheimer
L’anosognosia, cioè la mancata consapevolezza di malattia, e la metacognizione, cioè il monitoraggio e la regolazione dei processi cognitivi, sono correlate
Alzheimer e interventi non farmacologici: gli effetti di musica e pittura
L’arte della cura: possono musica e pittura ridurre la severità dei sintomi da dolore cronico, migliorando l’umore, la qualità di vita ed il benessere cognitivo in pazienti con Alzheimer? 
Le terapie non farmacologiche sono un'interessante strategia di cura complementare per dolore e disturbi dell'umore nei pazienti con malattia di Alzheimer
Malattia di Alzheimer: effetto benefico dell'irisina muscolare
Mens sana in corpore sano: l’effetto benefico dell’irisina muscolare nella malattia di Alzheimer
L'irisina, un ormone scoperto recentemente prodotto dall’organismo durante l’attività muscolare, sembra avere effetti protettivi nella malattia di Alzheimer
Alzheimer nuove frontiere e il ruolo dello psicologo per il malato e famiglia
Alzheimer: nuove frontiere e il ruolo dello psicologo nella cura del malato e nel supporto alla famiglia
La gestione dell'Alzheimer per il malato e la sua famiglia è difficile. Quali sono le novità su diagnosi e cura? Quale ruolo può ricoprire lo psicologo?
Declino cognitivo: il ruolo del pensiero negativo ripetitivo (RNT)
Il ruolo del pensiero negativo ripetitivo nell’insorgenza del declino cognitivo
Il pensiero negativo ripetitivo, un processo costituito da rimuginio e ruminazione, potrebbe contribuire al rischio di declino cognitivo
Memory Training: alcuni metodi che sfruttano la memoria implicita
Il Memory Training: metodi che sfruttano la memoria implicita
Bier e colleghi hanno confrontato diverse tecniche di memory training per l’apprendimento dell’associazione volto-nome in pazienti con Demenza di Alzheimer
Demenza: trattamenti farmacologici per disturbi cognitivi e comportamentali
Interventi farmacologici nella demenza
I trattamenti farmacologici nella demenza agiscono sulla sfera cognitiva, come memoria e attenzione, ma anche su alcuni disturbi comportamentali
Malattia di Alzheimer: disturbi del linguaggio e rispettivi correlati metabolici
I disturbi di linguaggio nella malattia di Alzheimer: correlati metabolici di errori semantici, fonemici e formali ad un compito di denominazione
Fin dai primi stadi della malattia di Alzheimer inizia un progressivo deterioramento del linguaggio utile per distinguerla da mutamenti attribuibili all’età
Demenza: strumenti e indicazioni per gestire il momento del pasto
Il momento del pasto nella demenza: strategie utili per una migliore qualità di vita
Nella demenza il pasto è un’attività complessa che, se non adeguatamente supportata, può far sperimentare all'anziano un senso di fallimento e inadeguatezza
Alzheimer: le difese antiossidanti contro la neurodegenerazione
Alzheimer: scoperti i meccanismi delle difese antiossidanti contro la neurodegenerazione – Comunicato stampa
Individui NDAN avrebbero la capacità di attivare una risposta cerebrale antiossidante efficace al punto da far fronte alla neurodegenerazione dell’Alzheimer
Demenza: quali sono gli effetti della stigmatizzazione su pazienti e familiari
Alzheimer e Demenze: oltre la stigmatizzazione
Le persone con demenza sono spesso oggetto di stigma e, insieme alle loro famiglie, interiorizzano le rappresentazioni negative che vengono loro attribuite
Alzheimer: il declino cognitivo soggettivo come possibile indicatore precoce
Pensare di avere problemi di memoria predice l’Alzheimer?
Le terapie contro l'Alzheimer iniziano troppo tardi. Il declino cognitivo soggettivo potrebbe essere un indicatore del rischio di sviluppare la malattia.
Alzheimer: verso nuove terapie per rallentarne il decorso - Neuroscienze
Siamo vicini a trovare nuove terapie per rallentare il decorso dell’Alzheimer?
I ricercatori affermano che migliorare la trasmissione sinaptica sarà la chiave per risolvere la cognizione compromessa nella malattia di Alzheimer.
Patologie neurovegetative un progetto di sostegno per malati e caregiver
Alzheimer e demenze, malati e caregiver: un progetto di sostegno attraverso dei video online – Comunicato Stampa
Non perdere il ciclo di incontri "Sostegno per malati, famiglie e caregiver di patologie neurovegetative" da martedì 7 luglio online.
Carica altro

Tachicardia: è sempre ansia? Differenze tra attacchi di panico e patologie cardiache

Il Piccolo Principe, un magico trattato di Psicologia umana – Raccontare un narcisista Pt.3

 

 

Il Piccolo Principe

Un magico trattato di Psicologia umana

Pt. 3: Raccontare un narcisista

 

 

LEGGI LA PRIMA PARTE: Il Piccolo Principe, un magico trattato di Psicologia umana – I Pensieri dei Grandi Pt.1 

LEGGI LA SECONDA PARTE:  Il Piccolo Principe, un magico trattato di Psicologia umana – Sulla relazione Pt.2

Il Piccolo Principe

Che dire, un narcisista da manuale…La difficoltà a entrare empaticamente in relazione, a sintonizzarsi con le intenzioni e i bisogni dell’altro, la ricerca spasmodica di un’approvazione che compensi la percezione di un Sé fragile: questi concetti ampiamente elaborati dal sapere psicologico, dal linguaggio dei grandi, trovano nella favola di Saint-Exupéry un tocco che dona loro una dimensione più leggera ma non meno penetrante.

“Il Piccolo Principe” è una galleria di personaggi buffi ed emblematici, calati nel registro descrittivo della favola per rappresentare i diversi caratteri umani. Incontriamo un re, un geografo, un ubriacone, e ancora il lampionaio, l’uomo d’affari… E il vanitoso!

Il secondo pianeta era abitato da un vanitoso.

Ah! Ah! ecco la visita di un ammiratore“, gridò da lontano il vanitoso appena scorse il piccolo principe.

Per i vanitosi tutti gli altri uomini sono degli ammiratori.

Buon giorno“, disse il piccolo principe, “che buffo cappello avete!

E’ per salutare“, gli rispose il vanitoso. “E’ per salutare quando mi acclamano, ma sfortunatamente non passa mai nessuno da queste parti“.

Ah sì?” disse il piccolo principe che non capiva.

Batti le mani l’una contro l’altra“, consigliò perciò il vanitoso.

Il piccolo principe batté le mani l’una contro l’altra e il vanitoso salutò con modestia sollevando il cappello.

E’ più divertente che la visita al re“, si disse il piccolo principe, e ricominciò a battere le mani l’una contro l’altra. Il vanitoso ricominciò a salutare sollevando il cappello.

Dopo cinque minuti di questo esercizio il piccolo principe si stancò della monotonia del gioco: “E che cosa bisogna fare“, domandò, “perché il cappello caschi?

Ma il vanitoso non l’intese. I vanitosi non sentono altro che le lodi.

Mi ammiri molto, veramente?” domandò al piccolo principe.

Che cosa vuol dire ammirare?

Ammirare vuol dire riconoscere che io sono l’uomo più bello, più elegante, più ricco e più intelligente di tutto il pianeta“.

Ma tu sei solo sul tuo pianeta!

Fammi questo piacere. Ammirami lo stesso!

Ti ammiro“, disse il piccolo principe, alzando un poco le spalle, “ma tu che te ne fai?

E il piccolo principe se ne andò.

Decisamente i grandi sono ben bizzarri, diceva con semplicità a se stesso, durante il suo viaggio.

Che dire, un narcisista da manuale…La difficoltà a entrare empaticamente in relazione, a sintonizzarsi con le intenzioni e i bisogni dell’altro, la ricerca spasmodica di un’approvazione che compensi la percezione di un Sé fragile: questi concetti ampiamente elaborati dal sapere psicologico, dal linguaggio dei grandi, trovano nella favola di Saint-Exupéry un tocco che dona loro una dimensione più leggera ma non meno penetrante.

Attraverso un minimalismo poetico che percorre le immagini e i dialoghi, ogni incontro della creatura venuta dall’asteroide B612 affronta un archetipo, un modo di essere degli uomini o più semplicemente una sfumatura dell’universo adulto incompresa dagli adulti. “Il Piccolo Principe” ha la semplicità del pensiero infantile e insieme la sua profondità, la capacità spiazzante di raccontare la realtà umana senza sovrastrutture; per questo motivo è considerato un testo illuminante per chiunque voglia conoscere qualcosa di sé rinunciando agli inganni della ragione.

ARGOMENTI CORRELATI:

BAMBINI – DISTURBO NARCISISTICO DI PERSONALITA’ – NARCISISMO– LETTERATURA

ARTICOLI CONSIGLIATI:

 Il Piccolo Principe, un magico trattato di Psicologia umana – I Pensieri dei Grandi Pt.1

 Il Piccolo Principe, un magico trattato di Psicologia umana – Sulla relazione Pt.2

 

 

 

BIBLIOGRAFIA:

Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla 15 marzo 2014 – Disturbi Alimentari

Sofia Priolo 

 

 

15marzo2014_fiocco_lilla

 

Sabato 15 marzo si svolgerà la terza edizione della Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla contro i Disturbi Alimentari.

La Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla è nata con l’intento di sensibilizzare l’opinione pubblica sui Disturbi del Comportamento Alimentare, anche attraverso la testimonianza di coloro che hanno sofferto e soffrono di DCA e dei loro familiari.

L’evento è nato in memoria di Giulia, figlia di Stefano Tavilla, promotore della Giornata e Presidente dell’Associazione “Mi nutro di vita” di Genova.

Si svolgerà il 15 marzo in 40 città italiane. Particolare rilevanza avranno gli eventi di Milano, Roma e Genova dove verrà presentato il film – documentario “Ciò che mi nutre mi distrugge”. Il film – documentario sarà proiettato lo stesso giorno anche a Pordenone, Cagliari, Massa Carrara e Cesena. Nel film si raccontano, esclusivamente attraverso riprese effettuate durante gli incontri di psicoterapia, le storie di 4 pazienti seguite nell’arco di un anno nel Centro per i Disturbi Alimentari della Asl di Roma E.

 

Due milioni di adolescenti in Italia soffrono di disturbi alimentari. L’età in cui questo disagio compare si è abbassata, nel 40% dei casi si manifesta infatti tra i 15 e i 19 anni ma si può palesare anche già a 8-12 anni. A soffrire di bulimia sono circa 1,45 milioni e di anoressia 750mila. Solo 880mila (il 40%) ammettono l’esistenza del problema e soltanto 130mila prendono parte a un percorso terapeutico.

I disturbi alimentari sono la seconda causa di morte tra gli adolescenti, e sono in particolare le ragazze a soffrirne, anche se è in aumento tra i ragazzi. 

Un progetto creato per aiutare i ragazzi a fronteggiare queste problematiche, per fornire informazioni di prevenzione e per dare sostegno online è il Progetto ProYouth.

Questo progetto europeo è nato con l’intenzione di fornire informazioni che possono essere utili per la prevenzione dei disturbi alimentare e per dare un sostegno a ragazzi e ragazze di un’età compresa fra i 15 e 25 anni. All’interno del sito sono presenti diversi strumenti come ad esempio forum, chat di gruppo o chat individuali che i ragazzi possono usare per sostenersi tra loro e ricevere il supporto di psicologi.

I principali obiettivi del progetto ProYouth sono:

1. Garantire informazioni e educare gli utenti circa la salute mentale, la promozione della salute e i disturbi alimentari.

2. Aiutare i giovani utenti a identificare precocemente i loro atteggiamenti problematici e comportamenti a rischio.

3. Fornire consigli e suggerimenti rispetto a quello che i ragazzi possono fare per aiutare loro stessi e gli altri.

4. Offrire un supporto professionale e tra pari tramite Internet, ostacolando così l’ulteriore evoluzione dei disturbi alimentari e dei relativi problemi.

5. Facilitare l’accesso ai regolari sistemi di cura da parte dei giovani (per es., consulenza e trattamento), limitando così il tempo tra l’esordio del disagio e la possibilità di fruire di un aiuto professionale.

La piattaforma ProYouth è consultabile all’URL www.proyouth.eu e si possono richiedere maggiori informazioni scrivendo a [email protected].

Per restare sempre aggiornati sul ProYouth e su temi che riguardano una corretta alimentazione e i giovani, seguite la pagina ProYouth su Facebook (www.facebook.com/proyouth.italia) e Twitter (@ProYouth_Italia).

ARGOMENTI CORRELATI:

DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE – EDADOLESCENTI

GUARDA ANCHE LA PAGINA DEL PROGETTO PROYOUTH SU STATE OF MIND

 

Giudicare gli altri in base al volto già da bambini – Psicologia

– FLASH NEWS-

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche

Secondo la ricerca condotta da Emily Cogsdill della Harvard University, la nostra tendenza a giudicare gli altri sulla base di caratteristiche fisiche, soprattutto del volto, inizia già nella prima infanzia e non richiede anni di esperienza sociale.

Lo studio dimostra infatti che proprio come gli adulti, anche i bambini (a partire dai 3 anni) tenderebbero a creare delle inferenze sui tratti caratteriali altrui, come l’affidabilità e la competenza, semplicemente osservando il volto dell’altra persona.

Già precedenti indagini hanno mostrato che gli adulti usano regolarmente l’osservazione dei volti per fare delle inferenze sui tratti caratteriali altrui, ma non risulta ancora chiaro se questa tendenza si costruisca lentamente a seguito di esperienze di vita o se invece sia un impulso più istintuale che tende a emerge primi anni di vita.

Se l’accordo adulto-bambino sulle inferenze caratteriali detotte dai tratti facciali emerge gradualmente durante lo sviluppo, si potrebbe dedurre che queste inferenze richiedono un certa quantita di esperienze sociali per essere sviluppate“, scrivono Cogsdill e colleghi. “Se, al contrario, le inferenze generate dai bambini risultano simili a quelle degli adulti, si potrebbe ipotizzare che tali processi di giudizio possono essere considerati una capacità cognitiva sociale fondamentale che emerge precocemente.

Per esplorare queste ipotesi, i ricercatori hanno chiesto a 99 adulti e 141 bambini (età 3-10) di giudicare delle coppie di volti computer-generated che potevano differire per tre tratti: affidabilità (buono/cattivo), dominanza (forte/debole), competenza (intelligente/non intelligente). Dopo l’osservazione di un paio di volti, ai partecipanti venivano rivolte alcune domande mirate a indagare i loro giudizi (“questa persona è buona o cattiva?“).

Come previsto, sia gli adulti che i bambini hanno mostrato accordo sui tratti attribuiti ai volti, e sebbene i bambini di 3/4 anni mostravano livelli di coerenza di poco inferiori rispetto ai bambini di 7 anni, questi ultimi apparivano più in accordo con i giudizi degli adulti, indicando così la presenza di una possibile evoluzione nella tendenza al giudizio a partire dai volti. I bambini inoltre apparivano più coerenti nel giudicare il tratto “affidabilità” rispetto agli altri due, suggerendo così una tendenza a prestare particolare attenzione a questa specifica caratteristica.

È importante sottolineare che i risultati della ricerca non affrontano la questione in merito alla veridicità dei giudizi espressi dai soggetti relativamente al carattere dei volti osservati, ma mirano semplicemente a dimostrare che adulti e bambini appaiono coerenti nei tratti che attribuiscono alle facce, a prescindere dalla validità di tali giudizi.

Infine, concludono i ricercatori, non essendo ancora chiaro quando questa tendenza al giudizio apparirebbe primariamente, potrebbe essere interessante creare un nuovo gruppo di bambini con età inferiore ai 3 anni.

 

ARGOMENTI CORRELATI:

BAMBINI – ESPRESSIONI FACCIALI – FACIAL EXPRESSIONS – PERSONALITA’ – TRATTI DI PERSONALITA’

ARTICOLO CONSIGLIATO:

VEDERE LA FELICITA’ IN ESPRESSIONI AMBIGUE RIDUCE L’AGGRESSIVITA’

 

 

BIBLIOGRAFIA:

 

Fiocchetto Lilla: FIDA per la prevenzione dei Disturbi Alimentari

COMUNICATO STAMPA

 

FIDA con Fiocchetto lilla

aderisce alla giornata contro i disturbi alimentari:

consulenze gratuite ed eventi in tutta Italia

TERZA GIORNATA NAZIONALE DEL FIOCCHETTO LILLA - PREVENZIONE DEI DISTURBI ALIMENTARI

VAI ALLA PAGINA DEL CENTRO FIDA CPF DI TORINO

cancel