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Bulimia

La Bulimia Nervosa è un disturbo psichico caratterizzato da una eccessiva e costante preoccupazione per il peso e le forme corporee e dalla conseguente tendenza a esercitare un eccessivo controllo sul proprio peso in maniera disregolata.

Sezione a cura di Valentina Davi

Aggiornato il 30 gen. 2024

Cos’è la bulimia

Che cos’è la Bulimia Nervosa? La Bulimia Nervosa è un disturbo psichico caratterizzato da una eccessiva e costante preoccupazione per il peso e le forme corporee e dalla conseguente tendenza a esercitare un eccessivo controllo sul proprio peso in maniera, però, disregolata. Conseguenza di questa disregolazione sono le abbuffate, che scatenano la paura di ingrassare. Pertanto chi soffre di Bulimia mette poi in atto comportamenti compensatori (vomito autoindotto, uso improprio di lassativi, digiuno, esercizio fisico eccessivo) per compensare le abbuffate, che però a loro volta portano ad altre abbuffate. Si instaura così un circolo vizioso vomito–abbuffata–vomito–abbuffata; lo schema mangiare-vomitare si autoalimenta e si automantiene fino a cronicizzarsi.

Significato ed etimologia di Bulimia

Esiste una differenza tra Bulimia e Bulimia Nervosa, due termini che spesso erroneamente vengono utilizzati come sinonimi. Cosa significa bulimia? Il termine Bulimia deriva dal greco βουλιμία «gran fame» ed è composto dalle parole βοῦς «bue» e λιμός «fame»; pertanto letteralmente significa «fame da bue».

Nel linguaggio medico, indica un senso eccessivo e disordinato di appetito o di fame, sintomo comune a condizioni mediche di diversa natura, quali, per esempio, il diabete, la teniasi (verme solitario) o il Disturbo Alimentare chiamato Bulimia Nervosa.

Inquadramento nosografico della Bulimia

Criteri diagnostici

La prima formulazione della diagnosi della bulimia si deve a Gerald Russell nel 1979. Allora i criteri erano solo tre, ma già molto vicini all’enunciazione definitiva:

  • urgenza intrattabile ad alimentarsi eccessivamente;
  • condotte compensatorie;
  • timore patologico di ingrassare.

In Russell mancava ancora il concetto di abbuffata, comportamento non facile da definire e da distinguere dall’alimentazione eccessiva.

Il DSM-5, l’ultima versione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (APA, 2013), classifica la Bulimia Nervosa all’interno dei Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione.

Per porre diagnosi di Bulimia Nervosa sono richiesti i seguenti criteri:

  1. Ricorrenti episodi di abbuffata. Un episodio di abbuffata è caratterizzato da entrambi i seguenti aspetti:
    • Mangiare, in un determinato periodo di tempo (per es., un periodo di due ore), una quantità di cibo significativamente maggiore di quella che la maggior parte degli individui mangerebbe nello stesso tempo e in circostanze simili.
    • Sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (per es., sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa o quanto si sta mangiando).
  2. Ricorrenti e inappropriate condotte compensatorie per prevenire l’aumento di peso, come vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici o altri farmaci, digiuno o attività fisica eccessiva.
  3. Le abbuffate e le condotte compensatorie inappropriate si verificano entrambe in media almeno una volta alla settimana per 3 mesi.
  4. I livelli di autostima sono indebitamente influenzati dalla forma e dal peso del corpo.
  5. L’alterazione non si manifesta esclusivamente nel corso di episodi di Anoressia Nervosa.

In remissione parziale: successivamente alla precedente piena soddisfazione dei criteri per la Bulimia Nervosa, alcuni, ma non tutti, i criteri sono stati soddisfatti per un consistente periodo di tempo.

In remissione completa: successivamente alla precedente piena soddisfazione dei criteri per la Bulimia Nervosa, nessuno dei criteri è stato soddisfatto per un periodo prolungato di tempo.

Il livello di gravità può essere:

  • Lieve: Una media di 1-3 episodi di condotte compensatorie inappropriate per settimana.
  • Moderato: Una media di 4-7 episodi di condotte compensatorie inappropriate per settimana.
  • Grave: Una media di 8-13 episodi di condotte compensatorie inappropriate per settimana.
  • Estremo: Una media di 14 o più episodi di condotte compensatorie inappropriate per settimana.

Bulimia e comorbilità

La Bulimia Nervosa può essere associata a dipendenze multiple da alcool, droghe, farmaci o shopping compulsivo, oltre a comportamenti autolesionistici.

Diagnosi differenziale della Bulimia

Differenze tra Bulimia e Binge Eating Disorder

Qual è la differenza tra Bulimia e Binge Eating Disorder?

Entrato a far parte dei Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione solo nel DSM-5, il Disturbo da Binge-eating è caratterizzato da abbuffate almeno 1 volta alla settimana per 3 mesi ma, al contrario della Bulimia, non presenta inappropriate condotte di compensazione.

Un’altra differenza con la Bulimia è rappresentata dal minore interesse mostrato nei confronti del controllo del peso e della forma del corpo.

Differenze tra Bulimia e Anoressia

Qual è la differenza tra Anoressia e Bulimia?

Anoressia e bulimia sono accomunate dall’eccessiva influenza del peso e della forma corporei sui livelli di autostima dell’individuo.

Tuttavia la persona che soffre di Anoressia è marcatamente sottopeso mentre chi soffre di Bulimia tipicamente è nei limiti di peso normale o di sovrappeso (indice di massa corporea IMC>18.5 e <30).

Questo perché a differenza dell’Anoressia, nella Bulimia le diete ferree lasciano spazio ad abbuffate e inappropriate condotte compensatorie, almeno 1 volta alla settimana e per 3 mesi.

Pertanto la prima differenza tra bulimia e anoressia risiede nel limite di peso corporeo raggiunto.

Bulimia e anoressia presentano inoltre entrambe due sottogruppi, distinti dall’uso o meno delle condotte di eliminazione (vomito autoindotto o abuso di lassativi o diuretici). Nella bulimia senza vomito o altre condotte di eliminazione le pazienti tentano di controllare il peso attraverso l’esercizio fisico oppure mangiando poco, se non addirittura digiunando. Questo sottogruppo, insieme all’Anoressia di tipo 2 (quella con abbuffate/condotte di eliminazione), costituisce una categoria-ponte tra anoressia e bulimia, tanto da sollevare il dibattito su anoressia e bulimia come continuum o come due entità discrete.

Esordio della Bulimia

Se si osserva l’età di insorgenza della Bulimia, adolescenza e prima età adulta (tra i 20 e i 30 anni) sono le fasce di età più a rischio, in cui i disturbi del comportamento alimentare compaiono in modo più frequente, sebbene possano svilupparsi anche durante l’infanzia. Infatti recenti osservazioni cliniche hanno segnalato un aumento di casi a esordio precoce.

Incidenza della Bulimia

In Italia la prevalenza della Bulimia è dell’1-5 per cento. Quando si sente parlare di Disturbi Alimentari e Bulimia si pensa principalmente a donne bulimiche o ragazze bulimiche; effettivamente le donne e le ragazze hanno maggiori probabilità dei maschi di sviluppare questo disturbo alimentare, ma esistono anche ragazzi bulimici e uomini bulimici: negli studi condotti su popolazioni cliniche gli uomini rappresentano il 10-15% dei casi.

L’incidenza della Bulimia è stimata attorno a 12 nuovi casi per 100.000 persone in un anno tra le donne e circa 0,8 nuovi casi per 100.000 persone per gli uomini.

Sintomi della Bulimia

Come riconoscere una persona bulimica? Vediamo quali sono i principali sintomi della Bulimia Nervosa.

Paura di ingrassare

Chi soffre di Bulimia ha un’estrema paura di prendere peso e per questo motivo può essere ossessionato da pensieri continui e eccessivi relativi al cibo.

Restrizione alimentare

L’ossessione per il peso corporeo spinge la persona con Bulimia ad attuare persistenti e caratteristiche forme di restrizione alimentare; segue una dieta estrema e costante, determinata da regole alimentari estremamente rigide e inflessibili, che disciplinano il quanto e il cosa si deve mangiare. Nella maggior parte dei casi, le regole dietetiche a cui si sottopone la paziente bulimica impongono una drastica riduzione della quantità totale di cibo ingerita e vietano nettamente una grande quantità di alimenti, i cosiddetti cibi proibiti, costringendo la persona a un’alimentazione progressivamente sempre più ristretta e limitata.

Le tre principali modalità adottate nella restrizione alimentare sono:

  • Riduzione della frequenza dei pasti, ovvero tentare di digiunare il più possibile, saltando i pasti;
  • Riduzione della quantità di cibo al di sotto di un rigido limite calorico, in genere marcatamente inferiore al fabbisogno quotidiano medio;
  • Eliminazione di specifici cibi, temuti perché percepiti come ‘ingrassanti’ o perché in passato hanno dato origine a un attacco bulimico.

La difficoltà a mantenere la restrizione alimentare porta alle abbuffate.

Abbuffate

Con il termine abbuffata bulimica generalmente si intende:

  • l’introduzione nel proprio organismo di una ingente quantità di cibo (significativamente maggiore di quella che la maggior parte degli individui mangerebbe nello stesso tempo e in circostanze simili)
  • in un lasso di tempo ristretto
  • accompagnata dalla sensazione di perdita di controllo.

Assunzione di una quantità eccessiva di cibo

Definire il concetto di abbuffata in realtà non è così semplice. Infatti trovare un accordo sul concetto di quantità di cibo eccessivo è difficile. Per alcuni l’abbuffata è definita dal giudizio soggettivo dell’abbuffatore di aver mangiato più di quanto sia permesso. Per altri è preferibile un criterio più oggettivo: dal momento che è effettivamente possibile individuare la quantità di cibo ragionevolmente sufficiente per nutrirsi, allo stesso modo è possibile valutare se un certo episodio alimentare è stato invece caratterizzato dall’ingestione di una quantità eccessiva di cibo. Basta chiedere al paziente di elencare il cibo mangiato in un determinata circostanza per accertare se si sia trattato di un’abbuffata o meno, evitando così dubbi oziosamente relativistici sul concetto di alimentazione soggettivamente eccessiva.

Lasso di tempo ristretto

Nella Bulimia le abbuffate avvengono generalmente due volte a settimana, spesso anche una volta al giorno. Questi attacchi durano per un tempo che va da 15 minuti a 4 ore.

Sensazione di perdita di controllo

A questo criterio abbastanza oggettivo, si accompagna uno stato d’animo soggettivo: durante l’abbuffata il paziente bulimico ha la sensazione di perdita di controllo, ovvero la sensazione di non potersi fermare, di non poter decidere se e che cosa mangiare e di essere in preda a una voracità insensata. Il tono dell’umore è ansioso, autocolpevolizzante e disforico.

Vomito autoindotto e altri metodi di compensazione

Di solito la persona si domanda cosa fare dopo l’abbuffata bulimica per rimediare all’eccessiva quantità di cibo ingerita; la risposta disfunzionale è la messa in atto di condotte compensatorie.

Le persone bulimiche credono di poter raggiungere la propria forma ideale e contemporaneamente soddisfare la necessità di abbuffare compensando le calorie introdotte attraverso strategie come vomitare il cibo.

Infatti, dopo un ‘abbuffata, vomitare diventa prioritario e i modi utilizzati per procurarsi il vomito possono essere più o meno pericolosi: dalle dita in fondo alla gola, all’utilizzo di uno spazzolino da denti per indurre i conati di vomito, dal contrarre lo stomaco per vomitare a comando all’ingestione di grandi quantità di liquidi.

Alcune persone soffrono di Bulimia Nervosa senza vomito e mettono in atto altri metodi per compensare le abbuffate, come per esempio l’uso di lassativi, eccessivo esercizio fisico, digiuno.

Comportamenti tipici nella bulimia

Quali sono le caratteristiche tipiche di chi soffre di Bulimia?

  • Quando è in pubblico controlla il proprio comportamento alimentare
  • Sceglie prodotti ‘light’ e a basso contenuto di grassi per i cibi che consuma “ufficialmente” e che trattiene all’interno del corpo
  • Acquista grandi quantità di cibi di scarsa qualità e facili da consumare per le abbuffate
  • Allo stesso tempo accumula cibi e si preoccupa di avere sempre del cibo a disposizione
  • Non ha orari regolari per i pasti
  • Nasconde il disturbo dietro una facciata positiva, pertanto agli altri dall’esterno tutto sembra funzionare perfettamente
  • Prova emozioni di vergogna e pertanto spesso tiene segreto il disturbo
  • Prova disgusto per se stesso e la sensazione di essere anormale
  • Si isola socialmente, trascura i propri interessi, il suo umore è depresso
  • Fa molta attività sportiva

Cause psicologiche della Bulimia

Trattare la Bulimia Nervosa come un mero problema di alimentazione è estremamente riduttivo. Si tratta infatti di un disturbo complesso non riconducibile a una singola causa, bensì a più fattori.

Per esempio, le abbuffate possono essere dovute a diete, stress, malessere psicologico ed emozioni vissute come negative, quali ad esempio ansia, angoscia, rabbia o tristezza.

Il vomito autoindotto e le altre tecniche per evitare di ingrassare sono invece modi per avere l’impressione di tenere meglio sotto controllo la propria vita e alleviare il malessere emotivo.

Pensieri disfunzionali nella Bulimia

I pensieri disfunzionali che causano e mantengono le abbuffate riguardano il perfezionismo, il pensiero dicotomico e l’autostima.

Perfezionismo e pensiero dicotomico del tipo ‘tutto o nulla’

Nella Bulimia cercare di mantenere il proprio corpo a un regime calorico molto basso (ideale perfezionistico) porta alla messa in atto di piccole trasgressioni che, quando si verificano, sono percepite dalla persona come una perdita di controllo (pensiero dicotomico tutto o nulla) a cui è impossibile rimediare.

Per questo una volta innescata la catena, la persona continua a mangiare senza nessun freno. L’unica soluzione possibile, a questo punto, è liberarsi di quello che si è mangiato eliminandolo attraverso il vomito autoindotto.

Valore personale

Di solito valutiamo noi stessi sulla base delle nostre prestazioni, percepite in una varietà di ambiti della vita quotidiana (es. capacità in ambito relazionale, scolastico, lavorativo, etc.). Chi soffre di Bulimia, invece, centra la propria autostima principalmente sul proprio peso e forma corporei e sulla capacità di controllarli.

Ne consegue che la persona con Bulimia manifesta una tormentosa preoccupazione per il proprio peso e per la forma del proprio corpo, che diventano oggetto di un controllo ossessivo quotidiano spesso si sente grassa e orribile nonostante il suo oggettivo normopeso.

Difficoltà a tollerare emozioni negative

Nelle pazienti affette da Bulimia è presente una difficoltà a tollerare le emozioni negative: le abbuffate infatti creano uno stato di piacevolezza. Questa sensazione piacevole iniziale serve soprattutto a bloccare e soffocare le emozioni negative provate. Tale comportamento dà vita a un circolo vizioso: sopprimere le emozioni attraverso il cibo porta a non risolvere mai i problemi favorendo l’abbuffata successiva; d’altra parte le abbuffate stesse portano alla comparsa di emozioni negative (senso di colpa, disgusto, paura d’ingrassare), che a loro volta innescano le nuove abbuffate.

Conseguenze della Bulimia

Le persone affette da Bulimia si ritrovano a vivere una condizione in cui la qualità della vita risulta fortemente compromessa.

Conseguenze psicologiche

Chi soffre di Bulimia spesso accusa una diminuzione del tono dell’umore che può sfociare in una vera e propria depressione, svalutazione della propria persona, disprezzo e odio verso se stessi.

Nella maggior parte dei casi il disturbo alimentare è negato e la persona si sforza di mantenere una facciata di normalità. Ciononostante sentimenti di vergogna e scarsa autostima possono incidere sulle relazioni sociali, spingendo la persona a isolarsi; così pian piano le relazioni sociali tendono a diradarsi, se non addirittura ad azzerarsi del tutto.

Conseguenze fisiche

La Bulimia ha conseguenze a lungo termine non solo psicologiche, ma anche fisiche. Le condotte compensatorie (ingestione ripetuta di lassativi, l’uso frequente di clisteri e il vomito autoindotto), infatti, possono determinare gravi disagi e danni all’organismo, tra cui:

  • Disidratazione e conseguenti secchezza della pelle, crampi muscolari, nausea, stipsi, fino ad arrivare a insufficienza renale.
  • Scompensi elettrolitici (in particolare legati a magnesio, sodio e potassio, che possono portare ad alterazioni del battito cardiaco fino all’arresto cardiaco).
  • Squilibri a livello renale dovuti all’abuso di diuretici.
  • Disturbi metabolici (alcalosi e acidosi metabolica).
  • Danni ai denti. In particolare, il continuo vomito autoindotto erode lo smalto dei denti aumentandone la sensibilità al caldo e al freddo e il rischio di carie; nei casi più gravi di bulimia si può verificare una riduzione delle dimensioni dei denti fino ad arrivare alla loro perdita.
  • Danni alla bocca. in particolare, possono verificarsi rigonfiamenti delle ghiandole salivari, secchezza, arrossamento e dolore alla lingua, piccole emorragie del palato.
  • Danni alla gola causati dalla stimolazione meccanica del vomito; in particolare, ferite superficiali nella parte posteriore della gola che possono portare a infezioni. Mal di gola e raucedine.
  • Esofagite da reflusso.
  • Danni alle mani, calli e manifeste abrasioni sulle nocche (segni di Russell) dovuti alle procedure utilizzate per indurre il vomito mettendosi le dita in gola.
  • Scomparsa del ciclo mestruale o ciclo mestruale irregolare.
  • Alopecia (perdita di capelli).
  • Alterazioni del sonno.
  • Alterazioni della concentrazione.
  • Modificazioni della concentrazione di alcuni neurotrasmettitori (es. serotonina)

Morte

Come si muore di bulimia? Nella Bulimia Nervosa la morte è legata alle complicanze fisiche del disturbo. Per esempio, gli scompensi elettrolitici determinati dalle condotte compensatorie possono portare ad arresto cardiaco e causare così la morte della paziente bulimica.

Come curare la Bulimia

Se diagnosi e trattamento sono tempestivi, i pazienti che soffrono di Bulimia hanno buone probabilità di recupero.

Farmacoterapia

Antidepressivi SSRI

Il farmaco di prima scelta nel trattamento della Bulimia è la fluoxetina, un antidepressivo SSRI che rispetto agli antidepressivi triciclici presenta un miglior profilo di tollerabilità poiché dà pochi effetti collaterali (es. disturbi gastrointestinali, disfunzione sessuale). Un dosaggio di fluoxetina per la Bulimia di 60 mg/die è efficace sui sintomi caratteristici del disturbo (abbuffate, condotte di eliminazione, preoccupazione riguardo a peso e forma corporei) e sulla sintomatologia ansioso-depressiva.

Inoltre la fluoxetina ha efficacia comprovata nella gestione acuta, nel lungo termine e nella prevenzione delle ricadute della Bulimia.

Antidepressivi triciclici

Sebbene alcuni farmaci triciclici si siano dimostrati utili nel trattamento della Bulimia, non vengono considerati farmaci di elezione a causa dei loro numerosi effetti collaterali. Infatti tra gli effetti avversi più importanti si riscontrano sedazione, effetti anticolinergici (ritenzione urinaria, secchezza delle fauci, disturbi visivi lievi specie dell’accomodazione, stitichezza, tachicardia, ipotensione ortostatica, tremori e fini scosse agli arti superiori, sensazione di calore e iperidrosi) e letalità in caso di overdose.

Psicoterapia per la Bulimia

I trattamenti psicoterapeutici disponibili per la cura della Bulimia sono:

  • Terapia cognitivo-comportamentale per la Bulimia Nervosa (CBT-BN)
  • Terapia Cognitivo Comportamentale Transdiagnostica (CBT-E)
  • Psicoterapia Psicoanalitica (PPT)
  • Terapia Interpersonale (IPT)

Terapia cognitivo-comportamentale per la Bulimia Nervosa (CBT-BN)

La Terapia cognitivo-comportamentale per la Bulimia Nervosa (CBT-NA) fu sviluppata dal prof. Christopher Fairburn dell’Università di Oxford nei primi anni ottanta. Oltre 30 trial condotti tra gli anni ‘80 e ‘90 mostrarono come la CBT-BN fosse estremamente efficace nel trattamento della Bulimia, tanto da essere raccomandata dal National Institute for Clinical Excellence (NICE) come intervento di prima scelta nel trattamento di tale disturbo.

La CBT-BN affronta i processi di mantenimento della Bulimia delineati dalla teoria cognitivo comportamentale. Secondo tale teoria l’aspetto che gioca un ruolo centrale nel mantenimento del disturbo è la sopravvalutazione della forma e del peso da parte del paziente. Da questo derivano in maniera diretta la maggior parte delle altre caratteristiche del disturbo, cioè:

  • il controllo e la restrizione alimentari e le altre forme di comportamento per il controllo del peso;
  • le varie forme di controllo ed evitamento del corpo;
  • la preoccupazione per i pensieri su forma, peso e alimentazione.

L’unica caratteristica della Bulimia che non è un’espressione diretta della sopravvalutazione della forma e del peso sono le abbuffate.

Secondo la teoria cognitivo comportamentale della Bulimia Nervosa le abbuffate sono in gran parte conseguenza del controllo esercitato sull’alimentazione (che può assumere la natura di una vera e propria restrizione dietetica). Infatti piuttosto che adottare linee guida generali su come dovrebbero mangiare, chi soffre di Bulimia cerca di aderire a molteplici regole dietetiche altamente specifiche e tende a reagire in modo estremo e negativo alla violazione (quasi inevitabile) di queste regole. Anche piccoli sgarri sono vissuti come prove di mancanza di autocontrollo e di conseguenza il paziente si abbandona alle abbuffate.

Le abbuffate a loro volta mantengono e rinforzano la preoccupazione di non essere in grado di controllare l’alimentazione, la forma e il peso e incoraggiano un maggior controllo alimentare, aumentando così il rischio di ulteriori abbuffate.

Le abbuffate sono inoltre una risposta a stati d’animo negativi quotidiani e sono in grado di placare temporaneamente tali emozioni.

Sono a loro volta mantenute dai comportamenti compensatori come vomito autoindotto e l’uso di lassativi, secondo l’errata convinzione che le condotte di eliminazione riducono al minimo l’aumento di peso dovuto alle abbuffate; i pazienti non si rendono conto, in realtà, che con il vomito si rimette solo una parte di ciò che è stato mangiato e che i lassativi hanno scarso o nessun effetto sull’assorbimento dei cibi.

Pertanto la CBT-BN sostiene che il trattamento, per poter avere un effetto duraturo, deve affrontare i temi della dieta, della sopravvalutazione della forma e del peso e la propensione a mangiare per gestire stati d’animo negativi ed eventi avversi.

Il trattamento CBT-BN prevede 15-20 sessioni per una durata di circa 5 mesi.

Terapia Cognitivo Comportamentale Transdiagnostica (CBT-E)

Nei primi anni 2000 il trattamento CBT-BN fu modificato dal centro CREDO (Centre for Research on Dissemination at Oxford) che ne sviluppò una versione adatta a intervenire in maniera trasversale su tutti i disturbi alimentari. Nacque così la Terapia Cognitivo-Comportamentale Transdiagnostica (CBT-E, “enhanced cognitive behaviour therapy”, cioè la Terapia Cognitivo-Comportamentale Migliorata).

La Terapia Cognitivo Comportamentale Transdiagnostica è stata ideata per essere più efficace nel curare tutte le categorie diagnostiche dei disturbi dell’alimentazione affrontando, con un approccio individualizzato e flessibile, i meccanismi cognitivo comportamentali di mantenimento comuni a tutti i disturbi alimentari.

Per la cura della Bulimia il trattamento CBT-E prevede 20 incontri di 50 minuti per un periodo di 20 settimane.

Il trattamento coinvolge attivamente il paziente nel modificare la psicopatologia specifica e centrale del disturbo dell’alimentazione, utilizzando procedure e strategie atte a:

  1. interrompere la restrizione dietetica cognitiva;
  2. ridurre l’eccessiva valutazione della forma del corpo e del peso;
  3. sviluppare specifiche abilità per la gestione degli eventi e delle emozioni che influenzano l’alimentazione.

A questi target si aggiunge il lavoro terapeutico focalizzato su 4 ulteriori meccanismi di mantenimento:

  1. perfezionismo patologico
  2. intolleranza alle emozioni intense
  3. bassa autostima
  4. difficoltà interpersonali

Psicoterapia Psicoanalitica (PPT)

In Europa la Psicoterapia Psicoanalitica è stata utilizzata ampiamente nel trattamento dei disturbi dell’alimentazione, ma studi sulla sua efficacia a lungo termine sulla Bulimia non sono mai stati eseguiti.

La Psicoterapia Psicoanalitica di Lunga Durata è stata sviluppata specificamente per i pazienti affetti da Bulimia. Il trattamento prevede un incontro settimanale di 50 minuti per un periodo di 24 mesi.

Gli obiettivi principali di questo trattamento non direttivo sono:

  1. aumentare la capacità di riflettere e di tollerare l’esperienza affettiva;
  2. facilitare l’insight dei meccanismi che nascondono gli aspetti inconsci e rimossi dei pazienti.

Questi sono infatti i due fattori principali coinvolti nel mantenimento di episodi bulimici, secondo l’ipotesi degli autori.

Terapia Interpersonale (IPT)

La Terapia Interpersonale (IPT) ha come target le aree interpersonali problematiche della persona bulimica, aree che spesso hanno un forte legame con la difficoltà a gestire e regolare le emozioni e l’affettività.

Le emozioni maggiormente trattate sono la rabbia, l’ansia e la depressione, spesso legate alla difficoltà nella gestione di conflitti interpersonali.

Qual è la terapia più efficace?

CBT-E vs PPT

In uno studio condotto da Paulsen e collaboratori si è confrontata l’efficacia della Psicoterapia Psicoanalitica di Lunga Durata con la Terapia Cognitivo Comportamentale Transdiagnostica, l’intervento ad oggi con più evidenze di efficacia nel trattamento della Bulimia e degli altri disturbi dell’alimentazione non sottopeso.

I risultati dello studio hanno evidenziato che la CBT-E è marcatamente più efficace nel trattamento della Bulimia rispetto alla PPT.

Nel gruppo della CBT-E circa il 42% dei pazienti ha interrotto gli episodi bulimici e purgativi dopo cinque mesi e il 44% dopo 24 mesi. Invece soltanto il 15% dei pazienti sottoposti a PPT ha interrotto gli episodi bulimici e purgativi dopo due anni. I due trattamenti hanno determinato miglioramenti sovrapponibili in termini di psicopatologia specifica globale e generale, ma i miglioramenti nel gruppo della CBT-E sono avvenuti con maggiore rapidità.

IPT vs CBT-E

La terapia cognitivo comportamentale migliorata (CBT-E) è più efficace della terapia interpersonale nel trattamento dei disturbi alimentari.

È stato infatti dimostrato che la CBT-E è un trattamento potente per i pazienti ambulatoriali non marcatamente sottopeso affetti da disturbi dell’alimentazione e che la Terapia Interpersonale rimane un’alternativa alla CBT-E, ma la sua risposta è meno pronunciata e più lenta.

IPT vs CBT-BN

Anche questa terapia è stata confrontata con la Terapia cognitivo-comportamentale per la Bulimia Nervosa (CBT-BN) con lo scopo di valutarne l’efficacia.

Studi controllati eseguiti in Inghilterra e negli Stati Uniti d’America hanno evidenziato che la Terapia Interpersonale alla fine del trattamento è meno efficace rispetto alla Terapia cognitivo-comportamentale per la Bulimia Nervosa, sebbene a distanza di un anno ottenga i medesimi risultati.

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