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Teoria cognitivo comportamentale transdiagnostica dei disturbi dell’alimentazione: evidenze scientifiche

La teoria cognitivo comportamentale transdiagnostica dei disturbi alimentari considera i disturbi alimentari un'unica categoria e non disturbi separati. 

Di Riccardo Dalle Grave

Pubblicato il 12 Apr. 2016

La teoria transdiagnostica, sviluppata presso l’università di Oxford (Cooper & Fairburn, 2011; Fairburn, Cooper, e Shafran, 2003), considera i disturbi dell’alimentazione come un’unica categoria diagnostica, piuttosto che disturbi separati, e mantenuti da meccanismi comuni.

 

La teoria cognitivo comportamentale transdiagnostica dei disturbi alimentari

La teoria sostiene che l’eccessiva valutazione del peso, della forma del corpo e del controllo dell’alimentazione è la psicopatologia specifica e centrale dei disturbi dell’alimentazione. Mentre le persone si valutano generalmente in base alla percezione delle loro prestazioni in una varietà di domini della loro vita (per es. relazioni interpersonali, scuola, lavoro, sport, abilità intellettuali e genitoriali, ecc.), quelle affette da disturbi dell’alimentazione si valutano in modo esclusivo o predominante in base al controllo che riescono a esercitare sul peso o sulla forma del corpo o sull’alimentazione (spesso su tutte e tre le caratteristiche).

L’eccessiva valutazione del peso, della forma del corpo e del controllo dell’alimentazione è di primaria importanza nel mantenimento dei disturbi dell’alimentazione: la maggior parte delle altre caratteristiche cliniche deriva, infatti, direttamente o indirettamente da essa. Per esempio, i comportamenti di controllo del peso estremi (dieta ferrea, esercizio fisico eccessivo e compulsivo, vomito autoindotto, uso improprio di lassativi o di diuretici, check ed evitamento del corpo, sensazione di essere grassi) e perseguire il raggiungimento e il mantenimento di un grave sottopeso sono comprensibili se una persona crede che il controllo dell’alimentazione, del peso e della forma del corpo siano di estrema importanza per giudicare il suo valore. L’unico comportamento non strettamente legato a questo schema di autovalutazione disfunzionale è l’abbuffata. Presente in un sottogruppo di persone affette da disturbi dell’alimentazione, sembra essere la conseguenza del tentativo di restringere in modo ferreo l’alimentazione o, in taluni casi, di modulare eventi ed emozioni associati all’ allentamento del controllo dell’alimentazione che si verifica quando sono usati comportamenti di compenso (per es. vomito autoindotto, uso improprio di lassativi e diuretici) dopo gli episodi bulimici.

 

I fattori di mantenimento dei disturbi alimentari

Le varie manifestazioni cliniche dei disturbi dell’alimentazione a loro volta mantengono in uno stato di continua attivazione lo stato mentale del disturbo dell’alimentazione e assieme ad esso formano i cosiddetti meccanismi di mantenimento interni o specifici (perché sono presenti solo in questi disturbi).

La teoria transdiagnostica propone che in un sottogruppo di pazienti siano presenti uno o più dei seguenti meccanismi di mantenimento esterni o non specifici (perché sono presenti anche in altre problematiche psicologiche): (i) perfezionismo clinico; (ii) bassa autostima nucleare; (iii) difficoltà interpersonali e (iv) intolleranza alle emozioni. I fattori di mantenimento esterni, se presenti, interagiscono con quelli interni nel perpetuare il disturbo dell’alimentazione attraverso vari meccanismi (Figura).

teoria transdiagnostica dei disturbi alimentari

Figura. La teoria transdiagnostica dei disturbi dell’alimentazione.

I box grigi rappresentano i meccanismi di mantenimento esterni. “Vita” è l’abbreviazione di difficoltà interpersonali. “Intolleranza alle emozioni” è stata successivamente inclusa nei meccanismi di mantenimento interni. (Adattata da Fairburn, Cooper and Shafran, 2003).

 

Evidenze che supportano la teoria transdiagnostica

La teoria transdiagnostica dei disturbi dell’alimentazione è supportata da numerose evidenze derivate da due linee di ricerca: (i) studi descrittivi, comparativi e sperimentali delle caratteristiche cliniche di questi pazienti (Grilo, 2013; Shafran, Lee, Cooper, Palmer, & Fairburn, 2007; Shafran, Lee, Payne, & Fairburn, 2007; Watson, Raykos, Street, Fursland, & Nathan, 2011); (ii) studi cross-sectional che hanno valutato il modello transdiagnostico in campioni di pazienti che hanno richiesto un trattamento e in campioni della collettività usando modelli di equazioni strutturali.

 

Studi sulle caratteristiche cliniche dei pazienti

Nei pazienti con bulimia nervosa è stata dimostrata: (i) la relazione tra eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo e cambiamenti della restrizione dietetica cognitiva e delle abbuffate nel corso del tempo (Fairburn, Stice, et al., 2003); (ii) l’associazione tra abbuffate e restrizione calorica auto-riferita (Zunker et al., 2011); (iii) l’associazione tra aumento della preoccupazione per il peso e incremento della frequenza del vomito autoindotto e della restrizione dietetica (Spangler, Baldwin, & Agras, 2004); (iv) la mediazione della riduzione della restrizione dietetica durante il trattamento e la riduzione delle abbuffate (Wilson, Fairburn, Agras, Walsh, & Kraemer, 2002).
In campione transdiagnostico di pazienti con bulimia nervosa e anoressia nervosa è stata dimostrata l’esistenza di una relazione reciproca tra eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo, restrizione dietetica ed esercizio fisico eccessivo e compulsivo (Tabri et al., 2015).

 

Studi cross-sectional che hanno usato i modelli di equazioni strutturali

I risultati di uno studio che ha confrontato la teoria cognitivo comportamentale originale con la versione migliorata (includendo anche dei fattori di mantenimento aggiuntivi) in pazienti con bulimia nervosa e forme atipiche del disturbo, supportano entrambi i modelli teorici, ma la versione migliorata spiega una più grande porzione della varianza (Lampard, Byrne, McLean, & Fursland, 2011).

I risultati di due studi eseguiti su campioni transdiagnostici, uno su pazienti inviati per un trattamento intensivo in un centro di cura di terzo livello (Lampard, Tasca, Balfour, & Bissada, 2013) e uno che ha confrontato i modelli originale e migliorato in pazienti inviati in alcuni centri specialistici italiani (Dakanalis, Carrà, et al., 2014), hanno fornito supporto alla teoria, sebbene il grado di supporto sia diverso per i vari gruppi diagnostici e per alcune relazioni testate dai modelli strutturali; inoltre la restrizione dietetica è stata trovata associata solo indirettamente con le abbuffate. Infine, altri due studi sulla collettività hanno fornito supporto alla teoria (Dakanalis, Timko, Clerici, Zanetti, & Riva, 2014; Hoiles, Egan, & Kane, 2012).

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