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Disturbi alimentari e falsi miti da sfatare: (Non) Solo ragazze! – Report dall’evento del CIPda di Milano

Spesso si è indotti a pensare che i Disturbi dell’Alimentazione (DA) siano prerogativa di "Solo ragazze", è davvero così?

Di Valentina Sassi

Pubblicato il 07 Lug. 2021

Aggiornato il 13 Mag. 2022 15:03

Report di (Non) Solo ragazze!, il secondo webinar appartenente al ciclo divulgativo dedicato a sfatare tre falsi miti che ruotano attorno ai Disturbi dell’Alimentazione, trasmesso in diretta streaming dall’equipe del Centro Disturbi dell’Alimentazione (CIPda) di Milano il 31 maggio 2021

 

 Spesso si è indotti a pensare che i Disturbi dell’Alimentazione (DA) siano prerogativa unica del genere femminile, prevalentemente adolescenti o giovani adulte. Contrariamente a questo luogo comune, recenti evidenze epidemiologiche dimostrano una significativa incidenza di questi quadri psicopatologici durante la preadolescenza e nei soggetti di sesso maschile. A soli 10 anni, può già instaurarsi una valutazione di sé basata sul peso e sulla forma del corpo e anche gli uomini possono manifestare evidenti preoccupazioni incentrate su questi parametri.

Si apre così il secondo webinar del ciclo Falsi miti da sfatare, un dibattito moderato dalla Direttrice Operativa del CIPda (Cliniche Italiane di Psicoterapia – Disturbi Alimentari), la Dott.ssa Rosaria Nocita, volto ad illustrare le più attuali espressioni dei DA, secondo una visione multidisciplinare.

L’intervento delle differenti figure professionali, stimolato da domande specifiche inerenti alla macro-tematica affrontata, ha scandito la prima parte di questo webinar divulgativo. Al termine, si è dedicato spazio alle domande dei partecipanti.

1. Evidenze epidemiologiche: prevalenza e incidenza dei DA in merito all’età di esordio e alle differenze di genere – Dott.ssa Riboldi, medico psichiatra.

In merito alla prevalenza e all’incidenza dei Disturbi Alimentari, non vi sono stime condivise e totalmente sovrapponibili a causa di evidenti differenze metodologiche negli studi volti ad indagare queste due dimensioni. Sommariamente, l’anoressia (AN) ha una prevalenza compresa tra lo 0,5 ed il 3,7%, la bulimia (BN) tra l’1,1 ed il 4,1% ed infine il disturbo da binge eating (BED) conta una percentuale del 0,8-1,9%, tassi sovrapponibili alla realtà italiana. Relativamente all’età d’esordio, vi è concordanza nell’attribuire alla fascia 13 – 18 il frame temporale di maggior vulnerabilità per l’anoressia, sposandosi attorno ai 16 – 18 per la BN e circa 20 anni per il BED.

Altro elemento di concordanza è la spiccata prevalenza di questi quadri psicopatologici nel sesso femminile, con un rapporto di 10:1.

Le sopracitate categorie diagnostiche però, al pari di altri disturbi, si sono pian piano evolute e modificate nel tempo, interessando anche la popolazione maschile: un recente studio, evidenzia una prevalenza del 19 – 20 % di DA nel sesso maschile, piuttosto spiccata nella fascia adolescenziale. Altro dato importante e in controtendenza rispetto al luogo comune, è l’aumento di casi di disturbi alimentari in età preadolescenziale. Oltre a patologie quali la pica e ruminazione, manifestazioni cliniche tipiche nei bambini, sono state identificati esordi precoci di anoressia e bulimia. Pertanto, prerogativa per una buona pratica clinica, risulta essere un’attenta valutazione di questi elementi, quindi prestare attenzione sia ai soggetti di sesso maschile che alla fascia preadolescenziale.

2. Le peculiarità dei DA nei preadolescenti – Dott.ssa Colantonio, psicologa

Proseguendo, si è entrati nel vivo delle caratteristiche cliniche dei pazienti che manifestano un qualsivoglia disturbo alimentare in età preadolescenziale. Indipendentemente dalla variabile età, uno dei primari fattori che facilita l’instillarsi della patologia è il contesto culturale entro cui siamo inequivocabilmente inseriti. L’ideale di magrezza, divulgato dai social media e dai principali canali di comunicazione, viene introiettato dai ragazzi, sin dalla più tenera età. Non stupisce quindi la possibilità sempre più frequente di incappare in preadolescenti fortemente focalizzati sul peso e forma del corpo, giovani spesso ingaggiati nel perseguire una dieta. La dieta, dalla letteratura riconosciuta come fattore capace di aumentare di ben 8 volte l’esacerbazione di un DA, è considerata dai ragazzi come desiderabile e conseguentemente seguita per numerosi fattori:

  • Favorisce il raggiungimento dell’ideale di magrezza promosso dai coetanei, aspetto che porta ad una migliore autovalutazione di sé grazie a ripetuti rinforzi positivi sociali.
  • Facilitando la perdita di peso, permette di mitigare i cambiamenti corporei dettati dalla maturazione puberale, modificazioni corporee tipiche del processo di crescita.
  • Inibisce il senso di mancato controllo esperito spesso durante le fasi di transizione, come quella adolescenziale; in tal senso la dieta, forma esplicita di controllo della propria alimentazione, mitiga la sensazione di inadeguatezza tipica di questo target d’età.

Inoltre, indizi che possono fungere da campanelli nei preadolescenti sono:

  • Modificazione nelle modalità di assunzione dei cibi, come sminuzzare la pietanza in piccoli pezzi, contare il numero di masticazioni del boccone, aumentato consumo di acqua, the e caffè ecc.
  • Incremento dell’attività fisica per frequenza ed intensità.
  • Uso frequente del bagno dopo i pasti, possibile indizio di condotte di eliminazione (vomito autoindotto, uso improprio di lassativi e diuretici).
  • Pensiero polarizzato sul cibo e costante bisogno di rassicurazioni relative alla propria forma del corpo.

In ultimo, come sottolineato dall’esperta, risulta di vitale importanza riconoscere precocemente la sintomatologia in quanto le complicanze conseguenti al disturbo alimentare, se protratte, possono comportare alterazioni e compromissioni della traiettoria di crescita.

3. Le peculiarità dei DA nei soggetti di sesso maschile – Dott.ssa Zagarese, psicologa

Come detto, è di comune tendenza pensare che problematiche alimentari affliggano unicamente soggetti di sesso femminile, asimmetria che sembrerebbe giustificare la carenza di studi scientifici relativi al genere maschile. Ciononostante, le poche evidenze empiriche in merito, sono particolarmente utili per inquadrare le differenze nella manifestazione clinica, aspetto che spesso determina una sottostima dei casi. Fra queste emergono:

  • Diminuzione del testosterone e calo della libido, equivalenti all’amenorrea nelle donne.
  • Poca utilità del valore del BMI come parametro esclusivo per la diagnosi; non sempre ne è unico indice di gravità.
  • L’eccessiva valutazione per il peso e la forma del corpo conduce al perseguimento di diete iperproteiche e restrittive così come ad esercizio fisico eccessivo e compulsivo.

L’aspetto che più contraddistingue il disturbo alimentare maschile è la presenza di quella che in letteratura viene definita come “drive for muscolarity”. L’interiorizzazione dell’ideale di magrezza e perfezione fisica si articola negli uomini come un persistente desiderio di raggiungere una corporatura scultorea, muscolosa, definita. Se per le donne la perfezione fisica corrisponde ad un corpo snello e longilineo, per i ragazzi i muscoli, tonicità di braccia, spalle e dorsali rappresentano l’obiettivo primario. Da qui, dunque, la tendenza di questa popolazione a praticare estenuanti sessioni di allenamento in palestra, assumere integratori per incrementare la massa muscolare ed il perseguimento di diete iperproteiche.

4. Le peculiarità del trattamento nei preadolescenti – Dott.ssa Tramontano, psicoterapeuta

 Le evidenze teoriche relative ai DA in fascia preadolescenziale permettono di giungere ad una serie di accorgimenti necessari per un’efficace pratica clinica, procedure che prendono in considerazione la tendenza dei giovanissimi a determinare il proprio valore in termini di peso e forma corporea. Seppur siano limitate le ricerche inerenti alle risposte al trattamento di questo target di popolazione, l’obiettivo generale del percorso terapeutico è indubbiamente la rimozione della psicopatologia del disturbo alimentare, dunque i processi che la mantengono. Gli aspetti da tenere in considerazione sono così riassumibili:

  • Approccio multidisciplinare (pediatra, neuropsichiatra infantile, dietista, psicoterapeuta), al fine di garantire la tutela dei potenziali danni indotti dal disturbo.
  • Definire soglie più basse per procedere verso un’intensificazione del trattamento, optando per monitoraggi più serrati.
    Trattandosi spesso di un disturbo egosintonico, quindi non esperito dal paziente come un problema, è necessario implementare con cura e dedizione l’ingaggio e la motivazione della persona per tutta la durata del trattamento.
  • Favorire un adeguato coinvolgimento delle figure genitoriali nel protocollo terapeutico, in modo da enfatizzare l’importanza della famiglia come risorsa, guida, supporto costante.

5. Le peculiarità del trattamento nei soggetti di sesso maschile – Dott.ssa Ranzini, psicoterapeuta

Poiché il protocollo della CBT – E (Cognitive Behavioural Therapy – Enhanced) è per sua natura personalizzato e cucito in base alle peculiarità della persona, non si riscontrano differenze significative e specifiche rispetto al trattamento per i soggetti di sesso femminile.

Lavorando sui meccanismi di mantenimento, il protocollo prevedrà l’individuazione di tali fattori anche per i ragazzi. Come precedentemente ribadito, il volume muscolare e la definizione corporea rappresentano le principali manifestazioni del disturbo nei soggetti di sesso maschile, preoccupazioni che in termini clinici prendono il nome di vigoressia. Questa eccessiva valutazione per il peso e forma del corpo induce quindi alla messa in atto di comportamenti quali una dieta ferrea ed esercizio fisico eccessivo e compulsivo.

Uno dei principali aspetti da tenere in considerazione nella pratica clinica quando si lavora con un paziente di sesso maschile, è la spiccata tendenza della società odierna a non considerare l’ossessione per la forma scultorea del corpo come un vero e proprio problema. Al contrario, la definizione muscolare è nella maggior parte dei casi rinforzata e incentivata. Pertanto, sarà compito del terapeuta problematizzare questi comportamenti evidenziandone i danni che possono conseguire, procedendo poi con l’analisi dei fattori che mantengono la problematica; tra questi si evidenziano i frequenti check del corpo allo specchio, il confronto con altri uomini, la focalizzazione dell’attenzione su specifiche aree corporee come le spalle, addome, bicipiti e muscolatura dorsale.

6. Stile alimentare e prevenzione: cosa fare con preadolescenti e soggetti di sesso maschile – Dott.ssa Ramponi, dietista

Individuare delle traiettorie protettive, anche parlando di preadolescenti e soggetti di sesso maschile, è fondamentale al fine di tutelare la popolazione dall’insorgenza di un qualsivoglia disturbo alimentare. Alcuni spunti da seguire possono essere così riassunti:

  • Promuovere una corretta alimentazione sin dalla più tenera età: dati provenienti dall’ultimo monitoraggio ISTAT evidenziano che solo il 12 % di bambini e adolescenti consuma le adeguate porzioni giornaliere di frutta e verdura, contro l’elevato uso di bevande gassate, snack salati e merendine. Proseguendo, circa il 50% fra loro non assume la colazione. Alla luce di tali evidenze, risulta fondamentale garantire sin dall’infanzia un’educazione alimentare tale da favorire l’assunzione degli alimenti adeguati in termini di quantità e qualità.
  • Consumare maggior numero di pasti in famiglia: i genitori, nonni, ed insegnanti possono diventare promotori di un’alimentazione salutare, senza vietare cibi o favorire il consumo selettivo di altri.
  • Mantenere un peso salutare durante l’infanzia ed evitare sovrappeso: sempre dalle indagini ISTAT, si rileva che il 25% degli adolescenti è in eccesso ponderale, soprattutto i maschi. Alla luce del fatto che uno fra i molteplici fattori prognostici predittivi dei DA è proprio l’obesità infantile, è quanto mai importante mantenere un peso salutare durante l’infanzia.
  • Scoraggiare diete drastiche e comportamenti volti al controllo del peso o ridistribuzione corporea: prestando attenzione a tutti i campanelli d’allarme che rimandano a queste due pratiche.

Al termine di questa parte prettamente teorica, si è proceduto rispondendo alle domande dei partecipanti. Grazie agli spunti forniti dal pubblico online, i professionisti hanno potuto spiegare in primo luogo il percorso di formazione che hanno eseguito per specializzarsi nella pratica della CBT- E. Tale abilitazione è frutto di un master ad alta formazione, della durata di un anno, intitolato Terapia e prevenzione dei disturbi dell’alimentazione e dell’obesità. Oltre a questo, sono comunque disponibili protocolli di formazione più brevi. Altra tematica affrontata grazie agli interventi esterni, è l’importanza dell’ingaggio. Favorire un clima di empatia, stimolare la comprensione, ragionare congiuntamente sui costi e benefici del trattamento e del disturbo, sono complessivamente dimensioni da valutare e implementare per garantire un clima di ingaggio e collaborazione per tutto il percorso terapeutico. Difatti, il ruolo attivo del paziente appare uno degli aspetti fondamentali per un esito positivo del trattamento.

Ultimato il dibattito, l’incontro si è concluso con i ringraziamenti da parte della Dott.ssa Nocita, e l’invito a presenziare al terzo ed ultimo webinar, intitolato (Non) basta la forza di volontà.

 

GUARDA IL VIDEO DEL WEBINAR:

Disturbi Alimentari e falsi miti: (non) solo ragazze! – Video del webinar

 

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