expand_lessAPRI WIDGET

Scaramanzia & gesti superstiziosi: forma di evitamento?

– FLASH NEWS-

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche

Perché il rituale è stato efficace? Tutti i rituali superstiziosi condividono un ingrediente: implicano un’ azione di evitamento, cioè gesti che danno l’idea di allontanare qualcosa di cattivo da noi stessi.

La superstizione fa fare alla gente cose strane: toccare legno, o ferro, evitare gatti neri o scale aperte, e spesso anche chi razionalmente si rende conto che questi gesti non hanno davvero un effetto e un legame con il verificarsi o meno di certi eventi cede a piccoli rituali superstiziosi. Perchè? Perchè funziona!

Infatti “toccare ferro” anche se non ha un effetto sulla realtà che ci circonda, influisce sulle nostre convinzioni.

Pensare di essere fortunati, considerare, ad esempio, di non avere mai fatto un incidente, ci spinge inevitabilmente a considerare anche la sfortuna e l’eventualità che possa accadere e questo, inevitabilmente, ci fa entrare in uno stato di preoccupazione che certi gesti ci aiutano a placare.

In uno studio, che sarà pubblicato sul Journal of Experimental Psychology, i ricercatori hanno chiesto ad un gruppo di studenti universitari di dire ad alta voce “che sicuramente durante l’inverno non avrebbero fatto incidenti”; hanno poi confrontato le conseguenze psicologiche e comportamentali di questa “pericolosa” affermazione con quelle di un gruppo di controllo che non pronunciava la frase.

L’idea era quella che pronunciare la frase li avrebbe indotti in uno stato di superstiziosa preoccupazione, secondo il principio per cui vantarsi della fortuna attira la sfortuna. E così è stato, inoltre quando gli è stata data la possibilità di toccare il tavolo di legno davanti a loro, gli studenti che avevano pronunciato la frase, lo facevano con l’idea che questo esorcizzava la sfortuna che avevano attirato dichiarandosi immuni dalla possibilità di fare incidenti.

Perché il rituale è stato efficace? Tutti i rituali superstiziosi condividono un ingrediente: implicano un azione di evitamento, cioè gesti che danno l’idea di allontanare qualcosa di cattivo da noi stessi. I rituali aiutano a calmare la mente perché l’azione di evitamento in esso espressa probabilmente induce sentimenti, i pensieri e sensazioni che le persone normalmente sperimentano quando riescono ad allontanare qualcosa di sgradevole.

Per verificare questa ipotesi, i ricercatori hanno chiesto a diverse persone di “toccare legno” con un gesto che implicava un’azione evitante, toccare il tavolo in alto con un gesto di allontanamento da sé stessi, o una che non implicasse un evitamento, cioè toccare il tavolo nella parte inferiore, verso sé stessi. Come previsto, il secondo gruppo, nonostante avesse avuto la possibilità di compiere un gesto scaramantico (toccare legno) non aveva avuto la sensazione che questo lo immunizzasse dalla sfortuna.

Successivamente i ricercatori hanno verificato se i gesti di evitamento avevano lo stesso effetto in situazioni non superstiziose. Invece di “toccare legno” dopo avere pronunciato la frase “sfortunata” i partecipanti del gruppo sperimentale dovevano tirare una palla, un’ azione  di evitamento ma non associata a un contesto superstizioso. Anche questo gesto ha avuto l’effetto di ridurre la preccupazione legata all’idea di avere attirato su di sé la sfortuna, e questo avveniva sia a nel gruppo sperimentale di chicago che in quello di singapore, cioè l’effetto era indipendente dalla cultura dei partecipanti.

Per concludere, se quasi ogni gesto può essere trasformato in un rito scaramantico, forse quelli che hanno più probabilità di essere usati sono quelli che riescono a farci sentire diversamente, e meglio.

LEGGI ANCHE:

EVITAMENTO

 

 

BIBLIOGRAFIA: 

 

Ritorna Psicologia Film Festival (PFF) di Torino: Sister, di Ursula Meyer

Ricomincia martedì 22 ottobre lo Psicologia Film Festival di Torino con la proiezione di Sister (2012). Sister 2012 - PFF

 


 

Sister (2012)

Recensione.Regia: Ursula Meier, Orso d’argento a BerlinoConsigliato dalla Redazione

Sister 2012 - PFF

Sister: “Il bambino abbandonato e la sua ferocia dolente”. Simon e Louise sono due personaggi tragici che vivono un mondo ai confini della strada, desolato e solitario, dove non c’è speranza di riscatto. (…)

Tratto da: State of Mind

 

Per continuare la lettura sarete reindirizzati all’articolo originale … Continua  >>

 


Articoli su: Cinema
Tra sogni e incubi: la rappresentazione dei disturbi del sonno nel cinema
Il cinema esplora spesso i disturbi del sonno contribuendo a modellare la percezione pubblica di queste condizioni
Il cane muore? L’inutile trovata dei trigger warning nell’epoca della fragilità
Il trigger warning è un messaggio volto ad avvisare che certi temi potrebbero riattivare traumi passati. Ma funziona davvero?
La vita è uno stato della mente. Dal film “Oltre il giardino” (1979)
L’intero film "Oltre il giardino" è percorso da una catena di fraintendimenti, ogni personaggio proietta sul protagonista le sue personali aspettative
Inside Out 2: una nuova avventura nella mente di Riley
Inside Out 2 ci riporta nella mente di Riley, ormai adolescente, che sperimenta le emozioni complesse tipiche di questa delicata fase
Inside Out 2 – Tra autodeterminazione e cambiamento
Con Inside Out 2 torniamo nella mente di Riley e scopriamo la rivoluzionaria fase della pubertà e l'entrata in scena di nuove emozioni
Vortex: uno sguardo introiettato al divenire della terza età – Recensione del film
Nel film Vortex, Gaspar Noé offre una rappresentazione nuda e cruda della terza età, della solitudine e dell'incapacità di costruire una necessaria inclusività
It follows: quando l’horror parla alle angosce giovanili – Recensione
Nell’opera di Robert Mitchel il contatto con la paura diventa un espediente per esplorare la vulnerabilità umana nei confronti della morte
Felicità (2023) di Micaela Ramazzotti – Recensione del film
"Felicità" racconta le vicissitudini di una famiglia disfunzionale, in cui i ruoli di figli e genitori si confondono per proteggere il concetto di famiglia
Kripton, un film-documentario sulla malattia mentale – Recensione
Kripton (2023) è un film documentario che segue un gruppo di sei ragazzi per 100 giorni in due comunità terapeutiche pubbliche della periferia romana
Poor Things (2024): una storia eversiva sul progresso umano – Recensione
Poor Things esplora un bagaglio denso di nozioni riconducibili alle scienze filosofiche e sociali e affronta diversi temi psicologici
Psicopatia e disturbo antisociale di personalità: un’analisi clinica e cinematografica dei disturbi
Discriminare tra la psicopatia e il disturbo antisociale di personalità tramite il supporto di parallelismi cinematografici
E tirare fuori un uomo infelice da un cavallo felice?! – Analisi del film Stonehearst Asylum da una prospettiva Cognitivo – Costruttivista
Il film Stonehearst Asylum propone una cruda rappresentazione della psichiatria dell'800, puntando i riflettori sull'approccio alla malattia mentale
Guardiani della Galassia vol. 3 - Recensione del film
Guardiani della Galassia vol.3 – il legame inscindibile tra senso di appartenenza e separazione
La ricerca della propria identità e l'accettazione dell'altro come diverso da sé emergono preponderanti in questo episodio di "Guardiani della Galassia"
The Whale: il trauma della perdita dell’Altro come condanna a vita – Recensione
Una recensione del film premio Oscar "The Whale" con una chiave di lettura centrata sui contributi di autori psicoanalitici come Freud e Lacan
Percoco. Il primo mostro d’Italia (2023) - Recensione del film
Aspettative genitoriali: il caso Franco Percoco – Recensione del film
"Percoco. Il primo mostro d'Italia" racconta la strage familiare compiuta da Franco Percoco, ricostruendone la storia e le esperienze di vita
The whale, la balena (2022) diretto da Darren Aronofsky - Recensione
The whale, la balena (2022) – Recensione del film
Il film "The Whale" affronta i temi del trauma, dell'incomunicabilità e della ricerca della speranza attraverso la storia del protagonista, Charlie
Disturbo dissociativo dell'identità: la figura di Aaron in "Schegge di paura"
Il Disturbo Dissociativo dell’Identità attraverso la figura di Aaron Luke Stampler nel film “Schegge di paura”
La presenza degli alter ego tipica del disturbo dissociativo dell'identità è ben rappresentata dal personaggio di Aaron nel film "Schegge di paura"
Siccità (2022) il riecheggiare di un trauma - Recensione del film
Siccità (2022). Un film di Paolo Virzì – Recensione
'Siccità' tocca vari temi attuali: dalla pandemia al rapporto uomo-pianeta, dall’osservazione della politica sterile al ruolo degli specialisti e ai social
Al di là dei sogni una trama ricca di colori Recensione del film Featured
Al di là dei sogni, una trama ricca di colori – Recensione del film
"Al di là dei sogni" non presenta una trama scontata e leggera, ma uno scenario in grado di farci prendere le distanze dai soliti confini spazio temporali
Batman e Gotham City: l’esperto della salute mentale come cattivo
Psicofarmacologia come superpotere a Gotham City: l’esperto della salute mentale come cattivo in “Batman”
Si analizzano i personaggi di Batman e le loro dinamiche, riflettendo sugli effeti del presentare negativamente la figura dell'esperto della salute mentale
Carica altro

Musicoterapia: Cronaca di un’esperienza musicale inimmaginabile

 

…aprire le ali e come un gabbiano volare

nel cielo infinito senza più tornare

Il mondo è fuori, Solarium

SCARICA LA BROCHURE DELL’ EVENTO

Inimmaginabile

A Villa Igea è stato presentato un CD contenente le canzoni nate nei laboratori di musicoterapia, dal titolo, appunto, Inimmaginabile.

Tutto ebbe inizio nel 2009 con il concorso musicale “Oltre il muro- Una canzone a trent’anni dalla Legge Basaglia”, organizzato insieme al Comune di Modena e dedicato alle canzoni che avessero come tema il disagio psichico.

Il concorso fu l’occasione per fare “uscire allo scoperto” gruppi musicali composti da utenti e operatori dell’Ospedale Privato Convenzionato Villa Igea di Modena, che utilizzavano lo scrivere canzoni come strumento riabilitativo, occasione per stare insieme in modo creativo e per esprimere con la musica quello che avevano dentro. Nel 2009 i primi gruppi a salire sul palco furono i Fermata Fornaci, formatisi al Day Hospital di Villa Igea, e i Darkiska (oggi diventati i Divo), nati presso la Semiresidenza psichiatrica Il Sole di Sassuolo. Da allora l’esperienza del songwriting riabilitativo è cresciuta anno dopo anno in senso quantitativo e qualitativo. Sono nati nuovi gruppi presso altre strutture come i Solarium, presso la Residenza a Trattamento Protratto Il Borgo, la Nespolo Band, presso l’omonima Residenza Psichiatrica per adolescenti, i Lunatici e i Sole Cantorum presso la Residenza La Luna e il Sole di Sassuolo.

InimmaginabileLa scorsa settimana il sogno è diventato realtà: a Villa Igea è stato presentato un CD contenente le canzoni nate negli anni nei laboratori di musicoterapia, dal titolo appunto “Inimmaginabile”. La presentazione del disco ha avuto luogo nel bel giardino della clinica, il luogo dove i pazienti solitamente passeggiano quando non ci sono attività nei reparti. La clinica è stata aperta a tutti per l’occasione ed è stato possibile visitare anche il Museo dell’albero della memoria, un singolare edifico costruito attorno a un albero, dove sorgeva la vecchia portineria.

Vi racconto qualcosa di più sui gruppi e sui loro coordinatori.

I Fermata Fornaci sono attualmente coordinati da Barbara Rosset, una cantautrice modenese che collabora con i Nomadi, per i quali ha scritto alcuni brani dell’ultimo disco. Barbara non aveva precedenti esperienze in ambito psichiatrico e all’inizio è stata affiancata dal sottoscritto nella conduzione del gruppo, insieme alle bravissime operatrici del DH. Con un grande talento compositivo e un entusiasmo contagioso, Barbara è stata determinante nella realizzazione del CD. Ha motivato benissimo il gruppo, ha insegnato esercizi di respirazione e tecniche vocali, ma soprattutto ha trasmesso il coraggio anche a chi non aveva mai cantato. Si è poi prodigata con musicisti professionisti per realizzare delle splendide basi, su cui il gruppo ha cantato in studio di registrazione. Barbara è la prova vivente di come una persona, anche priva di una formazione specifica, ma supportata da una buona equipe, possa trasmettere una passione a persone con gravi problemi psichiatrici, ottenendo risultati terapeutici importanti.

I gruppi della residenza e semiresidenza di Sassuolo sono coordinati da Tommy Togni, cantautore e attore modenese, autore del brano di successo di Irene Grandi “In vacanza da una vita“, altro grande artista prestato alla psichiatria. All’inizio ricordo che Tommy, anche lui alla prima esperienza nel mondo psichiatrico, era abbastanza spaventato all’idea di condurre un laboratorio di musica e teatro con pazienti psichiatrici. Sostenuto e guidato dall’equipe della psichiatra Lucia Zanni, ha fatto crescere ben tre band che scrivono canzoni e commedie teatrali, presentate a rassegne legate alla salute mentale (Settimana della Salute Mentale, Festival delle Abilità Differenti, Feste dell’Associazione Famigliari) e non (Settembre Formiginese). I brani composti dai gruppi di Sassuolo sono stati cantati e interpretati dagli utenti, accompagnati alla chitarra da Tommy.

L’ultimo arrivato nel fecondo laboratorio artistico di Villa Igea è il mio “socio” Cristian Grassilli, che è psicoterapeuta e musicoterapeuta, oltre ad essere ovviamente cantautore superbo (già autore, insieme al sottoscritto, per Francesco Guccini) e che ha dato vita alla Nespolo band e ai Solarium. Cristian ha registrato le basi musicali su cui hanno cantato i gruppi.

L’esperienza in studio di registrazione è stata esaltante per utenti e operatori, che hanno avuto occasione di scoprire un luogo nuovo in cui si sono trovati subito a proprio agio. E’ ormai assodato che quando i nostri pazienti si sperimentano in contesti lontani dai luoghi di cura e riabilitazione funzionino meglio, vincendo quella che Franco Basaglia chiamava “malattia da istituzionalizzazione” e mostrando parti di sè inaspettate e inimmaginabili.

Inimmaginabile La presentazione del CD è stata una vera festa, con centinaia di partecipanti. Sono venuti tanti gruppi di pazienti di altre strutture, accompagnati dagli operatori, insieme a famigliari, autorità locali, studenti e semplici curiosi. Quasi tutti gli utenti presenti sono transitati in passato da Villa Igea, come tappa del proprio percorso di cure. Alcuni nel frattempo sono guariti, altri hanno fatto passi avanti significativi, ed è stato bello riincontrarsi in un’occasione così positiva.

Il concerto è stato l’occasione anche per scoprire le qualità artistiche di alcuni operatori, come quelle di un nuovo medico del Day Hospital, che ha accompagnato magistralmente i Fermata Fornaci alle percussioni. L’impianto audio non era il massimo, ma “fortunatamente” la mattina stessa era stato ricoverato un fonico nel reparto dove lavoro, che, con grande disponibilità, si è messo al servizio dello show. Potere del rock and roll…

Le protagoniste assolute sono comunque state, come sempre, le canzoni, i cui testi, a tratti ironici a tratti struggenti, non hanno niente da invidiare alla migliore tradizione cantautorale italiana.

Tra i brani divertenti vale la pena citare una parodia de Il leone si è addormentato, che diventa Te un rimbambì, con protagonista lo strizzacervelli “Lo psichiatra si è addormentato, gli han dato lo Xanax, è un rimbabì, è un rimbambì…”.

Tra i pezzi poetici Vivere l’alba recita “scriverò le mie paure per dire ciò che ho dentro, a chi non vuol sapere se c’è il sole o pioggia intorno a sé”.

Per chi fosse interessato ad ascoltare l’intero CD, è disponibile gratuitamente contattando l’Ospedale Privato Villa Igea (www.villaigea.it).

 

LEGGI ANCHE:

MUSICAMUSICOTERAPIA

REPORT DEL CONGRESSO “QUALE MUSICOTERAPIA PER LA SALUTE MENTALE?”

 

Shocking Truth: le verità sulla Pornografia e le storie di Abuso

Shocking truth . - Immagine: ©chrisdorney-Fotolia.comShocking Truth (Verità sconvolgente) è un documentario della regista svedese Alexa Wolf sul mondo della pornografia  ha fatto discutere molto per la feroce denuncia nei confronti dell’industria del sesso.

Presentato al Parlamento svedese nel 2000 nell’ambito di un dibattito sulla libertà di espressione nella pornografia è quasi introvabile, ma ha fatto discutere molto per la feroce denuncia nei confronti dell’industria del sesso, che, nella sua espressione più estrema, viene paragonata a un luogo di abuso e tortura legalizzati, non poi così diversa da quella illegale e proibita degli snuff movies.

Shocking Lies: Sanningar om lögner och fördomar i porrdebatten (“Menzogne sconvolgenti: Verità, bugie e pregiudizi nei dibattiti sul porno“) è un’antologia, pubblicata a pochi mesi di distanza dal documentario, che raccoglie contributi sull’argomento di diversi giornalisti e persone legate al mondo del porno.

Isabelle Sorente, laureata in fisica all’école Polytechnique, romanziera e autrice di teatro, racconta, con un linguaggio forte, tanto quanto le immagini del film, le verità sconvolgenti che si celano dietro all’abile lavoro di montaggio dei filmati porno, in cui giovani donne si sottopongono a tour de force sessuali con centinaia di uomini in poche ore. Sanguinamenti, lesioni interne, gravi danni fisici permanenti, l’impossibilità di interrompere le riprese (interrotte, a volte, solo grazie all’arrivo della polizia) sono solo alcuni dei dettagli che vengono nascosti al pubblico in fase di montaggio; la Sorente va oltre, e si chiede chi siano queste donne e questi uomini, raccontandoci un universo disumanizzato in cui il piacere della sessualità è del tutto assente e la libertà di scelta una bugia sulla quale si erge l’intero sistema.

Il vero protagonista non è il piacere, ne l’erotismo, ma l’abuso, fisico, sessuale, psicologico, spesso subito nell’infanzia e nell’adolescenza, ripetutamente, fino a diventare l’unica realtà possibile, inevitabile, fino a sembrare addirittura desiderabile.

Alcune ricerche hanno dimostrato che il 75% delle prostitute sono state vittime, nella loro infanzia, di abusi sessuali.

La vergogna, l’umiliazione, il sentimento e la paura di non valere nulla, di non essere nulla se non una cosa da usare per dare piacere (piacere?) modellano il senso di identità di queste donne che, lungi dall’aver mai sperimentato una qualche forma di protezione, non possono far altro che rivivere all’infinito le violenze subite, raccontando a loro stesse che è proprio quello che desiderano e che hanno scelto liberamente di fare.

La denuncia della Sorente è sopratutto sociale, quella di un sistema (capitalista) in cui, in nome del libero mercato e della libertà di scelta e di espressione, queste vittime sono lasciate a sé stesse, libere (libere?) di verificare fino a che punto si può arrivare: dov’è il fondo? Fino a dove la violenza e l’annichilimento del sé possono arrivare? C’è un limite oltre al quale questo diventa insopportabile? La maggior parte delle attrici che arrivano alla zoofilia (rapporti sessuali con animali) si suicida, ci racconta la Sorente.

Si parla tanto di abuso e maltrattamento infantili e dei devastanti effetti di questo tipo di trauma sulla personalità adulta, ma quanto ci è possibile associare questo trauma alla sessualità della pornografia, della prostituzione o più in generale a una certa voracità sessuale cosi valorizzata nella nostra moderna e disinibita società?

La neuropsicofisiologia ci dice che la sessualità è un complesso evento psicofisico che non ha a che fare solo con il corpo ma che concerne le esperienze relazionali, la comunicazione intima, lo sviluppo affettivo e cognitivo, le memorie implicite (Imbasciati e Buizza 2012). La sessualità dunque è primariamente un’ emozione che ha carattere relazionale e che è correlata alle prime esperienze di attaccamento, in cui il corpo fa da mediatore con l’ambiente esterno.

Violenza fisica e sessuale, maltrattamenti, trascuratezza emotiva sono gli ingredienti che fanno da sfondo all’alessitimia post-traumatica che apre la strada alla sessualità compulsiva, in cui gli aspetti dolorosi dei traumi originari rimangono dissociati e l’atto sessuale stesso diviene il tentativo disperato di evitare un legame emotivo con la dolorosa realtà interna ed esterna (Craparo, 2013).

Se l’orrore dell’abuso infantile non può essere pensato, sentito, nominato, mentalizzato (Fonagy et al. 2002) condannando chi ne è vittima a un dolore somatopsichico soverchiante e alla messa in atto di condotte compulsive, forse il primo passo che possiamo compiere è proprio quello di cominciare a chiamare le cose con il loro nome.

 

LEGGI ANCHE:

 SESSO – SESSUALITA‘ – TRAUMA – ESPERIENZE TRAUMATICHE

ABUSI E MALTRATTAMENTI – VIOLENZA

MEMORIE TRAUMATICHE E MENTALIZZAZIONE (2013) – RECENSIONE

 

 

BIBLIOGRAFIA:

Assisi 2013 – L’Acquafobia e Le Cognizioni Di Mantenimento

Barbara Postal

L’Acquafobia e Le Cognizioni Di Mantenimento

B. Postal, G. Caselli

LEGGI TUTTI GLI ARTICOLI SU ASSISI 2013

 

Come viene definita l’acquafobia? L’acquafobia fa parte delle fobie specifiche del sottotipo “ambiente naturale”. Come tutte le fobie, la paura varia da persona a persona. L’acquafobia, anche nota con il nome di talassofobia, è la paura di immergersi in acqua ed è anche inquadrata come paura di nuotare. Nella ricerca qui rappresentata con acquafobia si intende la paura di nuotare da soli in acqua profonda.

Attraverso il portale online “Surveymonkey” si è approntato un questionario per misurare l’acquafobia e le cognizioni collegate. Il questionario è stato inviato a più di cento persone, con l’ipotesi di diagnosi di sofferenza da acquafobia.

Il questionario era composto dai seguenti elementi:

1) Il FSS-II i cui item includono situazioni ansiogene relative agli animali, situazioni sociali, lesioni e morte, oggetti, suoni e altre situazioni, come l’acquafobia. L’acquafobia viene colta con 3 item: item 25 (“nuotare da soli”), item 34 (“stare su una barca”) e item 46 (“acqua fonda”). Per la ricerca qui rappresentata si è tenuto conto solo degli item 25 e 46.

2) L’ACS misura le credenze sugli stati emotivi. Nel questionario approntato è stata usata solo la sottoscala a)la paura dalla paura.

3) Il FDS-R è un questionario “self-report” il quale dà accesso alle credenze dell’intolleranza alla frustrazione. Nel questionario approntato è stata usata solo la sottoscala “intolleranza delle emozioni”.

4) L’ACQ aiuta a misurare meglio il controllo percepito sulle reazioni emozionali e sulle minacce esterne, che hanno una rilevanza diretta per i disturbi d’ansia; è composto da 30 item. 16 item misurano il fattore “eventi esterni” e 14 item il fattore “reazioni emozionali interne”.

5) Lo STAI le qui scale servono al rilevamento della paura come “stato” (“State- Anxiety”) e la paura come tratto (“Trait-Anxiety”). Nel questionario approntato è stata usata solo la sottoscala che rileva la paura di “stato”. La domanda iniziale è stata modificata, così da riferirsi ai momenti nei quali la persona testata si trova nell’acqua profonda.

76 persone hanno risposto al questionario, delle quali 28 maschi e 48 femmine. Per l’analisi dei dati sono stati selezionati i soggetti che avevano risposto agli item 25 (“nuotare da soli”) e 46 (“acqua fonda”) del FSS-II con uno score superiore a 4. Trentacinque soggetti hanno fatto parte di questo gruppo (chiamato in seguito “gruppo acquafobia”).

Con l’ipotesi 1 si intendeva dimostrare che le persone affette da acquafobia sono più ansiose rispetto a quelle che non ne soffrono. Il “gruppo acquafobia” è stato confrontato con il resto del campione. Non si è usato il cut-off dello score totale del FSS-II (≤ 118 nelle donne e ≤ 93 negli uomini), ma sono state confrontate le medie. Così si è potuto osservare se il “gruppo acquafobia” avesse punteggi significativamente più alti del resto del campione. L’ipotesi è stata confermata. Il campione del “gruppo acquafobia” è stato confrontato con tutti i questionari usati nel questionario approntato.

Dalla “tabella 1” si nota che il “gruppo acquafobia” ha punteggi significativamente diversi in tutti i totali.

Controllando le medie, i punteggi del “gruppo acquafobia” sono più alti in tutti i questionari, tranne nelle scale “e” (controllo tramite episodi esterni) e “r” (controllo tramite reazioni interne) dell’ACQ, nel quale i punteggi sono più bassi.

Con l’ipotesi 3 si è inteso dimostrare che il “gruppo acquafobia” avesse uno score più alto nell’anxiety-scale dell’ACS, che significherebbe che queste persone hanno un’alta paura della paura. Anche questa ipotesi è stata confermata, così come le ipotesi 5 e 7 (tabella 2). Con l’ipotesi 5 si intendeva dimostrare la difficoltà nella gestione delle emozioni da parte delle persone affette da acquafobia.

Con l’ipotesi 7 si intendeva dimostrare che le persone del “gruppo acquafobia” manifestassero un’alta intensità della tensione, della preoccupazione, della nervosità, dell’irrequietezza interiore e della paura degli eventi futuri. Il “gruppo acquafobia” dimostra quest’alta intensità pensando a momenti nei quali si trova nell’acqua profonda.

L’ipotesi 8 chiede cosa predice di più la tensione provata nuotando nell’acqua profonda, così come misurata dallo STAI-X1. Si è verificata una regressione in tutti i punteggi e lo STAI-X1 come variabile dipendente. Confrontando questi valori al netto degli altri si nota quali siano i più forti predittori dello STAI-X1. Gli unici predittori significativi sono l’ACQ scala “e” e l’ACS anxiety-scale. Vale a dire che queste variabili predicono il livello di ansia provato nuotando in acqua profonda al netto delle altre dimensioni.

Con l’ipotesi 2 si intendeva dimostrare che persone affette da acquafobia soffrono anche di un’intensa paura dell’altezza. Per confermare quest’ipotesi sono stati individuati i soggetti che soffrono di paura dell’altezza (punteggi ≥ 4 nell’item 23 “l’alto”). Anche qui la differenza è significativa. Significa che persone affette da acquafobia tendono ad avere anche più paura dell’altezza. Nella tabella 3 si nota che l’indice di correlazione su tutto il campione è più alto con l’item 25 (“nuotare da soli”).

Con l’analisi dell’ipotesi 4 si è potuto dimostrare soltanto che il “gruppo acquafobia” avesse la credenza di comportarsi male o fare brutta figura nei momenti d’ansia. L’ipotesi che questo gruppo abbia la credenza di nutrire poca fiducia in se stessi, ovvero di essere in grado di controllare la propria paura, non è stata confermata.

Poiché si è potuta confermare solo in parte l’ipotesi 4, l’analisi sull’ipotesi 6 più dettagliata non si è potuta svolgere. Tuttavia il confronto tra i due gruppi con l’ACQ si nota nelle tabelle 1 e 2. In effetti, vi si può notare che il “gruppo acquafobia” ha una percezione di controllo più bassa in entrambe le scale dell’ACQ (scala “e” e scala “r”).

Questa ricerca rappresenta un primo tentativo di capire meglio questa fobia specifica chiamata “aquafobia”. In parte si è riusciti a raggiungere questo obiettivo, c’è però ancora spazio per allargare questa ricerca.

LEGGI TUTTI GLI ARTICOLI SU ASSISI 2013

LEGGI ANCHE:

ASSISI FORUM SULLA FORMAZIONE IN PSICOTERAPIA – ANSIA – PAURA

Genetica e soddisfazione coniugale

– FLASH NEWS-

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche

I ricercatori della University of California Berkeley e della Northwestern University  hanno scoperto una correlazione significativa tra la variante di un gene, l’allele 5 – HTTLPR, e la soddisfazione coniugale.

Una vita di coppia carica di emozioni negative e di poche positive sembrerebbe il requisito fondamentale dell’insoddisfazione coniugale, ma non per tutti è così; alcune persone infatti sono meno sensibili di altre al clima emotivo di coppia, positivo o negativo che sia, e la loro soddisfazione in coppia sembra non essere particolarmente influenzata né dalla positività né dalla negatività delle emozioni sperimentate. Perchè?

I ricercatori della University of California Berkeley e della Northwestern University hanno cercato di rispondere a questa domanda e hanno scoperto una correlazione significativa tra la variante di un gene, l’allele 5 – HTTLPR, e la soddisfazione coniugale.

Tutti gli esseri umani ereditano una copia di questa variante da ciascun genitore ed è la lunghezza dell’allele ad essere associata a una maggiore o minore soddisfazione coniugale.  Lo studio longitudinale ha monitorato oltre 150 coppie sposate da più di 20 anni: i ricercatori hanno osservato sia i genotipi che l’interazione tra i partners, ogni 5 anni. I risultati indicano che gli individui con due alleli corti del gene riferivano maggiori emozioni negative e insoddisfazione (rabbia,  disprezzo, e maggiore infelicità in presenza di emozioni positive) in relazione alla vita di coppia, rispetto a quelli con uno o due alleli lunghi che erano, invece, molto meno sensibili al clima emotivo dei loro matrimoni.

Inoltre la correlazione tra geni, emozioni e soddisfazione coniugale è stata particolarmente pronunciata negli adulti più anziani: durante l’infanzia e la vecchiaia infatti siamo più sensibili alle influenze genetiche. 

I  risultati, specificano i ricercatori, non indicano che i coniugi con diverse varianti di 5 – HTTLPR sono incompatibili, ma suggeriscono che quelli con due alleli corti hanno maggiori probabilità di prosperare in un buon rapporto e soffrire in uno cattivo.

LEGGI ANCHE:

AMORE & RELAZIONI SENTIMENTALIGENETICA & PSICHE

 

 

BIBLIOGRAFIA: 

 

La donna perfetta (The Stepford Wives) – Cinema & Psicoterapia #11

RUBRICA CINEMA & PSICOTERAPIA  #11

La donna perfetta (The Stepford Wives) (2004)

Proposte di visione e lettura (CorattiLorenziniScarinciSegre, 2012)

La donna perfetta (The Stepford Wives) (2004). -Immagine: Locandina

Un perfezionista pensa di meritare attenzione e amore solo se è perfetto e per questo controlla che tutto lo sia, teme che l’errore possa portare a sminuire i risultati fissati ed è molto esigente con se stesso e con gli altri. È critico se gli standard non sono raggiunti e, se vengono raggiunti pensa, spesso, che il compito era troppo facile. 

Info:

È un film diretto da Frank Oz, interpretato da Nicole Kidman, Glenn Close, Christopher Walken, Matthew Broderick. USA 2004. Commedia. Il film è tratto dal romanzo La fabbrica delle mogli di Ira Levin.

Trama: 

Joanna, manager televisiva, viene licenziata, si deprime e quando esce dalla clinica in cui si è curata il marito Walter le comunica che si è anch’egli licenziato dalla televisione dove entrambi lavoravano e di voler salvare il loro matrimonio in crisi.

Si trasferiscono a Stepford, una cittadina in cui le mogli sono perfette: belle, casalinghe ineccepibili, fanno “sesso alla grande e con i loro mariti!”. I due protagonisti scopriranno che tutte le donne sono state trasformate in robot. L’artefice di tutto è  Claire, chirurgo neurologico di fama mondiale che, tornata a casa dopo l’ennesima giornata di lavoro, uccide il marito e la sua amante, e decide di creare Stepford.

Motivi di interesse:

Cara mi lucideresti le scarpe per domani? Certamente! Scusa, hai cucinato quel manicaretto che mi fa impazzire? È quasi pronto. Io esco con gli amici, ci vediamo dopo. Divertiti!

Un sogno? No, Stepford.

Il film propone un mondo perfetto dove tutti sono come gli altri vogliono. La compiacenza e l’accondiscendenza caratterizzano l’atteggiamento di queste mogli perfette che stupiscono per la loro abnegazione verso i mariti. Joanna chiede se i robot sanno anche dire “ti amo, ma con sentimento”. La donna perfetta è quello che si può considerare un vero e proprio attacco ad un modello culturale che ha nella televisione il mezzo di diffusione più importante. In questo senso è interessante un dialogo tra due protagonisti:

Tutte le donne di questa città sono perfette e sensuali gatte morte, tutti gli uomini degli sfigati bavosi. 

Non è una cosa un po’ strana? 

Non per me. 

Perché no? 

Lavoro in televisione”.

Il perfezionismo è un costrutto implicato nei disturbi del comportamento alimentare, ma anche nei disturbi d’ansia e nella depressione.

Un perfezionista pensa di meritare attenzione e amore solo se è perfetto e per questo controlla che tutto lo sia, teme che l’errore possa portare a sminuire i risultati fissati ed è molto esigente con se stesso e con gli altri. È critico se gli standard non sono raggiunti e, se vengono raggiunti pensa, spesso, che il compito era troppo facile. 

A Stepford tutti hanno ciò che vogliono, l’apparenza copre il non essere, un mondo artificiale e privo di umanità, dove si ricostruiscono donne e uomini per soddisfare il proprio desiderio di avere ciò che si sogna. La perfezione, però, non esiste e la spirale fatta di aspettative frustrate e di persone che non fanno e non dicono mai ciò che vorresti, riappare immancabilmente. Alla resa dei conti, quando nemmeno il telecomando per le mogli funziona più, Joanna svela di non essere mai diventata un robot e che Walter la stava aiutando a porre fine a quell’incubo.

Indicazioni per l’utilizzo: 

Il film offre importanti spunti di lettura e di discussione su alcuni processi e costrutti implicati in alcuni disturbi d’ansia, nei disturbi del comportamento alimentare e nella depressione: perfezionismo, bisogno di controllo, autostima, atteggiamento compiacente, separazione e individuazione, autonomia e indipendenza.

 

Trailer

LEGGI ANCHE:

PERFEZIONISMOANSIADEPRESSIONE DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE -ED

RECENSIONI – CINEMA 

 

BIBLIOGRAFIA:

Dal gemello “sacrificato” alla rinascita della individualità – PARTE 3

Alessandra Cocchi.

 

Dal gemello “sacrificato” alla rinascita della individualità

Un intervento di Danza Movimento Terapia

PARTE 3

Prime interazioni e analisi del movimento nel caso di L.

LEGGI: PARTE 1PARTE 2

 

Il gemello sacrificato - parte 3. - Immagine: © andreyfire - Fotolia.comDal gemello “sacrificato” alla rinascita della individualità – Il lavoro dei Danzamovimento terapeuti per un’analisi delle prime interazioni e del movimento del bambino.

Quando lo vedo arrivare nel corridoio accompagnato dal papà e quando in palestra mi sta di fronte rigido e chiuso nella sua giacca a vento, noto che l’effort1 del peso2 non è mai interamente attivato, e prevale in sua sostituzione il flusso di tensione muscolare3 tenuto ad alta intensità4. Mentre sta in piedi, con le braccia lungo il corpo, studiandomi e raccontandomi le sue fantasie, L. congela il movimento e il respiro, e mantiene un flusso di forma5 chiuso e ristretto.

Secondo Judith Kestenberg il flusso di forma chiuso ha a che fare con un disagio nei confronti dell’ambiente circostante, il quale non favorisce la motivazione a gettare un ponte fra sé e il mondo. Osservo che, qualunque cosa faccia, manca in L. la connessione col centro del corpo, e, ancor prima, col respiro6, che non può sostenere le altre azioni. Il flusso di tensione muscolare tenuto non gli permette di allargare la forma del corpo, come se creasse una vera e propria seconda pelle (Bick 1968). Ciò suggerisce la mancanza di un oggetto interno contenitivo e l’ ansia per non potersi lasciare andare all’aiuto e alla disponibilità emotiva degli altri.

Un obiettivo di lavoro nella prima fase della terapia riguarda la costruzione di una relazione che diventi una pelle mentale per L., che gli permetta di interiorizzare il nostro appuntamento come uno spazio-tempo in cui poter stare in presenza di un adulto interessato e partecipe, che riconosca e contenga la sua parte deprivata, facendogli sentire accolta la totalità del suo essere.

Questo tipo di relazione permette una regressione terapeutica (Winnicott, Kohut), che favorisce la sperimentazione di oggetti Sé empatici, riducendo nel paziente la scissione verticale che lo divide fra aspetti di grandiosità e sensazioni di vuoto e inibizione, in modo da integrarli nella totalità del Sé.

Inoltre, salta subito all’occhio uno scarso utilizzo della cinesfera7: L. è spesso confinato nel suo spazio intimo8, da cui a volte esce improvvisamente per mimare calci e pugni allo specchio indirizzati a “rivali”, o per ripropormi le coreografie dei suoi eroi del wrestling. Quando si dedica a tali movimenti di apertura, predomina il pre-effort9 della repentinità10: in quella situazione il corpo “si scompone”, per cui, invece che sferrare calci e pugni come vorrebbe, gli arti “esplodono” fuori dalla cinesfera intima, perdendo ogni coordinazione.

Gli manca quindi una vera e propria gestualità direzionale11 che parta dal centro del corpo e vada verso l’esterno; non è in grado di attivare efficacemente la connessione nucleo-distale12. Nei suoi gesti e movimenti non riesce a esprimere l’intenzionalità di andare verso lo spazio, gli oggetti e le persone per prendere o raggiungere ciò che desidera.

Judith Kestenberg (Kestenberg 1975) descrive il neonato come impegnato, nei primi mesi, a formare un suo guscio di tensione muscolare esterna per sentire nel corpo la differenziazione dalla madre; in questa condizione, il piccolo, intento ad acquisire il controllo sul restringersi e l’espandersi, sul mantenere una tensione corporea costante e sul riadattarla nei suoi spostamenti, crea una prima relazione direzionale quando comincia ad afferrare gli oggetti.

II desiderio di prendere oggetti distanti lo spinge fuori dal centro del corpo, verso lo spazio, per raggiungerli.

Sebbene abbia constatato l’incompleta attivazione dell’effort del peso, scorgo in questa sua posizione eretta, stazionaria, rigida, un tentativo di mantenimento dell’atteggiamento corporeo tipico del bambino nella fase anale dello sviluppo psicosessuale (Kestenberg 1975). In questa fase l’attenzione del bambino è molto concentrata sulla parte inferiore del corpo, perchè deve imparare a stare in piedi; l’esplorazione e il mantenimento della posizione eretta dà al piccolo la sensazione di essere “tutto di un pezzo”, un solido muro verticale che si oppone alla gravità. In effetti L. raramente cammina per la stanza, più che altro sta fermo o al massimo passa il peso da un piede all’altro, o fa pochi passi avanti e indietro o lateralmente, esibendo ritmi ora anali lottanti, ora genitali interni13; in tutto ciò le braccia sono sempre piegate strette vicine al busto, o, più spesso, lungo il corpo, ciondoloni.

Nell’intento di accogliere il bambino e di farlo sentire visto e sostenuto, in un primo momento sono ricorsa, nel modo di stare in piedi o seduta, di muovermi, di parlare, di ascoltarlo, soprattutto al rispecchiamento e alla sintonizzazione sui ritmi, le intensità e le forme del corpo di L.14. Ad esempio: durante i suoi racconti fantastici mi mettevo di fianco a lui e ne imitavo il ritmo con cui passava il peso da un piede all’altro; oppure stavo seduta di fronte a lui raggomitolata, anche io in un flusso di forma chiuso, dondolandomi al ritmo dei suoi spostamenti di peso. A volte gli proponevo attività ispirate alle arti marziali, modulando il movimento e suggerendo la sperimentazione di una maggiore pienezza dei movimenti del calcio e del pugno da lui ricercati.

Tutte le volte che lo rispecchiavo con troppa precisione, o quando gli proponevo di muoverci insieme, cioè di “negoziare” i suoi movimenti coi miei, cadeva nel flusso neutro15, deanimandosi come una bambola di pezza, con lo sguardo perso nello spazio remoto16. Nei bruschi cambiamenti degli attributi del flusso di tensione17 ora descritti, ho potuto vedere come, nel corpo, L. esprimesse uno scollegamento fra l’immagine irrealistica e fantastica di sé e il reale vissuto corporeo. L., infatti, sentiva l’impulso di passare bruscamente dallo stato di ritiro e chiusura descritto, ad azioni che avrebbero richiesto l’attivazione della connessione corporea omolaterale e controlaterale18, necessaria per sferrare un pugno o un calcio efficaci e credibili. Lo scomporsi del suo movimento quando tentava un aggancio “reale” agli spericolati atti che mi descriveva, non davano la sensazione di un movimento espressivo e compiuto, diretto a un fine, come avviene quando gli effort descritti da Laban si esplicano nella loro pienezza. L’uso frequente del pre-effort della repentinità, legato ad azioni che si svolgono prevalentemente su un piano sagittale19, indica, secondo Kestenberg, uno stato di allerta permanente, un essere pronti all’attacco e alla fuga come difesa controfobica20.

Il non avere raggiunto la capacità di usare effort pieni denotava una scarsa padronanza degli schemi di movimento che permettono di affrontare la vita quotidiana; il wrestler alle prese con le sue micidiali coreografie lottanti, il karateka che esegue (termine) i suoi kata con efficacia e convinzione di combattente, erano solo ideali per L., che sferrava calci e pugni davvero poco realistici.

 

LEGGI: PARTE 1 – PARTE 2

LEGGI ANCHE:

FAMIGLIA – BAMBINI – GENITORIALITA’ – ARTETERAPIA – PSICOANALISI

LA SINGOLARITA’ COME MATRICE DI DIFFERENZE: TEORIA DEL BIG BANG E FUNZIONE RELAZIONALE DEL SINTOMO

 

BIBLIOGRAFIA:

  • Agnew ,C.L., Klein, A., Ganon, J.A. (2006), Twins! Pregnancy, birth and the first year of life, Harper Collins Publishers, New York
  • Bacal, H. A., Newmann, K. M. (1990), Teorie delle relazioni oggettuali e psicologia del Sé, Bollati Boringhieri, Torino 1993.
  • Barbieri, F., Fischetti, C. (1997), Crescere gemelli. Individuazione psichica e relazione con l’ambiente delle coppie gemellari. Phoenix Editrice, Roma 1997.
  • Bartenieff, I. (1983), Body Movement: Coping with the Environment, Gordon & Breach, New York, 1983.
  • Bick, E. (1968), The Experience if the skin in early object-relations, in Meg Harris Williams, in Collected papers of Martha Harris and Ester Bick, The Clunie Press, Perthshire, Scotland 1978
  • Bion, W. (1963), Gli elementi della psicoanalisi, Armando, Roma 1979.
  • Bloom, K.  (2006), Il Sé nel corpo, Astrolabio, Roma 2007.
  • Bollas, C. (1987), L’ombra dell’oggetto, Borla, Roma, 1989.
  • Brazelton, T., Cramer, B. (1990), Il primo legame, Frassinelli, Milano 1991.
  • Chodorow, J. (1991), Danza Terapia e psicologia del profondo, Red Milano 2005.
  • Dosamantes- Beaudry, I. (2007), Somatic Transference and Countertransference in Psychoanalytic Intersubjective Dance/Movement Therapy, in: American Journal of Dance Therapy, 29(2), American Dance Therapy Association 2007.
  • Favaretti Camposampiero F., Di Benedetto P., Cauzer M. (1998), L’esperienza del corpo. Fenomeni corporei in psicoterapia psicoanalitica, Dunod Masson, Milano 1998.
  • Girard, R. (1972), La violenza e il sacro, Adelphi, Milano 1980.
  • Govoni, R. M. (1998),  Danza: Linguaggio poetico del corpo e strumento di cura, in: Belfiore, M., Colli L. M. (a cura di) (1998), Dall’esprimere al comunicare. Immagine, gesto e linguaggio nell’Arte e nella Danzamovimento Terapia, Pitagora, Roma 1998.
  • ——————  (1998a), Emozione, espressione, cura. Movimento e danza: modalità espressive nel processo psicoterapeutico, in: Ricci-Bitti, P. E. (a cura di) (1998), Regolazione delle emozioni e artiterapie, Carocci, Roma 1998.
  • ——————  (2012), Corpi in movimento, luoghi generativi di trasformazione, in: Atti del Convegno APID 2010 ,Il corpo contemporaneo, Ed. Psychomedia, 2012
  • Hackney, P. (1998), Making connections, total body integration through Bartenieff Fundamentals, NY, Routledge 2002.
  • La Barre F.,  (2001) Muoversi in analisi, Astrolabio, Roma 2008.
  • Kestenberg, J. (1975), Children and Parents: Psychoanalytic Studies in Development, New York: Jason Aronson, Inc., 1975.
  • Kestenberg, J., Sossin, K. M. (1979), The role of Movement patterns in development, Dance Notation Bureau Press, New York.
  • Kohut, H. (1971), Narcisismo e analisi del Sé, Bollati Boringhieri, Torino 1976.
  • ———— (1977), La guarigione del Sé, Bollati Boringhieri, Torino 1980.
  • Pallaro, P. (a cura di) (1999), Movimento Autentico. Scritti di Mary Starks Whitehouse, Janet Adler e Joan Chodorow, Cosmopolis, Torino 2003.
  • Pieraccini P. (2012), Il Corpo in movimento come luogo generativo di trasformazione. Un approccio della DMT al paziente borderline,  in Atti del Convegno APID 2010 “Il corpo contemporaneo”, Ed. Psychomedia, 2012.
  • Sandbank A. (1988), Manuale ad uso dei genitori di gemelli, Raffaello Cortina 1999.
  • Spitz R. (1965), Il primo anno di vita del bambino, Giunti, 2009.
  • Stella G, Zavattini G. C. (1999), Manuale di Psicologia dinamica, Il Mulino, Bologna.
  • Stern, D.N. (1985), Il mondo interpersonale del bambino, Bollati Boringhieri, Torino 1987.
  • ————— (1989), I disturbi delle relazioni nella prima infanzia, Bollati Boringhieri, Torino 1991.
  • ————— (1995), La costellazione materna. Il trattamento psicoterapeutico della coppia madre-bambino, Bollati Boringhieri, Torino 1995.
  • Valente Torre L. (1999), La singolarità del doppio. Studi sui gemelli. La Nuova Italia Editrice, Firenze.
  • ——————— (2001), La conflittualità nei gemelli, in Atti del Convegno: I gemelli, la persona, la famiglia e la scuola. 2 Febbraio 2001,  Edizioni Città di Torino.
  • Winnicott, D. (1945), Lo sviluppo emozionale primario, in: (1965), Dalla pediatria alla psicoanalisi, cit.
  • —————— (1950), L’aggressività e il suo rapporto con lo sviluppo emozionale, in: (1978), Dalla pediatria alla psicoanalisi, cit.
  • —————— (1953), L’intelletto e il suo rapporto con lo psiche-soma, in: (1965), Dalla pediatria alla psicoanalisi, cit.
  • —————— (1954), Gli aspetti metapsicologici e clinici della regressione nell’ambito della situazione analitica, in: (1965), Dalla pediatria alla psicoanalisi, cit.
  • —————— (1955), Le forme cliniche del transfert, in: (1965), Dalla pediatria alla psicoanalisi, cit.
  • —————— (1958),  Dalla pediatria alla psicoanalisi, Martinelli, Firenze 1975.
  • —————— (1960), La teoria del rapporto infante-genitore, in: (1970), Sviluppo affettivo e ambiente, cit.
  • —————— (1962), L’integrazione dell’Io nello sviluppo del bambino, in: (1970), Sviluppo affettivo e ambiente, cit.
  • —————— (1965), Sviluppo affettivo e ambiente, Armando, Roma 1970.
  • —————— (1971), Gioco e realtà, Armando, Roma 1974.
  • Zazzo R. (1984), Il paradosso dei gemelli. La Nuova Italia, Firenze 1987.

 

NOTE

1Nella LMA il termine effort indica la manifestazione dinamica nel movimento, originata da un impulso interno e visibile all’esterno in rapporto alla forza di gravità (peso) e alla gestione attiva dello spazio e del tempo.

2Riporto la chiara spiegazione di Katya Bloom: <<L’ effort del peso, designato come forte o leggero, riguarda la sensazione fisica del corpo stesso e la sensibilità tattile. Rendendo conscio questo aspetto dell’esperienza, secondo Laban, sviluppiamo una intenzione con cui operare, fare qualcosa col corpo. (…) L’elemento del peso, quindi, è legato al senso di efficacia e di attività, alla capacità di esercitare un impatto, oltre che di essere in-formati. Un senso di presenza tridimensionale ci mette a disposizione un luogo a partire dal quale provare sensazioni, vedere o pensare.>>(Bloom 2006, p. 37).

3<<L’elemento del flusso (libero o tenuto/legato) riguarda il controllo o la libertà dei sentimenti che si esprimono nel movimento. Quando ci sono carenze nell’ambiente primario, o quando il bebé è estremamente sensibile ai fattori di disturbo affettivo, le sue reazioni possono essere caratterizzate da un flusso legato. Intendo con questo le strategie per la regolazione e il controllo degli affetti di fronte a sentimenti arcaici che chiamano in causa il terrore dell’estinzione. (…) Naturalmente questi sentimenti primitivi che ho ricondotto all’elemento del flusso non sono circoscritti alla prima infanzia. Le carenze dell’ambiente originario lasciano in qualche misura l’impronta sull’esperienza successiva di tutti noi, ma se son state gravi e durature avranno probabilità molto maggiori di essere riattivate in momenti di stress e di trauma durante tutto il corso della vita.>> (Bloom 2006, pp. 91, 92).

4Il flusso tenuto di tensione muscolare è legato secondo la LMA e il KMP alla relativa libertà o restrizione del flusso del respiro e dell’energia, della forza vitale del corpo; ha a che fare col controllo muscolare dei confini del corpo, dei sentimenti, del vissuto corporeo e delle emozioni. In questa modalità non si esprime né si riceve un messaggio affettivo, ma si comunica all’altro di non avvicinarsi, rinunciando così a entrare in contatto (Govoni 2012).

5Nel KMP il flusso di forma è il fattore di base del movimento, è <<la forma del corpo che cambia e si muove adattandosi, sia rispetto a se stessi, che all’ambiente esterno>>. La respirazione polmonare è anche il primo movimento verso la relazione con l’ambiente esterno, e plasma uno spazio interno tridimensionale. Il neonato dapprima apre e chiude la propria forma corporea per respirare e per assecondare le sensazioni interne e raggiungere uno stato di comfort. L’esperienza del flusso della forma nutrita dal respiro, crea una prima connessione con la differenziazione del sé dalla madre: così il bambino sperimenta l’allargamento e il restringimento della forma corporea anche in relazione allo spazio che lo accoglie, facendo una prima esperienza dei propri confini. Il neonato sostenuto dall’abbraccio della mamma, cede il suo peso e si aggiusta nella forma. La madre cerca di sintonizzarsi con il respiro e con il peso del bambino dando origine così ad un legame e ad un rapporto di fiducia.

6Bartenieff/Hackney descrivono il respiro come il fattore-base del movimento, il primo atto con cui nasciamo alla vita: il respiro è cellulare e polmonare fa sì che sperimentiamo il senso di pieno e vuoto, e una forma primaria di tridimensionalità; è la percezione di base per la fiducia nell’esserci.

7Nella LMA la cinesfera è lo spazio che circonda il corpo, direttamente raggiungibile dal soggetto, in cui vengono descritti i tracciati di movimento in dimensioni, piani, diagonali, in relazione al centro di gravità del corpo.

8Nella LMA è l’area della cinesfera più contigua al centro del corpo.

9 Secondo Judith Kestenberg gli effort di Laban hanno nello sviluppo una funzione adattativa, vengono usati per cooperare col mondo esterno; i precursori degli effort, o pre-effort sono invece collegati al flusso di tensione e sono i principali mezzi motori dei meccanismi di apprendimento e difesa; mediano fra l’Es e l’Io. Si veda R. M. Govoni, Danza: linguaggio poetico del corpo e strumento di cura, pagg. 71, 72.

10Nel KMP il pre-effort della repentinità corrisponde a uno stato di all’erta, ha a che fare con difese di tipo attacco-fuga, del “buttarsi” a fare qualcosa, degli acting-out, e si esplica principalmente nel piano sagittale (salto, corsa, pugno, calcio, strisciare…); a questo pre-effort è collegato il processo cognitivo dell’apprendimento tramite intuizione.

11Nel KMP la gestualità direzionale è quella che si dirige dal centro del corpo al suo esterno, direzionata verso qualcosa, per entrarvi in relazione. I movimenti direzionali possono essere spoke-like (a una dimensione, dritti), ark-like (a due dimensioni, curvi, ad arco) e carving (scolpire lo spazio, tridimensionali).

12Nello studio sulle connessioni corporee Bartenieff/Hackney, la connessione nucleo-distale (o irradiazione ombelicale) comprende lo sviluppo del sostegno del nucL. interno del respiro e dei muscoli/ossa interne del corpo in relazione con il movimento di ciascun arto verso l’ambiente.

13Nel KMP i ritmi del flusso di tensione muscolare denotano il flusso continuo fra tensione e rilassamento dei muscoli Essi si organizzano il modo in cui l’essere umano organizza i suoi impulsi energetici, che si manifestano attraverso variazioni toniche. <<Questi ritmi si definiscono come combinazioni di ritmi più semplici essenziali, sia per certi tipi di compiti sia per funzioni fisiche elementari. Ritmi specifici si associano alle seguenti azioni: 1) succhiare, mordere, 2) tendere, torcere, 3) correre, fermarsi, 4) ondeggiare, oscillare, 5) saltare, balzare. (…) Ciascuno di questi ritmi può essere classificato anche secondo le corrispondenti fasi e zone libidiche. Così: 1) succhiare e mordere sono attività della fase orale, 2) tendere e torcere appartengono alla fase anale, 3) correre e fermarsi alla fase uretrale, 4) ondeggiare, oscillare alla fase genitale interna, 5) saltare e balzare alla fase genitale esterna. Va distinta anche una versione libidica o sadica nei modelli di movimento di ciascuna fase, che connota una maggiore o minore quantità di sforzo, oppure, in termini più soggettivi, una qualità più indulgente (indulging) o combattiva (fighting) del movimento.>> (La Barre 2001, p. 39).

14Stern sottolinea il vincolo fra la sintonizzazione affettiva e la percezione dell’altrui movimento attraverso gli affetti vitali; ciò corrisponde alle qualità che i Danzamovimento Terapeuti osservano attraverso il flusso di forma, ritmi di del flusso di tensione muscolare e gli attributi del flusso di tensione del KMP e tramite gli Effort nella LMA: <<Nel lavoro di Danza Movimento Terapia si perfeziona la tecnica del rispecchiamento attraverso la possibilità di sintonizzarsi al flusso di tensione e al flusso di forma del movimento del paziente.>> (Govoni 2010, Kestenberg 1990).

15Il flusso neutro o deanimato è un flusso che impiega livelli minimi di tensione muscolare (Govoni 2012).

16Nella LMA è lo spazio al di fuori della cinesfera, cioè non direttamente raggiungibile dal corpo.

17Nel KMP gli attributi del flusso di tensione sono la parte “affettiva” del flusso di tensione, derivano da bisogni biologici e psichici e organizzano la loro regolazione affettiva, cioè l’espressione dei sentimenti e le reazioni emotive alla sicurezza e al pericolo.

18La Hackney descrive la cross-lateral connectivity come il movimento controlaterale del corpo connesso al centro del corpo stesso, che impegna le catene muscolari che vanno dai piedi al pavimento pelvico e dalla spina dorsale alla connessione scapola/braccio/mano, fino alla testa. Hackney descrive come nel bambino, l’imparare a usare questa connessione sia successiva al saper padroneggiare la connessione omolaterale, che organizza il corpo in una parte che mantiene la stabilità, mentre l’altra si muove e lavora, è legata alla funzioni laterali del cervello e alla chiarezza di pensiero (Hackney, 1998, pp. 177 et segg.).

19Il piano sagittale nella LMA indica i movimenti che spostano il corpo avanti e indietro in relazione al suo centro.

20Si veda anche nota 8.

Lei dice che è solo un amico? La voce può smascherare un tradimento.

– FLASH NEWS-

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche

Gli uomini e le donne alterano la loro voce quando parlano con gli amanti anziché con un amico. Tali variazioni possono potenzialmente essere utilizzati per rilevare l’infedeltà.

Una nuova ricerca dalla Albright College del professore associato di psicologia Susan Hughes  ha evidenziato che gli uomini e le donne alterano la loro voce quando parlano con gli amanti anziché con un amico, e che tali variazioni possono potenzialmente essere utilizzati per rilevare l’infedeltà. 

Un esperto di psicologia evolutiva e di percezione della voce ha preso in esame le differenze tra campioni vocali dirette verso un amico ed un amante.  Lo studio è stato condotto insieme a  Jack LaFayette direttore della ricerca a Albright e Sally D. Farley, ex assistente  di psicologia alla Albright, che ora insegna all’Università di Baltimora.

Lo studio ha esaminato come le persone modificano l’intonazione e la modulazione del tono di voce quando sono impegnati in una breve conversazione telefonica con un partner romantico rispetto ad un amico dello stesso sesso. I ricercatori hanno reclutato 24 persone che erano state precedentemente  in luna di miele, invitandoli a telefonare al loro partner cosi ad un caro amico dello stesso sesso, ed entrambi i casi impegnarsi in una conversazione parlando del più e del meno.

Gli studiosi hanno poi mostrato le registrazioni a 80 valutatori indipendenti che giudicavano i campioni in base a questi parametri: la sensualità, la piacevolezza, ed il grado di interesse romantico. I valutatori sono stati esposti a queste registrazione per un tempo di massimo due secondi e sono riusciti perfettamente a identificare in maniera accurata se il parlante ha parlato con un amico o con un amante. I ricercatori ipotizzano che le persone alterano il tono di voce per comunicare il loro stato di relazione. Infatti i campioni vocali  diretti verso partner romantici sono stati classificati più piacevoli a differenza di quelli diretti verso gli amici dello stesso sesso.

Inoltre lo studio ha eseguito un analisi dello spettrogramma, ovvero la rappresentazione grafica dell’intensità di un suono in funzione al tempo e alla frequenza; ed è emerso che le donne utilizzano un tono di voce basso mentre gli uomini un tono alto ma entrambi cercano di imitare il tono di voce   del partner quando sono impegnati in una conversazione telefonica romantica.

Questo effetto potrebbe dipendere dal bisogno di appartenenza e di intimità ma anche una modalità per comunicare affetto e di connessione relazionale.

LEGGI ANCHE:

AMORE & RELAZIONI SENTIMENTALIVOCE & COMUNICAZIONE PARAVERBALEGENDER STUDIES

 

 

 

BIBLIOGRAFIA:

Chi di pubblicità ferisce, di Popcorn perisce… PsicoEconomia

 

 

Si sa che la pubblicità subliminale ed il product placement all’interno di film e trasmissioni televisive funzionano, eccome! La Rayban ancora ringrazia il film Top Gun che l’ha salvata dal fallimento facendo schizzare le vendite dei suoi occhiali alle stelle e anche gli  spot televisivi influenzano i nostri comportamenti di consumo.
Come possiamo quindi difendere il nostro portafogli dall’effetto degli spot che ci spingono a comprare, comprare, comprare?! Un recente studio tedesco ha scoperto che sgranocchiare popcorn al cinema durante la pubblicità interferisce con quei meccanismi psicologici di esposizione al brand che portano lo spettatore a sviluppare un atteggiamento positivo verso la marca, riducendo così la probabilità di affiliazione al prodotto.
Insomma, meglio un attentato alla dieta che al portafogli… o forse no!?
Questo meccanismo che è stato indagato per via sperimentale viene battezzato “oral interference“, messo in atto appunto con l’ingestione di popcorn o la masticazione di chewing gum, mentre al gruppo di controllo veniva somministrata solamente una compressa di zucchero.
Lo studio è dell’Università di Colonia di cui riportiamo l’abstract:

Popcorn in the cinema: Oral interference sabotages advertising effects

Sascha Topolinski, Sandy Lindner, Anna Freudenberg

 

Abstract

One important psychological mechanism of advertising is mere exposure inducing positive attitudes towards brands. Recent basic research has shown that the underlying mechanism of mere exposure for words, in turn, is the training of subvocal pronunciation, which can be obstructed by oral motor-interference. Commercials for foreign brands were shown in cinema sessions while participants either ate popcorn, chewed gum (oral interference) or consumed a single sugar cube (control). Brand choice and brand attitudes were assessed one week later. While control participants more likely spent money (Experiment 1, N = 188) and exhibited higher preference and physiological responses (Experiment 2, N = 96) for advertised than for novel brands, participants who had consumed popcorn or gum during commercials showed no advertising effects. It is concluded that advertising might be futile under ecological situations involving oral interference, such as snacking or talking, which ironically is often the case. FULL ARTICLE

 

Popcorn in the Cinema: Oral Interference sabotages advertising EffectsConsigliato dalla Redazione

Popcorn e pubblicità al Cinema
Advertising uses repetition to increase consumers’ preference for brands. Initially, novel brands gain in popularity due to repetition, which increases the likelihood that consumers later buy the brands. Particularly for novel brands, excessive exposure and repetition is necessary to establish the b… (…)

Tratto da:

 

Per continuare la lettura sarete reindirizzati all’articolo originale … Continua  >>

LEGGI ANCHE: Fare acquisti usando il cervello: NEUROMARKETING by Martin Lindstrom


Articoli su: Psicologia & Economia
La psicologia nel marketing: cos’è importante sapere?
La psicologia del marketing esamina i comportamenti dei consumatori, concentrandosi su aspetti come quelli sociali, evolutivi e culturali
L’economia comportamentale
L'economia comportamentale è un approccio alla comprensione delle decisioni che integra le scienze comportamentali con i principi economici
Regali costosi: quali sono le reazioni e i parametri di gradimento
Perché odiamo i regali costosi. Guida al regalo perfetto
Un regalo (es. una cena in un ristorante) può essere giudicato in base a due parametri: la desirability e la feasibility, che ne influenzano il gradimento
Passion economy e YOLO economy approcci innovativi alla economia
La vita è altrove: una exit strategy tramite la passion economy e la YOLO economy
Con la Passion Economy, la dicotomia “segui i soldi/segui le passioni” si scardinano e le due scelte non appaiono più irrelate e incompatibili
Nudging nel periodo natalizio: influenzare i comportamenti di acquisto
Santa Claus is Nudging to Town
L’uso del nudging si è rivelato efficace per promuovere alcune condotte e disincentivarne altre; un ambito del suo utilizzo è certamente quello del marketing
Criptovalute e bitcoin riflessioni su storie passate e presenti copy
Bulbi e bitcoin: storie passate e presenti di fiori e denari
In un mondo in cui si professa l’eco-sostenibilità, quale spazio hanno in prospettiva le criptovalute, come il bitcoin e l’ethereum?
Nag Factor le strategie di assillo del bambino-consumatore verso i genitori
Nag Factor: le strategie del bambino-consumatore
Il Nag Factor indica l’abilità del bambino di tormentare i suoi genitori al fine di ottenere uno specifico bene di consumo desiderato
Psicologia del denaro: riflessioni sul legame tra denaro e spiritualità
Psicologia del denaro: esistono soldi zen? Pensieri limitanti sul connubio denaro-spiritualità
La psicologia del denaro può aprire ad una visione del denaro che non viene demonizzato come oggetto del male, ma visto come qualcosa che circola nel mondo
Mental accounting: quale ruolo nell'attuale contesto economico - Psicologia
Il ‘Mental Accounting’ nell’attuale contesto economico
Questo contributo si concentra sul mental accounting e sul processo di decison-making quando il contesto ha un impatto negativo a livello cognitivo-emotivo
Neuromarketing: i processi decisionali tra economia e neuroscienze
Economia e Neuroscienze, un connubio perfetto
Dall’esigenza di instaurare una collaborazione tra mondo economico e neuroscienze nasce la neuroeconomia, che comprende strumenti come il neuromarketing
Ipertestualita nella societa odierna l esempio del QR code - Psicologia
Società ipertestualizzata: l’esempio del QR code
L’ipertestualità è una proprietà dei testi in Rete che consentono un collegamento tra loro per tematiche; un esempio particolare di ipertesto è il QR code.
Processi decisionali nei mercati finanziari: i bias degli investitori
Il lato non razionale dei mercati finanziari: i principali bias degli investitori
Processi decisionali e finanza: analizzando i mercati spesso si osservano delle anomalie che non è possibile spiegare in maniera razionale. Come mai?
Marketing e serie tv- il nuovo modo di promuovere brand, prodotti e culture
Can Yaman, marketing, teoria del contatto para-sociale e differenze di genere
Il marketing si affida a serie tv e ad attori come Can Yaman per promuovere brand e prodotti, e in alcuni casi accade di "promuovere" anche gruppi etnici..
Digital sensory marketing e stimolazioni multisensoriali - Psicologia Digitale
Digital sensory marketing: coinvolgere il consumatore attraverso esperienze multisensoriali – Psicologia Digitale
Il digital sensory marketing consiste nell'utilizzo di stimolazioni multisensoriali allo scopo di influenzare giudizio e comportamento dei consumatori
Neuromarkenting, neuroscienze e decision-making - Intervista a D. Rigoni
Neuroscienze, neuromarkenting e studi sul decision-making – Intervista al Prof. Davide Rigoni
Il 9 aprile 2020 il IProf. Davide Rigoni ha condiviso con noi il suo punto di vista sul neuromarketing e sulle sue applicazioni attuali e future
Stili di attaccamento: la loro influenza sulle decisioni finanziarie
La correlazione che non ci si aspetta: come gli stili di attaccamento influenzano le decisioni finanziarie
Gli stili di attaccamento influenzano in modo decisivo le nostre vite, ma come si possono mettere in relazione con i comportamenti finanziari?
Economia: come l'Intelligenza Artificiale influenza il consumatore
Economia dell’informazione, economia dell’attenzione, economia esperienziale: un filo rosso
Oggi l’esperienza di acquisto assomiglia a una sorta di customer journey; un market search in versione moderna, cioè secondo una prospettiva IA.
Marketing: l'importanza della comunicazione nel processo di vendita
Il marketing e la comunicazione – Introduzione alla Psicologia
Per una efficacia promozione del prodotto, marketing e comunicazione devono interagire strettamente affinché strategia e stile comunicativo siano coordinati
Realtà aumentata e relazioni il fenomeno dei consorti ologramma
E vissero felici e contenti – Arriva dal Giappone il fenomeno del consorte olografico
Le realtà aumentata sta prendendo piede in Giappone anche nelle relazioni sentimentali. Dopo gli hikikkomori, i matrimoni con ologrammi
Economia e Psicologia: l'approccio dell'Economia Comportamentale
Economia, etica e psicologia: comportamento economico e motivazionale delle scelte del consumatore
L’ Economia Comportamentale rappresenta oggi un ambito di notevole interesse e sviluppo, punto di contatto tra Economia, Etica e Psicologia.
Carica altro

Asessualità. Tra repulsione e indifferenza, lontano dal piacere.

 

Asessualità . - Immagine: © celianestudio - Fotolia.comSe le forme di rifiuto e di astensione dal sesso, generalmente definite come castità, sono sempre state dichiarate oltre che valorizzate in alcune culture religiose, negli ultimi anni è emerso l’interesse scientifico per quello che vuole essere descritto come un fenomeno “nuovo”: l’asessualità.

La storia della sessualità è stata soprattutto storia della repressione sessuale, dei meccanismi che l’hanno socialmente designata e culturalmente tramandata, fino all’epoca della tanto attesa (e mai pienamente raggiunta) liberazione sessuale.

L’epoca moderna e post-moderna sono state poi caratterizzate dall’ipersessualizzazione, dalla diffusione della pornografia e dalla banalizzazione dell’esperienza erotica, che hanno contribuito al calo del desiderio, sia maschile che femminile, in tutte le fasce d’età. Se le forme di rifiuto e di astensione dal sesso, generalmente definite come castità, sono sempre state dichiarate oltre che valorizzate in alcune culture religiose, negli ultimi anni è emerso l’interesse scientifico per quello che vuole essere descritto come un fenomeno “nuovo”: l’asessualità.

Il primo lavoro a riscontrare un dato significativo a riguardo è stato il rapporto Kinsey:

“nell’America degli anni ’50 la percentuale di chi non esprimeva nessun interesse per i comportamenti sessuali risultava andare da1l’ 1 al 4% negli uomini e dall’ 1 al 19% nelle donne. La ricerca sul tema viene rilanciata da Anthony Bogaert, professore di psicologia nell’ università canadese di Brock , che dal 2004 fino ad oggi si è occupato di analizzare quello che ha definito come « quarto sesso », una dimensione al pari delle altre nello spettro dell’orientamento sessuale”.

Nella prima ricerca di Bogaert su un campione britannico, l’ 1,05% delle persone intervistate ha dichiarato di “non essersi sentito mai sessualmente attratto da nessuno”.

Questa risposta correlata con altri dati ha permesso di trarre le seguenti conclusioni:

in media, questa parte del campione presentava un’età più alta della media e con maggiori problemi di salute; inoltre si trattava di persone non sposate né conviventi e che, sempre rispetto alla media, avevano iniziato a fare sesso più tardi .

Queste ricerche sono state sostenute e approfondite da David Jay, fondatore nel 2001 dell’associazione Asexuality Visibility and Education Network (AVEN) che oggi conta 42 mila membri in tutto il mondo, dei quali 2 mila in Italia.

In un sondaggio internazionale realizzato da AVEN con la partecipazione di 3 mila iscritti, il 28% ha ammesso di cedere alle richieste sessuali del partner occasionalmente, il 17% di farlo regolarmente e il 25% di rimanere fermo sulle proprie posizioni.

Mentre al pensiero di immaginarsi durante un atto sessuale il 17% ha provato repulsione totale, il 38% repulsione moderata e il 27% indifferenza.

Questi dati, insieme alle interviste e ai racconti di vita, vengono presentati da AVEN in pubblicazioni e convegni, con l’intento di “informare chi non prova pulsioni sessuali e raggiungerlo perchè non si senta solo e diverso; educare le persone sia asessuali sia non, aiutandole ad approfondire la propria conoscenza del fenomeno; aumentare la visibilità per una futura integrazione tra stili di vita diversi”.

Lo scopo primario sembra quindi essere il riconoscimento sociale di una “categoria di persone” che vuole rimanere svincolata ma anche accettata dalle altre. Il proclamo è l’ orgoglio di vivere questa condizione non come una scelta ma come un orientamento sessuale, al pari di quello eterosessuale, omosessuale e bisessuale.

In una società nella quale avere una sessualità attiva e regolare è assimilata alla normalità, l’asessualità non vuole essere annessa a un trauma o ad una patologia.

Certamente le novità più recenti sono il coming out delle persone che si definiscono asessuali, con la voglia di sostenere le proprie motivazioni nonchè, soprattutto nei mass media, con il bisogno di conoscersi e di riconoscersi.

Come riflessione sulle ultime pubblicazioni in merito e sull’invito alla sessuologia ad assumere il punto di vista asessuale, in un gioco di specchi fra la follia della sessualità e la follia dell’asessualità, viene da spostare il focus della discussione dalla mancanza d’interesse per il sesso all’assenza del piacere.

Mi piace ricordare le parole di Foucault, che in una intervista del 1978 affermava:

Credo che sia molto difficile intraprendere una lotta nei termini della sessualità senza, a un certo punto, trovarsi intrappolati da nozioni come quelle di malattia della sessualità, patologia della sessualità, normalità della sessualità.” Per preservare la sessualità, nel corso della sua opera Foucault aveva spostato l’obiettivo sul piacere, prendendolo come “un semplice evento, un evento che si produce, che si produce al limite del soggetto, o tra due soggetti”.

Il piacere, dunque, questo semplice evento che si verifica o non si verifica, concerne soprattutto se stessi e, nella condivisione diventa la caratteristica prima della relazione con l’altro.

Data per raggiunta la legittimità e la legittimazione dell’asessualità, c’è una domanda che rimane ancora senza risposta: dov’è il piacere?

 

LEGGI ANCHE:

Asessualità: Scelta, Patologia o diverso Orientamento Sessuale?

SESSO – SESSUALITA’ – SOCIETA’ & ANTROPOLOGIA

IPERSEXUAL DISORDER: SARA’ INCLUSO NEL DSM – V?

 

 

BIBLIOGRAFIA:

 

Disturbo Evitante di Personalità – Il riconoscimento delle emozioni

Di Giancarlo Dimaggio e Raffaele Popolo

 

Disturbo evitante di personalità - Il riconoscimento delle emozioni. -Immagine: © aleshin - Fotolia.comI pazienti con Disturbo evitante di personalità  rispetto a quelli con disturbo borderline avevano peggiore consapevolezza delle proprie emozioni e minore capacità di esprimerle concettualmente. La difficoltà nel riconoscimento era particolarmente marcata per le emozioni di interesse e disprezzo. 

La conoscenza sul disturbo evitante di personalità (DEP) si è approfondita negli ultimi anni. Appare sempre più evidente che si tratta di un disturbo diffuso, grave, co-occorrente con numerosi disturbi sintomatici e comportamentali – quali disturbi d’ansia, dell’umore, disturbi alimentari, abuso di sostanze e alcool –  e per il quale mancano modelli di trattamento di provata efficacia. 

Significativi passi avanti nella conoscenza dell’evitante riguardano l’importanza che hanno i problemi nella conoscenza e regolazione delle emozioni in questi pazienti. Sembra consolidato il dato che la difficoltà a identificare i propri affetti è un aspetto tipico del DEP. Studi recenti portano dati specifici.

I pazienti con DEP rispetto a quelli con disturbo borderline avevano peggiore consapevolezza delle proprie emozioni e minore capacità di esprimerle concettualmente.

La difficoltà nel riconoscimento era particolarmente marcata per le emozioni di interesse e disprezzo (Johanssen et al., 2013). La carenza nell’identificare l’interesse è coerente con l’idea che in questi pazienti ci sia un’inibizione del sistema esploratorio, che li porta ad essere riluttanti a muoversi in ambienti (sociali) ignoti.

Due studi condotti con i nostri colleghi a Indianapolis e Roma portano dati che illustrano ulteriormente le caratteristiche di scarsa conoscenza e regolazione emozionale nel DEP.

In un campione di veterani di guerra in trattamento per abuso di sostanze, è emerso che non la sola alessitimia, ovvero la scarsa consapevolezza dei propri affetti, prediceva nel campione di pazienti analizzati la presenza di disturbo evitante. Solo un sottogruppo che oltre a scarsa alessitimia aveva bassa Mastery metacognitiva presentava infatti tratti marcati di DEP.

In sintesi, tratti evitanti in pazienti che abusano di sostanze sembrano associati da una combinazione di scarsa consapevolezza degli affetti e insufficienti strategie di regolazione del comportamento sociale basate su una conoscenza adeguata sugli stati mentali.

In termini semplici: se un paziente non ha buona consapevolezza degli affetti ma adotta strategie funzionali, del tipo “quando sono teso faccio esercizio fisico e mi calmo” difficilmente avrà tratti evitanti. Se invece ha scarsa consapevolezza degli affetti, non riesce a dire meglio di “sono teso” e non ha buona mastery “quando sono teso non so che fare, sono nervoso, irritabile” probabilmente avrà aspetti evitanti (Lysaker et al., in stampa). Questo può aprire la strada all’uso di sostanze come modalità maladattiva di regolazione degli affetti.

I pazienti con DEP inoltre, sembrano avere una tendenza peculiare ad inibire le proprie emozioni, molto più che in altri disturbi del cluster C e in modo opposto a pazienti con disturbo borderline di personalità (Popolo et al., proposto per la pubblicazione).

Nel complesso sembra che approfondire la conoscenza sugli aspetti disfunzionali nella conoscenza e regolazione degli affetti permetterà di conoscere ulteriormente i meccanismi che sostengono il DEP con la speranza di trattare più efficacemente sia il disturbo stesso che i disturbi sintomatici e comportamentali ad esso associati.

LEGGI ANCHE:

DISTURBO EVITANTE DI PERSONALITA’ – DROGHE & ALLUCINOGENI – DISTURBI DI PERSONALITA’

 

 

BIBLIOGRAFIA:

Io, io, io… cosa ci svela l’utilizzo dei pronomi. – Personalità & Autostima

 

La Redazione di State of Mind consiglia la lettura di questo contenuto:

 

James W. Pennebaker, chair del dipartimento di Psicologia dell’Università del Texas, è autore di uno studio particolarmente interessante, in quanto ribalta una credenza del senso comune: che chi usa spesso il pronome “io” sia in generale più sicuro di sé, più potente e con uno status superiore agli altri.

Niente di più falso.
L’utilizzo del pronome “io” è incredibilmente potente in quanto orienta la percezione all’interno della conversazione. Un esempio su tutti è l’istruzione del terapeuta nelle terapie di coppia di utilizzare il più possibile il pronome “io” al posto del “tu”

Es:  non si deve dire “tu non mi ascolti” bensì “io non mi si sento ascoltato“.  Le frasi impostate con “io” sono percepite come meno accusatorie. E non è poco.

Tornando all’ “io” e a quello che svela dell’autostima delle persone e del loro rango percepito, il Dr. Pennebaker spiega: La persona di status elevato guarda al resto del mondo mentre quella di rango inferiore guarda a se stessa. Da qui, l’uso differente dei pronomi che plasma l’intera organizzazione del discorso e di conseguenza del “frame” della comunicazione (per dirla con Lakoff).
Cinque distinti esperimenti sono stati effettuati per indagare le ipotesi di partenza, i risultati dello studio sono stati pubblicati nel libro: “The Secret Life of Pronuons”.

Dr. Pennebaker has found heavy “I” users across many people: Women (who are typically more reflective than men), people who are more at ease with personal topics, younger people, caring people as well as anxious and depressed people. (Surprisingly, he says, narcissists do not use “I” more than others, according to a meta-analysis of a large number of studies.)

And who avoids using “I,” other than the high-powered? People who are hiding the truth. Avoiding the first-person pronoun is distancing.

What saying ‘I’ says about youConsigliato dalla Redazione

Researchers say that your usage of the pronoun ‘I’ says more about you than you may realize. (…)

 

Per continuare la lettura sarete reindirizzati all’articolo originale … Continua  >>

 


Articoli su: Psicopatologia della vita quotidiana
La Not Just Right Experience: quando tutto deve essere “a posto”
La Not Just Right Experience descrive una condizione di disagio legata alla sensazione che qualcosa non sia completamente a posto
“Silenzio, Bruno!”: quel dialogo interno che regola le nostre emozioni e ci prepara alle sfide
Il dialogo interno aiuta a regolare emozioni e pensieri, ma quando diventa negativo può alimentare ansia e stress
Come l’empatia tra partiti può sanare le divisioni politiche
Secondo un recente studio, l’empatia può rappresentare una risorsa in grado di connetterci al di là delle divisioni politiche
La paura che diverte: perché amiamo film horror e case infestate
I film horror sono un’esperienza emozionale unica che riesce a mescolare paura ed eccitazione in modi sorprendenti. Perché questo avviene?
L’afantasia: quando la mente non vede immagini
Come funziona la mente di chi non visualizza le immagini mentali? Esploriamo insieme il fenomeno dell’afantasia
Cosa succede nel nostro cervello quando facciamo un regalo?
La scienza spiega come il donare attiva le aree della ricompensa, stimola il rilascio di ossitocina e ci rende più felici
Perché sembra che il Natale arrivi sempre prima?
Perché eventi come il Natale sembrano ripresentarsi più velocemente ogni anno? Cosa determina questa impressione?
Jamais vu: quando qualcosa di familiare diventa stranamente nuovo
Il jamais vu è un’esperienza unica che rivela i meccanismi complessi della percezione e della memoria. Qual è il suo significato?
Perché gli sbadigli sono contagiosi?
Lo sbadiglio, legato all'attivazione dei neuroni specchio, svolge un ruolo importante nella coesione sociale e nella sincronizzazione dei comportamenti
Crunch, crock, ftzzzzz: mangiare con le orecchie
I suoni del cibo, come il crunch delle patatine o il fizz delle bevande, influenzano la nostra percezione di croccantezza e freschezza
“So di non sapere”: come l’umiltà intellettuale aiuta noi e le nostre relazioni
L'umiltà intellettuale è un concetto discusso per secoli dai filosofi, ma esplorato solo recentemente dalla ricerca psicologica. Cosa è stato scoperto finora?
Il cane muore? L’inutile trovata dei trigger warning nell’epoca della fragilità
Il trigger warning è un messaggio volto ad avvisare che certi temi potrebbero riattivare traumi passati. Ma funziona davvero?
Il Metodo Scortese (2024) di Ilaria Albano – Recensione libro
Il libro Il Metodo Scortese (2024) è un invito a mettersi in discussione, a cambiare prospettiva per guardare le cose in modo diverso
Choice overload, why more is less
Avere molte opzioni da un lato aumenta la libertà di scelta, ma dall'altro può anche portare effetti negativi. Perchè questo avviene?
Qual è il peso dei segreti?
Una recente ricerca ha analizzato se mantenere i segreti e nascondere informazioni può influenzare il benessere e le relazioni sociali
Gli scritti ritrovati di Roberto Lorenzini – Un semplice caso
Continua la pubblicazione a puntate dei racconti "Gli scritti ritrovati", di Roberto Lorenzini e a cura di Pierangelo D'Ambra.
Stare nelle crisi: psicoterapia e co-costruzione di pratiche di cura collettiva nell’incontro con le giovani
Pubblichiamo l’articolo vincitore della seconda edizione del Premio “Un contributo per il diritto alla salute psicologica”, promosso da Psicoterapia Aperta
Gli scritti ritrovati di Roberto Lorenzini – Spun
Continua la pubblicazione a puntate dei racconti "Gli scritti ritrovati", di Roberto Lorenzini e a cura di Pierangelo D'Ambra.
I paradossi della psicopatologia (2024) di Francesco Mancini e Amelia Gangemi – Recensione
I paradossi della psicopatologia (2024) è un libro che insegna al lettore a pensare alla mente, alle sue funzioni e ai suoi disturbi
Gli scritti ritrovati di Roberto Lorenzini – Spoiler?
Continua la pubblicazione a puntate dei racconti "Gli scritti ritrovati", di Roberto Lorenzini e a cura di Pierangelo D'Ambra.
Carica altro

La Sindrome dell’Impostore: sentirsi indegni del proprio successo – Psicologia

 

La Redazione di State of Mind consiglia la lettura di questo contenuto:

 

La Sindrome dell’impostore (Imposter Syndrome) non è una vera diagnosi, ma un modo colloquiale tra gli addetti ai lavori per definire un preciso stato mentale: quello di chi si sente un imbroglione, un truffatore, indegno del proprio successo nonostante le molte evidenti prove che ne dimostrano i meriti e talenti.

In questo interessante articolo si parte da un aneddoto paradigmatico: le poche donne che sono riuscite a imporsi nella Silicon Valley Californiana (la Mecca dell’high tech, un ambiente ancora totalmente dominato da uomini) subiscono un tale livello di ostracismo che riesce ad oscurare i successi e le conquiste personali e di squadra fino all’insorgere della paradossale sindrome dell’impostore.

Non importa quanto sei bravo o quanto hai dimostrato sul campo, la generale diffidenza percepita nei tuoi confronti ti porterà in quello stato mentale in cui ti domandi se per caso non sia tutta fortuna, se tu non sia un impostore.

L’articolo prosegue con 6 consigli per tenere sotto controllo la sindrome dell’impostore e vivere serenamente i tuoi successi lavorativi. Consigli utilissimi, per le donne così come per gli uomini!


“Note that ‘imposter syndrome’ is not a real diagnosis,” according to Dr. Simon Rego, director of the CBT Training Program at Montefiore Medical Center/Albert Einstein College of Medicine in New York. It’s simply intended to describe the psychological phenomenon when people feel like frauds, despite clear evidence of merit.

“If people can learn to look objectively for evidence for the fact that they are competent (instead of only evidence against it), they will start to believe it – and feel less like an imposter!” Rego says.

So ask yourself objectively: Did luck really play a role in your success? Did you work harder than others on your team like Grosz?

 

Imposter Syndrome: Do You Ever Feel Undeserving of Your Success? | CareerBlissConsigliato dalla Redazione

Silicon Valley is famously male-dominated. And, unfortunately, she tells us that “brogrammers” sometimes don’t treat women as equals at work. (…)

Tratto da: CareerBliss

 

Per continuare la lettura sarete reindirizzati all’articolo originale … Continua  >>

LEGGI ANCHE: AUTOCRITICISMO, DA USARE A PICCOLE DOSI


Articoli su: Psicopatologia della vita quotidiana
La Not Just Right Experience: quando tutto deve essere “a posto”
La Not Just Right Experience descrive una condizione di disagio legata alla sensazione che qualcosa non sia completamente a posto
“Silenzio, Bruno!”: quel dialogo interno che regola le nostre emozioni e ci prepara alle sfide
Il dialogo interno aiuta a regolare emozioni e pensieri, ma quando diventa negativo può alimentare ansia e stress
Come l’empatia tra partiti può sanare le divisioni politiche
Secondo un recente studio, l’empatia può rappresentare una risorsa in grado di connetterci al di là delle divisioni politiche
La paura che diverte: perché amiamo film horror e case infestate
I film horror sono un’esperienza emozionale unica che riesce a mescolare paura ed eccitazione in modi sorprendenti. Perché questo avviene?
L’afantasia: quando la mente non vede immagini
Come funziona la mente di chi non visualizza le immagini mentali? Esploriamo insieme il fenomeno dell’afantasia
Cosa succede nel nostro cervello quando facciamo un regalo?
La scienza spiega come il donare attiva le aree della ricompensa, stimola il rilascio di ossitocina e ci rende più felici
Perché sembra che il Natale arrivi sempre prima?
Perché eventi come il Natale sembrano ripresentarsi più velocemente ogni anno? Cosa determina questa impressione?
Jamais vu: quando qualcosa di familiare diventa stranamente nuovo
Il jamais vu è un’esperienza unica che rivela i meccanismi complessi della percezione e della memoria. Qual è il suo significato?
Perché gli sbadigli sono contagiosi?
Lo sbadiglio, legato all'attivazione dei neuroni specchio, svolge un ruolo importante nella coesione sociale e nella sincronizzazione dei comportamenti
Crunch, crock, ftzzzzz: mangiare con le orecchie
I suoni del cibo, come il crunch delle patatine o il fizz delle bevande, influenzano la nostra percezione di croccantezza e freschezza
“So di non sapere”: come l’umiltà intellettuale aiuta noi e le nostre relazioni
L'umiltà intellettuale è un concetto discusso per secoli dai filosofi, ma esplorato solo recentemente dalla ricerca psicologica. Cosa è stato scoperto finora?
Il cane muore? L’inutile trovata dei trigger warning nell’epoca della fragilità
Il trigger warning è un messaggio volto ad avvisare che certi temi potrebbero riattivare traumi passati. Ma funziona davvero?
Il Metodo Scortese (2024) di Ilaria Albano – Recensione libro
Il libro Il Metodo Scortese (2024) è un invito a mettersi in discussione, a cambiare prospettiva per guardare le cose in modo diverso
Choice overload, why more is less
Avere molte opzioni da un lato aumenta la libertà di scelta, ma dall'altro può anche portare effetti negativi. Perchè questo avviene?
Qual è il peso dei segreti?
Una recente ricerca ha analizzato se mantenere i segreti e nascondere informazioni può influenzare il benessere e le relazioni sociali
Gli scritti ritrovati di Roberto Lorenzini – Un semplice caso
Continua la pubblicazione a puntate dei racconti "Gli scritti ritrovati", di Roberto Lorenzini e a cura di Pierangelo D'Ambra.
Stare nelle crisi: psicoterapia e co-costruzione di pratiche di cura collettiva nell’incontro con le giovani
Pubblichiamo l’articolo vincitore della seconda edizione del Premio “Un contributo per il diritto alla salute psicologica”, promosso da Psicoterapia Aperta
Gli scritti ritrovati di Roberto Lorenzini – Spun
Continua la pubblicazione a puntate dei racconti "Gli scritti ritrovati", di Roberto Lorenzini e a cura di Pierangelo D'Ambra.
I paradossi della psicopatologia (2024) di Francesco Mancini e Amelia Gangemi – Recensione
I paradossi della psicopatologia (2024) è un libro che insegna al lettore a pensare alla mente, alle sue funzioni e ai suoi disturbi
Gli scritti ritrovati di Roberto Lorenzini – Spoiler?
Continua la pubblicazione a puntate dei racconti "Gli scritti ritrovati", di Roberto Lorenzini e a cura di Pierangelo D'Ambra.
Carica altro

Menopausa, Yoga e i rimedi contro l’Insonnia

– FLASH NEWS-

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche

Praticare yoga può contribuire ad alleviare i sintomi della menopausa.

La donna è sottoposta nel corso della sua vita a cambiamenti del proprio corpo, basti pensare alla pubertà, alla gravidanza e infine alla menopausa. Ogni tappa incide sulla vita della donna e sulla sua capacità di adattarsi. Spesso la menopausa è vissuta in maniera drammatica dalle donne perché viene identificata con l’inizio dell’invecchiamento.

Gli effetti della menopausa sono variabili e dipendono anche dall’ambiente sociale, dal livello culturale della donna e dal suo stato generale di salute. Generalmente l’età media in cui si ha riscontro della menopausa oscilla tra i 50-52 anni (menopausa spontanea).

La sintomatologia della menopausa è alquanto variegata, può essere caratterizzata da vampate di calore, il soggetto avverte notevoli sbalzi della temperatura, si verifica ipersudorazione e  un notevole arrossamento del collo e della nuca. Invece i disturbi del sonno sono frequenti nell’immediato periodo post-menopausa; si possono avere difficoltà ad addormentarsi, sonno agitato e nel caso peggiore l’insonnia.

Secondo uno studio condotto dalla ricercatrice Katherine Newton presso il Group Health Research sostiene che praticare yoga possa contribuire ad alleviare i sintomi della menopausa.

E’ stata effettuata una ricerca randomizzata denominata “MeFlash” per verificare se gli approcci naturali, tra cui lo yoga, l’esercizio fisico e l’assunzione di olio di pesce nella dieta, potessero alleviare i sintomi della menopausa.

Questo studio ha preso in esame 249 donne e sono state suddivise in diversi gruppi. Un primo gruppo doveva fare degli esercizi di yoga, un altro  praticare un programma di esercizi di aerobica, il terzo gruppo doveva assumere degli integratori alimentari a base di acidi grassi omega tre; infine sono stati confrontati con un gruppo placebo e anche con coloro che non praticavano nessuna attività fisica.

I risultati di questo studio hanno evidenziato l’importanza dell’esercizio fisico che sembra essere collegato ad una riduzione della depressione e dell’insonna. Anche praticare lo yoga è stato associato ad una migliore qualità del sonno e dell’umore. E’ bene tuttavia dire che gli effetti non erano statisticamente cosi significativi. Invece per quanto riguarda gli omega tre sembrano non apportare nessun miglioramento significativo né alla qualità del sonno, né alla vampate di calore e alla sudorazione notturna.

Questi risultati suggeriscono che si possono ottenere dei miglioramenti solo quando si praticano discipline fisiche come lo yoga per un periodo prolungato e costante, ma non mostrano progressi significativi con l’ausilio di integratori alimentari. In ogni caso i disturbi legati al climaterio possono trovare giovamento dallo sport inducendo un benessere generale mentale e fisico.

LEGGI ANCHE:

SONNOINSONNIAYOGATERZA ETA’

 

 

BIBLIOGRAFIA:

 

Misurare la patologia mentale con il DSM 5… Ecco le novità!

 

DSM 5 CoverEd ecco apparire sulla scena il DSM 5, cinque e non quinto! Sì, noi, in Italia, dobbiamo ancora aspettare il prossimo anno per avere tra le mani il nuovo manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, ma i suo contenuti già riecheggiano.

Con l’avvento del DSM 5, cambia la modalità di misurazione della patologia mentale. Una nuova nomenclatura da cui sono stati estratti nuovi modi di misurare. I test, nuovi di zecca e tutti self report, sono stati ideati per essere somministrati al paziente durante la fase di assessment, e in tempi successivi, per monitorarne il progresso in corso di trattamento e la remissione della  gravità dei sintomi. In questo modo si favorisce il confronto tra inizio e fine trattamento. Le scale dovrebbero essere utilizzate per potenziare il decision-making clinico e non solamente come base per la diagnosi clinica.

Le scale di valutazione possono essere classificate a grandi linee in 4 tipi:

• Le scale di misurazione dei sintomi cross-cutting che possono essere utili ad una valutazione globale dello status mentale, orientando l’attenzione ai sintomi riconosciuti come trasversali in tutte  le diagnosi. Si tratta di sintomi legati al funzionamento generale e all’Asse I. Queste scale aiutano a identificare delle aree di indagine aggiuntive, come memoria, pensieri ripetitivi, uso di sostanze, che forniscano una guida al trattamento e alla prognosi. Sono costituite da due livelli: il Livello 1 è strutturato sotto forma di test volti ad indagare i diversi domini patologici  degli adulti,  bambini e adolescenti. Il Livello 2 è strutturato in modo da fornire una valutazione più approfondita di alcuni domini specifici, come ansia, depressione, mania, disturbi del sonno, etc. Si tratta sempre di misure molto brevi e generiche volte a valutare la presenza o meno del sintomo stesso.

Le scale specifiche, più dettagliate delle precedenti, valutano la gravità del singolo disturbo in tutta la sua manifestazione.  Queste scale possono essere somministrate alle persone che hanno ricevuto una diagnosi o in attesa della stessa. Alcune valutazioni sono auto-somministrate, mentre altre vengono somministrate dal clinico.

• La World Health Organization Disability Assesment Schedule, versione 2.0 (WHODAS 2.0) valuta l’abilità del paziente di portare a termine attività appartenenti a 6 aree: comprensione e comunicazione; evitamento; cura di se; relazioni con i pari; attività quotidiane (casa/famiglia, lavoro/scuola); partecipazione sociale. La scala è auto-somministrata (o dal caregiver) e corrisponde ai concetti contenuti nella WHO International Classification of Functioning, Disability and Health.

• I Questionari, e non interviste semistrutturate, di Personalità del DSM-5 misurano i tratti disadattivi divisi  in 5 domini: sentimenti negativi, separazione, antagonismo, disinibizione e psicoticismo. Per gli adulti e i bambini a partire dagli 11 anni, sono disponibili versioni brevi composte da 15 item e versioni complete di 220 item suddivise in diverse 25 sottoscale  che possono essere riassunte ulteriormente nei 5 domini di base. E’ inoltre disponibile una versione completa per il caregiver.

Ci sono inoltre, delle misure addizionali, Additional Assessment Measures

• L’ Early Development and Home Background (EDHB) può essere utile nella valutazione dello sviluppo primario e del background di esperienze familiari passate e attuali di un bambino che riceve cure. Ne sono state fornite due versioni: una compilata dal genitore o dal caregiver del bambino, l’altra deve essere compilata dal clinico.

• La Cultural Formulation Interview (CFI) è costituita da 16 domande che i clinici possono utilizzare durante una valutazione della salute mentale per ottenere informazioni sull’impatto della cultura negli aspetti chiave della presentazione clinica e della cura di un individuo.

• La Cultural Information Interview- versione per il caregiver raccoglie informazioni collaterali sui domini del CFI dai familiari o dai caregiver.

• La Supplementary Modules to the Cultural Formulation Interview può essere d’aiuto al clinico per condurre una valutazione culturale più esaustiva. I primi 8 moduli supplementari esplorano i domini centrali del CFI in profondità. I successivi 3 moduli si focalizzano sulle popolazioni con specifici bisogni, come ad esempio i bambini e gli adolescenti, gli anziani, gli immigrati e i rifugiati. L’ultimo modulo esplora le esperienze e i punti di vista degli individui che si occupano di caregiving.

Insomma, queste in breve sono le novità che il DSM 5 ci riserva, e prima del suo grande debutto possiamo cominciare e familiarizzare con alcune grandi cambiamenti che determineranno una svolta nell’era della psicodiagnosi.

LEGGI ANCHE:

Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders – DSM5

cancel