expand_lessAPRI WIDGET

Rimuginio e Ruminazione nella Sindrome Fibromialgica – Assisi 2013

 

Assisi 2013

LA SINDROME FIBROMIALGICA:

IL RUOLO DEL RIMUGINIO E DELLA RUMINAZIONE RABBIOSA

Ricci A. 1, Bonini S. 1, Continanza M.1, Turano M.T.2, Puliti E.1,2, Finocchietti A.1,3

 1 Scuola Cognitiva Firenze; 2 Centro Cognitivismo Clinico Firenze; 3 Studi Cognitivi Milano.

Introduzione

La Fibromialgia è una malattia reumatica caratterizzata da dolore muscolo-scheletrico cronico

ed esteso a tutte le aree del corpo, dalla presenza di aree dolorabili alla digitopressione senza però presentare alterazioni rilevabili con esami di laboratorio. A livello clinico, inoltre, il dolore sembra essere associato ad una complessa sintomatologia extra-scheletrica che varia da caso a caso. Nell’ultimo decennio vari studi, partendo dal modello biopsicosociale, si sono focalizzati sull’analisi dei fattori psicologici coinvolti nell’insorgenza ed evoluzione della SF dimostrando l’esistenza di una comorbilità con i disturbi d’ansia e i disturbi dell’umore.

Inoltre da un nostro precedente studio è stato possibile osservare, rispetto ad un campione di soggetti sani, un diverso profilo psicologico nei soggetti fibromialgici in relazione all’ansia e alle

variabili cognitive di controllo e rimuginio.

 

Obiettivo

Lo scopo del presente lavoro è stato quello di esplorare la differenza tra un gruppo di soggetti affetti da Sindrome Fibromialgica, un gruppo con altre patologie di dolore cronico (osteoporosi e artrosi) e un gruppo di soggetti sani rispetto alle variabili  ansia e depressione.

Inoltre si è indagata la differenza tra i tre gruppi relativamente ai processi cognitivi di rimuginio ansioso e ruminazione rabbiosa.

 

Metodo

A 30 soggetti con diagnosi di Fibromialgia (SF), con età media pari a 53,79 anni, a 30 soggetti con un’altra tipologia di dolore cronico (osteoporosi e artrosi) (DC), di età media pari a 61,63 anni, e a 30 soggetti sani (SANI), di età media pari a 56,29 anni, è stata somministrata una batteria di test composta da:

– Questionario anamnestico

– State-Trait Anxiety Inventory STAI – Y

– Penn State Worry Questionnaire PSWQ

– Anger Rumination Scale  ARS

– Beck Depression Inventory BDI-I

Successivamente dai dati ricavati sono state calcolate le differenze tra i tre gruppi rispetto a tutte le variabili considerate.

 

Analisi dei dati

E’ stata condotta una Analisi della varianza (ANOVA) separatamente per ciascuna variabile considerata attraverso la quale è stata verificata una differenza significativa tra i gruppi in tutti i test: STAI di stato (F=62.5; p<0.001); STAI di tratto (F=51.7; p<0.001); PSWQ (F=69.9; p<0.001); ARS (F=66.5; p<0.001); BDI (F=707.2; p<0.001).

Nei test STAI di stato, STAI di tratto, PSWQ e ARS, SF differisce sia dal DC (p<0.001) che dai SANI (p<0.001), presentando livelli più alti di ansia di stato e di tratto, rimuginio ansioso e ruminazione rabbiosa; DC e SANI non differiscono significativamente.

Nel test BDI, ciascun gruppo differisce significativamente dall’altro (p<0.001); SF presenta livelli di depressione più alti rispetto ai SANI, ma non al DC; il DC presenta un livello di depressione più alto sia rispetto ai SF che ai SANI.

 

Conclusione

In accordo con la letteratura, il gruppo SF presenta livelli più alti alla variabile ansia rispetto al gruppo DC e ai SANI e alla variabile depressione, rispetto al solo gruppo SANI. In riferimento a quest’ultima variabile, il gruppo DC presenta livelli più alti sia rispetto al gruppo SF che ai SANI: dato interessante che necessita di ulteriori approfondimenti.

Lo studio evidenzia un risultato nuovo, non presente ad oggi in letteratura: i pazienti fibromialgici mostrano, infatti, livelli più alti alle variabili rimuginio ansioso e ruminazione rabbiosa rispetto agli altri due gruppi. I dati relativi al rimuginio ansioso sono in linea con quanto emerso nel nostro precedente studio, mentre risulta essere del tutto innovativo il dato relativo alla ruminazione rabbiosa.

Questi risultati hanno permesso di aggiungere ulteriori caratteristiche al profilo psicologico del paziente fibromialgico e potrebbero avere importanti implicazioni nel trattamento della Sindrome Fibromialgica attraverso protocolli mirati di CBT.

ll presente studio si sta attualmente sviluppando attraverso l’analisi correlazionale di tutte le variabili oggetto della ricerca.

 

Riferimenti Bibliografici

Baldetti & Bartolozzi, 2012; Bonini et al.; 2012, Ghisi et al.; 2006, Pedrabissi & Santinello, 1989; Sanavio et al.,1997; Sarzi–Puttini, 2003; Sarzi-Puttini & Cazzola, 2009; Sassaroli, Lorenzini & Ruggiero,2006

 

ARTICOLI SU: RIMUGINIO E RUMINAZIONE

TUTTI GLI ARTICOLI SU ASSISI 2013

GUARDA IL VIDEO DEL DISCORSO DI APERTURA (S. Sassaroli e F. Mancini)

ELENCO COMPLETO DEI LAVORI

 

Bias Egocentrico Emotivo: quale area cerebrale è coinvolta? – Neuroscienze

– FLASH NEWS-

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche

Bias egocentrico emotivo: Quando siamo tristi ci sembra che il mondo pianga con noi, quando siamo contenti invece tutto splende e anche gli altri ci sembrano felici.

Si pensa che questo noto meccanismo di proiezione delle proprie emozioni sugli altri possa essere alla base della capacità di interpretare e rapportarsi agli altri.

In alcune circostanze, tuttavia, questo egocentrismo emotivo – un errore chiamato bias egocentrico emotivo, EEB –  può indurci ad errori grossolani.
Giorgia Silani , neuroscienziato presso la SISSA , in collaborazione con un gruppo internazionale di ricercatori ha identificato un’area del cervello coinvolta in questo processo.

I ricercatori hanno misurato la probabilità dei soggetti di sbagliare valutazione, poi, grazie alla risonanza magnetica funzionale, hanno identificato una zona cerebrale che si attivava quando i soggetti commettevano errori: il giro sopramarginale destro.

In una  terza fase dell’esperimento i ricercatori hanno cercato di “sabotare” l’attività cerebrale di questa zona, disattivando temporaneamente l’attività nervosa in quest’area con la stimolazione magnetica transcranica. Quando l’area cerebrale era disattivata i soggetti commettevano significativamente più errori della media, confermando il ruolo fondamentale di questa area cerebrale nel processo.

“I risultati del nostro studio,” spiega la Silani “mostrano per la prima volta i marcatori fisiologici dei meccanismi sociali altamente adattabili, come ad esempio la capacità di sopprimere i nostri stati emotivi per permetterci di valutare correttamente quelli degli altri. La ricerca ci permetterà di capire come queste abilità si sviluppano e decadono nel tempo e come possiamo incrementarle.

LEGGI:

BIAS – EURISTICHE NEUROPSICOLOGIA

 

BIBLIOGRAFIA:

 

 

Italy in a Day – Documentario Collettivo di Salvatores, girato da voi.

Italy in a day

Un Social Documentary (Crowd-sourced movie)

Diretto da Gabriele Salvatores

Sabato 26 ottobre 2013 è stato scelto come il giorno di Italy In A Day, progetto cinematografico documentario ricalcato sull’originale Life In A Day su progetto di Ridley Scott, circolato su Youtube nel 2010, definito il primo social movie

Italy in a Day - Progetto di social documentary a cura di Gabriele Salvatores - Immagine: © 2013 Costanza Prinetti
Illustrazione: Costanza Prinetti

LEGGI LA RECENSIONE DI LIFE IN A DAY (2010) DI RIDLEY SCOTT

Da qualche anno, più precisamente dalla comparsa degli amati e vituperati social network, i nostri autoscatti, le foto con gli amici, i nostri pranzi e le nostre cene, i nostri video più o meno divertenti sono finiti su bacheche di Facebook o circuiti di Instagramers, giusto per citare due dei social più famosi; gli autoscatti delle nostre gambe nude e abbronzate in riva al mare sono state protagoniste dell’estate 2013 con la serie “Wurstel che pubblicano le foto della propria vacanza”, ripresa da più testate giornalistiche. E l’autoscatto non si chiama più autoscatto, già: ora si dice selfie.

Tutti questi frammenti visivi delle nostre vite, però, circolano ancora separati, in chiave autoreferenziale: sono simili a parole solitarie che non riescono a formare un vero e proprio discorso leggibile. In poche parole, non raccontano una storia. Sono accenni, semmai.

Per questa valanga di immagini c’è adesso l’occasione di inserirsi in un nuovo canale più collettivo, più “partecipativo”. Sabato 26 ottobre 2013 è stato scelto come il giorno di Italy In A Day, progetto cinematografico documentario ricalcato sull’originale Life In A Day su progetto di Ridley Scott, circolato su Youtube nel 2010, definito il primo social movie.

Prodotto da Indiana Production e da Rai Cinema con Gabriele Salvatores alla regia, Italy In A Day sabato prossimo darà la possibilità di mostrare a tutti, e non solo agli “amici di bacheca”, la nostra quotidianità: che si tratti di portare a spasso il cane, accogliere in aeroporto un gruppo di ceramisti tedeschi o affrontare un’operazione chirurgica; la prima colazione in famiglia, i capricci del figlio, la macchina che si è rotta, la spesa al supermercato dell’ultimo minuto; la telefonata via Skype a un amico lontano, il cinema del sabato sera o la nascita di un figlio… niente è banale, tutto è ben accolto.

I filmati verranno in seguito selezionati e montati per creare l’affresco di un giorno in Italia. Vedere cosa la gente avrà scelto di riprendere potrà farci intuire, forse, una sorta di possibile “psiche” (o zeitgeist) nazionale al di sopra di politica, religione e credo?

 

Per chi volesse partecipare, tutte le informazioni sono disponibili sul sito www.italyinaday.rai.it

 

LEGGI ANCHE: Life in a day: un Poema Audiovisivo 2.0

ARTICOLI SU: CINEMA

CINEMA & PSICOTERAPIA

Màt 2013: la Settimana della Salute Mentale – Modena

Renata Bedini, Associazione Insieme a Noi

 Màt 2013

La Settimana della salute Mentale a Modena

 

Si è apertaMàt 2013 - Settimana della salute Mentale venerdì 18 ottobre la terza edizione della Settimana della Salute Mentale a Modena, una sperimentazione di divulgazione scientifica e partecipazione pubblica nata dalla collaborazione tra il locale Dipartimento di Salute Mentale e le associazioni del territorio.

Il Direttore del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche Fabrizio Starace e i Presidenti delle associazioni di utenti e familiari Paola Relandini e Tilde Arcaleni hanno presentato stamane 10 ottobre un programma ricco di iniziative artistiche e culturali, di approfondimento scientifico e di dibattito.

Sempre più nutrito e variegato il gruppo di ospiti nazionali e internazionali che accompagna la manifestazione. Si va da Shekhar Saxena, Direttore della divisione Salute Mentale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, a Peppe Dell’Acqua, successore ed erede di Franco Basaglia nell’impegno per l’umanizzazione dei luoghi di cura della sofferenza psichica. Passando per il Vice Ministro Maria Cecilia Guerra e il Senatore Nerina Dirindin, note per il grande impegno profuso per la modernizzazione e l’equità nelle politiche di welfare. Da David Shiers, esperto britannico di politiche sanitarie, allo scrittore Ugo Cornia, che si cimenterà in un dialogo letterario con la follia. Passando per Sergio Zavoli e Massimo Cirri, due generazioni di grandi giornalisti a confronto, fino ad arrivare a Bobo Rondelli, cantautore livornese noto al pubblico per le sua ballate intrise di ironia e impegno civile.

Il filo conduttore degli eventi della settimana sarà quello della “guarigione possibile”, un tema scelto per dare speranza a chi soffre un disagio psichico oppure vive in famiglia l’esperienza della malattia di un proprio caro. Un’esperienza largamente diffusa, come dimostrano i dati recentemente divulgati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Secondo le stime scientifiche, una persona su tre vive un periodo di disagio psichico nell’arco della propria esistenza. Il confronto con i dati raccolti dall’OMS negli anni precedenti dimostra inoltre che è in corso una crescita delle richieste di intervento psichiatrico, da ricollegare alle crescenti condizioni di stress provocate dalla crisi economica in atto.

Si è scelto allora proprio il tema della guarigione possibile per mantenere vive le ragioni di un argomentato ottimismo. I dati in raccolti dal Dipartimento di Salute Mentale dell’AUSL di Modena dimostrano che negli ultimi anni stanno crescendo in qualità e in quantità le “buone prassi” all’interno dei servizi della Provincia. La maggiore attenzione alle evidenze scientifiche, la costante collaborazione e la verifica dei risultati svolte con i rappresentanti degli utenti e dei familiari, stanno accrescendo l’efficacia degli interventi e, di conseguenza, aumentando la credibilità del servizio pubblico. L’abbattimento degli episodi di “contenzione” purtroppo ancora tristemente diffusi fino a qualche anno fa, dimostra il “cambio di rotta” dei servizi di salute mentale, ormai orientati verso la promozione dei diritti e delle capacità personali, che, se protette e coltivate, resistono anche al sopraggiungere del disturbo più severo.

La relazione annuale presentata dal Dipartimento indica sempre più chiaramente il cambiamento complessivo che sta interessando la cultura dei servizi: superato l’ultimo pregiudizio della “inguaribilità”, nessun cittadino può più essere condannato a perdere il proprio ruolo e i propri diritti in conseguenza di una diagnosi psichiatrica. Ma questo, come sottolinea il Direttore Starace, solo a patto che alla tutela della salute mentale siano affidate risorse in misura congrua e razionale. Proprio nel momento in cui la cittadinanza è più esposta ai rischi di una crisi che ha gravi ripercussioni sulla salute mentale, la collettività e i suoi organi di governo hanno il compito di rafforzare le reti di difesa. In primo luogo aumentando la spesa sociale, in secondo luogo riconvertendo la spesa oggi destinata ai ricoveri ospedalieri, spesso svilenti e dannosi per chi li subisce, in interventi professionali rivolti alla crescita della sensibilità, della consapevolezza e della capacità di accogliere e superare il disagio.

La settimana della Salute Mentale lancia allora un messaggio alla cittadinanza: è necessario “riprendersi la salute”, cioè ripensare alla propria condizione di benessere psicofisico e soprattutto riprendere in mano i servizi pubblici: controllare, valutare, esprimere bisogni, proporre idee e soluzioni.

E proprio questo è stato lo spirito che ha orientato la costruzione di questo programma denso di iniziative: da Febbraio a Settembre sono giunte più di 90 proposte da soggetti interessati del mondo dell’associazionismo, della cooperazione sociale, delle amministrazioni pubbliche, della scuola, dell’università, del volontariato, delle associazioni di categoria, delle associazioni professionali e del mondo imprenditoriale. Dopo 3 assemblee pubbliche e aperte alla cittadinanza, ciascuna con una presenza di circa 80 partecipanti, e un percorso di elaborazione partecipata durato 8 mesi, sono stati definiti più di 80 eventi, che coinvolgono più di 150 enti tra promotori e collaboratori, distribuiti in 50 sedi in 15 Comuni della Provincia. 16 presentazioni di libri, 10 spettacoli teatrali, 8 proiezioni di film, 5 spettacoli musicali, per finire con 3 gruppi di automutuo aiuto “aperti” su problemi specifici come l’abuso di sostanze, un’assoluta novità nel panorama modenese. Innumerevoli i temi toccati: dalla lotta alle mafie, alle nuove dipendenze, agli interventi precoci sul disagio giovanile, dalle politiche sanitarie al ruolo dell’associazionismo, dall’inclusione degli studenti disabili a scuola alle migrazioni, dall’autismo alla scrittura autobiografica, dalla contenzione meccanica al superamento degli Opg, dal rapporto con i Mass Media alle riflessioni di Franca Ongaro Basaglia.

70 sono gli ospiti tra i relatori, provenienti da tutta Italia e rappresentanti di vari territori, esperienze umane e formazioni professionali. Oltre alle associazioni, ai comitati, ai movimenti di cittadini e alle rappresentanze di familiari e utenti, i dibattiti saranno condotti e partecipati da rappresentanti delle professioni mediche, sanitarie, tecniche, accompagnati da psicologi, sociologi, antropologi, pedagogisti, giornalisti, giuristi, giovani ricercatori, sindacalisti, scrittori, esperti di politiche pubbliche, amministratori e rappresentanti delle istituzioni.

Come nella famosa canzone di De Andrè, “dietro ogni matto c’è un villaggio”, dietro Màt può ormai sentirsi rappresentata tutta la comunità modenese, ma questa volta non in una dinamica di esclusione, come era quella narrata dal cantautore genovese, ma orgogliosa di prendere parte a un progetto collettivo di inclusione e costruzione collettiva di benessere.

 

LEGGI ANCHE:

Màt 2012 – La Settimana della Salute Mentale a Modena

Giornata Mondiale della salute Mentale

ARTICOLI SU: PSICHIATRIA E PSICOLOGIA PUBBLICHE

SCOPRI IL PROGETTO PROYOUTH

 

BIBLIOGRAFIA:

  • Mental health action plan 2013-2020. I.Mental health. 2.Mental disorders – prevention and control. 3.Mental health services. 4.Health planning. I.World Health Organization ISBN 978 92 4 150602 1 (NLM classification: WM 101)
  • Organizzazione Mondiale della Sanità – Website: www.who.int

 

L’autocaratterizzazione degli allievi prima e dopo la formazione in psicoterapia – Assisi 2013

Assisi 2013

L’autocaratterizzazione degli allievi prima e dopo la formazione in psicoterapia

Aprile C., Del Ponte H., Di Bari S., Formiconi C.,

Galassi F. R., Ialenti V., Lambertucci L.

(Studi Cognitivi, San Benedetto del Tronto)

 

INTRODUZIONE:

La ricerca consiste in uno studio longitudinale che confronta le autocaratterizzazioni di 20 allievi di una scuola di specializzazione in psicoterapia, all’inizio e al termine del percorso formativo, con quelle di un gruppo di controllo che non svolge nel medesimo arco temporale alcuna formazione. L’obiettivo è verificare se la formazione comporterà negli studenti della scuola un processo evolutivo di assimilazione e accomodamento. Vengono presentati i risultati preliminari. I risultati definitivi si avranno nel 2015 al termine del training di formazione. Le autocaratterizzazioni sono state valutate con l’analisi del contenuto. E’ stato adottato un protocollo che definisce le procedure seguite, il manuale dei codici interpretativi e la griglia di codifica. Un gruppo di ricercatori è stato addestrato e formato e opportune modalità di controllo e rotazione hanno consentito di confrontare e omogeneizzare la codifica delle categorie d’analisi.

HA PRESENTATO IL LAVORO: Dott.ssa Laura Lambertucci

 

 

 

 

LEGGI:

PSICOLOGIA & FORMAZIONE

TUTTE LE PRESENTAZIONI

 

Come cambia la diagnosi dei disturbi di personalità alla luce del DSM 5?

 

Nel DSM 5 i disturbi della personalità sono presenti sia nella sezione II, dove sono stati riproposte le stesse categorie diagnostiche presenti nel DSM IV TR,   sia nella sezione III dove si propone il nuovo modello “ibrido” . Lo scopo è abituare i clinici alla nuova classificazione, dimensionale e tratto specifica, e orientare la ricerca  in questa direzione. Malgrado possano esistere dei vantaggi nell’effettuare  una diagnosi dimensionale ci sono state molte resistenze nell’accogliere la nuova proposta diagnostica al punto da dover riproporre le vecchie diagnosi. Presenteremo, in ogni caso, la nuova nosografia.

 

DSM5 . - Immagine @ o-DSM-5-facebookCome cambia la diagnosi dei disturbi di personalità alla luce del DSM 5? Tantissime sono state le voci che si sono susseguite, cosa resta e cosa sarà eliminato, ma ecco finalmente fare l’ingresso trionfale del nuovo manuale e della nuovissima nomenclatura, almeno per quanto riguarda l’Asse II.

Come si procede in ambito di personalità?

Prima di effettuare diagnosi vera e propria il clinico, esperto, deve seguire una serie di indicazioni che portano a valutare la gravità del disturbo presentato e il funzionamento interpersonale del paziente. In sostanza, sono tre i livelli da valutare: il funzionamento generale, la patologia e i tratti/domini.

In primo luogo, dunque, si effettua una valutazione dimensionale del livello di compromissione del Sé e delle relazioni interpersonali, attraverso un continuum di gravità espresso con 5 livelli (Self and Interpersonal Functioning Continuum).

Successivamente, il clinico deve verificare se presente un disturbo di personalità patologico (borderline, evitante, etc.). Nel caso in cui non fosse presente patologia, ma solo una compromissione generale derivante dalla prima valutazione effettuata, si passa alla valutazione dei tratti/domini di personalità.

Primo step valutativo che mira a definire i diversi livelli di organizzazione della personalità. La Scala dei Livelli di Funzionamento della Personalità, permette di individuare delle dimensioni che si dividono in disturbi del Sé e funzionamento interpersonale.

Per quanto riguarda i disturbi del Sé si hanno due aree da valutare lungo un continuum di gravità:

(1) l’identità, intesa come l’esperienza di se stessi come soggetti unici e dotati di confini definiti, la stabilità della propria autostima, l’accuratezza della propria auto-valutazione e la capacità di regolare una vasta gamma di emozioni;

(2) l’autodirezionalità, intesa come capacità di perseguire obiettivi a breve termine e scopi di vita coerenti e significativi, l’utilizzo di standard di comportamento interni costruttivi e prosociali e la capacità di riflette in modo produttivo su di sé.

Il Funzionamento interpersonale, invece, è valutato tenendo conto di due dimensioni:

(1) l’empatia, intesa come comprensione delle esperienze e motivazioni altrui, tolleranza di prospettive diverse e comprensione degli effetti del proprio comportamento sugli altri;

(2) l’intimità, intesa come profondità e durata delle relazioni positive con gli altri, desiderio e capacità di intimità e rispetto reciproco.

Dopo aver definito questa parte generale, si passa a quella di diagnostica vera e propria, secondo step.

Anche qui, però, sono state introdotte delle novità: saranno sei i disturbi di personalità che si possono diagnosticare: schizotipico, antisociale, borderline, narcisistico, evitante e ossessivo compulsivo.

Mancano, e non saranno reintegrati lo schizoide, l’istrionico, il paranoide e il dipendente. Alcuni potrebbero dire, “che fine hanno fatto il passivo aggressivo e il depressivo di personalità?“. Beh, erano stati eliminati e inseriti in appendice da un pezzo, malgrado nella SCID II erano ancora presenti.

Ognuno di questi disturbi di personalità è presentato in maniera più articolata da come era stato inserito nel DSM-IV TR, perché caratterizzati da una parte sul funzionamento generale e un’altra sui tratti patologici di personalità relativamente stabili, non riconducibili alla condizioni socio-culturali dell’individuo e a una condizione medica generale o all’uso di sostanze.

In sostanza, per porre diagnosi di disturbo di personalità dovranno essere soddisfatti i seguenti criteri:

  • Criterio A. Compromissioni significative del sé e del funzionamento interpersonale (empatia o intimità).
  • Criterio B. Uno o più domini del tratto patologico della personalità o sfaccettature/aspetti del tratto.
  • Criterio C. La compromissione nel funzionamento della personalità e l’espressione del tratto della personalità dell’individuo sono relativamente stabili nel tempo e costanti tra le situazioni.
  • Criterio D. La compromissione nel funzionamento della personalità e l’espressione del tratto della personalità dell’individuo non sono meglio compresi come normativi per la fase di sviluppo individuale o per l’ambiente socio-culturale.
  • Criterio E. La compromissione nel funzionamento della personalità e l’espressione del tratto della personalità dell’individuo non sono dovuti agli effetti fisiologici diretti di una sostanza o di una condizione medica generale

Fatto ciò, si passa alla parte successiva, ovvero l’individuazione di 5 grandi tratti/ domini: Affettività Negativa (AN), Distacco (D), Antagonismo (A), Disinibizione vs Compulsività (DS vs C) e Psicoticismo (P).

Questi 5 domini, valutati anche su una scala dimensionale (0-4) sono ulteriormente articolabili in un totale di 28 sottodomini o “trait-facets”.

Quindi, se un paziente soddisfa i criteri per la presenza di un funzionamento patologico, ma non per uno dei 6 disturbi di personalità, il clinico viene invitato a procedere alla valutazione secondo i 5 grandi domini appena elencati, per mezzo dei quali vengono descritti una serie di Personality Disorders Trait Specified (PDTs) che prendono il posto dei famosi disturbi di personalità Non Altrimenti Specificati del DSM-IV-TR.

Ogni trait-domain può essere ulteriormente valutato in modo dimensionale per mezzo di una scala a 4 passi (da 0 a 3). Questa descrizione può essere approfondita prendendo in considerazione le 28 trait-facets associate ai vari domini. Le informazioni derivate da domini e sottodomini possono essere quindi utilizzate per la formulazione del caso anche se nessuno dei criteri dei disturbi della personalità sia soddisfatto.

Da quanto emerge, risulta essere abbastanza evidente la poca linearità e scorrevolezza nella diagnosi, al punto da risultare molto difficile da far digerire soprattutto a chi effettua diagnosi da molti anni. In particolare, far parlare la patologia con i Big Five, da cui originano i tratti/domini sembra essere un impresa piuttosto ardua. Si otterrà una valutazione del funzionamento globale del paziente e l’incasellamento dello stesso in categorie poco diagnostiche.

Speriamo di non fare un volo nel vuoto.

 

LEGGI ANCHE:

DIAGNOSTIC AND STATISTICAL MANUAL OF MENTAL DISORDERS – DSM5 

DISTURBI DI PERSONALITA’ – PD

MISURARE LA PATOLOGIA MENTALE CON IL DSM5…ECCO LE NOVITA’!

 

 

BIBLIOGRAFIA:

Musica & Selezione Sessuale: se suoni uno strumento piaci di più!

 

“…non sembra improbabile il sospetto che i progenitori dell’uomo, 

siano maschi o femmine,

o dei due sessi, 

prima che avessero acquistato la facoltà di esprimere 

il loro vicendevole amore col linguaggio articolato, 

cercassero di allettarsi l’un l’altro con note o ritmo musicale…”

(Darwin, 1871)

 

Musica & Selezione Sessuale: Se suoni uno strumento piaci di più!. -Immagine: © Tommaso Lizzul - Fotolia.comSuonare uno strumento aumenta le possibilità di uscire con una donna.

Un passo in più per rispondere all’intramontabile domanda senza risposta di Freud, “Cosa vogliono le donne?”, forse un musicista.

Darwin l’aveva già detto che la musica gioca un ruolo nella selezione sessuale.

Alcuni ricercatori francesi hanno condotto un esperimento proprio per trovare conferme scientifiche a questa ipotesi.

Numerose ricerche hanno cercato di capire quali siano le caratteristiche degli uomini maggiormente attrattive per la popolazione femminile.

Diversamente dagli uomini, infatti, le donne possono avere soltanto un numero limitato di figli e questo le porterebbe a scegliere uomini che possano assicurare di avere risorse necessarie per sè e per la propria stirpe.

Un recente lavoro (Gueguen & Lami 2012) riporta infatti che coloro che avevano una macchina più costosa erano più inclini a ricevere il numero di telefono chiesto ad una passante.

In accordo con la Teoria Evoluzionistica e quella dell’Investimento Parentale di Trivers (1972) sembra che per le donne l’elevata classe sociale e l’elevato stipendio rappresentino un fattore importante nella scelta della partner, ma non è l’unico.

Forse anche la musica gioco un ruolo pertanto, tornando a Darwin e a quello che ormai più di un secolo fa asseriva, potrebbe essere che le donne siano particolarmente sensibili alla musica, così come accade nelle altre specie?

Già in letteratura sono presenti studi che rivelano lo stretto legame tra musica e selezione sessuale. Sanders & Venmoth (1998) hanno evidenziato come le donne subiscano maggiormente l’influenza della musica nel periodo dell’ovulazione e Sluming & Manning (2000) in un altro interessante studio, hanno rilevato il rapporto tra secondo e quarto dito della mano (rapporto 2D:4D) ritenuto essere un maker genetico della presenza di testosterone in epoca prenatale e quindi indicativo di una buona fertilità, evidenziando come questo fosse minore (quindi migliore) nei componenti di un orchestra piuttosto che nella popolazione generale. 

Pertanto Gueguen, Meineri and Fisher-Louku (2013) hanno condotto uno studio per valutare se, e in che modo, l’essere un musicista possa favorire la possibilità di ricevere un numero di telefono da una donna. 

Nell’esperimento un ragazzo di 20 anni (preliminarmente selezionato come il maggiormente attraente da un campione di donne tra altri uomini) è stato istruito a chiedere, a ragazze approssimativamente tra 18 e 22 anni che passeggiavano da sole, il loro numero di telefono invitandole ad uscire per un drink in 3 diverse condizioni: una con la custodia di una chitarra in mano, una con una borsa sportiva in mano, e una senza alcun oggetto, mantenendo inalterate le altre variabili (cosa dire, quando sorridere) ed evitando di selezionare la ragazza sulla base della sua attraenza.

I risultati dimostrano che il 31% dei numeri telefonici sono stati raccolti nella condizione che prevedeva la presenza della custodia di chitarra, a differenza del 9% con la borsa sportiva e del 14% senza nulla in mano, evidenziando una differenza significativa tra la prima condizione e le altre e supportando l’ipotesi degli autori che la musica possa giocare un ruolo nella selezione sessuale. Questo non ci stupisce, Darwin l’aveva già  visto in tutti gli animali, perchè dovrebbe essere diverso nell’uomo?

Un passo in più per rispondere all’intramontabile domanda senza risposta di Freud, “Cosa vogliono le donne?”, forse un musicista.

LEGGI ANCHE:

MUSICASCELTA DEL PARTNER

ARTICOLO CONSIGLIATO:

Scelta del partner – Tradimento: meglio donne con visi femminili!

 

 

BIBLIOGRAFIA:

 

I geni della visione negativa del mondo. Genetica & Psicologia

– FLASH NEWS-

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche

Secondo un nuovo studio della University of British Columbia, il colore delle lenti attraverso cui guardiamo il mondo ha a che fare con variazioni genetiche che predispongono alcuni, ma non altri,  a vedere il mondo in termini negativi.

Il gene in questione è una variante del gene ADRA2B, che influenza l’ormone e neurotrasmettitore noradrenalina e che svolge un ruolo nella formazione di memorie emozionali; il nuovo studio dimostra che la variante ADRA2B gioca anche un ruolo nei processi percettivi individuali.
200 soggetti hanno partecipato allo studio in cui sono stati esposti a parole positive, negative e neutre, in rapida successione.

I partecipanti con la variante del gene ADRA2B erano più suscettibili degli altri nel percepire le parole negative; entrambi i gruppi invece erano più sensibili alle parole positive piuttosto che a quelle neutre.

Questa predisposizione genetica, spiega Todd, autore dello studio, induce le persone a una selezione di elementi negativi nell’ambiente circostante.

Ulteriori ricerche esploreranno questo fenomeno tra i gruppi etnici: si ritiene infatti che più della metà dei caucasici abbiano la variante ADRA2B che invece è significativamente meno diffusa in altre etnie; per esempio, un recente studio ha rilevato che solo il 10 % dei ruandesi possiede tale variante nel suo corredo genetico.

LEGGI ANCHE:

GENETICA & PSICHEPSICOLOGIA CROSSCULTURALE

 

 

BIBLIOGRAFIA:

 

Genesi e risoluzione dell’Attaccamento materno–infantile – PARTE 3

Elena Commodari, Maria Tiziana Maricchiolo

 -PARTE 3-

Risoluzione dell’attaccamento
Capacità di contenimento e gestione delle emozioni

LEGGI: PARTE 1 – PARTE 2 – PARTE 3 – PARTE 4 – PARTE 5

 

Attaccamento materno-infantile . - Immagine: ©evgenyatamanenko-Fotolia.comIl punto cardine della risoluzione dell’attaccamento materno – infantile, sembra trovare le sue fondamenta nella capacità di contenimento e gestione delle emozioni.

Tale capacità permetterebbe al bambino, che vive una buona e necessaria dipendenza emotiva, di imparare gradualmente la mediazione riflessiva grazie alla quale potersi differenziare dalle figure genitoriali.

Riuscendo a districarsi nella selva dei sentimenti e dei vissuti potrebbe, da adolescente prima e da adulto poi, far fronte alle inevitabili frustrazioni che la vita riserva senza crollare, fuggire o rifugiarsi in nuove e distorte forme di dipendenza, quali alcool, droghe o altre forme di devianza (Montefoschi, Pietrini, Raggi, 2009).

Alcune ricerche sull’argomento, presentano un adolescente che sembra far di tutto pur di allontanarsi dalla relazione con i genitori e con altre figure di attaccamento familiari, ostentando spesso spirito di opposizione e capacità di autonomia. Ma la conquista dell’autonomia, che non va realmente a discapito dei rapporti genitoriali o familiari, si accompagna all’instaurarsi di una serie di relazioni sicure, che dureranno con molta probabilità ben oltre l’adolescenza (Fraley e Davis, 1997).

Non si tratta dunque di una fase in cui i comportamenti e i bisogni di attaccamento vengono abbandonati, piuttosto è il periodo in cui questi sono gradualmente trasferiti ai coetanei (Allen e Land, 1999), ai partner sentimentali in prima istanza ed agli amici in seconda.

Il trasferimento dei bisogni e dei comportamenti di attaccamento dai genitori ai pari, richiede comunque una trasformazione, da relazioni d’attaccamento gerarchiche si passerà a relazioni d’attaccamento simmetriche. Vien da sé che l’adolescente che avrà vissuto da piccolo attaccamenti sicuri, più facilmente gestirà il conflitto di separazione con i genitori in modo partecipato, e le identificazioni con i pari saranno adeguate, coinvolgenti seppure critiche (Allen & Land 1999). Adolescenti con attaccamento evitante vivranno tale conflitto in modo prevalentemente inconsapevole e meno partecipato, ma le identificazioni con i pari potranno essere più difficoltose.

Adolescenti con attaccamento ambivalente tenderanno a vivere il conflitto genitoriale con violenza e rabbia, e trovandosi più facilmente preda di forti emozioni, tenderanno a identificazioni massicce e acritiche verso i pari.

Il baricentro affettivo si sposterà eccessivamente dalla famiglia ai pari (branco, bullismo, devianza). Un discorso più complesso riguarda l’attaccamento disorganizzato, in cui le conseguenze a lungo termine sembrano essere una difficile gestione dello stress e delle emozioni negative, attestate dalla presenza perdurante di elevati livelli di cortisolo nella saliva e dall’aumento della frequenza dei battiti cardiaci ben oltre il tempo di esposizione allo stress (Van Ijzendoorn, Schuengel, Balermans-Kranenburg,1999).

Interessanti a tal proposito i lavori di Mary Main (2008) e di Lyons-Ruth e Jacobvits (2008) sulle cause e le evoluzioni degli attaccamenti evitanti e disorganizzati dalla prima infanzia alla prima età adulta, e quelli di Gianni Liotti (Liotti, Farina, 2011) sugli sviluppi dissociativi degli attaccamenti disorganizzati associati a esperienze traumatiche.

Tali studi permettono di capire in modo più preciso e sperimentalmente fondato come caregivers che si relazionano ai bambini in modo spaventato e spaventante, presentandosi come fonti di protezione ed in egual misura di paura, agevolino relazioni precoci caratterizzate da sentimenti di impotenza e ostilità; ciò rende loro impossibile il compito di sviluppare strategie relazionali organizzate, rappresentazioni coerenti di sé e degli altri e una buona capacità di comprendere il comportamento proprio e altrui in termini di stati intenzionali.

Per Liotti, dato che l’attivazione del sistema di attaccamento determina in queste persone profonde angosce di annientamento, il loro comportamento finirebbe per essere controllato in modo più o meno rigido dai sistemi motivazionali dell’accudimento, del rango e forse anche della sessualità e il loro funzionamento psichico si organizzerebbe in senso dissociativo.

 

LEGGI: PARTE 1 – PARTE 2

LEGGI ANCHE:

ATTACCAMENTO ATTACCAMENTO DISORGANIZZATOACCUDIMENTO – GRAVIDANZA & GENITORIALITA’ – BAMBINI – RAPPORTI INTERPERSONALI

 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

 

Genesi e risoluzione dell’Attaccamento materno–infantile – Bibliografia

LEGGI: PARTE 1 – PARTE 2 – PARTE 3 – PARTE 4 – PARTE 5

Bibliografia

 

Tribolazioni 16 – Egocentrismo Cosmico

 

TRIBOLAZIONI 16

EGOCENTRISMO COSMICO

LEGGI LA MONOGRAFIA: TRIBOLAZIONI

 

Tribolazioni 16 - Egocentrismo Cosmico. -Immagine: © Naeblys - Fotolia.comPoi c’è “il genere umano” a cui tutto è sottomesso. Pensiamo che le mucche facciano il latte, i campi il grano e le galline le uova per darci la possibilità di fare i dolci: sappiamo che non è così ma siamo portati a pensarlo.

Secondo molte culture orientali la sofferenza dell’individuo si ridurrebbe grandemente se riuscisse a considerarsi parte di un tutto universale rinunciando alla propria centralità e unicità assoluta. Certamente l’egocentrismo e lo stesso egoismo hanno un ruolo positivo nell’evoluzione e sono dunque stati selezionati. Guardare il mondo da una sola prospettiva è più semplice ed efficace. Così come puntare ai propri interessi conduce, in genere, a realizzarli.

La cultura occidentale ha ipertrofizzato questo aspetto. Così  pensiamo di essere al centro dell’universo. Il decentramento da questa prospettiva non è facile. Quando i fatti ci ricordano improvvisamente e spesso duramente che l’universo non è al nostro servizio, oltre alla frustrazione di qualche scopo specifico c’è  la frustrazione di questo smisurato egocentrismo narcisista.

Esso può essere mitigato solo dallo sviluppo di una buona capacità metacognitiva (Flavell 1988; Semerari 1991, 1996, 1999). Che origina da una sicura relazione di attaccamento infantile ( Bowlby 1969, 1973, 1980; Fonagy 2001; Fonagy et al. 2002; Fonagy, Target 1996).

Al centro di tutto c’è “l’Io” punto di vista da cui è difficile distanziarsi Intorno all’Io, in cerchi concentrici, troviamo la nostra famiglia, la nostra cultura, il nostro tempo che diventano altrettanti standard normativi di ciò che è normale, buono e giusto.

Poi c’è “il genere umano” a cui tutto è sottomesso. Pensiamo che le mucche facciano il latte, i campi il grano e le galline le uova per darci la possibilità di fare i dolci: sappiamo che non è così ma siamo portati a pensarlo.

Poi c’è la terra, il nostro pianeta che, se non crediamo più essere il centro dell’universo ancora lo pensiamo, contro ogni logica, come l’unico in grado di ospitare la vita. Da qui a trasformare il wishfull thinking in onnipotenza il passo è breve: “se tutto è stato creato al mio servizio ciò che voglio può e deve accadere”.

Questa sorta di delirio di riferimento e di onnipotenza non sarebbe di per sé motivo di sofferenza se non fosse  che poi le cose non vanno realmente così. Ci rimaniamo doppiamente delusi a motivo delle irrealistiche e ingiustificate aspettative. La gente spesso tribola  dicendosi “non doveva capitare a me oppure a noi” o, più semplicemente, “non doveva capitare” ma non sa spiegare il perché di tale aspettativa magica. Sono arrabbiati con la sorte ritenendosi detentori di diritti inspiegabili che sembrano loro ingiustamente  lesi.

L’egocentrismo spinge a sentirsi soli ma anche unici e speciali. Ad esempio molti si chiedono. “Come è possibile che tutti per strada siano sereni e felici ed io invece porti dentro tanta sofferenza?

Naturalmente questo modo di sentirsi gli unici sofferenti è frutto di un errore di prospettiva. Ciascuno vede dal di dentro solo sé stesso, mentre degli altri  vede la preziosa confezione esterna, il fiocco arricciato e la carta sgargiante.

Le persone che si incontrano per strada non sputano fiamme, non si puntano la pistola carica alla tempia, non annodano la corda insaponata. Ma del loro animo che ne sappiamo? I pensieri non sono pesciolini guizzanti in una boccia di vetro, non si  vedono. L’anima non è trasparente. Tutti appaiono agli altri viandanti tranquilli e persino soddisfatti. Solo se si facesse un buchino in quelle splendide apparenze si vedrebbe cosa colerebbe fuori.

LEGGI LA MONOGRAFIA: TRIBOLAZIONI

LEGGI ANCHE:

SCOPI ESISTENZIALI – PSICOPATOLOGIA DELLA VITA QUOTIDIANA – NARCISISMO

CONSULTA LA BIBLIOGRAFIA

 

Il Bacio? Ci aiuta a orientarci nella scelta del Partner – Psicologia

– FLASH NEWS-

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche

Il bacio aiuta nella selezione dei potenziali partner: il bacio infatti veicolando gusto e odore, ci fornisce indizi per una prima e inconsapevole valutazione di compatibilità biologica, genetica e dello stato generale di salute dell’altro.

Il bacio, come forma di effusione nelle relazioni sentimentali, è incredibilmente diffuso in varie forme e in quasi tutte le culture e società contemporanee; inoltre è stato osservato anche negli scimpanzé e nei bonobo, i primati nostri parenti più prossimi, anche se è meno intenso e meno frequente.

Secondo uno studio della Oxford University è grazie al bacio che riusciamo ad inquadrare un partner potenziale e, quando la relazione è già avviata, può addirittura aiutarci a trattenere il partner.

Per capire meglio la funzione del bacio nelle relazioni sentimentali, Rafael Wlodarski e Robin Dunbar hanno condotto un sondaggio online che ha coinvolto più di 900 adulti nel valutare l’importanza del baciare nelle relazioni a breve e a lungo termine.

Le principali teorie sul ruolo che il bacio svolge nei rapporti sentimentali sono tre: aiuta nella la valutazione della qualità genetica dei potenziali partners, serve ad aumentare l’eccitazione per avviare il rapporto sessuale e fa da collante nella relazione.

Lo scopo della ricerca condotta era proprio passare al vaglio queste tre teorie.

Le risposte al sondaggio indicano che le donne, nelle relazioni sentimentali, attribuiscono al bacio maggiore importanza degli uomini; inoltre uomini e donne che si considerano attraenti o tendono ad avere relazioni a breve termine e incontri sessuali casuali attribuiscono al bacio molta importanza. Tra i mammiferi, esseri umani compresi, le femmine devono investire (tra gravidanza e allattamento) più tempo degli uomini con la prole e studi precedenti hanno mostrato che le donne tendono ad essere più selettive degli uomini nella scelta del partner.

Questi dati, nel loro insieme, sostengono la teoria per la quale il bacio aiuta nella selezione dei potenziali partners: il bacio infatti veicolando gusto e odore, ci fornisce indizi per una prima e inconsapevole valutazione di compatibilità biologica, genetica e dello stato generale di salute dell’altro.

Scelta e corteggiamento negli esseri umani sono complessi, dice Dunbar, e passano attraverso diverse fasi di valutazione in cui ci chiediamo se andare più a fondo nella relazione; durante queste  fasi l’attrazione è sensibile al viso, al corpo, a codici sociali, fino ad arrivare al test del bacio che rappresenta già una fase più intima della valutazione.

Un altro dato significativo che emerge dalla ricerca è che l’importanza del bacio varia a seconda che le persone si trovino in relazioni a lungo o breve termine, in particolare le donne con relazioni a lungo termine lo hanno giudicato molto importante e questo suggerisce  che il bacio giochi un ruolo chiave come mediatore di affetto e attaccamento nelle relazioni stabili.

Nonostante il bacio aumenti l’eccitazione sessuale non sembra essere, invece, un elemento importante nello spiegare perchè ci baciamo nelle relazioni sentimentali.

Nelle relazioni a breve termine il bacio è stato considerato importante prima di un rapporto sessuale, meno durate e ancora meno dopo o in altri momenti. Nelle relazioni a lungo termine invece, dove il mantenimento del legame è un obiettivo fondamentale, il bacio era ugualmente importante prima del rapporto sessuale ma anche in situazioni non legate alla sessualità.
Ancora, baci frequenti, ma non rapporti sessuali più frequenti, erano legati a relazioni più soddisfacenti, anche quando questo non era preludio di un rapporto sessuale.

Per concludere un articolo apparso su Human Nature, in accordo con altri studi secondo i quali i cambiamento ormonali associati  al ciclo mestruale possono modificare le preferenze femminili per un potenziale compagno,  rivela che l’atteggiamento delle donne nei confronti del bacio romantico dipende dalla fase del ciclo mestruale in cui si trovano e dalla fase della relazione che stanno vivendo: il bacio è particolarmente valorizzato nelle fasi iniziali di una relazione e nella fase del ciclo in cui le probabilità di concepire sono maggiori.

Quando le probabilità di concepimento sono più alte le donne preferiscono uomini che mostrano segni di un buon corredo genetico: visi mascolini, simmetria facciale, dominanza sociale e compatibilità genetica; il bacio si rivela in questa fase un importante strumento di valutazione della qualità generica del partner.

LEGGI ANCHE:

SCELTA DEL PARTNER AMORE & RELAZIONI SENTIMENTALI 

 

 

BIBLIOGRAFIA:

 

Leadership negli sport di squadra #8: Il rapporto capitano-allenatore

Leadership negli Sport di Squadra #8:

Il rapporto capitano/allenatore

 

LEADERSHIP NEGLI SPORT DI SQUADRA – PSICOLOGIA DELLO SPORT – MONOGRAFIA

Leadership negli sport d squadra - parte 8. - Immagine: © frank peters - Fotolia.comIl rapporto tra allenatore e capitano e, cioè, tra leader istituzionale e leader intimo, risulta sempre essere un punto spinoso, la cui risoluzione può portare la squadra ad ottenere ottimi risultati e a lavorare compatta e unita per raggiungere il successo.

Se invece nasce un conflitto e una sfida aperta tra questi due ruoli chi ne risente sono tutti i membri del gruppo sia dal punto di vista prestazionale che da quello relazionale.

Secondo Mazzali [1995] il punto di vista, molto diverso, da cui allenatore e capitano osservano le relazioni interne alla squadra e le sue prestazioni, sono fonte di possibili malintesi nel momento in cui uno cerca di imporre le proprie idee all’altro. La visuale del capitano è interna e legata alla particolarità delle situazioni, quella dell’allenatore, al contrario è esterna e permetta un’analisi generale delle condizioni della squadra.

Risolvere questa relazione attraverso la supremazia di uno dei due leader non può che essere dannoso. Se soccombe il capitano, ne risentiranno tutti i giocatori che lo avevano eletto a quello status al fine di deresponsabilizzarsi. Nel momento in cui la sua posizione viene messa a rischio, tutta la stabilità e la sicurezza che il suo ruolo conferisce alla squadra inizia a perdersi. Se è l’allenatore ad uscirne sconfitto la leadership viene totalmente lasciata in mano ai suoi giocatori. Questa possibilità non è sicuramente più positiva della precedente. Senza la guida istituzionale, il capitano si trova in una posizione che non gli permette di fare delle valutazioni critiche e obiettive e non vi è più una figura forte in grado di sedare eventuali conflitti con gli outsider, i sindacalisti o con altri leader, i quali possono prendere tutta l’attenzione dei giocatori portando via impegno ed energie al raggiungimento degli obiettivi e alla prestazione. I risultati ottenuti in questo caso sono estremamente variabili e possono attraversare comunque periodi di successo, che non danno garanzie, però, sulla loro continuità futura.

Come si può risolvere questa situazione? La soluzione migliore proposta dall’autore è quella di costruire anche, e soprattutto, con il leader intimo un accordo che implichi l’investimento reciproco di fiducia l’uno nell’altro e che permetta di distinguere con chiarezza i diversi compiti e funzioni e di delineare i limiti del proprio campo d’azione.

Se quest’accordo viene sviluppato i risultati non solo eviteranno le dinamiche precedentemente esposte ma permetteranno anche di migliorare notevolmente sia la prestazione che la soddisfazione del gruppo. Questo perché i due ruoli risultano spesso complementari, dove uno non può carpire il problema o non può risolverlo direttamente, può farlo l’altro.

Per questo il buon allenatore sa farsi rispettare dal leader intimo, deve saper imporre la propria autorità, ma deve far di tutto perché il capitano lavori per la squadra dal momento che solitamente è sia uno dei giocatori più dotati, sia colui che gli altri atleti hanno designato come proprio punto di riferimento. Tutto ciò possibilmente evitando che si inneschino dei comportamenti di sfida tra loro.

 

LEGGI ANCHE:

PSICOLOGIA DELLO SPORT – RAPPORTI INTERPERSONALI –  LEADERSHIP NELLO SPORT

 PSICOLOGIA DELLO SPORT

 

 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Dimmi come pensi e ti dirò che cervello usi!

 

La Redazione di State of Mind consiglia la lettura di questo contenuto:

 

“Top Brain, Bottom Brain: Surprising Insights Into How You Think”  questo è il titolo del nuovo libro di Stephen M. Kosslyn, professore a Harvard, e dello scrittore e sceneggiatore G. Wayne Miller.

Gli autori presentano una nuova teoria su come la predominanza del cervello non sia più destra o sinistra (emisferica)  ma coinvolga la parte alta e bassa del nostro cervello. Ci sono deiverse aree che entrano in sinergia dal basso o dall’alto dando origine a diversi modi di pensare, ad esempio l’utilizzo maggiore del cervello basso caratterizza uno stile più introverso, riflessivo; al contrario un uso esclusivo del cervello alto caratterizza una spiccata creatività.

Gli autori ne individuano 4:Dinamico , Riflessivo , Creativo ed Elastico.

Nonostante le grandi diversità dei 4 stili di ragionamento, nessuno è superiore all’altro, quindi non c’è necessità di nessuna “ginnastica” per migliorare il proprio modo di pensare/agire.  Gli autori per ogni tipo di pensiero ne sottolineano  le singole caratteristiche con  vantaggi e svantaggi  e ne delineano anche dei profili di personaggi famosi appunto per dimostrare quanto ogni stile di pensiero, quindi ogni interazione tra le diverse parti del nostro cervello, sia a sè e quanto potenziale è insito in ognuno di noi.
Sta a noi scegliere come sfruttarlo o come far pensare il nostro cervello al meglio.


Diventava importante evitare la distinzione destro/sinistro, analitico/intuitivo, logico/creativo. Volevamo analizzare in modo diverso come le diverse parti del cervello elaborano l’informazione. È sorta in me l’idea che il cervello, come un tutto, è un sistema integrato e dobbiamo considerare come le diverse parti interagiscono.

 

E tu di che cervello sei? Nuova teoria su come pensiamoConsigliato dalla Redazione

State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche. Twitter: @stateofmindwj - State of Mind's Tweets Cover Image © 2011-2012 State of Mind. Riproduzione riservata
Non più emisfero destro (creativo) e sinistro (logico): l’interazione sarebbe invece tra «basso» e «alto» (…)

 

Per continuare la lettura sarete reindirizzati all’articolo originale … Continua  >>

 


Articoli di State of Mind su Neuropsicologia
L’afantasia: quando la mente non vede immagini
Come funziona la mente di chi non visualizza le immagini mentali? Esploriamo insieme il fenomeno dell’afantasia
Dove si trova il Sé nel cervello? Per le neuroscienze potrebbe essere un’illusione
Nel corso dell’ultimo secolo, numerosi studi hanno cercato di comprendere i processi psicologici e neuropsicologici alla base del sé
Lo sviluppo delle potenzialità del cervello tra mielinizzazione e potatura sinaptica
La mielinizzazione e la potatura sinaptica sono due dei processi più importanti nello sviluppo cerebrale durante l’infanzia e l'adolescenza
Viaggio al centro del cervello (2023) di Fabrizio Benedetti e Luca Morici – Recensione
Nel libro-fumetto “Viaggio al centro del cervello”, il Dr Ben, il narratore principale, descrive interessanti casi clinici di pazienti neurologici
Cambiamenti cerebrali durante il ciclo mestruale
Approfondiamo i cambiamenti ormonali durante il ciclo mestruale e i cambiamenti cerebrali dovuti agli ormoni durante le varie fasi del ciclo
Sindrome di Korsakoff
La Sindrome di Korsakoff deriva da una grave carenza di vitamina B1 e da un consumo eccessivo e prolungato di alcool
La WISC-V arriva in Italia
24 novembre 2023, Firenze: l'evento alla scoperta della 5ª edizione italiana della Wechsler Intelligence Scale for Children
Un cervello interconnesso (2023) di Luiz Pessoa – Recensione
"Un cervello interconnesso" risulta essere un cammino che conduce verso la comprensione della mente come qualità emergente del cervello
Il mio cadavere cammina: la sindrome dell’uomo morto
La Sindrome di Cotard è la negazione cronica della propria corporeità e della propria esistenza, con la convinzione di essere morti
Come sta il cervello dopo la chemioterapia? I sintomi del chemo-brain
Il chemo-brain è il deterioramento cognitivo che può presentarsi dopo la chemioterapia, alcuni trattamenti si stanno rivelando efficaci
Neuropsicologia delle psicosi (2023) – Recensione del libro
Neuropsicologia delle psicosi (2023): dal modello di Cohen al pensiero di Frith, con uno sguardo al percorso di riabilitazione
Neuroscienze il darwinismo neuronale tra ricerca e pratica psicologica Fig 2
Storia delle neuroscienze
Lo studio del cervello umano e delle sue funzioni ha da sempre affascinato medici e ricercatori, sin dai tempi dell'Antica Roma.
Decodifica semantica un metodo di ricostruzione del linguaggio
Decodifica semantica: lo sviluppo di un metodo non-invasivo per la ricostruzione del linguaggio
I ricercatori hanno sviluppato decodificatori semantici in grado di ricostruire molteplici stimoli linguistici percepiti o immaginati a partire dalle fMRI
Neuropsicologia delle psicosi (2023) Severin, Prior e Sartori - Recensione_
Neuropsicologia delle psicosi (2023) di Severin, Prior e Sartori – Recensione
I disturbi psicotici hanno una manifestazione eterogenea che non sempre permette una diagnosi chiara dall’inizio: le neuroimmagini sono un utile strumento
Neuroplasticità: la capacità del nostro cervello di modificarsi
La neuroplasticità: la capacità del nostro cervello di modificarsi
Nonostante il cervello sia più plastico durante lo sviluppo, anche la corteccia cerebrale dell’adulto ha una certa potenzialità di riorganizzazione plastica
Unità Spinale: ruoli e interventi dello psicologo parte dell'equipe
Lo psicologo in Unità Spinale
L'Unità Spinale è un tipo di struttura altamente specializzata nella riabilitazione, che accoglie persone che hanno subito una lesione spinale
Neuropsicologia delle psicosi (2023) di Severin, Prior, Sartori - Recensione
Neuropsicologia delle psicosi (2023) di Severin, Prior e Sartori – Recensione
"Neuropsicologia delle psicosi" si concentra sui disturbi cognitivi nel paziente schizofrenico, spesso anche più invalidanti dei sintomi positivi
Lateralizzazione cerebrale destrimani, mancini e ambidestri_
Cosa significa essere destrimani, mancini o ambidestri? Una panoramica sulla lateralizzazione cerebrale
Durante l’infanzia si verifica un processo che consente la specializzazione funzionale dei due emisferi cerebrali; si tratta della lateralizzazione
Emicrania e disfunzioni cognitive: P300 come possibile marcatore
P300 e neuropsicologia clinica: un parametro fisiologico per le disfunzioni cognitive associate all’emicrania
I potenziali evento-correlati, in particolare l'onda cerebrale P300, rappresentano un possibile biomarcatore dei deficit cognitivi dei pazienti emicranici
I neuroni della lettura (2019) di Stanislas Dehane - Recensione
I neuroni della lettura (2019) di Stanislas Dehane – Recensione
"I neuroni della lettura" descrive i meccanismi alla base della lettura, i suoi risvolti psicobiologici e i cambiamenti morfologici e anatomo funzionali
Carica altro
cancel