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Mi stai mentendo? Mark Frank insegna a smascherare le bugie

Mark Frank - Seminario Comportamento e Inganno: illustrare comportamenti scientificamente validati che segnalano le intenzioni di ingannare l’altro.

Di Valentina Davi

Pubblicato il 24 Giu. 2013

Report dal seminario Comportamento e Inganno

Sabato 15 giugno e Domenica 16

Gorizia

LEGGI LA SCHEDA DELL’EVENTO

 

Mark G. Frank - Comportamento e Inganno - Seminario

L’abilità di smascherare una menzogna si basa sulla capacità di individuare non solo indizi emotivi, ma anche cognitivi e saperli interpretare nella maniera corretta.

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Quanto siete bravi a riconoscere se qualcuno vi sta mentendo? Forse pensate di essere molto abili, ma la verità è che in media l’accuratezza della maggior parte delle persone nel riconoscere una bugia si aggira intorno al 54%: a tirare ad indovinare quasi ci si azzecca allo stesso modo!

Eppure capire se qualcuno non sta dicendo la verità è fondamentale in moltissime professioni (es. polizia, agenzie investigative, medici, psichiatri, psicologi…) e anche nella vita quotidiana ogni tanto non guasta.

Lie to me. - Immagine: © Fox Broadcasting Company -
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Mark Frank, esperto mondiale nella comunicazione non verbale e nel riconoscimento delle menzogne, ha tenuto a Gorizia il seminario Comportamento e Inganno con lo scopo di affinare le capacità di osservazione dei partecipanti illustrando quei comportamenti scientificamente validati che segnalano le intenzioni dell’interlocutore, in particolare in relazione alla volontà di nascondere informazioni ed emozioni e di ingannare l’altro.

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Mark Frank è stato collega di Paul Ekman, noto psicologo e ricercatore a cui si è ispirata la celebre serie tv Lie to me. Ed infatti la parte teorica del seminario ha ripreso i contenuti del libro di Ekman I volti della Menzogna (Leggi: I Volti della Menzogna, di Paul Ekman – L’arte di mentire senza farsi scoprire), affrontando i temi del riconoscimento delle espressioni facciali e degli indizi comportamentali della verità e della menzogna.

La parte sicuramente più interessante (e divertente) è stata la visione di numerosi filmati, alcuni tratti dagli studi condotti da Mark Frank, altri tratti da interviste a personaggi anche famosi (da Mel Gibson a O.J. Simpson); i partecipanti dovevano valutare se i protagonisti stavano mentendo o meno oppure dovevano riconoscere l’emozione da loro provata. Inutile dirvi che i risultati alla prima visione erano piuttosto scarsi. Dopo il training sul riconoscimento delle micro-espressioni facciali, che consiste nell’imparare a riconoscere i movimenti facciali distintivi delle principali emozioni (paura, disgusto, disprezzo, gioia, tristezza, sorpresa, rabbia) i video venivano rivisti…e si apriva un mondo nuovo.

Al termine del training, infatti, i partecipanti riuscivano a cogliere emozioni prima passate assolutamente inosservate: per esempio, fugaci espressioni di paura sul volto di un marito addolorato per l’omicidio della moglie durante il suo appello ad aiutare la polizia a risolvere il caso (e indovinate alla fine chi era l’assassino?) oppure rapide espressioni di disgusto sul viso di un manager che stava parlando di etica nella propria azienda (e che è poi è stato arrestato per truffa nei confronti della società). Impressionante, vero? Lo è ancora di più rivedere i video a rallentatore, proprio come in una puntata di Lie to me, e vedere comparire in maniera distinta emozioni nascoste.

L’abilità di smascherare una menzogna si basa sulla capacità di individuare non solo indizi emotivi, ma anche cognitivi e saperli interpretare nella maniera corretta.

Gli indizi emotivi si esprimono tramite il volto e la voce (influenzandone tono, intensità e velocità nell’eloquio) e sono in contraddizione con il contesto o con il contenuto espresso; spesso sono micro-espressioni facciali, ovvero l’emozione tenuta nascosta dal soggetto sfugge per una brevissima frazione di secondo al suo controllo e fa capolino in maniera repentina sul suo volto. 

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Gli indizi cognitivi invece riguardano la memoria e lo sforzo mentale. Per quanto riguarda la memoria, i racconti inventati differiscono qualitativamente rispetto ai racconti veritieri: spesso hanno contenuti impossibili, sono scollegati rispetto al contesto e poco dettagliati; inoltre il soggetto ha difficoltà a muoversi agilmente nel racconto.

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Raccontare una bugia implica inoltre uno sforzo mentale notevole che può palesarsi attraverso la voce (il soggetto si contraddice, esita, commette errori nell’eloquio) oppure il corpo (i gesti illustratori si riducono, compaiono emblemi contradditori, gesti manipolatori e segnali di controllo).

Quando identificate questi segni rivelatori un campanello d’allarme dovrebbe risuonare nella vostra mente, ma non dovete dimenticare che l’incoerenza del comportamento verbale e non verbale non è mai indice assoluto di menzogna; infatti un segno rivelatore indica l’occultamento di un pensiero o di un’emozione. La domanda da porsi, pertanto, è come mai l’interlocutore sta facendo ciò?

Facial Expressions - © olly - Fotolia.com
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Gli indizi dell’inganno sono molto più sottili e complessi e per valutare se la persona che vi sta di fronte vi sta raccontando una bugia o meno dovete interpretare i segnali osservati domandandovi quale sia la loro origine, approfondendo la questione con domande pertinenti per sviluppare il colloquio e raccogliere ulteriori informazioni. Mark Frank sottolinea come la ricerca dell’inganno dipenda molto proprio dalla qualità del colloquio condotto. Diventa fondamentale quindi creare un buon rapporto con l’interlocutore; instaurare una buona relazione è infatti il modo migliore per ottenere informazioni.

Indubbiamente Comportamento e inganno è stato un seminario interessantissimo e soprattutto utile per aumentare la probabilità di non farsi ingannare dagli altri in quanto ha fornito gli strumenti per riconoscere gli indizi dell’inganno e sfatare falsi miti su segni di menzogna che in realtà non sono assolutamente validi (es. la credenza che non guardare negli occhi sia indicativo del fatto che si sta mentendo).

Infatti la questione non riguarda tanto la capacità degli altri di farci fessi – perché chi mente dissemina una grandissima quantità di indizi senza accorgersene – , quanto la nostra incapacità nel rilevare tali indizi. Se il seminario ha il merito di migliorare le nostre abilità di detective, non può però influenzare in alcun modo gli altri fattori che fanno sì che a volte le menzogne ci sfuggano. A volte infatti non ci interessa sapere se l’altro ci sta mentendo e anzi, capita anche che vogliamo essere ingannati perché non siamo in grado di tollerare la verità, e in tali casi non c’è training sulla menzogna che tenga.

LEGGI:

ESPRESSIONI FACCIALI – FACIAL EXPRESSION –  LINGUAGGIO & COMUNICAZIONE – VOCE E COMUNICAZIONE PARAVERBALE

 CONGRESSI

 

 

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Valentina Davi
Valentina Davi

Coordinatrice di redazione di State of Mind

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