Informare il paziente può nuocere gravemente alla salute.
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Ultimo di una serie di suggestivi contributi sull’argomento, arriva nel panorama scientifico un interessante articolo pubblicato su JAMA (Colloca, 2012), che ci spiega meglio il ruolo delle parole nella comunicazione clinico-paziente e i suoi effetti sulle nostre percezioni.
Sembrerebbe che aspettative negative sulla malattia, derivanti dalle spiegazioni di un clinico (medico, psicologo, infermiere,..) rispetto a sintomi, effetti collaterali, progressione del disturbo e così via, possano contribuire significativamente alla comparsa o al peggioramento dei sintomi stessi: il fenomeno è noto come Nocebo.
LEGGI L’EFFETTO PLACEBO E NOCEBO SULLA PSICOPEDIA DI STATE OF MIND
Per Nocebo si intende dunque la comparsa di un sintomo indotto dalle aspettative negative del paziente stesso e/o da suggerimenti negativi (involontari) dati dallo staff medico, in assenza di un quadro clinico di oggettivo peggioramento o di altro tipo di trattamento. Un placebo al contrario, insomma, che può avere effetti negativi sulla qualità della vita dei pazienti, sull’aderenza alla malattia e sull’efficacia del trattamento ricevuto.
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I meccanismi psicologici sottostanti sembrano essere l’apprendimento tramite condizionamento pavloviano e l’ansia anticipatoria generata dalle aspettative negative, proprie o indotte dalla comunicazione del clinico. In uno studio sperimentale di qualche anno fa (Pfingsten, 2001), 50 pazienti affetti da dolore cronico sono stati divisi casualmente in due sottogruppi prima di un test di flessione della gamba: uno gruppo è stato informato che il test avrebbe prodotto un lieve incremento del dolore, l’altro ha ricevuto informazioni neutre sulla procedura. Risultati: il gruppo che ha ricevuto informazioni negative ha riportato un significativo aumento dell’intensità del dolore e una performance ridotta nella capacità di flessione della gamba. La potenza del nocebo, ha inoltre riscontro nel funzionamento cerebrale: i circuiti neurali coinvolti infatti riguardano il metabolismo della dopamina e degli oppioidi endogeni, entrambi coinvolti nella percezione del dolore, e centrali dunque sia nel nocebo che nel gemello più noto, il placebo. A conferma di questo dato le neuroscienze ci dicono che il cervello si attiva nello stesso identico modo sia durante la percezione di un dolore fisico intenso, sia quando questo dolore è solo rappresentato nella mente (Colloca, 2012): insomma chiudere il dito nella portiera della macchina o immaginare la scena, attivano le stesse aree cerebrali e l’esito, nel tempo, potrebbe essere la percezione del dolore in assenza dell’esperienza sensoriale vera e propria!
In condizioni di minaccia o di paura, come succede quando si ha una qualche malattia, le informazioni negative vengono assorbite in modo più rapido e preciso rispetto a quelle positive, quindi un’eccessiva quantità di informazioni solo negative può peggiorare significativamente lo stato d’ansia del paziente e far aumentare dunque anche i sintomi. Il dolore cronico è una delle condizioni cliniche in cui il nocebo si manifesta in modo più evidente e costituisce spesso il meccanismo di base responsabile della cronicizzazione del dolore stesso.
Come superare dunque il dilemma etico legato all’indiscutibile diritto del paziente ad essere informato? Ecco alcuni suggerimenti negativi molto frequenti e da evitare nella comunicazione clinico-paziente (Hauser, 2012):
Con il paziente, evitare:
- Frasi che causano incertezza: “Il trattamento potrebbe funzionare”, “Proviamo questo farmaco!”
- Espressioni gergali: “Durante l’esame (tomografia) il suo cervello sarà tagliato in piccole fettine e poi analizzato successivamente!”
- Frasi ambigue: “Tra poco la faremo addormentare e non sentirà più nulla”
- Enfatizzare aspetti negativi: “Deve assolutamente evitare di sollevare oggetti pesanti, se non vuole finire paralizzato!”
- Focalizzare l’attenzione: “Alzi la mano se sente dolore!”, “Ha nausea?”
- Negazione del sintomo: “Non deve preoccuparsi, sanguinerà solo un po’”
Una ricetta per tutti?..Dare il giusto peso alle parole!
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BIBLIOGRAFIA:
- Colloca L, Finniss D. (2012). Nocebo effects, patient-clinician communication, and therapeutic outcomes. JAMA, 307(6):567-8.
- Häuser W, Hansen E, Enck P (2012). Nocebo phenomena in medicine: their relevance in everyday clinical practice. Dtsch Arztebl Int, 109(26): 459–65.
- Pfingsten M, Leibing E, Harter W, et al. (2001). Fear-avoidance behavior and anticipation of pain in patients with chronic low back pain: a randomized controlled study. Pain Med, 2:259–66.