La musica considerata più nostalgica sembra quella ascoltata negli anni dell’infanzia e dell’adolescenza in quanto evocatrice di ricordi autobiografici: gli autori hanno chiamato questo picco di nostalgia Reminescence Bump. Ma c’è di più…
Vi è mai capitato di ritrovare, a distanza di anni, una vostra vecchia audiocassetta e di provare ad ascoltarla? Quasi sicuramente vi sarà scesa una lacrima dovuta non tanto alla consapevolezza di non avere più 13 anni, quanto alla vergogna provata per il tipo di musica che ascoltavate quando eravate pre-adolescenti! Eppure le corde vocali partono in automatico e vi ritrovate, quasi fosse un duetto con il vostro cantante preferito d’allora, a cantare a squarciagola il ritornello (giurando a voi stessi che nessuno saprà mai quel che sta accadendo). Stessa cosa succede ai matrimoni: tutti timorosi e imbarazzati, fin dalle prime note, all’idea di dover ballare eppure, nel momento in cui il dj mette I will survive, non resistete ad alzarvi dalla sedia e a scatenarvi con gli sposi in pista!
Gli psicologi hanno studiato i meccanismi di questa nostalgia musicale e hanno fatto delle interessanti scoperte. In uno studio del 2013 sono stati reclutati 62 soggetti, età media 20 anni, e sono stati fatti loro ascoltare pezzi delle hit musicali di ogni anno, dal 1955 al 2009. E’ stato poi chiesto quale canzone avesse suscitato loro una maggiore sensazione di nostalgia.
Ovviamente la musica considerata più nostalgica era quella ascoltata negli anni dell’infanzia e dell’adolescenza in quanto evocatrice di ricordi autobiografici: gli autori hanno chiamato questo picco di nostalgia Reminescence Bump.
Ma non è tutto: la scoperta più sorprendente è che altri picchi di Reminescence Bump si sono registrati per le canzoni degli anni 60 e dei primi anni 80, prima ancora della nascita dei soggetti. I ricercatori spiegano questo fenomeno, indicato col nome Cascading Reminiscence Bumps, alla luce di una trasmissione transgenerazionale: le canzoni che hanno segnato la giovinezza dei nostri genitori e, forse, anche dei nostri nonni possono avere per noi lo stesso impatto nostalgico delle canzoni ascoltate durante la nostra adolescenza. In fin dei conti siamo cresciuti con dei genitori che ascoltavano o canticchiavano davanti a noi alcuni ritornelli, anche quelli possono dirsi dei piacevoli ricordi.
I genitori, mentre allevavano noi fanciulli, hanno dunque contribuito alla nostra formazione musicale? Qual è invece la spiegazione del picco degli anni 60? Si è propensi a credere che, nella trasmissione delle preferenze musicali, vi sia anche una influenza nonni-genitori-figli. Tuttavia, non avendo in realtà studiato l’effettiva influenza dei nonni in questa trasmissione, i ricercatori hanno avanzato anche un’altra spiegazione: la musica degli anni 60 è stata sempre considerata di qualità superiore e, quindi, i brani di quel periodo sono rimasti nel repertorio popolare guadagnandosi lo status di evergreen o classic rock e dunque una maggiore diffusione via radio.
E così, proprio come la nostalgia porta a una maggiore nostalgia, allo stesso modo la popolarità porta ad ulteriore popolarità: siamo condannatti a ballare I will survive anche ai matrimoni dei nostri nipoti?
Per saperne di più sull’argomento, vi rimando alla lettura dell’articolo consigliato…capirete che, se i vostri amici criticano tanto la musica che ascoltate, è solo colpa dei vostri genitori! Nel frattempo però pensate anche alla vostra canzone preferita, siete proprio sicuri di volerla cantare davanti ai vostri figli?
“… Baby, One More Time” is not a good song. You could make a convincing argument, in fact, that it is an actively terrible song: devoid of musical merit, underdeveloped, overproduced, eroding our collective IQs one oh, baby, baby at a time—a notable roadblock, basically, on humanity’s long march toward the hazy destination of Progress. And yet: I love “… Baby, One More Time”
I nostri gusti musicali? Nel bene o nel male, merito dei nostri genitoriConsigliato dalla Redazione
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