Stimolazione cerebrale non invasiva per potenziare gli effetti di interventi comportamentali e di psicoterapia
Le tecniche di stimolazione cerebrale non invasiva hanno guadagnato sempre maggiore popolarità e sono state affiancate ad altri interventi psicoterapeutici allo scopo di indurre cambiamenti nell’attività cerebrale e modificare le risposte comportamentali.
Alessia Gallucci e Alessandra Vergallito – OPEN SCHOOL Psicoterapia Cognitiva e Ricerca Milano
Le tecniche di stimolazione cerebrale non invasiva sono sempre più spesso utilizzate non solo a scopo di ricerca, ma anche per potenziare gli effetti di trattamenti comportamentali con pazienti con disturbi neuropsicologici (Buch et al., 2017; Wessel et al., 2015) e psichiatrici (Brunelin et al. 2018; Palm et al., 2017; Jahshan et al., 2017).
I risultati tuttavia sono da considerarsi parziali e necessitano di maggiori evidenze sperimentali per giungere ad una raccomandazione clinica rispetto all’efficacia di tali trattamenti (Vicario et al., 2019).
Il presente articolo ha lo scopo di illustrare lo stato dell’arte rispetto all’utilizzo delle tecniche di stimolazione cerebrale in ambito psichiatrico, affiancato ad interventi di tipo farmacologico e di psicoterapia.
1. NIBS cosa sono e come funzionano
Le tecniche di stimolazione cerebrale non invasiva (non-invasive brain stimulation, NIBS) hanno guadagnato sempre maggiore popolarità tra ricercatori e clinici allo scopo di indurre cambiamenti nell’attività cerebrale e modificare le risposte comportamentali dei partecipanti.
Le NIBS includono la stimolazione magnetica transcranica (TMS) e la stimolazione elettrica (tES), che è ulteriormente suddivisa a seconda della modalità con cui la corrente viene somministrata, ovvero continua (stimolazione transcranica a corrente continua, tDCS), alternata (stimolazione transcranica a corrente alternata, tACS) o random (stimolazione transcranicarandomnoise, tRNS). Per gli scopi del presente articolo saranno trattate solo TMS e tDCS, che hanno avuto maggiore applicazione in ambito sia clinico che di ricerca.
TMS e tDCS influenzano l’eccitabilità corticale utilizzando meccanismi differenti. La TMS è costituita da una bobina (coil) collegata ad un condensatore; lo strumento è in grado di rilasciare un campo magnetico di forte intensità (fino a 4T) e breve durata (280μs). L’impulso induce una depolarizzazione sopra-soglia nella membrana cellulare nei neuroni sottostanti, generando un potenziale d’azione (Barker et al., 1985, 1987), seguito da una depolarizzazione o iperpolarizzazione dei neuroni interconnessi. La risoluzione spaziale della TMS varia a seconda della forma del coil, ad esempio un coil a forma di 8 (o coil a farfalla) permette una stimolazione focale, consentendo di stimolare piccole porzioni di corteccia (0.5-2 cm2).
La TMS può essere somministrata in modalità impulso singolo, in cui gli impulsi vengono rilasciati con un intervallo temporale tale da non indurre modificazioni a lungo termine nella corteccia cerebrale sottostante, o ripetitiva (rTMS), che ha lo scopo di causare cambiamenti plastici nelle aree stimolate. In particolare, si parla di rTMS a bassa frequenza (low frequency, lf-rTMS) quando gli impulsi sono rilasciati con una frequenza inferiore ad 1 Hz per alcuni minuti (effetto riduzione dell’eccitabilità dell’area) vs rTMS ad alta frequenza (high-frequency, hf-rTMS), in cui gli impulsi sono rilasciati con una frequenza superiore a 3 HZ (aumento dell’eccitabilità dell’area stimolata).
La tDCS invece agisce attraverso l’applicazione di una corrente elettrica debole (~1-2 mA) per un tempo variabile (10-20 minuti, Nitsche et al., 2008), utilizzando una coppia di elettrodi posizionati sullo scalpo (Nitsche&Paulus, 2000; Priori et al., 1998). Uno degli elettrodi ha carica positiva (anodo), mentre l’altro ha carica negativa (catodo). I due poli influenzano in maniera differente la corteccia cerebrale sottostante, infatti il polo positivo depolarizza la membrana neuronale, mentre il polo negativo la iperpolarizza. A differenza della TMS, la polarizzazione indotta dalla tDCS è sottosoglia, ovvero troppo debole per generare un potenziale d’azione; tuttavia, essa è in grado di indurre cambiamenti nel potenziale di membrana a riposo, rendendo la risposta neuronale agli stimoli più o meno probabile (Bindman et al., 1964). La risoluzione spaziale della tecnica è meno focale rispetto alla TMS, gli elettrodi infatti hanno dimensioni variabili (ad esempio sono spesso utilizzati in letteratura elettrodi 5×5 cm, per un totale di 25 cm2 e.g. Nitsche et al., 2008).
Oltre alla differenza nel tipo di effetto indotto a livello cerebrale, le due tecniche hanno peculiarità e limiti che le rendono più o meno utilizzabili in determinati contesti. La TMS, a differenza della tDCS, è uno strumento costoso e difficilmente trasportabile. La somministrazione della TMS, inoltre, può essere distraente/fastidiosa in termini somato-sensoriali: gli impulsi infatti generano dei “click” sonori e contrazioni muscolari facciali, che possono renderla difficilmente utilizzabile mentre il partecipante sta svolgendo un compito.
La tDCS, d’altro canto, non genera particolari sensazioni sensoriali se non un leggero formicolio/prurito sotto agli elettrodi al momento dell’inizio della stimolazione (e.g. Poreisz et al., 2007), per questo è particolarmente adatta ad essere utilizzata durante lo svolgimento di compiti e nei casi in cui sia richiesta una condizione di controllo con stimolazione di tipo sham/placebo (Gandiga et al., 2006).
2. Ambiti di utilizzo delle NIBS: ricerca, diagnosi, trattamento
Le NIBS sono ampiamente utilizzate in ambito di ricerca, allo scopo di indagare lo stato funzionale dei sistemi cerebrali, tracciare una relazione causale tra una certa area/network neurale e l’esecuzione di un compito, approfondire la connettività funzionale tra aree cerebrali e indurre/mappare cambiamenti nella plasticità neurale.
A livello diagnostico, la TMS è utilizzata nel valutare la funzionalità del sistema motorio in diverse patologie, come sclerosi multipla, sclerosi laterale amiotrofica, ictus, disturbi del movimento che riguardano la colonna vertebrale, i nervi cranici e facciali (Rossini and Rossi, 2007; Groppa et al., 2012; Rossini et al., 2015; Menon et al., 2015). Numerosi studi, tuttavia, suggeriscono che la tecnica possa essere utile nella diagnosi differenziale di diverse forme di demenza (e.g. Benussi et al., 2017; Pierantozzi et al., 2004), per individuare specifici marker di trattamento (Canali et al., 2014) e monitorare il trattamento riabilitativo (Cipollari et al., 2015).
Per quanto riguarda le indicazioni al trattamento, a parte poche eccezioni (es. depressione, vedi il paragrafo successivo), le NIBS sono attualmente utilizzate in ambito riabilitativo neuropsicologico e psichiatrico a livello solo sperimentale. Nonostante siano considerate come potenzialmente utili per il trattamento di svariati disturbi, i ricercatori concordano che siano necessarie più evidenze empiriche per stabilirne l’efficacia clinica e tracciare protocolli riabilitativi specifici. A questo scopo, panel di esperti mondiali si occupano periodicamente di valutare lo stato dell’arte sull’argomento e tracciare linee guida per l’utilizzo delle tecniche nella pratica clinica.
Per gli scopi del presente articolo descriveremo lo stato dell’arte dell’utilizzo delle NIBS come intervento nei disturbi psichiatrici.
3. Applicazione delle NIBS in ambito psichiatrico
Ad oggi, i disturbi psichiatrici sono tra le patologie più diffuse in tutto il mondo, con un impatto estremamente negativo sulla qualità di vita e il funzionamento socio-lavorativo, connesse ad alti tassi di mortalità ed elevati costi per i servizi sanitari (Wittchen et al., 2011). Nonostante la maggior parte dei pazienti acceda a trattamenti psicoterapici e farmacologici standard, i dati mostrano che il 20–30% dei pazienti con disturbo depressivo maggiore, il 40-60% dei pazienti con disturbo ossessivo-compulsivo e fino al 50% dei pazienti con schizofrenia non rispondano ai trattamenti tradizionali (Bloch et al., 2006; Rush et., 2006; Scholten et al., 2013; Yamanaka et al., 2010).
Questi dati, insieme all’evidenza circa il coinvolgimento di specifici network neurali nei disturbi psichiatrici, hanno reso necessaria la ricerca su forme alternative di trattamento come le NIBS che, affiancando le terapie tradizionali, possono potenziarne gli effetti, consentendo di sviluppare interventi il più possibile specifici ed efficaci.
In particolare, rispetto alla possibilità di combinare la psicoterapia con l’uso delle NIBS i protocolli prevedono un trattamento intermittente, allo scopo di indurre cambiamenti nella funzionalità neurale e nell’outcome comportamentale. Inoltre, gli studi evidenziano che gli effetti neurobiologici della psicoterapia non dipendono solo dalle anomalie anotomo-funzionali che caratterizzano i diversi disturbi, ma anche dagli effetti specifici conseguenti all’applicazione delle NIBS sulla corteccia. Allo stesso modo, in linea con gli studi sull’efficacia dei trattamenti di riabilitazione motoria e cognitiva (Buch et al., 2017; Jahshan et al., 2017), gli effetti degli interventi psicoterapici sull’apprendimento e sui meccanismi di controllo top-down, possono favorire il mantenimento a lungo termine degli esiti delle NIBS (Bajbouj & Padberg, 2014). Da un punto di vista pratico, le NIBS sono economiche e generalmente ben tollerate dai pazienti, favorendo la loro applicazione anche in contesti di sanità pubblica. Confrontate con la farmacoterapia, le NIBS presentano meno effetti collaterali, aumentando la possibilità di compliance dei pazienti.
Nei paragrafi successivi sarà descritto lo stato dell’arte dell’applicazione delle NIBS nei disturbi psichiatrici.
3.1 Disturbo depressivo maggiore (DDM)
Il DDM è il disturbo rispetto al quale l’efficacia delle NIBS è stata maggiormente dimostrata. Il razionale che motiva lo sviluppo e l’applicazione di protocolli delle NIBS per il trattamento del DDM deriva dall’evidenza di anomalie strutturali e funzionali che coinvolgono la corteccia prefrontale dorsolaterale (DLPFC) e ventromediale (VMPFC), dell’amigdala e dell’ippocampo (Campbell et al., 2004; Grimm et al., 2009). In particolare, le ricerche evidenziano un’ipoeccitabilità della DLPFC sinistra e un’ipereccitabilità della DLPFC destra (Debener et al., 2000). I protocolli riabilitativi con NIBS hanno quindi l’obiettivo di ristabilire il disequilibrio interemisferico, utilizzando la hf-rTMS sulla DLPFC sinistra e lf-rTMS sulla DLPFC destra (Lefaucheur et al., 2014), oppure la tDCS con stimolazione anodica sulla DLPFC sinistra con catodo sopraorbitale controlaterale, anche se diversi autori stanno suggerendo l’utilizzo di un montaggio bi-emisferico con anodo sulla DLPFC sinistra e catodo sulla regione omologa destra (e.g. Brunoni et al., 2012). L’efficacia della rTMS nel DDM è confermata dalla sua approvazione nel trattamento della depressione farmaco resistente da parte della FDA (Food and Drug Administration, 2008). Per quanto riguarda la rTMS, diversi studi hanno mostrato miglioramenti significativi anche a distanza di tre mesi dalla fine del trattamento quando la stimolazione era associata a CBT (e.g. Donse et al., 2018). In modo cruciale, i miglioramenti osservati poco dopo l’inizio del trattamento erano predittivi degli esiti al termine del trattamento stesso, suggerendo che sia possibile capire in fase molto precoce se una persona migliorerà oppure no.
Rispetto alla rTMS, uno studio su singolo caso (Vedeniapin et al., 2010) ha mostrato un miglioramento significativo della sintomatologia depressiva dopo 39 sessioni di rTMS ad alta frequenza sulla DLPFC sinistra, 14 delle quali in combinazione con la terapia cognitivo comportamentale (CBT) standard. Gli effetti dell’intervento combinato sono stati osservati anche al follow-up a distanza di tre mesi. Uno studio più recente (Donse et al., 2018) ha sottoposto 196 pazienti a 10 sessioni CBT in cui la rTMS è stata applicata ad alta frequenza sulla DLPFC sinistra o a bassa frequenza sulla DLPFC destra. In linea con lo studio precedente, i risultati hanno mostrato una remissione significativa dei sintomi anche dopo tre mesi dalla fine del trattamento, senza particolari differenze tra i due protocolli di stimolazione rTMS. Crucialmente, i miglioramenti osservati dopo poco l’inizio del trattamento erano predittivi degli esiti al termine del trattamento stesso, suggerendo la possibilità di considerare le prime fasi di trattamento come riferimento per le successive.
L’efficacia della tDCS nel DDM è tuttora oggetto di dibattito, anche se le più recenti linee guida (Lefaucheur et al., 2017) suggeriscono un’indicazione al trattamento di livello B (efficacia probabile). Uno studio su un singolo caso ha mostrato la sua efficacia quando applicata insieme alla CBT (D’Urso et al., 2013), non replicato da Welch e collaboratori (2018), che registravano miglioramenti sia in caso di stimolazione reale che placebo. Anche la combinazione tra tDCS e Cognitive Control Therapy, che consiste in una serie di esercizi di potenziamento della memoria di lavoro da eseguire al computer, è stata oggetto di studio, mostrando effetti nel caso in cui le due fossero combinate. Gli effetti erano più forti a distanza di tempo rispetto a quelli rilevati subito al termine del trattamento (Segrave et al., 2014) ed erano influenzati dall’età del paziente e dalla loro performance durante gli esercizi cognitivi (Brunoni et al., 2014).
3.2 Fobie
Gli studi di neuroimmagine hanno riportato nel caso di
pazienti fobici anomalie funzionali a carico delle strutture neurali quali l’amigdala, l’ippocampo, l’insula e la corteccia prefrontale, che costituiscono insieme alla corteccia cingolata anteriore e al corpo striato il circuito della paura (Davis, 2006), particolarmente coinvolto nei disturbi d’
ansia in generale (Shin & Liberzon, 2010). In particolare, si è osservata nei pazienti una ridotta capacità delle strutture frontali di inibire le risposte alla paura di strutture sottocorticali, soprattutto dell’amigdala (Deppermann et al., 2016). La maggior parte degli studi hanno indagato gli effetti della CBT e della stimolazione.
Al momento non ci sono indicazioni sull’efficacia al trattamento delle fobie con NIBS, tuttavia alcuni studi hanno utilizzato protocolli di TMS (Intermittent Theta-burst o iTBS) combinati con CBT mostrando che, nonostante non ci siano dei miglioramenti clinici significativi, il protocollo di stimolazione reale rispetto a quello placebo è in grado di attivare la corteccia che risultava ipofunzionate alla baseline (Deppermann et al., 2016). Tuttavia questi risultati non sono stati replicati da un altro studio dello stesso gruppo di ricerca in cui la iTBS è stata applicata insieme alla psicoeducazione (Deppermann et al., 2014).
Particolarmente utile nel trattamento delle fobie potrebbe essere la combinazione tra NIBS e realtà virtuale, allo scopo di associare la stimolazione con le tecniche di esposizione. Alcuni studi hanno mostrato effetti benefici positivi, in particolare della rTMS, soprattutto nell’accelerare la comparsa dei benefici della CBT (Guhn et al., 2014) . Uno studio di Notzon et al. (2015) ha invece mostrato che l’utilizzo della iTBS, seguita dall’esposizione tramite la realtà virtuale, non influenzava i parametri elettrofisiologici di pazienti con aracnofobia (conduttanza cutanea, battito cardiaco) durante la presentazione di stimoli fobici. Il protocollo, tuttavia, era costituito da una singola sessione di stimolazione, non sufficiente per misurare l’efficacia di trattamento. Inoltre, è possibile che attraverso la realtà virtuale l’attivazione fisiologica dei pazienti abbia raggiunto una sorta di effetto tetto, tanto da rendere nullo gli effetti della iTBS.
3.3 Disturbo ossessivo-compulsivo
Numerosi studi hanno evidenziato uno squilibrio funzionale tra le due vie neurali che uniscono la corteccia ai gangli della base e il talamo in pazienti con disturbo ossessivo-compusivo (DOC). In particolare, si osserva un’iperattivazione della via diretta eccitatoria, responsabile dell’inizio e della continuazione di un determinato comportamento, e un’ipoattivazione della via indiretta inibitoria, che consente l’interruzione del comportamento e la possibilità di passare da un comportamento all’altro (Cummings, 1993; Groenewegen & Uylings 2000; Saxena & Rauch 2000). La maggior parte degli studi con tDCS sono stati svolti senza accoppiare la neuro stimolazione ai trattamenti standard e considerando su singoli casi o piccoli gruppi di pazienti. In questi casi, si è osservata una riduzione significativa dei sintomi in seguito alla stimolazione catodica della DLPFC sinistra (Volpato et al., 2013). Altre aree considerate come target efficaci di protocolli di stimolazione sono la corteccia orbito frontale (Mondino et al., 2015) e la corteccia motoria supplementare sinistra (D’urso et al., 2016).
Studi con TMS, per la maggior parte su singoli casi, hanno invece osservato effetti combinati della rTMS e della CBT. In particolare, uno studio ha evidenziato miglioramenti clinicamente significativi in una paziente con DOC farmaco resistente dopo 16 sessioni di CBT, 10 delle quali in combinazione conrTMS ad alta frequenza applicata sulla DLPFC sinistra. I risultati sono stati incoraggianti, poiché gli effetti del trattamento combinato sono stati a lungo termine, con un impatto positivo sul livello di funzionamento generale (Grassi et al., 2015). Benché i risultati di questo primo studio siano stati replicati anche da un’altra ricerca (Tan et al, 2015), la metodologia utilizzata non consente di trarre delle conclusioni certe sull’efficacia del trattamento. Infatti, questi studi mancano della condizione placebo, prevedono che i pazienti siano a conoscenza del trattamento che ricevono e non tengono conto delle terapie farmacologiche in corso. Ulteriori studi metodologicamente più rigorosi e su un numero più ampio di pazienti potranno in futuro chiarire gli effetti delle NIBS e della psicoterapia in pazienti con DOC.
Rispetto agli interventi comportamentali invece, uno studio in doppio cieco ha riportato miglioramenti della sintomatologia subito dopo esercizi di esposizione seguiti della stimolazione rTMS ad alta frequenza della corteccia prefrontale mediale e della corteccia cingolata anteriore (Carmi et al., 2018)
3.4 Disturbo post-traumatico da stress (PTSD)
Come per le fobie, anche nel caso del PTSD, molti studi hanno indagato gli effetti del trattamento combinato delle NIBS con la terapia espositiva. I dati di neuroimaging infatti hanno mostrato che pazienti con PTSD mostrano generalmente un’iperattivazione della corteccia prefrontale destra durante l’esposizione a stimoli trigger (Rauch et al., 1996). Quindi la stimolazione può avere come regione target quest’area (lf-rTMS/tDCS catodica) oppure la omologa controlaterale (hf_rTMS/ tDCS anodica) allo scopo di ribilanciare l’attivazione cerebrale. Due studi in cui l’area target era costituita dalla DLPFC non hanno mostrato risultati significativi (Fryml et al., 2019; Osuch et al., 2009), mentre uno studio di Isserles et al. (2013) ha mostrato una riduzione dei sintomi dopo la stimolazione rTMS reale preceduta dell’esposizione a stimoli traumatici, rispetto alle condizioni di controllo (rTMS placebo preceduta dall’esposizione a stimoli traumatici; rTMS reale preceduta dall’esposizione a stimoli non traumatici). La maggiore numerosità campionaria, le caratteristiche cliniche dei pazienti, l’area target e i parametri di stimolazione potrebbero giustificare i risultati positivi dello studio di Isserles e collaboratori (2013).
3.5 Schizofrenia
Nella schizofrenia le NIBS sono state prevalentemente utilizzate per trattare allucinazioni uditive e sintomi negativi, su cui il trattamento farmacologico ha effetti meno efficaci (Lefaucheur et al., 2017). Studi neuropsicologici e di neuroimaging hanno evidenziato come questa sintomatologia sia riconducibile a una disconnessione tra aree frontali e temporali. In particolare, le allucinazioni uditive sembrano riconducibili ad un aumento dell’attivazione cerebrale nell’emisfero sinistro, in particolare a livello del giro temporale superiore (Homan et al., 2013). Gli studi si sono quindi focalizzati sull’utilizzo di rTMS a bassa frequenza o tDCS catodica su questa regione, allo scopo di ridurre l’attività corticale (Lefaucheur et al., 2017). Entrambe le tecniche hanno mostrato risultati significativi (per una meta-analisi sugli effetti della rTMS vedi Slotema et al., 2014), con effetti duraturi per un periodo di tre mesi nel caso di tDCS (Brunelin et al., 2012).
I correlati neurali della sintomatologia negativa, invece, sono costituiti da una ipofunzionalità delle aree prefrontali (e.g. Hill et al., 2004), pertanto la rTMS ad alta frequenza e la tDCS in modalità anodica sono state applicate allo scopo di aumentare l’eccitabilità corticale. Gli studi, condotti su piccoli campioni di pazienti, hanno mostrato miglioramenti nella sintomatologia negativa, associati ad un aumento della connettività tra DLPFC e la corteccia temporale sinistra (Brunelin et al., 2012; Mondino et al., 2015; Lefaucheur et al., 2017).
3.6 Craving
A livello neurale i pazienti affetti da dipendenze mostrano anomalie funzionali a livello della DLPFC, che gioca un ruolo particolarmente importante nel controllo inibitorio e nei meccanismi di ricompensa (Goldstein and Volkow, 2002; Wilson et al., 2004). I ricercatori si sono quindi focalizzati sulla stimolazione di questo network neurale sia per la rTMS ad alta frequenza, che ha mostrato una possibile efficacia per la dipendenza da nicotina, che per la tDCS, che ha ricevuto invece una valutazione di livello B (efficacia probabile) per il trattamento delle dipendenze (Lefaucheur et al., 2017). Negli studi i ricercatori hanno optato per un montaggio di tipo bi-emisferico, con anodo posizionato sulla DLPFC destra e catodo sulla sinistra, che si è rivelata efficace per la dipendenza da nicotina (Boggio et al., 2009; Fecteau et al., 2014), crack/cocaina (Batista et al., 2015)e alcol (Klauss et al., 2014).
4. Conclusione e sviluppi futuri
Come evidenziato dalle recenti revisioni e linee guida (Lefaucheur et al., 2017), le tecniche NIBS e i trattamenti tradizionali, come la psicoterapia e gli interventi cognitivi, hanno fino ad ora mostrato risultati promettenti per il trattamento dei disturbi neurologici e psichiatrici. Inoltre, le NIBS sono da tempo efficacemente utilizzate in ambito clinico, anche in fase diagnostica, e in ambito di ricerca, in cui un numero sempre più elevato di studi si sta occupando di chiarirne gli effetti. Tuttavia, è ancora poco chiaro quale sia il ruolo delle diverse aree neurali considerate come target della stimolazione e in che modo la stimolazione combinata con le terapie tradizionali possa agire sui sintomi, i meccanismi cognitivi e l’outcome comportamentale dei diversi disturbi. Questo breve articolo ha avuto lo scopo di descrivere lo stato dell’arte circa le caratteristiche delle NIBS e i dati di efficacia rispetto all’impiego di queste tecniche combinato agli interventi psicoterapeutici e cognitivi standard, che finora hanno dimostrato un’efficacia parziale. Studi futuri sono tuttavia necessari per mettere a punto protocolli di trattamento con NIBS combinate con i trattamenti tradizionali, identificando con maggiore efficacia le aree neurali target e i meccanismi cognitivi che influenzano i comportamenti e i vissuti patologici dei pazienti.