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Meditazione e Tecniche di rilassamento

Meditazione: consiste nel riuscire a focalizzare l'attenzione su se stessi percependo sensazioni, emozioni, pensieri e percezioni. 

Sezione a cura di Claudio Nuzzo, Zeno Regazzoni

Aggiornato il 28 lug. 2023

La meditazione

L’obiettivo della meditazione è quello di riuscire a concentrare l’attenzione su noi stessi, seguendo percezioni, sensazioni, pensieri ed emozioni, o sull’ambiente esterno al fine di raggiungere un livello di maggior consapevolezza e di calma interiore.

Attraverso la meditazione è possibile ridurre stress, ansia, paura e rabbia. Numerose sono le ricerche che supportano l’efficacia della meditazione nella gestione delle differenti forme di dolore, un esempio efficace sono gli studi condotti negli anni ’80 del secolo scorso da John Kabat-Zinn. In associazione a tecniche di visualizzazione (metodo Simonton), la meditazione risulta di comprovata efficacia per la diminuzione del dolore correlato alle malattie oncologiche e per il contenimento degli effetti collaterali della chemioterapia. Altri studi testimoniano l’importanza dell’applicazione di tali pratiche nella fase preoperatoria, per favorire la diminuzione dei tempi di ricovero ospedaliero e la riduzione del dolore conseguente alle procedure chirurgiche.

Come iniziare a meditare

Il praticante, indossati indumenti comodi, necessita innanzitutto di un luogo tranquillo, che gli conceda la possibilità di concentrarsi senza interruzioni. Il silenzio non è necessariamente un requisito; includere all’interno della propria consapevolezza un rumore in sottofondo e porre attenzione a quelli occasionali può diventare parte della nostra pratica di meditazione.
Buona norma è stabilire, prima di cominciare, il tempo che dedicheremo alla nostra pratica. Sebbene i praticanti esperti consiglino due sessioni quotidiane da venti minuti, è possibile cominciare con una seduta al giorno da cinque minuti.

La posizione che assumeremo è importante, perciò, dove aver svolto un po’ di stretching per distendere i muscoli, cercheremo una postura dignitosa che non sovraccarichi le spalle, il collo e i muscoli lombari. Ad esempio, potremmo sederci a gambe incrociate sopra un cuscino (posizione del loto). Ciò che è più importante è sentirsi comodi e rilassati, avendo cura che la propria spina dorsale sostenga il peso del corpo dalla vita in su. Una volta fatto ciò possiamo chiudere gli occhi (con l’esperienza ci sarà possibile meditare anche ad occhi aperti, senza concentrare lo sguardo su di un punto, ma semplicemente mantenendo una morbida visione nel vuoto).

Un buon punto di partenza è concentrarsi sul proprio respiro, magari avvalendosi di immagini mentali (as es., il movimento della pancia che si solleva, il flusso d’aria che riempie i nostri polmoni ad ogni respiro), osservandone gentilmente la frequenza, l’intensità, il mutarne nel corso della pratica, etc.
Alcune declinazioni della meditazione prevedono la ripetizione di un mantra, ossia un suono, una parola (as es., “pace”, “tranquillità”) o una frase (“Sat, Chit, Ananda” che significa “Esistenza, Coscienza, Beatitudine”).
Esistono molte forme di meditazione. Un esempio è la scansione del corpo o body scan, attraverso la quale si pone progressivamente attenzione sulle varie parti del nostro corpo, ricercandovi sensazioni o semplicemente osservandone lo stato, la meditazione camminata, la meditazione sulla vita quotidiana, etc.

Principali benefici della meditazione

Attività cardiovascolare

Gli effetti positivi della meditazione si rilevano anche in alcuni outcomes cardiovascolari. Ad esempio, una ricerca ha osservato come la pratica formale migliorasse alcuni parametri connessi al benessere cardiovascolare, come le High Frequencies (HF), un parametro frequenza-dominio della variabilità della frequenza cardiaca (HRV, Heart Rate Variability) che riflette principalmente l’attività parasimpatica o vagale e che, quando ridotto, si configura come predittore di mortalità cardiovascolare (Krygier et al., 2013). Secondo un’altra ricerca pubblicata su Circulation: Cardiovascular quality and outcomes, coloro che praticavano quotidianamente la meditazione Vipassana avevano il 48% in meno di possibilità di avere un attacco di cuore o un ictus, rispetto a coloro che avevano frequentato un corso di educazione alla salute durato cinque anni dove venivano presi in considerazione dieta ed esercizio fisico.

Tono dell’umore e Neuroplasticità

In un recente articolo (2012) apparso online su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), gli scienziati Yi-Yuan Tang del Texas Tech e Michael Posner della University of Oregon hanno rilevato un miglioramento del tono dell’umore e dei livelli di neuroplasticità in individui che per un mese praticavano una particolare forma di meditazione, definita dagli autori “integrative body-mind training” (IBMT). A seguito della pratica, nel gruppo sperimentale sono stati rilevati un aumento della mielinizzazione e della densità assonale, in particolare nella corteccia cingolata anteriore, rispetto al gruppo di controllo sottoposto per pari tempo ad un più generico training di rilassamento. La corteccia cingolata anteriore (ACC, Anterior Cingulate Cortex) è un’area coinvolta nella regolazione emotiva, i cui deficit di attivazione sono presenti in alcuni disturbi quali ADHD, depressione e schizofrenia. E’ quindi possibile che miglioramenti nella connettività neuronale della ACC si accompagnino ad una riduzione della sintomatologia dei disturbi mentali ad essa associati. Inoltre, lo studio ha rilevato miglioramenti nel tono dell’umore per mezzo di questionari self-report.

La Risposta di Rilassamento (RR)

La Risposta di Rilassamento (RR) è uno stato psicofisiologico opposto alla risposta da stress. Risultati provenienti da rigorosi trials scientifici hanno dimostrato a più riprese l’efficacia degli interventi di rilassamento “mind-body” tesi alla riduzione dello stress cronico e al miglioramento del benessere, che di fatto inducono una RR.

Diversi studi hanno riportato che l’elicitazione di una RR rappresenta un intervento terapeutico efficace per ridurre gli effetti clinici avversi legati ad alcuni disturbi stress-correlati, come ad esempio ipertensione, ansia, insonnia, diabete e artrite reumatoide.
La RR si manifesta quando un individuo si concentra su una parola, un suono, una frase, una preghiera, un movimento, ignorando i pensieri di tutti i giorni. Questi 2 passaggi, ossia la concentrazione su una particolare azione e lo shift dell’attenzione dai pensieri coscienti, determina una interruzione nel flusso di coscienza.

Esistono pratiche di rilassamento mente-corpo millenarie in grado di indurre una RR (la meditazione trascendentale, lo Yoga, il Tai Chi, il Qi Gong e alcune preghiere rituali) e pratiche più recenti e altrettanto efficaci come il rilassamento muscolare progressivo, il Biofeedback e la Mindfulness.
In un recente lavoro pubblicato sulla rivista “Plos ONE”, sono stati studiati i geni la cui espressione è modulata da diverse pratiche di rilassamento, come lo yoga, la preghiera rituale, la meditazione o il biofeedback. I risultati dimostravano come sia il gruppo dei praticanti esperti, sia il gruppo dei novizi addestrati, riportavano variazioni nell’espressione genica. La Risposta di Rilassamento, infatti, aumenta l’espressione di alcuni geni correlati al metabolismo energetico, alle funzioni mitocondriali, alla secrezione di insulina; la stessa Risposta di Rilassamento è anche in grado di ridurre l’espressione di geni correlati alle risposte infiammatoria e da stress.

Queste modificazioni nell’espressione genica sono orientate ad aumentare la produzione di energia al livello dei mitocondri, permettendo alle cellule di rispondere adeguatamente all’incremento del fabbisogno di energie, connotato standard presente in ogni condizione di stress. Le stesse modificazioni geniche riducono la produzione di radicali liberi, potenzialmente dannosi per le cellule, e i fenomeni di morte cellulare programmata (apoptosi) o di autofagocitosi.

In conclusione, i risultati davvero interessanti di questo studio indicano per la prima volta che l’elicitazione di una Risposta di Rilassamento, soprattutto in coloro che utilizzano da molti anni pratiche di rilassamento, riduce lo stress e promuove il benessere attraverso un migliore utilizzo e produzione di energia da parte delle cellule dei nostri tessuti. Curiosamente, queste modificazioni sembrerebbero indipendenti dalle tecniche di rilassamento praticate (yoga, meditazione, preghiera, etc.).

Dolore

Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Neuroscience e condotto da un gruppo di ricercatori del Wake Forest Baptist Medical Center di Winston-Sale (Usa), la meditazione avrebbe un potere analgesico.

Dai risultati è emersa, infatti, una riduzione della percezione dolorifica quantificata tra il 40% e il 93% durante la meditazione, accompagnata da una diminuzione di circa il 57% della percezione soggettiva di fastidio e dispiacere conseguente alla sofferenza. Le scansioni di neuro-imaging hanno individuato a livello cerebrale una sostanziale riduzione dell’attività della corteccia somato-sensoriale notoriamente coinvolta nella genesi del dolore. In aggiunta, si attivavano altre aree cerebrali implicate nella percezione dolorosa: il cingolo anteriore, l’insula anteriore e la corteccia orbito-frontale. Questo circuito elabora i segnali dolorosi, definendo durata ed intensità del dolore percepito. Secondo gli autori, il punto di forza della meditazione sarebbe il coinvolgimento di più aree cerebrali, grazie al quale l’esperienza di dolore risulterebbe edulcorata.

Apprendimento Sensomotorio

La meditazione Zen avrebbe effetti anche sui processi di apprendimento secondo quanto dimostrato dai ricercatori della Ruhr-University Bochum e della Ludwig-Maximilians-University di Monaco.

Lo studio è stato condotto durante un ritiro di meditazione Zen di praticanti con diversi anni di esperienza: il ritiro prevedeva il completo silenzio con 8 ore di meditazione al giorno.
Tutti i soggetti praticavano una meditazione caratterizzata dall’attenzione consapevole dei propri pensieri, stati interni e stimoli esterni. In aggiunta, ad alcuni partecipanti veniva chiesto di meditare per due ore al giorno focalizzandosi sulle sensazioni del dito indice della mano destra, allenando la consapevolezza delle percezioni e sensazioni relative a questa specifica parte del corpo.

Nelle fasi pre- e post-assessment è stato valutato quantitativamente il livello di percezione tattile per mezzo di un indice che misura quanto distanti debbano essere due stimoli affinché siano discriminati come due distinte sensazioni. Dai risultati è emerso come i praticanti che avevano meditato per un certo periodo di tempo sul loro dito destro mostravano significativi miglioramenti (circa il 17%) nell’acuità tattile del dito indice della mano destra rispetto al gruppo di controllo, aumento comparabile ai cambiamenti conseguenti all’allenamento e alla stimolazione fisico-corporea. Concludendo, questa ricerca ha mostrato che la “semplice” attenzione consapevole (un processo mentale) sulle proprie sensazioni tattili è in grado di modificare le soglie percettive e l’acuità sensoriale, agendo sui meccanismi di apprendimento sensomotorio.

Rimuginio

Grazie alle tecniche di meditazione sarebbe più facile riuscire a concentrarsi sul momento presente. La conferma di questo dato, già noto nella letteratura scientifica di riferimento, ci arriva da uno studio di un gruppo di ricerca del Department of Psychiatry della Yale University School of Medicine. Il contributo di questa ricerca sta nell’aver identificato che attraverso alcune tecniche di meditazione è possibile “spegnere” una specifica area del cervello, indicata nello studio come Default Mode Network (DMN), considerato in grado di generare quel continuo emergere di idee e pensieri (rimuginio) che in un qualche modo interferisce con ciò che in quel momento si sta facendo.

Quest’attività di produzione automatica dei pensieri è presente per circa la metà del tempo della veglia, e può portare alla luce ricordi spiacevoli e contribuire al nascere di preoccupazioni per il futuro, creando così uno stato di ansia e di depressione nella persona.

Nello studio sono state prese in considerazione tre diverse tecniche di meditazione:

  1. CONCENTRAZIONE: il praticante deve concentrarsi sul respiro, percependo l’aria che entra e che esce dal naso, la pancia che si riempie e si svuota, e ogni qualvolta si presenta un pensiero nella sua mente è invitato ad osservarlo con gentilezza e, in seguito, a lasciarlo andare senza attaccarvisi.
  2. AMARE-GENTILEZZA: in questa tecnica il praticante deve visualizzare una situazione nella quale ha desiderato il bene di qualcuno per lui significativo, utilizzando tale immagine mentale per poi desiderare il bene degli altri.
  3. CONSAPEVOLEZZA: questa tecnica consiste nel prestare attenzione momento per momento a quello che sta succedendo, a quello che arriva alla coscienza del praticante stesso, senza tentare di modificare il pensiero o la sensazione appena arrivata ma semplicemente accettandola.

Lo studio ha messo in luce tramite la risonanza magnetica funzionale che i soggetti esperti sono in grado di “spegnere” l’attività delle aree cerebrali comprese nel Default Mode Network, come la corteccia cingolata e la corteccia prefrontale mediale. I praticanti esperti mostrano un’attività della DMN ridotta anche al di fuori della pratica stessa, come se “l’allenamento” portasse i suoi effetti benefici anche nelle attività quotidiane.
I risultati di questo studio aprono interessanti scenari per l’uso della meditazione nel trattamento del disturbo da deficit dell’attenzione. Inoltre, anche nei pazienti affetti da Alzheimer si rileva un’iperattivazione della DMN che potrebbe sostenere la deposizione nelle cellule cerebrali di beta-amiloide. L’uso di tecniche meditative potrebbe normalizzare l’attività della DMN proteggendo il paziente dai sintomi dell’Alzheimer.

Compassione

I ricercatori dell’università del Wisconsin hanno dimostrato che grazie alle tecniche di meditazione, è possibile diventare più compassionevoli e più gentili verso il prossimo. La compassione sembra essere qualcosa che può essere migliorato con l’allenamento e la pratica. Gli adulti possono essere addestrati alla compassione. Fino ad oggi poco si sa, in termini scientifici, circa il potenziale umano di coltivare la compassione – lo stato emotivo per cui siamo spinti a prenderci cura altruisticamente di chi soffre o è in una condizione svantaggiata.

Un nuovo studio condotto dai ricercatori del Waisman Center della University of Wisconsin-Madison mostra che addestrando un gruppo di giovani adulti alla meditazione compassionevole, un’antica tecnica buddhista per accrescere il senso di accudimento per le persone che soffrono, è effettivamente possibile sostenere questa disposizione nei soggetti.
Secondo Davidson [blockquote style=”1″]nelle scuole la formazione alla compassione e alla gentilezza può aiutare i bambini a imparare ad essere in sintonia con le proprie emozioni e con quelle degli altri, portando alla diminuzione del fenomeno del bullismo; o aiutare le persone che hanno ansia sociale e comportamento antisociale.[/blockquote]

Pensiero Creativo

Alcune tecniche di meditazione possono favorire lo sviluppo del pensiero creativo, anche in persone che non hanno mai praticato alcun tipo di meditazione. È quanto emerso da uno studio condotto da due psicologhe cognitive, Lorenza Colzato e Dominique Lippelt, presso l’Università di Leiden.
Da questo studio è emerso come la pratica degli esercizi di meditazione influenzi a lungo termine alcuni aspetti della cognizione umana, tra i quali anche il modo in cui vengono concepite le idee.
Nel corso dello studio è stata indagata l’influenza delle differenti tecniche di meditazione su due principali aspetti del pensiero creativo: il pensiero divergente ed il pensiero convergente.

Quando si parla di pensiero divergente ci si riferisce alla capacità di creare nuove idee. Tale capacità è stata valutata attraverso l’uso di un compito definito di Usi Alternativi in cui ai partecipanti veniva chiesto di pensare a quanti più usi possibile potrebbe avere un particolare oggetto, ad esempio una penna. Per pensiero convergente s’intende, invece, la capacità di rintracciare una possibile soluzione in riferimento ad un problema specifico. Tale aspetto è stato valutato attraverso la presentazione di un compito di Associazioni Remote nel quale venivano presentate ai partecipanti tre parole apparentemente non collegate tra loro, come tempo, capelli e allungare. In seguito veniva chiesto ai partecipanti dello studio di individuare un possibile collegamento esistente tra queste parole, in questo caso ad esempio lungo.

Dallo studio è emerso come non tutte le forme di meditazione possono avere lo stesso effetto sulla genesi del pensiero creativo. I partecipanti allo studio hanno ottenuto punteggi migliori nella valutazione del pensiero divergente dopo aver praticato una meditazione di tipo Open Monitoring, durante la quale si richiede ai soggetti di essere recettivi di fronte ad ogni pensiero e sensazione che può insorgere nel corso della pratica meditativa. Non è stato invece trovato alcun effetto sul pensiero divergente a seguito di pratiche Focused Attention, focalizzate cioè su un particolare pensiero o oggetto.

Ma per quanto tempo?

Bastano solo dieci minuti al giorno di esercizi di rilassamento per diminuire la percezione di tensione muscolare, migliorare la qualità del sonno e diminuire la percezione di stanchezza e la sensazione di fatica. Questo il rincuorante dato emerso da una ricerca del Medical center di Bethesda presentato nel corso del CHEST 2012 (meeting annuale dell’American College of Chest Physicians). La ricerca presentata è stata condotta su 334 soggetti a cui è stato chiesto di praticare per dieci minuti al giorno una particolare sequenza di esercizi di rilassamento e di visualizzazioni. I risultati evidenziavano che il 65% dei componenti del gruppo avevano diminuito il loro livello di stress percepito, migliorato la qualità del sonno e diminuito la percezione del livello di stanchezza e affaticabilità quotidiana.

Lo Yoga

Definizione

Lo Yoga è costituito da pratiche fisiche, respiratorie e mentali che contribuiscono al benessere personale e può essere svolto da tutti. Il termine Yoga (da “Yo” –unione– e “ghan” –completezza–; in alternativa dal sanscrito yuj –congiungere, unire–) etimologicamente indica la via che, attraverso la congiunzione dell’individuale con l’universale, conduce alla completezza dell’essere. Il primo passo del praticante dev’essere ritrovare l’armonia e l’unione tra i diversi piani di cui è composto: fisico, mentale e spirituale. In seguito, l’anima individuale (jîvâtman) può essere ricongiunta a quella universale (paramâtman). L’armonia tra i piani è spesso alterata da situazioni esterne o condizioni interiori. Attraverso lo yoga è possibile ricercare un nuovo equilibrio, un’unione armonica con il nostro essere, appunto.

Effetti sullo Stress

Si ritiene che lo yoga abbia un effetto benefico nel migliorare gli squilibri del sistema nervoso dovuti allo stress, questo spiegherebbe da un punto di vista neurofisiologico la sensazione di benessere che molti pazienti sperimentano dopo aver praticato yoga.
Ad esempio è stato possibile rilevare differenze significative nell’attività GABA-ergica tra due gruppi di soggetti dei quali uno aveva ripetutamente praticato delle sedute di yoga e l’altro si era dedicato a frequenti passeggiate per un periodo di dodici settimane. Nel gruppo dei soggetti che avevano praticato yoga si registrava un aumento dell’attività GABAergica con un conseguente miglioramento della sintomatologia ansiosa e una diminuzione della percezione del dolore in alcuni pazienti che lamentavano in particolare dolori lombari, rispetto al gruppo che aveva solamente passeggiato. Tali risultati sosterrebbero la necessità di inserire nei protocolli di intervento terapeutico “tradizionali” alcune tecniche mutuate dallo yoga e dalle discipline orientali.

Effetti sui sintomi della Menopausa

Secondo uno studio condotto dalla ricercatrice Katherine Newton presso il Group Health Research, praticare yoga può contribuire ad alleviare i sintomi della menopausa.
E’ stata effettuata una ricerca randomizzata denominata “MeFlash” per verificare se gli approcci naturali, tra cui lo yoga, l’esercizio fisico e l’assunzione di olio di pesce nella dieta, potessero alleviare i sintomi della menopausa. I risultati di questo studio hanno evidenziato l’importanza dell’esercizio fisico che sembra essere collegato ad una riduzione della depressione e dell’insonnia. Anche praticare yoga è stato associato ad una migliore qualità del sonno e dell’umore. E’ bene tuttavia indicare che gli effetti rilevati non erano statisticamente significativi.

Effetti sugli adolescenti

Praticare yoga avrebbe effetti psicologici positivi tra gli studenti delle scuole secondarie di secondo grado (le “scuole superiori”). Uno studio svolto su 51 studenti americani, infatti, ha stabilito che praticare yoga (Kripalu yoga, posizioni fisiche dello yoga con esercizi di respirazione, rilassamento e meditazione) per 10 settimane produce un miglioramento nel tono dell’umore, dei sintomi ansiosi e delle abilità di mindfulness, rispetto ad effettuare attività fisica standard (ad es., uno sport).

Anche se il campione è limitato, lo studio suggerisce gli effetti positivi dello yoga negli adolescenti, in linea con altri studi in letteratura che ne evidenziano effetti positivi sia in termini preventivi che in diverse condizioni di sofferenza fisica e psicologica.

La Mindfulness

Mindfulness significa portare attenzione al momento presente in modo curioso e non giudicante (Kabat-Zinn, 1994). La mindfulness è quindi un processo che coltiva la capacità di portare attenzione al momento presente, consapevolezza e accettazione del momento attuale (Hanh, 1987).
L’obiettivo della mindfulness è quello di eliminare la sofferenza, coltivando una comprensione e accettazione profonda di qualunque cosa accada attraverso un lavoro attivo con i propri stati mentali. Secondo la tradizione originaria, la pratica della mindfulness dovrebbe permettere di passare da uno stato di disequilibrio e sofferenza ad uno di maggiore percezione soggettiva di benessere, grazie ad una conoscenza profonda degli stati e dei processi mentali.
Per un’analisi completa ed esaustiva degli effetti della pratica Mindfulness in ambito clinico e non, vi rimandiamo a questo articolo.

Bibliografia

Krygier, J. R., Heathers, J. A., Shahrestani, S., Abbott, M., Gross, J. J., & Kemp, A. H. (2013). Mindfulness meditation, well-being, and heart rate variability: a preliminary investigation into the impact of intensive Vipassana meditation. International Journal of Psychophysiology, 89(3), 305-313.

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