Il modello del Trauma Sensitive Yoga si basa sulla conoscenza delle conseguenze del trauma e non attribuisce una connotazione patologica alla sintomatologia, bensì si focalizza sul positivo, riducendo lo stigma e il disagio psicologico.
Il Trauma Sensitive Yoga (TSY) è stato sviluppato dal Trauma Center del Justice Resource Institute (JRI) di Boston e continua ancora a evolversi all’interno del Center For Trauma and Embodiment (CFTE). I fondatori di questo modello di intervento sono David Emerson e Jennifer Turner che, grazie alle loro differenti professionalità e alla loro coesione, permettono al TSY di farsi strada nel panorama dei trattamenti per il trauma. Emerson e Turner si impegnano costantemente ad offrire un modello con una base scientifica solida, che contempli la verifica dei progressi e benefici ottenuti.
Il Trauma Sensitive Yoga (TSY) è un modello di intervento che si focalizza sulle molteplici sfumature del trauma, tant’è che può essere considerato un intervento di tipo sistemico-integrato.
Data l’efficacia dimostrata, negli Stati Uniti il Trauma Sensitive Yoga è stato riconosciuto come trattamento aggiuntivo di eccellenza per trattare il PTSD, al pari di altri trattamenti, in particolare per il disturbo post traumatico complesso che, seppur non sia ancora una diagnosi ampiamente condivisa e accettata, fa riferimento a una varietà di sintomi che si riscontrano in molte delle difficoltà psicologiche come ad esempio: ansia, disturbi dell’alimentazione, difficoltà a regolare le emozioni, deficit di enterocezione, depressione, difficoltà relazionali, etc (Emerson, 2022).
Difatti, proprio in questa specifica caratterizzazione del trauma, l’elemento fondamentale è costituito dalla presenza di eventi che risalgono alle prime fasi dello sviluppo e che si caratterizzano per la loro natura relazionale e di attaccamento.
Il modello
Il modello del Trauma Sensitive Yoga è per definizione trauma informed, ovvero si basa sulla conoscenza delle conseguenze del trauma e non attribuisce una connotazione patologica alla sintomatologia, ma bensì si focalizza sul positivo, riducendo lo stigma e il disagio psicologico.
Nel libro, dopo una parte iniziale dedicata agli assunti teorici che stanno alla base del Trauma Sensitive Yoga (ad esempio teoria del trauma, teoria dell’attaccamento e neuroscienze), alla definizione delle molteplici tipologie di trauma e alle differenze tra Trauma Sensitive Yoga e altre tipologie di modelli somatici (ad esempio, Hakomi, Sensomotoria e Somatic Experiencing), Emerson passa poi a elencare dettagliatamente gli elementi centrali –i pilastri– del Trauma Sensitive Yoga, che sono:
- il linguaggio invitazionale,
- il fare delle scelte,
- l’enterocezione,
- l’esperienza autentica e condivisa dall’essere nel presente,
- la non violenza.
L’importanza della scelta
Come è noto, i sopravvissuti al trauma spesso sperimentano un senso di impotenza, costante e pervasiva –nessuno sceglie il trauma– dove la persona è per definizione costretta a subirlo (Emerson, 2022). Perciò, nel Trauma Sensitive Yoga risulta centrale restituire la possibilità di scegliere; infatti i pazienti vengono invitati a svolgere degli esercizi senza alcun tipo di obbligo, assumendo una posizione di non giudizio e di non violenza. Restituendo così un senso di piena responsabilità e scelta sul proprio corpo e di conseguenza sulla propria vita.
Embodiment
Un altro dei concetti fondamentali nel Trauma Sensitive Yoga è quello di embodiment –essere incarnato– ovvero la possibilità di sentire il proprio corpo qui e ora, aprendosi alla capacità di scegliere in maniera consapevole. Attraverso le pratiche del Trauma Sensitive Yoga la persona impara a entrare nuovamente in contatto con il proprio corpo, ampliando le abilità enterocettive, cioè le abilità di riconoscere le sensazioni interne al proprio corpo.
Perdipiù, l’intervento sembra essere incentrato sull’apprendimento di alcune abilità e modalità di approcciarsi all’esperienza, proponendo alcune pratiche di tipo esperienziale che consentono al soggetto di fare un’esperienza autentica –a partire dal proprio corpo–, nonché riappropriarsi delle sensazioni somatiche e riconnettersi con il proprio corpo, permettendo la libera scelta in un contesto protetto. Difatti il Trauma Sensitive Yoga ha come intento quello di creare uno spazio in cui nessuno viene manipolato ed è per questo che non è presente alcun tipo di supporto fisico o verbale poiché, in tale ottica comporterebbe una prescrizione, ovvero comunicare un’aspettativa.
La pratica dello Yoga e l’integrazione in terapia
Spesso i pazienti traumatizzati sono completamente disconnessi dalle loro esperienze interiori, pertanto, il Trauma Sensitive Yoga si propone, attraverso la pratica dello Yoga –concettualizzata in questo modello come combinazione di forme fisiche, respirazione e attenzione focalizzata–, di intervenire sia sui sintomi somatici di iperattivazione, sia sui sintomi dissociativi del trauma. Favorendo un approccio di tipo bottom-up, con una conseguente ripresa della connessione con le sensazioni somatiche mente-corpo, maggiore consapevolezza, tolleranza e accettazione, sospensione del giudizio e uno sviluppo di capacità autoregolative, nonché di uno stato compassionevole verso sé stessi.
Pertanto, con tali motivazioni lo yoga, può essere considerato un buon candidato all’integrazione nella pratica psicoterapica che tipicamente agisce attraverso modalità top-down, aumentando così l’efficacia del trattamento di specifici sintomi da trauma, come quelli somatici, emotivi e di disconnessione.
Riflessioni e conclusione
Questo libro, inoltre, offre vari spunti di riflessione per introdurre questo modello nella pratica terapeutica, per esempio suggerisce, attraverso varie illustrazioni, un adattamento delle pratiche yogiche nel contesto dello studio del terapeuta, facilitando l’applicazione e aprendo a una maggiore versatilità di utilizzo in diversi setting e contesti, permettendo così di sperimentare tali pratiche anche semplicemente seduti su una sedia in studio.
In conclusione, da quanto riportato dai dati presentati nel libro, si può sostenere che lo svolgimento di tali pratiche somatico-esperienziali –in un contesto protetto– permette ai pazienti di “riappropriarsi del proprio corpo” e, con rinnovata fiducia, prendere in mano la propria vita.