Che cosa è la DBT (Dialectical Behaviour Therapy)?
La terapia DBT (Dialectical Behaviour Therapy), che in italiano si traduce come terapia dialettico comportamentale, è un tipo di trattamento sviluppato appositamente per il disturbo borderline di personalità. Questo tipo di terapia viene riconosciuta come evidence-based, ovvero basata su solide basi di molteplici evidenze scientifiche che ne dimostrano l’efficacia per il trattamento del disturbo borderline di personalità.
La DBT è stata sviluppata alla fine degli anni ’80 dalla dottoressa Marsha M. Linehan, psicologa statunitense e professoressa emerita presso l’Università di Washington. Negli anni successivi alla sua nascita, la stesso tipo di terapia è stato adattato e dimostrato scientificamente efficace anche per il trattamento di altre patologie (ad esempio, i disturbi del comportamento alimentare) e di specifici target vulnerabili (ad esempio, gli adolescenti con problemi di impulsività e disregolazione emotiva).
Il format di questo tipo di trattamento viene definito “co-terapia” poiché implica sia una psicoterapia individuale sia la partecipazione a interventi di gruppo di skills training (in alcuni casi può anche essere svolto individualmente), che agiscono di concerto e in un’ottica di interdipendenza nel trattamento del paziente.
La DBT viene definita terapia di terza ondata, e vengono integrate strategie e tecniche provenienti dalla terapia cognitivo-comportamentale con pratiche di mindfulness, tecniche di regolazione emotiva, tolleranza alla sofferenza e abilità di gestione delle relazioni interpersonali. Perché il termine dialettico? All’interno del percorso di terapia si concretizza la continua ricerca di un equilibrio e bilanciamento dialettico tra accettazione della propria sofferenza e delle proprie difficoltà e il cambiamento nella prospettiva di poter costruire una “vita degna di essere vissuta”.
Come la terapia dialettico comportamentale concepisce il disturbo borderline della personalità
La DBT concepisce il disturbo borderline della personalità facendo riferimento alla teoria biosociale. Secondo la teoria biosociale, il cardine del disturbo borderline della personalità è la disregolazione emotiva, cioè un’importante difficoltà nella regolazione delle emozioni. La disregolazione emotiva viene vista come l’esito dell’interazione di una predisposizione biologica di vulnerabilità emotiva (anche se non necessariamente genetica), del contesto ambientale (ambiente invalidante) e delle reciproche influenze e transazioni tra questi due elementi nel corso della vita del soggetto.
La vulnerabilità emotiva
Alla base della disregolazione emotiva si riscontra una elevata vulnerabilità emotiva, caratterizzata da tre specifici elementi: a) una sensibilità molto elevata agli stimoli emotigeni; b) una reattività molto intensa agli stessi; c) un lento ritorno allo stato emotivo di base una volta che vi è stata l’attivazione emotiva. La disregolazione emotiva nel disturbo di personalità borderline consiste quindi in una iper-sensibilità e iper-reattività con una difficoltà a regolare i comportamenti che ne conseguono.
L’ambiente invalidante
Oltre alla vulnerabilità emotiva, l’elemento che ha un’influenza nell’esordio e mantenimento della disregolazione emotiva è il cosiddetto ambiente invalidante. La caratteristica dell’ambiente invalidante è la tendenza da parte dei familiari/genitori a rispondere in modo disfunzionale e inappropriato alle esperienze emotive e cognitive (ad esempio, emozioni, pensieri e credenze) della persona. Per esempio è frequente osservare risposte genitoriali non sintoniche e avversative alle emozioni e agli stati mentali del bambino.
L’ambiente invalidante risponde in modo distonico rispetto all’espressione emotiva e cognitiva del bambino, invalidando i vissuti dello stesso con una mancata risposta o con risposte estremizzate e disfunzionali. In altre parole non si riconosce e non ci si sintonizza con il vissuto emotivo e cognitivo autentico della persona.
In tal senso, esempi possono essere quelle situazioni in cui le emozioni negative e le esperienze dolorose vengono banalizzate, punite, ignorate o attribuite a tratti stabili della personalità o alla mancanza di buona volontà.
Interagendo con gli aspetti di vulnerabilità emotiva, l’ambiente invalidante favorisce la disregolazione emotiva poichè non supporta il bambino nell’apprendere le competenze di regolazione emotiva; viceversa l’ambiente invalidante insegna al bambino a invalidare le proprie esperienze emotive e cognitive, ad esempio, a pensare che le proprie emozioni e credenze siano sbagliate e ricercando negli altri indizi su come pensare e cosa provare.
Disregolazione delle emozioni e disregolazione del comportamento
Quindi, secondo il modello della teoria dialettico comportamentale è proprio nell’ interazione tra vulnerabilità emotiva (aspetto biologico) e ambiente invalidante (aspetto ambientale) che si trovano le basi per l’insorgenza e il mantenimento nel corso della vita della disregolazione emotiva e di molti comportamenti disfunzionali associati al disturbo borderline della personalità.
La capacità di regolare l’emotività è fondamentale poichè la sua assenza o deficitarietà può portare alla disregolazione del comportamento, come ad esempio svariate tipologie di comportamenti impulsivi e disfunzionali che divengono dunque target specifici per il trattamento.
Inoltre, la disregolazione emotiva non impatta solo sugli aspetti comportamentali, bensì interferisce anche nello sviluppare e mantenere un senso di identità stabile; e anche a livello relazionale si riscontra un’instabilità delle relazioni interpersonali.
In cosa consiste il trattamento secondo la terapia dialettico comportamentale
La DBT lavora su quell’insieme di comportamenti problematici che a diversi livelli impattano la vita della persona, dai comportamenti suicidari e parasuicidari, a comportamenti impulsivi e disfunzionali che si presentano in una molteplicità situazioni. Tra questi possiamo ritrovare ad esempio i classici comportamenti di autolesività, sessualità promiscua, abuso di sostanze o di alcool, disregolazione dei comportamenti alimentari, comportamenti rischiosi per la propria vita, eccessi di collera e agiti aggressivi nelle relazioni con gli altri. E una serie di altri comportamenti impulsivi che a medio e lungo termine si rivelano dannosi per l’individuo. In tal senso, nel trattamento si mira all’acquisizione e generalizzazione di un repertorio alternativo di risposte emotive, cognitive e comportamentali allo scopo di ridurre il discontrollo emotivo e comportamentale.
Ma l’obiettivo della DBT non si riduce a questo; attraverso il miglioramento nella gestione di tali comportamenti problematici, nella regolazione delle emozioni e attraverso la validazione della sofferenza lo scopo finale è il miglioramento della qualità della vita del paziente affinché – come affermato da Marsha Linhean, fondatrice del modello- “si costruisca un’esperienza di vita degna di essere vissuta”.
Come i protocolli di trattamento della terapia cognitivo-comportamentale standard, la DBT si basa sulla definizione condivisa con il paziente di specifici target di trattamento, mirando a instaurare una relazione collaborativa e l’impegno reciproco nel conseguimento degli obiettivi della terapia. L’intero trattamento sottolinea la costruzione e il mantenimento di una relazione tra paziente e terapista in cui la validazione dei pensieri, dei sentimenti, delle emozioni e dei comportamenti del paziente è fondamentale.
Il trattamento consiste in una coterapia, in cui diversi attori terapeutici interagiscono verso un obiettivo comune. Il terapeuta individuale, i terapisti conduttori dello skills training di gruppo, a volte anche il medico psichiatra costituiscono una rete di coterapia, tale per cui il paziente viene a trovarsi con diverse figure di riferimento aventi funzioni specifiche all’interno del setting di trattamento. Generalmente il modello prevede una seduta di psicoterapia alla settimana della durata di 50 minuti e una seduta di skills training di gruppo della durata di circa un’ora e mezza o due ore. Vi sono poi possibili eccezioni a tale modello, ad esempio nel caso in cui si scelga per specifiche motivazioni cliniche, lo svolgimento di uno skills training individuale.
Che cosa è lo skills training?
Lo skills-training assume una rilevanza fondamentale nella terapia dialettico comportamentale. Lo skills-training come concepito dalla terapia dialettico-comportamentale prevede l’organizzazione di quattro moduli di apprendimento e appropriazione di specifiche abilità che hanno come target il miglioramento degli aspetti di disorganizzazione emotiva, cognitiva, comportamentale, relazionale e identitaria tipica del disturbo borderline.
Il primo modulo fa riferimento alle abilità nucleari di mindfulness (“consapevolezza”). Tali abilità sono alla base della possibilità di osservare in modo consapevole se stessi e gli altri intorno a sè, nel momento presente, sospendendo il giudizio. Un secondo modulo affronta le abilità di regolazione emotiva, in cui partendo dalle abilità di riconoscimento delle emozioni nelle loro diverse componenti, il modulo si svolge attraverso interventi di psicoeducazione, momenti esperienziali e homework finalizzati all’appropriazione, al miglioramento e alla generalizzazione delle abilità di regolazione delle emozioni. Un terzo modulo riguarda le abilità di efficacia interpersonale focalizzandosi sull’apprendimento di strategie efficaci per gestire le relazioni interpersonali: gli incontri coprono diverse aree, dalla capacità di analisi delle situazioni interpersonali e di chiarificazione dei propri obiettivi, fino alle abilità da utilizzare per raggiungere i propri obiettivi mantenendo il rispetto di sè e non deteriorando la relazione. In tal senso, tale modulo è simile a programmi di assertività e problem-solving interpersonale. Un quarto modulo fa riferimento alle abilità di tolleranza della sofferenza mentale e dell’angoscia, utili nel momento in cui il soggetto si trova in uno stato di disregolazione non solo emotiva ma soprattutto comportamentale. L’intensità delle emozioni in tal caso è molto elevata, ed è proprio in questa fase che il soggetto può attuare agiti e condotte altamente disfunzionali e autolesive. Le abilità che caratterizzano questo modulo hanno lo scopo di gestire e tollerare in maniera più adattiva l’angoscia e l’intensa attivazione emotiva allo scopo di prevenire i comportamenti disfunzionali.
Generalmente gli incontri si svolgono in gruppo di circa 6-10 partecipanti, con la presenza di due terapeuti. Lo skills training prevede 4 moduli, per ciascuno dei quali sono previsti circa 8 incontri; i moduli possono essere ripetuti ciclicamente poiché la natura dello skills training è di tipo esperienziale e non meramente didattica.
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