Cinque falsi miti sulla psicologia
Negli ultimi decenni, la psicologia si sta ritagliando un ruolo chiave nella vita delle persone, e gli psicologi vengono ormai inclusi nella quotidianità di molti contesti, da quello scolastico a quello lavorativo. Oggi è infatti chiaro a sempre più persone quanto beneficio possa derivare dall’affidarsi a un professionista della salute mentale. Questa maggiore attenzione riguardo a temi psicologici può portare però un certo grado di ipersemplificazione di alcuni concetti, che può potenzialmente risultare dannosa. Vediamo dunque cinque falsi miti sulla psicologia.
Falsi miti sulla psicologia: usiamo davvero solo il 10% del nostro cervello?
Il primo falso mito riguarda proprio la risposta a questa domanda. Secondo un sondaggio online svolto nel 2013 dalla Michael J. Fox Foundation for Parkinson’s Research (MJFF), il 65% degli Americani, su un campione di 2000 soggetti, è convinto della verità di questa affermazione.
Il neurologo Barry Gordon della Johns Hopkins School of Medicine in Baltimore, spiega che non è così. Grazie alle tecniche di neuroimmagine è stato possibile dimostrare che il cervello umano è sempre attivo, anche in situazioni di apparente “riposo mentale”. L’attività del cervello, infatti, non si esaurisce nella sola esecuzione di compiti mentali complessi, ma è coinvolta in tutti i processi di regolazione fisica corporea (spesso inconsci), che avvengono in ogni istante della nostra vita.
Una possibile fonte sull’origine di questo falso mito può essere trovata nell’articolo intitolato “The Energies of Men” dello psicologo William James, in cui l’autore afferma che “stiamo facendo uso di una piccola parte delle nostre possibili competenze mentali e fisiche” (James, 1907). Tuttavia, non si menziona alcuna percentuale e non vi è il supporto di uno studio anatomo-correlazionale del cervello.
Falsi miti sulla psicologia: semplicemente parlare dei tuoi problemi è sempre la soluzione più efficace?
Da Freud alla psicoterapia moderna, è credenza comune che avere qualcuno disposto ad ascoltare i nostri pensieri e problemi abbia un effetto terapeutico e porti sollievo. La psicoterapia è un approccio che opera attraverso l’instaurazione di un dialogo con il paziente e la disposizione di una base per creare un’interazione e si declina in diverse tipologie che hanno tutte l’obiettivo di creare questo legame con il paziente.
È interessante apprendere però che non in tutte le situazioni semplicemente parlare dei propri vissuti ed esperienze è la soluzione più efficace. Ad esempio, una metanalisi del 2002 condotta su soggetti a rischio di sviluppare un Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD) che ha avuto come obiettivo la valutazione dell’intervento preventivo rispetto al trauma definito “psychological debriefing” ha evidenziato peggioramenti nei livelli di benessere, ansia e stress dei soggetti esaminati (Litz et al., 2002). Altri studi riconducono la causa di questo fenomeno all’uso, da parte dei terapeuti, di tecniche e procedure non scientificamente provate, e quindi non riconosciute come efficaci.
Falsi miti sulla psicologia: disturbo ossessivo compulsivo o malato di pulito?
Il termine OCD (obsessive-compulsive disorder, in italiano disturbo ossessivo compulsivo) è spesso impropriamente attribuito a tutti coloro che vengono descritti come maniaci del controllo o malati di pulito, che sono quindi ossessionati dall’ordine, dalle liste e dall’organizzazione. Nell’immaginario comune un tipico tratto, ad esempio, è quello di disporre meticolosamente i propri indumenti nell’armadio in ordine di colore oppure di sbrigare le faccende domestiche a un ritmo decisamente serrato. È invece meno noto che, in individui che presentano un disturbo ossessivo compulsivo, ciò che si cela dietro a questi comportamenti, definiti compulsioni, sono le ossessioni, nella forma di immagini o pensieri intrusivi, percepite come estremamente disturbanti, spaventose e intollerabili. Una diagnosi comporta quindi la presenza di entrambe le componenti e, in quest’ottica, le compulsioni rappresentano un tentativo disfunzionale di neutralizzare le ossessioni. Ad esempio, un automobilista che teme irrazionalmente di aver investito un ciclista controllerà compulsivamente la strada alle sue spalle, la ripercorrerà e monitorerà le notizie di cronaca nei giorni a seguire.
Così come vi sono forme di disturbo ossessivo compulsivo che non implicano ossessioni e compulsioni legate all’ordine e alla pulizia; in ogni caso la diagnosi di questo disturbo risulta complessa, non riducibile a una semplice osservazione di una tendenza a maggiore precisione e attenzione all’ordine e all’organizzazione.
Falsi miti sulla psicologia: lacrime di gioia miste a tristezza o disturbo bipolare?
Variazioni repentine di stati emotivi sono di frequente confuse con il disturbo bipolare, in quanto si crede che questo comporti delle oscillazioni emotive comprese in brevi intervalli temporali, come all’interno della stessa giornata o addirittura di qualche minuto. In realtà, tale disturbo presenta l’alternarsi di fasi depressive a fasi maniacali (o ipomaniacali) che, nella maggior parte dei casi, possono durare giorni, settimane, mesi. Un individuo con disturbo bipolare alternerà quindi periodi con umore deflesso a periodi di atipica euforia caratterizzata da impulsività e comportamenti a rischio.
Falsi miti sulla psicologia: i farmaci sono la soluzione per gli “squilibri chimici”
Viene spesso propagandato come i disturbi mentali non siano altro che uno squilibrio chimico nel nostro cervello e i farmaci ne costituiscono la soluzione. Chi afferma questo, in realtà, semplifica la questione che è molto più complessa. È vero che i principali disturbi mentali sono associati a una disregolazione chimica a livello neurale; tuttavia, non si può trascurare come essi si associno anche ad altre alterazioni non meno importanti: aumento di marker di neuroinfiammazione, metabolismo cerebrale ridotto, plasticità cerebrale compromessa, ritmi circadiani alterati sono alcune delle alterazioni che possono verificarsi in presenza di un disturbo mentale. E non da ultimo secondo il modello bio-psico-sociale, alla base dell’esordio e del mantenimento dei disturbi psichici concorrono una molteplicità di fattori, non solo biologici, ma per l’appunto psicologici, sociali, e ambientali.
I farmaci aiutano nella cura dei disturbi e sono importantissimi in certi casi, ma non bisogna cadere nell’errore di pensare che siano l’unica soluzione in grado di risolvere il problema alla radice. È stato infatti evidenziato da numerosi studi come altri tipi di intervento possano modificare in positivo la biochimica cerebrale e la sintomatologia psicopatologica. Anzitutto, vi è l’evidenza che anche la psicoterapia costituisca un intervento in grado di agire sui sintomi e sulla disregolazione chimica del cervello (Goldapple et al., 2004; Marceau et al., 2018). Inoltre c’è l’evidenza di un beneficio dell’attività fisica (Goldapple et al., 2004) e di una corretta alimentazione.
Come non credere nei falsi miti della psicologia
In conclusione, possiamo affermare che la maggiore attenzione che si pone al giorno d’oggi sulla salute mentale e sui temi psicologici in generale è un fatto che ha indubbiamente più vantaggi che svantaggi. Tuttavia, come sempre avviene in questi casi, l’ingresso nel senso comune di concetti a volte molto complessi comporta semplificazioni degli stessi che, se da un lato può servire a fornire un’iniziale infarinatura su temi di salute mentale a chi non ne è avvezzo, dall’altro lato può portare a false credenze o conoscenze distorte. Tenere sempre in mente che il mondo che ci circonda è sempre più complesso di ciò che sembra può aiutarci a non cadere in falsi miti.