I ricercatori si sono recentemente interessati al grima e, in un primo studio, si sono proposti di definire il grima, al fine di testare se vi fossero somiglianze anche rispetto ad altre espressioni emotive come il disgusto.
Alcuni stimoli uditivi, quei suoni acuti e striduli come il rumore del gesso, possiedono caratteristiche fisiche che innescano direttamente risposte avverse che, attualmente, non sono ancora state esplorate.
Mentre alcune lingue occidentali, come l’inglese, sembrano non avere un termine specifico per questa esperienza, gli spagnoli la definiscono grima.
Differenti approcci contemporanei considerano le emozioni come qualitativamente diverse l’una dall’altra. Da questo punto di vista, le emozioni di base sono associate a specifiche risposte fisiologiche e comportamentali. Di conseguenza, ogni emozione è un membro distinto della famiglia delle emozioni di base. Al contrario, le teorie dell’appraisal e l’approccio costruttivista mettono in discussione la visione delle emozioni come un repertorio limitato di categorie. Secondo le teorie dell’appraisal, è la valutazione dello stimolo emotigeno che consente di differenziare le emozioni (Ellsworth & Scherer, 2003). Si presume, così, che valutazioni diverse suscitino emozioni differenti (Roseman & Smith, 2001). Allo stesso modo, circostanze diverse possono provocare la stessa emozione quando sono generate dalla medesima valutazione sottostante.
Ulteriormente, secondo Russell, le emozioni non sono fenomeni unitari e oggettivi con una chiara definizione in termini di caratteristiche necessarie e sufficienti, ma un insieme di reazioni esperienziali, fisiologiche e comportamentali indipendenti – i cosiddetti “episodi emotivi” – (Russell, 2014) che possono verificarsi in alcune circostanze specifiche.
La ricerca sostiene l’ipotesi che il disgusto possa non essere un concetto unitario e omogeneo. Un recente studio di Han et al. (2015) ha mostrato che gli anglofoni usano la parola “disgusto” per riferirsi al disgusto rispetto al sangue, agli eventi sessuali inappropriati e alle violazioni morali. Al contrario, i coreani utilizzano questo concetto per riferirsi solo ad alcune di queste condizioni.
Nei casi in cui non esistono singole parole equivalenti per descrivere alcune esperienze emotive, le persone in alcune culture possono affidarsi a diverse espressioni colloquiali per riferirsi ad esse.
Uno studio preso in esame ha mostrato come questo sia il caso del termine grima utilizzato in spagnolo.
In un primo studio, gli autori si sono proposti di definire il grima, al fine di testare se vi fossero somiglianze anche rispetto ad altre espressioni emotive come il disgusto. L’obiettivo del secondo studio era esplorare il concetto quotidiano di grima, per poter evidenziare le sue caratteristiche più prototipiche. Inoltre, i ricercatori hanno analizzato se la differenziazione concettuale tra grima e disgusto, fosse supportata anche dalle risposte fisiologiche associate ad esse, come la frequenza cardiaca e la risposta di conduttanza cutanea (studio 3).
Nel quarto studio, gli autori hanno valutato se vi fosse una differenziazione tra grima e disgusto anche per ciò che concerne la loro regolazione. Per questo motivo, i ricercatori hanno chiesto ai partecipanti di formulare delle intenzioni di attuazione, dopo aver udito dei suoni grima-elicitanti (Gollwitzer, 1999). Si tratta di piani “se- allora” che specificano quando, dove e come un obiettivo stabilito dovrebbe essere messo in atto (“Se sento un suono grima-elicitante, allora lo ignorerò”). Esse si differenziano dalle semplici intenzioni di obiettivo, che definiscono gli stati finali desiderati dall’individuo (“Intendo ignorare il suono!”). La suddetta scelta si è basata sul fatto che la ricerca precedente abbia dimostrato come la formulazione di intenzioni di attuazione aiuti le persone a raggiungere i loro obiettivi in diversi domini, come la promozione di comportamenti desiderati o, ancora, come sia efficace nella regolazione delle esperienze emotive come il disgusto, la paura (Schweiger Gallo et al., 2009) e l’ansia (Varley et al., 2011).
Sulla base di questi risultati, gli autori hanno ipotizzato che, ammettendo che il grima fosse un’esperienza a sé stante, differente dal disgusto, i soggetti sarebbero stati in grado di regolare quest’ultima attraverso la formulazione di intenzioni di attuazione.
Infine, il quinto studio si è proposto di verificare se la reazione affettiva aversiva evocata da rumori acuti, sia concettualmente assimilabile ad altre reazioni aversive in quelle lingue che non possiedono un’unica etichetta linguistica specifica per descrivere tale esperienza.
L’esistenza di un termine specifico per questa reazione solleva una serie di domande teoriche interessanti: il grima è un’esperienza emotiva a sé stante o un semplice riflesso?
Gli studi analizzati hanno dimostrato come il concetto di grima differisca dal disgusto, sia per quanto riguarda i suoi tipici trigger, che per ciò che concerne le risposte fisiologiche.
Inoltre, i risultati del quarto studio hanno fornito una prova preliminare di come il grima possa essere regolato emotivamente. Difatti, i partecipanti a cui era stato chiesto di formulare delle intenzioni di attuazione sono stati in grado di ridurre selettivamente la reazione emotiva associata ai suoni acuti.
È interessante notare che gli anglofoni, i tedeschi e gli statunitensi non utilizzano un concetto analogo al grima (Studio 5) ma, nonostante ciò, sembrano riconoscere e usare i concomitanti fisiologici per riferirsi alla sua corrispondente reazione affettiva.
Dunque, l’esperienza aversiva etichettata come grima è una semplice riflesso? I riflessi sono tradizionalmente definiti come risposte semplici – e inevitabili – a specifici stimoli (Konorski, 1948). Si ritiene che essi non possano essere soppressi volontariamente, nonostante possano essere modulati da fattori come l’apprendimento (Lang et al., 1990). In linea con la ricerca sulla regolazione delle emozioni (Webb et al., 2012), i risultati del quarto studio suggeriscono che il grima possa essere regolato formando intenzioni di attuazione e, di conseguenza, potrebbe non essere considerato un riflesso. Un supporto indiretto all’ipotesi che il termine spagnolo grima si riferisca a un’esperienza emotiva piuttosto che a un riflesso, può essere trovato anche nel secondo studio dove si è visto come il grima possa essere suscitato da diversi stimoli e sembri coinvolgere anche processi cognitivi. Quindi, se accettiamo che le emozioni richiedono valutazioni cognitive, il grima non può essere considerato come un semplice riflesso o un insieme di risposte corporee.
Tuttavia, al fine di poter sostenere con fermezza che il grima sia un’emozione a sé stante, saranno necessari ulteriori studi.