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Disturbi di personalità: i cambiamenti nel processo diagnostico dopo l’arrivo del DSM-5

La classificazione dei disturbi di personalità è cambiata nel corso degli anni insieme agli strumenti utilizzati per fare diagnosi

Di Redazione, Serena Mancioppi

Pubblicato il 26 Lug. 2019

Aggiornato il 30 Lug. 2019 18:28

La prevalenza dei disturbi di personalità è del 4-10% della popolazione. Il 30% dei pazienti che richiedono un trattamento ricevono una diagnosi di disturbo di personalità.

 

La personalità è il peculiare modo di pensare, sentire e comportarsi che ci distingue gli uni dagli altri. La personalità di ciascuno di noi è influenzata dalle esperienze che facciamo, dall’ambiente nel quale cresciamo e da aspetti ereditari. La caratteristica della personalità è quella di rimanere stabile nel tempo.

I disturbi della personalità sono modelli disadattivi di pensiero, e comportamento a lungo termine che differiscono significativamente da ciò che ci si aspetta, cioè si discostano dalle norme e dalle aspettative sociali del proprio ambiente di riferimento.

Se non diagnosticati e adeguatamente trattati causano problemi interpersonali, inadeguate capacità di coping e sofferenza per tutto l’arco di vita, dal momento che la struttura della personalità si sviluppa precocemente e tende a rimanere stabile nel tempo. Spesso il comportamento è egosintonico, cioè è coerente e funzionale rispetto all’immagine di sé, e quindi è percepito come appropriato, questo contribuisce alla rigidità e pervasività in più aree di vita.

In generale, i disturbi di personalità sono diagnosticati nel 40-60% dei pazienti psichiatrici, rendendoli i più frequenti nelle diagnosi psichiatriche. I disturbi di personalità sono generalmente riconoscibili nell’adolescenza, l’inizio dell’età adulta o talvolta anche dell’infanzia.

I disturbi della personalità influenzano almeno due di queste aree:

  • il modo di pensare a se stessi e agli altri
  • il modo di rispondere emotivamente
  • il modo di relazionarsi con altre persone
  • il modo di controllare il proprio comportamento

Classificazione dei Disturbi di personalità

I disturbi di personalità sono raggruppati in tre cluster basati su somiglianze descrittive:

  • Cluster A – è caratterizzato da comportamenti “strani” o eccentrici, diffidenza e tendenza all’isolamento: comprende la personalità paranoide, e le personalità schizoide e schizotipica.
    • Personalità paranoide: caratterizzata da diffidenza e sospettosità verso gli altri, ai quali tende ad attribuire cattive intenzioni; teme di venire danneggiata o ingannata, anche a fronte di mancanza di prove concrete.
    • Personalità schizoide: è caratterizzata da ritiro e introversione nei rapporti sociali, distacco emotivo e freddezza; la prossimità degli altri e l’intimità sono vissute con fastidio e timore ma sono altresì indifferenti alle opinioni degli altri nei loro confronti.
    • Personalità schizotipica: come la personalità schizoide mostra ritiro sociale e distacco emotivo, ma il comportamento e anche il pensiero risultano bizzarri e atipici. Puo esserci pensiero magico e paranoide.
  • Cluster B – è caratterizzato da comportamenti drammatici e dalla forte emotività espressa, egocentrismo e scarsa empatia: comprende il disturbo di personalità narcisistico, disturbo di personalità istrionico, disturbo di personalità borderline e quello antisociale.
    • Personalità borderline: presenta uno schema di instabilità nei rapporti personali, emozioni intense e scarsa capacità di regolarle, scarsa autostima e impulsività, senso cronico di vuoto e solitudine; una visione di sé e dell’altro che può passare velocemente da rappresentazioni opposte e scarsamente integrate; estrema sensibilità all’abbandono (reale o immaginario) al quale può reagire con disperati tentativi di evitarlo, coping maladattivo di stati emotivi che può esitare in auto ed etero aggressività, fino ad attivare ai tentativi di suicidio.
    • Personalità istrionica: è caratterizzato da una costante ricerca di attenzione da parte degli altri e dall’espressione drammatica di sentimenti ed emozioni; sempre preoccupate della loro immagine, le persone che soffrono di questo disturbo possono usare l’aspetto fisico e la seduzione per attirare l’attenzione, ma anche mostrare comportamenti infantili o esasperare una condizione di fragilità per ricevere cura e protezione.
    • Personalità narcisistica: caratterizzata da senso di superiorità, bisogno di ammirazione e mancanza di empatia per gli altri; sentendosi grandiosi credono di essere ammirati e invidiati dagli altri e si muovono come se avessero particolare diritto a soddisfare i propri bisogni e desideri, considerando l’altro come un mezzo per arrivare a tale scopo; sono sensibili al fallimento e alla critica che, disconfermando la propia grandiosità, possono suscitare rabbia ma anche indurre stati depressivi.
    • Personalità antisociale: ignora o viola i diritti degli altri, non dà valore alla norma sociale e usa l’altro per raggiungere i propri scopi (a differenza della personalità narcisistica lo sfruttamento dell’altro è puramente utilitaristico e non giustificato dalla propria presunta superiorità); può mentire ripetutamente o ingannare gli altri e agire impulsivamente.
  • Cluster C – è caratterizzato da comportamenti ansiosi o timorosi e da scarsa autostima: comprende il disturbo evitante di personalità, disturbo di personalità dipendente, e disturbo di personalità ossessivo-compulsivo.
    • Personalità evitante: caratterizzata da timidezza, sentimenti di inadeguatezza ed estrema sensibilità alle critiche; la difficoltà a stare in relazione spinge all’isolamento che però, a differenza della personalità schizoide, è vissuto con sofferenza e cela un forte desiderio di accettazione e vicinanza da parte dell’altro; critiche, rifiuti e abbandoni aumentano il ritiro sociale e, a differenza del disturbo borderline, non provocano rabbia ma vergogna e tristezza.
    • Personalità dipendente: le persone con personalità dipendente sono caratterizzate da insicurezza e scarsa autostima, possono avere difficoltà a prendere decisioni quotidiane senza essere rassicurate dagli altri o possono sentirsi a disagio o indifese quando sono sole, a causa del timore di essere incapaci di prendersi cura di se stesse; tendono a sottomettersi all’altro mettendo i propri bisogni e le proprie opinioni in secondo piano per il timore che l’altro possa risentirsi a e allontanarsi.
    • Personalità ossessivo-compulsiva: caratterizzata dalla preoccupazione per l’ordine, la perfezione e il controllo, spesso inflessibile in tema di moralità e valori; l’intolleranza all’incertezza e all’errore la rende poco flessibile e adattabile al cambiamento ed estremamente rallentata nel processo decisionale; la personalità ossessivo-compulsiva può essere eccessivamente concentrata su dettagli o programmi da svolgere tanto da faticare nel completamento di un compito o un’attività intrapresa, può lavorare eccessivamente sottraendo tempo a svago e amicizie; a differenza del disturbo ossessico compulsivo non presenta pensieri ossessivi e rituali.

La diagnosi di Disturbo di personalità

La diagnosi di un disturbo di personalità richiede che i professionisti della salute mentale osservino schemi di funzionamento e sintomi a lungo termine. La diagnosi viene generalmente effettuata dopo i 18 anni. Le persone con meno di 18 anni non sono in genere diagnosticate con disturbi di personalità perché le loro personalità sono ancora in via di sviluppo. È comune la diagnosi in una stessa persona di più di un disturbo della personalità. La prevalenza dei disturbi di personalità è del 4-10% della popolazione (Torgersen, Kringlen & Cramer, 2001). Il 30% dei pazienti che richiedono un trattamento ricevono una diagnosi di disturbo di personalità (Kessler et al., 1998; Lenzenweger & Clarkin, 1996)

Le valutazioni essenziali di un disturbo di personalità sono effettuate in base alle compromissioni del funzionamento (sé e interpersonale) e alla presenza di tratti patologici.

I criteri diagnostici per la ricerca ICD-10 e i criteri del DSM-IV sono differenti ma definiscono sostanzialmente le stesse condizioni. Nell’ ICD-10 il disturbo borderline di personalità viene definito come disturbo di personalità emotivamente instabile, tipo borderline.

Elemento di assoluta novità introdotto nel DSM 5 è la proposta di un modello ibrido dimensionale-categoriale per la personalità, che coniughi la possibilità di misurare il funzionamento personologico con la nosografia. A tale scopo è stata ideata una scala, definita “del Funzionamento della Personalità”, in cui si valutano le compromissioni del dominio del sé, che si riflettono nelle dimensioni dell’identità e della auto-direzionalità (self-directness), mentre quelle interpersonali sono considerate alterazioni nella capacità di empatia e di intimità. Il grado di disturbo presente nei domini, del sé e interpersonale, è stato pensato lungo un continuum che va da un livello 0, equivalente a una assenza di deficit, a un livello 4 che indica una compromissione estrema.

Il DSM 5 prevede, dunque, sei specifici disturbi di personalità: Borderline, Ossessivo-Compulsivo, Evitante, Schizotipico, Antisociale, Narcisistico, e Disturbo di Personalità Tratto Specifico (PDTS).

Per fare diagnosi di disturbo di personalità dovranno essere soddisfatti i seguenti criteri:

  • Criterio A – Compromissioni significative del sé (identità o auto-direzionalità self-direction) e del funzionamento interpersonale (empatia o intimità).
  • Criterio B – Uno o più domini del tratto patologico della personalità o sfaccettature/aspetti del tratto.
  • Criterio C – La compromissione nel funzionamento della personalità e l’espressione del tratto della personalità dell’individuo sono relativamente stabili nel tempo e costanti tra le situazioni.
  • Criterio D – La compromissione nel funzionamento della personalità e l’espressione del tratto della personalità dell’individuo non sono meglio compresi come normativi per la fase di sviluppo individuale o per l’ambiente socio-culturale.
  • Criterio E – La compromissione nel funzionamento della personalità e l’espressione del tratto della personalità dell’individuo non sono dovuti agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (per esempio, un abuso di droga, l’uso di qualche particolare farmaco) o di una condizione medica generale (per esempio, grave trauma cranico, effetti particolari di patologie metaboliche ecc).

Gli elementi chiave per i Livelli di Funzionamento della Personalità, relativamente al criterio A, sono indicati di seguito.

Dominio del Sé:

  • Identità: l’esperienza di sé come unico, con chiari confini tra sé e gli altri, stabilità dell’autostima e precisione di auto-valutazione; capacità e abilità di regolare una gamma di esperienze emotive.
  • Self-direction: perseguire obiettivi coerenti e significativi sia a breve termine che di vita, utilizzo di standard di comportamenti interni costruttivi e prosociali, capacità di auto-riflettere (self-reflect) in modo produttivo (acquisire quindi il senso delle proprie capacità e anche dei propri limiti).

Funzionamento interpersonale:

  • Empatia: comprensione e apprezzamento delle esperienze e motivazioni altrui, tolleranza di prospettive diverse, comprensione degli effetti del proprio comportamento sugli altri.
  • Intimità: profondità e durata della relazione positiva con gli altri, desiderio e capacità di vicinanza, reciprocità nei comportamenti interpersonali.

Per quanto riguarda il criterio B, sono stati individuati i seguenti domini della personalità:

  • Affettività negativa: sperimentare intensamente e frequentemente emozioni negative.
  • Distacco: ritiro da altre persone e da interazioni sociali.
  • Antagonismo: comportamenti che mettono le persone in contrasto con altre persone.
  • Disinibizione vs Compulsività: impegnarsi in comportamenti impulsivi senza riflettere sulle possibili conseguenze future. La compulsività è il polo opposto di questo dominio.
  • Psicoticismo: avere esperienze insolite e bizzarre

Per porre diagnosi di disturbo di personalità il clinico deve seguire una sorta di percorso guidato.

  1. È presente una compromissione del funzionamento (nell’ambito del sé e in quello interpersonale) della personalità?
  2. Se è presente, valutare il livello di compromissione del soggetto nell’ambito del sé e in quello interpersonale sulla Scala dei Livelli del Funzionamento di Personalità.
  3. È presente uno dei sei tipi di disturbi di personalità contemplati dal DSM 5?
  4. Se è presente, valutare il tipo e la gravità di compromissione e disturbo.
  5. In caso contrario, è presente un disturbo di personalità tratto specifico (PDTS)?
  6. Se è presente un PDTS, identificare e elencare i tratti/domini che caratterizzano il soggetto e valutare la gravità della compromissione.
  7. Se, in presenza di un PDTS, si desidera stilare un profilo di personalità dettagliato e utile per la formulazione del caso clinico e si proceda con la valutazione dei sottodomini.
  8. In assenza sia di un tipo specifico disturbo di personalità sia di un disturbo di personalità tratto specifico (PDTS), valutare la presenza dei tratti/domini specifici e dei relativi sottodomini qualora fossero utili nella formulazione del caso clinico.

La nuova modalità di valutazione della personalità e dei suoi disturbi ha prodotto un acceso dibattito all’interno della comunità scientifica ed una parte di essa ha assunto una posizione decisamente critica. In ogni modo, il cambiamento proposto dall’APA rappresenta un’assoluta novità e un importante contributo da parte della psichiatria americana al miglioramento dell’efficacia diagnostica del manuale, soprattutto per quanto riguarda il tentativo di associare una diagnosi di tipo categoriale con un sistema di valutazione dimensionale.

Disturbi di personalità e SCID

Le origini della SCID II, come per la SCID I, risalgono al DSM-III, in particolare quando fu introdotto nel manuale diagnostico il modulo per la valutazione dei disturbi di personalità elaborato da Jeffrey Jonas dell’ospedale Mc Lean di Belmont. Nel 1985, grazie all’ingente interesse per i disturbi di personalità nasce l’esigenza di valutare la presenza nei pazienti dei tratti e per questo fu realizzato uno strumento ad hoc che permettesse di compiere una diagnosi in tal senso. Nel 1986 questo strumento fu aggiornato con l’avvento del DSM-III-R e integrato con un nuovo strumento di screening sui disturbi della personalità. Successivamente, dopo aver verificato empiricamente l’attendibilità e la validità dei criteri riportati nell’intervista si giunse alla versione definitiva della SCID II pubblicata nel 1990.

La SCID II permette di effettuare la diagnosi di 10 disturbi di personalità, secondo il DSM-IV. Inoltre, sono inclusi altri 3 disturbi di personalità: il disturbo di personalità non altrimenti specificato, il disturbo passivo-aggressivo e il disturbo depressivo, cioè tutti quei disturbi che nel DSM IV sono inclusi nell’Appendice B.

La SCID II è composta da due parti: 
1. Un questionario autosomministrato da parte del paziente;
 2. L’intervista semi-strutturata di approfondimento degli item a cui si è attribuita una risposta affermativa al questionario.

Il questionario autosomministrato è formato da 119 item ed è consegnato preliminarmente al soggetto che dovrà riconsegnarlo allo sperimentatore al momento dell’intervista. I tempi di compilazione si aggirano intorno ai 20 minuti e richiede un livello di scolarità non inferiore agli 8. Le domande del questionario riguardano i disturbi di personalità proposti dal DSM IV ed è previsto un formato di risposta dicotomico del tipo Sì/No: Sì è presente il sintomo, No non è presente il sintomo.

Questo strumento di screening funge da guida alla successiva intervista. Infatti, nell’intervista saranno indagati solo gli item cui è stata attribuita una risposta affermativa, cercando di capire quanto è rappresentativa dell’esaminato.

L’intervista semistrutturata, costa di una breve rassegna anamnestica, che consente di focalizzare le principali caratteristiche dell’intervistato, le relazioni e le capacità introspettive. Successivamente, sono analizzati i diversi disturbi di personalità nel seguente ordine:
 Disturbo Evitante di Personalità,
 Disturbo Dipendente di Personalità,
 Disturbo Ossessivo-Compulsivo,
 Disturbo Passivo-Aggressivo, 
Disturbo Depressivo, 
Disturbo Paranoico, 
Disturbo Schizotipico,
 Disturbo Schizoide,
 Disturbo Istrionico,
 Disturbo Narcisistico,
 Disturbo Borderline,
 Disturbo Antisociale.

Quest’ultimo merita una precisazione, poiché con il questionario è possibile verificare unicamente la presenza dei sintomi del Disturbo della Condotta presenti in età infantile, prima dei 15 anni. Solo se confermati questi criteri, possono essere approfonditi nell’intervista semistrutturata procedendo con la diagnosi di Disturbo Antisociale di Personalità.

Come è possibile notare, si inizia con i disturbi appartenenti al cluster C relativo ai disturbi d’ansia, per giungere al cluster B, drammatico, passando per il cluster A. Nei casi in cui non sono soddisfatti i criteri per una specifica area di personalità, si formula una diagnosi di Disturbo di Personalità Non Altrimenti Specificato.

Nel 1994, con l’uscita della nuova versione del DSM IV si ottenne anche una nuova SCID II in cui furono modificate alcune domande per centrarle maggiormente sull’esperienza personale derivante dal paziente. La versione definitiva e autonoma della SCID II per il DSM-IV fu pubblicata nel 1997 in America unitamente alla versione computerizzata.

Con l’uscita del DSM 5 è stata proposta una versione nuova della SCID, versione aggiornata della precedente intervista clinica. I criteri del DSM-IV presenti nella SCID II per DSM IV sono rimasti invariati nel DSM 5, ma le domande del questionario sono state completamente riviste e ridotte da 119 a 106. Inoltre, è stata aggiunta una modalità per effettuare uno scoring dimensionale diverso dal precedente, rispettando la nuova classificazione presentata in appendice nel nuovo DSM 5.
 La SCID-5, come la versione precedente, è una preziosa risorsa per aiutare i clinici e i ricercatori nell’effettuare diagnosi precise e attendibili dei disturbi di personalità.

La SCID-5-PD nasce dal lavoro di revisione della SCID-II (Structured Clinical Interview for DSM-IV Axis II Personality Disorders), che inizia dopo la pubblicazione del DSM 5 nel 2013 e riflette le modifiche apportate nel nuovo manuale dei disturbi mentali. La nuova denominazione rappresenta la definizione non assiale delle diagnosi del DSM 5 e categorie di ricerca precedentemente incluse nel DSM-IV ma eliminate nel DSM 5 (Disturbo di Personalità Passivo- Aggressivo e il Disturbo di Personalità Depressivo) sono state escluse.

Nonostante nessuno dei criteri sia stato modificato nel passaggio al DSM 5, tutte le domande dell’intervista sono state revisionate al fine di garantire di cogliere al meglio il costrutto espresso nei criteri diagnostici e rispecchiare con maggiore aderenza l’esperienza personale dei soggetti.

Inoltre, sebbene la valutazione dimensionale non sia una caratteristica ufficiale del DSM 5, la SCID-5-PD prevede la possibilità di effettuare una valutazione dimensionale di ciascuno dei disturbi di personalità categoriali del DSM 5 sommando il singolo punteggio di ciascuna valutazione (“0”, “1”, “2”) e producendo per quel disturbo un punteggio dimensionale che riflette sia il punteggio a soglia, sia il punteggio sottosoglia del criterio.

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Serena Mancioppi
Serena Mancioppi

Psicologa Psicoterapeuta Sistemico Relazionale e Cognitivo-Evoluzionista

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