La formulazione di un caso è ancor più forte se supportata e illuminata da coordinate condivise e strumenti in grado di coglierle all’interno di un ragionamento clinico. Da qui l’importanza di uno strumento d’indagine per i disturbi di personalità, quale la SCID -5-PD.
Intuito clinico, saper sentire quello che il paziente ci comunica spesso già dalla sala d’aspetto, quello che emana quando siamo seduti di fronte a lui, l’abilità di navigare insieme al paziente nelle narrative che fanno da specchio alla sua sofferenza, accedere alle tracce autobiografiche, sono alcuni degli elementi importanti del clinico che lavora con i disturbi di personalità, e non solo.
Esperienza, sensibilità clinica, conoscenza di sé e della propria soggettività in campo con il paziente ci consentono di fare inferenze e comprendere, a volte in modo tacito, il funzionamento del paziente durante il colloquio clinico.
La formulazione di un caso è ancor più forte se supportata e illuminata da coordinate condivise e strumenti in grado di coglierle all’interno di un ragionamento clinico. Parte della formulazione del caso richiede un’indagine più sistematica, una ricerca di segni e sintomi che consentano di vedere e descrivere nella sua globalità a quale area di psicopatologia conosciuta ci stiamo riferendo. Senza coordinate il rischio sarebbe quello di cadere in una diagnosi privata e auto-referenziale, con conseguenze sulla formulazione del caso e sull’impostazione globale del trattamento.
Un’ indagine guidata che produca un giudizio clinico sufficientemente valido e attendibile risponde sia alle esigenze dei clinici impegnati nell’inquadramento diagnostico e terapeutico in stanza con il paziente, sia dei ricercatori impegnati a definire i criteri di inclusione e di esclusione in studi sperimentali ed epidemiologici, o che vanno ad investigare modelli di disturbi di personalità che si presentano insieme ad altri disturbi mentali o condizioni mediche, o interessati ad indagare la struttura sottostante alla patologia della personalità.
Da qui l’importanza di uno strumento d’indagine per i disturbi di personalità, quale la SCID -5-PD, l’intervista clinica strutturata per la valutazione dei 10 disturbi di personalità del DSM-5, la cui versione italiana è edita da Raffaello Cortina Editore.
La SCID-5-PD per i disturbi di personalità rappresenta uno strumento clinico fondamentale per l’indagine di affetti, cognizioni e comportamenti ricorrenti e stabili, sia all’interno di una cornice categoriale (che permette la formulazione di una diagnosi, presente o assente) sia lungo un continuum.
Ora qualche parola per capire meglio l’importanza e le potenzialità di utilizzo di questo strumento.
La SCID-5-PD nasce dal lavoro di revisione della SCID-II (Structured Clinical Interview for DSM-IV Axis II Personality Disorders), che inizia dopo la pubblicazione del DSM-5 nel 2013 e riflette le modifiche apportate nel nuovo manuale dei disturbi mentali.
La nuova denominazione rappresenta la definizione non assiale delle diagnosi del DSM-5 e categorie di ricerca precedentemente incluse nel DSM-IV ma eliminate nel DSM-5 (Disturbo di Personalità Passivo- Aggressivo e il Disturbo di Personalità Depressivo) sono state escluse.
Nonostante nessuno dei criteri sia stato modificato nel passaggio al DSM-5, tutte le domande dell’intervista sono state revisionate al fine di garantire di cogliere al meglio il costrutto espresso nei criteri diagnostici e rispecchiare con maggiore aderenza l’esperienza personale dei soggetti.
Inoltre, sebbene la valutazione dimensionale non sia una caratteristica ufficiale del DSM-5, la SCID-5-PD prevede la possibilità di effettuare una valutazione dimensionale di ciascuno dei disturbi di personalità categoriali del DSM-5 sommando il singolo punteggio di ciascuna valutazione (“0”, “1”, “2”) e producendo per quel disturbo un punteggio dimensionale che riflette sia il punteggio a soglia, sia il punteggio sottosoglia del criterio.
Come si struttura la SCID-5-PD?
La SCID-5-PD comprende la Guida per l’Intervistatore, il Questionario e l’Intervista.
Il clinico o il ricercatore, in base allo scopo da cui è guidato, può decidere se procedere all’indagine diagnostica utilizzando l’intervista integralmente o valutando solo alcuni disturbi di personalità.
Inoltre, allo scopo di ridurre il tempo necessario per l’intervista, la SCID-5-PD prevede un questionario di personalità autosomministrato (SCID-5-SPQ), che può essere compilato dal paziente prima dell’intervista come strumento di screening a bassa soglia.
La SCID-5-PD si apre con un’indagine generale che permette di ricavare informazioni sulle esperienze pregresse del soggetto e fornisce indizi su aree potenzialmente problematiche. Il quadro generale è composto da due sezioni: la prima parte raccoglie dati demografici, istruzioni e storia lavorativa, precedenti rapporti con il sistema legale, periodi attuali e passati di psicopatologia; la seconda parte valuta il comportamento abituale del soggetto e le sue relazioni, mettendo in evidenza le capacità riflessive del soggetto.
L’Intervista procede con le domande volte a valutare (“?” = informazioni insufficienti, “0” = Assente, “1” = Sottosoglia, “2” = Soglia) i criteri del DSM-5 per ognuno dei 10 disturbi di personalità, in un ordine finalizzato a favorire il rapporto con il soggetto.
I criteri più complessi da indagare mediante l’intervista sono esaminati attraverso diverse domande, che riflettono aspetti dello stesso criterio. Sono inoltre previste domande di approfondimento che hanno la finalità di stabilire attraverso un maggior numero di elementi se il criterio del disturbo di personalità è soddisfatto al livello di gravità-soglia. La guida sottolinea l’importanza di integrare l’indagine dei criteri con dettagli specifici di pensieri, sentimenti e comportamenti per definire al meglio l’appropriatezza di un punteggio. Immaginiamo, per esempio, che il paziente risponda affermativamente alla domanda che indaga la difficoltà ad esprimere disaccordo con le persone (criterio 3 del disturbo di personalità dipendente): attraverso gli esempi e le domande di approfondimento andiamo a cogliere la motivazione sottostante che guida il paziente, chiedendoci e domandando se le difficoltà ad esprimere dissenso derivano, come prevede il criterio, dal timore di perdere supporto e approvazione o sono in gioco altre componenti.
I commenti alla SCID-5-PD contenuti nella guida sono un valido aiuto all’intervistatore per interpretare il significato di un criterio e distinguerlo da altri aspetti simili ma costitutivi di un altro disturbo di personalità.
Qualora il paziente riconosca il tratto è importante stabilire se i comportamenti, le cognizioni o gli affetti siano parte di un disturbo di personalità, e meritino quindi un punteggio “2” (soglia): il comportamento o l’esperienza descritta è presente nel paziente più che nella maggior parte degli individui? Accade in molte situazioni differenti, con persone diverse? Quali problemi ha causato, quali conseguenze sul piano delle relazioni e del lavoro? Quanto spesso accade e da quanto il paziente si sente così?
In altre parole quanto è patologico, persistente e pervasivo il tratto? Possiamo attribuirlo ad altre cause o le abbiamo escluse correttamente?
Valutare con attenzione e sensibilità clinica queste dimensioni è di fondamentale importanza per discriminare pattern di esperienza interna o di comportamento patologici da quelli sotto-soglia diagnostica; come emerge da un’attenta visione dello strumento, la SCID-5-PD supporta e contemporaneamente si serve del giudizio e dell’osservazione clinica, chiamati spesso in causa nella valutazione dei diversi criteri.
Lo studio dello strumento consentirà al lettore di approfondire quanto qui abbiamo solo accennato.
Nella guida per l’intervistatore si possono trovare la descrizione delle caratteristiche strutturali della SCID-5-PD, le indicazioni per la sua corretta somministrazione, i commenti per ciascuna domanda dell’intervista, le caratteristiche di validità e affidabilità. Si conclude, nell’appendice, con la discussione di un esempio completo di un caso clinico.
Pensando ai clinici impegnati nel lavoro con i pazienti che vivono e incarnano i criteri indagati dalla SCID-5-PD, si conclude con un’ultima riflessione: la familiarità nell’utilizzo di questo strumento consente forse di interiorizzare una modalità d’indagine con il paziente nella quale l’abilità del clinico di dare senso e accordare tra loro affetti, cognizioni e comportamenti si unisce all’impegno verso la descrizione di un quadro clinico definito, conosciuto e condivisibile, conferendo maggiore saggezza e raffinatezza alla formulazione del caso e del percorso terapeutico.