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Accettazione del Lutto

Accettare il lutto non significa negare la perdita, bensì abbracciare il presente; comprendere la portata della perdita piuttosto che combatterla.

Sezione a cura di Francesca Naldi

Aggiornato il 24 nov. 2023

Cosa significa accettare un lutto

L’accettazione del lutto è una fase dell’elaborazione del lutto che consiste nell’accettare il fatto che, a seguito della perdita di una persona, esiste una nuova realtà che non può essere cambiata e nel capire come tale realtà avrà un impatto sulla propria vita, sulle proprie relazioni e sulla propria traiettoria. Accettare non significa scivolare di nuovo nella negazione, fingendo che la perdita non sia avvenuta.

Piuttosto, accettare significa abbracciare il presente, comprendere la portata della perdita piuttosto che combatterla, accettare la responsabilità di se stessi e delle proprie azioni e iniziare il viaggio verso una nuova fase della vita con soddisfazione.

Accettazione del lutto e psicoterapia

L’accettazione è un concetto essenziale in diversi orientamenti terapeutici, tra cui l’Acceptance and Commitment Therapy (ACT) e la Terapia Dialettico Comportamentale (DBT).

Acceptance and Commitment Therapy

Nell’ACT, accettazione significa aprirsi e fare spazio a emozioni, sensazioni e sofferenze, abbandonando la lotta contro di esse. Questo non implica volerle o farsele piacere, ma semplicemente offrire loro una casa affinché l’impulso a evitarle non finisca per esercitare un controllo sul comportamento (Presti & Miselli, 2018).

Terapia Dialettico Comportamentale

Nella DBT, accettazione significa comprendere che tutti noi stiamo facendo del nostro meglio. La pratica dell’accettazione convalida le proprie emozioni, i propri pensieri e le proprie azioni. Ciò può aiutare a cambiare la propria prospettiva su una situazione e, normalizzando esperienze come il lutto, si possono trovare meccanismi di coping per affrontare lo stress ed emozioni complesse (Theriault, 2012).

Il disturbo da lutto complicato e persistente

Il lutto rappresenta una risposta dolorosa ma naturale e fisiologica conseguente alla perdita di una persona cara e che può compromettere significativamente la funzionalità nella vita quotidiana della persona. La morte di un caro, in quanto evento drammatico, spesso implica quindi una risposta complessa ma appunto fisiologica, da non considerare di per sé patologica. 

Spesso si osserva profondo dolore emotivo, tristezza, rabbia, paura, tendenza all’isolamento e alla focalizzazione sulla perdita; tali sensazioni sono spesso accompagnate da dolorosi ricordi della persona defunta che emergono a fronte di trigger esterni e interni. A seconda del legame con la persona defunta, della personalità della persona in lutto e del supporto sociale, le reazioni acute fisiologiche al lutto possono essere differenti, e implicare anche ad esempio inappetenza, insonnia o ipersonnia, difficoltà di concentrazione nella quotidianità. Tali risposte generalmente si modificano nel tempo, riducendosi, con i processi di accettazione della perdita del proprio caro. Nel tempo, a seguito della morte, la persona in lutto cerca di ri-organizzare i significati di sé e della propria vita relazionale-emotiva, rielaborando l’evento della perdita. 

Durante la pandemia, a causa delle restrizioni in termini di distanziamento sociale, la carenza di supporto sociale delle reti familiari e sociali allargate e l’impossibilità (in alcune fasi) di celebrare i rituali religiosi hanno creato ulteriori fattori di rischio per l’insorgere di condizioni di lutto complicate e persistenti

All’interno del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-5) – TR è stato incluso come condizione patologica il disturbo da lutto complicato e persistente

Al di là del manuale, le parole di Katherine Shear, professoressa di psichiatria e fondatrice del Center for Complicated Grief presso la Columbia University evidenziano che per alcune persone, il lutto non si risolve, ma persiste secondo modalità pervasive, intense e debilitanti; tali reazioni persistono oltre un anno  dalla morte della persona cara. La diagnosi di tale condizione richiede la consulenza di uno psichiatra o di psicologo-psicoterapeuta, e per effettuare la diagnosi deve essere trascorso almeno un anno dall’evento drammatico. 

I criteri diagnostici specifici del disturbo da lutto persistente e complicato secondo il DSM5-TR sono i seguenti: 

A. L’individuo ha vissuto la morte di qualcuno con cui aveva una relazione stretta.

B. Dal momento della morte, almeno uno dei seguenti sintomi è stato presente per un numero di giorni superiore a quello in cui non è stato presente e a un livello di gravità clinicamente significativo, ed è perdurato negli adulti almeno 12 mesi e nei bambini per almeno 6 mesi dopo il lutto:

  • Un persistente desiderio/nostalgia della persona deceduta. 
  • Tristezza e dolore emotivo intenso in seguito alla morte.
  • Preoccupazione per il deceduto.
  • Preoccupazione per le circostanze della morte. 

C. Dal momento della morte, almeno 6 dei seguenti sintomi sono stati presenti per un numero di giorni superiore a quello in cui non sono stati presenti e ad un livello di gravità clinicamente significativo, e sono perdurati negli adulti almeno 12 mesi e nei bambini almeno 6 mesi dopo il lutto:

  • Sofferenza relativa alla morte
    • Marcata difficoltà nell’accettare la morte. 
    • Provare incredulità o torpore emotivo riguardo alla perdita.
    • Difficoltà ad abbandonarsi a ricordi positivi che riguardano il deceduto.
    • Amarezza o rabbia in relazione alla perdita.
    • Valutazione negativa di sé in relazione al deceduto o alla morte (es. senso di autocolpevolezza).
    • Eccessivo evitamento di ricordi della perdita 
  • Disordine sociale e dell’identità
  • Desiderio di morire per essere vicini al deceduto.
  • Dal momento della morte, difficoltà nel provare fiducia verso gli altri.
  • Dal momento della morte, sensazione di essere soli o distaccati dagli altri.
  • Sensazione che la vita sia vuota o priva di senso senza il deceduto, o pensiero di non farcela senza il deceduto.
  • Confusione circa il proprio ruolo nella vita, o diminuito senso della propria identità 
  • Dal momento della perdita, difficoltà o riluttanza nel perseguire i propri interessi o nel fare piani per il futuro. 

D. Il disturbo causa disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti

E. La reazione di lutto è sproporzionata o non coerente con le norme culturali o religiose o appropriate per l’età.

Il disturbo da lutto persistente e complicato, dunque, implica reazioni acute e intense di dolore, pensieri ed emozioni negative oltre l’anno della morte della persona cara e che compromettono significativamente il funzionamento nella quotidianità e creano disagio significativo nella persona. 

Perché è importante riconoscere il disturbo da lutto complicato e persistente

Secondo il DSM 5 la prevalenza del disturbo da lutto persistente e complicato si attesta approssimativamente tra il 2,4 e il 4,8% della popolazione.

È fondamentale sensibilizzare la popolazione affinché le persone che vivono questa condizione non si sentano “sbagliate”, possano sentirsi validate e comprese nella loro difficoltà e possano chiedere aiuto a livello specialistico. Il disturbo da lutto complicato e persistente è una condizione clinica particolare che va accuratamente distinta dalla depressione e dal disturbo da stress post-traumatico.

Le conseguenze di un disturbo da lutto complicato e persistente non riconosciuto e non trattato possono essere gravi: in letteratura si evidenzia maggior rischio di problemi medici, disabilità, ospedalizzazioni e suicidio

Ovviamente l’attenzione a tale condizione non deve concedere che il lutto venga patologizzato e medicalizzato a priori, tenendo bene in considerazione che il lutto rappresenta una reazione fisiologica e naturale di fronte alla morte di un congiunto o di una persona cara. 

Quali fattori di rischio ci rendono più vulnerabili al disturbo da lutto complicato e persistente? Le ricerche in letteratura hanno identificato diversi fattori di rischio. Alcuni dei fattori di rischio possono essere ad esempio: la persona era molto dipendente dal defunto per i propri bisogni pratici ed emotivi, le condizioni di morte sono state traumatiche (es. morte per incidenti o suicidi), la persona sta affrontando altre perdite, ha poco supporto sociale, sono presenti pregressi disturbi psicopatologici e/o eventi traumatici

I trattamenti per il disturbo da lutto complicato e persistente sono oggetto di interesse scientifico dagli anni ’90. Ad esempio, secondo un trial di Shear e colleghi un trattamento psicoterapico integrativo che aiuti i pazienti a comprendere e ad accettare la perdita, a gestire le emozioni, a rafforzare le relazioni sociali e a ri-organizzare semanticamente la narrativa della perdita e di sé stessi in relazione alla perdita si è dimostrato efficace nell’aiutare le persone con un lutto complicato e persistente. 

Quindi la psicoterapia rimane un trattamento di prima linea per il disturbo da lutto complicato, in alcuni casi in integrazione con un supporto psicofarmacologico; si evidenzia anche l’importanza di interventi di gruppo di supporto al lutto. 

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